Ricca seduzione: Harmony Collezione
Di Jennie Lucas
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Info su questo ebook
Giunto a New York per concludere un importante affare, Roark Navarre si imbatte in Lia Villani, una delle vedove più affascinanti della città. Roark è colpito da quell'incontro e decide di dare il via a un'offensiva di seduzione senza regole, che non dà tregua a Lia. Quando però lei scopre che è stato proprio Roark, anni prima, la causa della rovina della sua famiglia, non può che rimanerne sconvolta, ma ormai è troppo tardi. L'unica cosa che può fare è provare a tenere Roark lontano dalla sua vita, e dal segreto che custodisce.
Jennie Lucas
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Ricca seduzione - Jennie Lucas
1
Il salone da ballo dell’Hotel Cavanaugh risplendeva di luci bianche intermittenti. Sotto l’alto soffitto affrescato, i protagonisti delle cronache mondane di New York sorseggiavano champagne, gli uomini magnifici nei loro smoking e le donne splendide negli abiti da sera scelti per il ballo Black and White dato dall’illustre, e misteriosa, contessa Lia Villani.
«Non sarà facile come credi.» Nathan cercò di mettere in guardia il suo vecchio amico Roark, mentre si facevano largo tra la folla che gremiva il salone. «Non la conosci. È una donna bella e determinata.»
«Ma è pur sempre una donna» ribatté Roark Navarre, ravviando i capelli corvini. Sbadigliò, ancora vittima del jet lag. «E mi darà ciò che voglio.»
Si guardò attorno, sistemando con indifferenza i gemelli di platino dello smoking. Suo nonno aveva cercato di rinchiuderlo nella gabbia dorata del mondo dei ricchi, ma lui si era sempre tenuto alla larga. Negli ultimi quindici anni si era dedicato all’acquisto oltremare di vasti terreni edificabili, recentemente in Asia, sui quali faceva sorgere edifici imponenti.
Non credevo che avrei rimesso piede a New York.
In quel momento, però, era in vendita a Manhattan il più grande appezzamento di terreno da generazioni e i cinque grattacieli che Roark pensava di costruirci sarebbero stati la sua eredità.
Quando aveva saputo che il conte Villani lo aveva preceduto, la sua ira era stata incontenibile, ma il nobile italiano era morto due settimane prima e Roark considerava una fortuna poter trattare con la sua giovane vedova. Per quanto impaziente di esaudire l’ultimo desiderio del marito di realizzare un enorme parco in città, la giovane giramondo alla caccia di ricche eredità avrebbe ceduto ai desideri di Roark, come aveva sempre fatto ogni donna.
«Forse non si presenterà neppure» continuò Nathan. «Dalla morte del conte...»
«Ci sarà certamente, non può non presenziare al ballo di beneficenza che lei stessa ha organizzato.»
Ma, ascoltando le frasi sussurrate dai presenti sul conto della contessa, Roark fu spinto a chiedersi se non avesse sottovalutato quella donna.
Forse farle accettare la mia proposta non sarà una passeggiata.
«Si dice che il vecchio conte sia morto per il troppo piacere mentre facevano l’amore» sussurrò Nathan che lo seguiva tra la folla. «Il cuore...»
Roark scoppiò in una risata cinica. «Il piacere non c’entra niente, quell’uomo era malato da tempo. Credimi, il mio cuore non correrà alcun rischio.»
Il suo vecchio amico Nathan, vice presidente della Navarre Ltd. Holdings in Nordamerica, si mostrava sempre freddo e sicuro di sé in ogni situazione, perciò Roark si sorprese nel vederlo tanto nervoso.
«Non l’hai ancora vista, non puoi saperlo. Accidenti!» Nathan si asciugò il sudore della fronte. «La contessa dà il ballo per raccogliere fondi per il parco. Perché dovrebbe venderti il terreno?»
«Perché conosco il tipo» ringhiò Roark, sprezzante. «Ha sposato il conte per interesse, no? Lui potrebbe aver deciso di lasciare dietro di sé un’opera buona per rimediare agli affari condotti senza scrupoli per tutta la vita, ma adesso che è morto lei vorrà certamente fare cassa. So riconoscere una donna avida.»
Non terminò la frase, distratto dalla vista di una creatura celestiale che in quel momento stava facendo il suo ingresso scendendo le scale.
Una massa di capelli neri e lucidi le sfiorava le spalle nude e candide. La donna aveva occhi verde nocciola, il colore dei boschi, e lunghe ciglia scure. Indossava un abito bianco senza maniche che dava risalto alle sue curve, aderente sul seno e sulle gambe, ma che si allargava da sotto le ginocchia fino ai piedi, regalandole la forma di una sirena. Possedeva un viso angelico e labbra rosse, piene e deliziose, che spiccavano sulla carnagione pallida, un vero richiamo per baci appassionati.
Insolitamente impressionato, Roark domandò all’amico chi fosse e Nathan sorrise sardonico. «Quella è la Vedova Allegra.»
Roark non riusciva a staccare lo sguardo da quella figura tutta curve, angelo e demone, un misto tra Rita Hayworth e Angelina Jolie. Per la prima volta in vita sua, comprese le implicazioni della definizione uno schianto.
Potrebbe essere vero che il conte è morto per il troppo piacere...
La fissò incantato. Aveva avuto molte donne, sedotte con facilità in qualunque parte del mondo, ma in quel momento gli pareva di non aver mai davvero visto prima una donna.
Una donna? Deglutì. Lia Villani è una dea!
Era trascorso molto tempo da quando si era sentito così intrigato e, perfino, eccitato solo nel vedere una signora. Si era infilato al ballo per convincerla a vendere il terreno, ma perché non includere nell’affare la possibilità di portarsela a letto?
Non era l’unico a desiderarla... Un uomo distinto dai capelli bianchi si era precipitato al suo fianco e altri, meno spavaldi, restavano a osservarla da una certa distanza. La stavano accerchiando come lupi affamati...
Non era solo la sua bellezza ad attirare l’attenzione e gli sguardi, ammirati degli uomini e invidiosi delle donne, ma anche l’eleganza del suo portamento, lo sguardo distaccato che rivolse al suo corteggiatore, il sorriso che le lasciava gli occhi freddi.
I lupi l’accerchiavano? Ma lei stessa era una lupa! La contessa non era una vergine inesperta, una debuttante al suo primo ballo in società, ma una donna potente, che utilizzava la sua bellezza e volontà come una forza della natura.
Con una sola occhiata gli aveva infiammato il sangue. Mentre scendeva le scale, facendo ondeggiare i fianchi a ogni scalino, Roark la immaginava già vibrare nuda sotto le sue carezze.
La donna che tutti volevano sarebbe stata sua.
Insieme al terreno, naturalmente.
«Condoglianze per la sua grave perdita, contessa.» Andrew Oppenheimer chinò la testa per baciarle con gentilezza la mano.
«Grazie.» Lia Villani fissò l’uomo anziano che le stava davanti.
Come vorrei trovarmi a casa mia, nella residenza Villani, a piangere mio marito nel giardino delle rose, protetta dalle mura medievali del castello! Ma non potevo mancare al ballo che Giovanni si è dato tanta pena di organizzare negli ultimi sei mesi della sua vita. Non approverebbe una mia rinuncia, perché il parco è la sua eredità, e anche quella della mia famiglia.
Ventisei acri di prati, alberi e campi da gioco, a eterno ricordo delle persone che aveva amato.
Tutti morti: prima suo padre, poi sua sorella, e alla fine anche sua madre. E due settimane fa mio marito. Nonostante la serata calda, Lia sentiva il cuore freddo, come se lo avesse seppellito insieme ai suoi cari.
«Spero che troveremo il modo di consolarla» continuò Andrew, tenendole la mano.
Lia si impose un sorriso. In fondo, quell’uomo cercava solo di essere gentile. Era uno dei donatori più generosi, perché il giorno dopo la morte di Giovanni le aveva versato un assegno di cinquantamila dollari.
Strano che negli ultimi giorni molti uomini abbiano improvvisamente deciso di versare grosse somme a favore della realizzazione del parco.
Andrew le teneva la mano, negandole la possibilità di allontanarsi. «Posso portarle dello champagne?»
«La ringrazio, ma preferisco di no.» Rivolse un’occhiata agli altri ospiti. «La prego di scusarmi, devo fare gli onori di casa.»
Il salone da ballo era sempre più affollato. Lia stentava a credere che il parco intestato alla memoria di Olivia Hawthorne stesse per diventare realtà. Gli oltre centomila metri quadrati di scali ferroviari e di magazzini in rovina si sarebbero trasformati in un luogo di bellezza, poco distante dalla strada dov’era morta sua sorella.
In un futuro non troppo lontano, i bambini degenti all’Ospedale Sant’Anna guardando fuori dalle finestre avrebbero visto un parco giochi, oltre a una immensa distesa di verde. Avrebbero udito il vento fischiare tra gli alberi e le risate di altri bambini che giocavano. Avrebbero potuto nutrire delle speranze.
Di fronte a ciò, che cosa conta il mio dolore?
Liberò la mano dalla stretta di Andrew. «Devo andare.»
«Mi permette di accompagnarla?»
«No, io...»
«Mi permetta di restare al suo fianco, stasera. Lasci che la sostenga nel suo dolore, e io raddoppierò la donazione per il parco, anzi, la triplicherò...»
«Ha detto di no» intervenne un uomo con voce decisa. «Non desidera la sua compagnia.»
Trattenendo il fiato, Lia alzò lo sguardo. Ai piedi della scala scorse un uomo alto, dalle spalle ampie. Aveva capelli neri, carnagione abbronzata e una struttura atletica, evidente sotto lo smoking. E nonostante si rivolgesse ad Andrew, guardava solo lei.
I suoi occhi scuri ed espressivi scintillavano in un modo che le dava la febbre. Stava percependo finalmente il caldo che non sperimentava da settimane, nonostante il clima estivo di giugno.
Nessun altro sguardo maschile l’aveva mai bruciata in quel modo. «Ci conosciamo?» sussurrò.
Lo sconosciuto le rivolse un sorriso compiaciuto. «Non ancora.»
Andrew lo interruppe con freddezza. «La contessa è con me...»
«Mi porterebbe dello champagne, per favore?» intervenne Lia, sorridendo. «Le dispiace?»
«Certo che no, sarà un piacere.» Lanciò un’occhiata ostile allo sconosciuto. «Ma lui...?»
Lei gli posò una mano sul polso. «Ho sete.»
«Certo.» Andrew si ritirò con dignità e scese le scale diretto verso i camerieri che offrivano lo champagne.
Con un profondo respiro, Lia strinse i pugni e si rivolse all’uomo. «Ha un minuto esatto per dirmi quello che vuole prima che chiami la sicurezza» lo investì, scendendo le scale per avvicinarsi. «So a memoria la lista degli ospiti, ma non la conosco affatto.»
Solo quando si trovò al suo fianco, misurò l’effettiva imponenza dell’individuo misterioso. Con il suo metro e settanta, Lia non si poteva definire bassa, ma lui la superava di venti centimetri e di una trentina di chili.
Ancora più dell’aspetto fisico, ciò che la colpì fu il suo modo di guardarla fisso, esercitando un magnetismo che non le permetteva di guardare altrove.
«È vero che non ci conosciamo. Non ancora.» Si avvicinò, studiandola con un sorriso arrogante. «Ma sono qui per darti quello che vuoi» concluse, passando con disinvoltura al tu.
«Davvero?» Cercando di ignorare il calore che le si diffondeva nel corpo, Lia sollevò il mento. «E che cosa credi che voglia?»
«Denaro, cara contessa.»
«Il denaro non mi manca» obiettò lei.
«Sì, ma stai spendendo la maggior parte della fortuna del tuo defunto marito per questo sciocco progetto di beneficenza.» Sorrise sardonico. «È un delitto buttar via tutto quel