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Il quarto marito di Lady Anna
Il quarto marito di Lady Anna
Il quarto marito di Lady Anna
E-book258 pagine4 ore

Il quarto marito di Lady Anna

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Info su questo ebook

Londra, 1815.
Avendo avuto tre mariti in sei anni, ogni volta che Lady Anna Fortescue fa il suo ingresso in una sala da ballo sa di essere oggetto dei pettegolezzi più feroci da parte dell'alta società londinese. Così, durante la festa organizzata nella dimora di Lady Prenderson, nel tentativo di rimediare a una situazione compromettente e di evitare un altro terribile scandalo, Anna è costretta ad accettare la proposta di matrimonio di Lord Harry Edgerton, accorso in suo aiuto. Lei e Harry fingeranno di essere fidanzati per sei mesi, dopodiché romperanno la promessa e andranno ognuno per la propria strada. I due cominciano così a frequentarsi e a mano a mano che imparano a conoscersi, i loro sentimenti si trasformano in qualcosa di sempre più profondo.
LinguaItaliano
Data di uscita20 set 2018
ISBN9788858987285
Il quarto marito di Lady Anna
Autore

Laura Martin

Tra le autrici piuù amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Il quarto marito di Lady Anna - Laura Martin

    successivo.

    1

    «Tre mariti in sei anni! Se non lo sapessi per certo, non lo riterrei possibile.»

    «Con le voci che corrono sulla sorte di quei poveretti...»

    «Sarà anche graziosa, ma non vorrei che qualcuno della mia famiglia avesse a che fare con lei. Si può già indovinare che fine farà il prossimo.»

    «È scandaloso che se ne vada in giro come se niente fosse. Ha smesso il lutto l'altro ieri, e già si fa vedere a un ballo, tutta sorrisi e moine.»

    «Sapete che si intestardisce a portare avanti quella sordida impresa avviata dal suo secondo marito? Non è un'attività consona a una signora perbene.»

    Anna chiuse gli occhi per un istante, sostando nella sua ricerca di un angolo appartato ai margini della sala da ballo. Un'alta e rigogliosa pianta da interni la nascondeva alla vista delle due pettegole, ma sarebbe bastato che una di loro si spostasse di un poco per intravederla.

    Quelle parole non la ferivano più. Era stata sposata per tre volte, e tutti e tre i suoi mariti erano morti entro un anno dalle nozze. Conosceva bene gli epiteti con cui matrone sprezzanti e ingenue debuttanti la indicavano. Assassina, divoratrice di uomini, vedova nera. Non si curavano della verità, e lei aveva imparato che era meglio lasciarle alle loro congetture piuttosto che alimentare i pettegolezzi con smentite, o pregarle che la lasciassero in pace.

    Pur essendo abituata alle ingiurie, Anna detestava trovarsi in quel genere di situazioni e avrebbe desiderato poter sgattaiolare via senza che la sua presenza venisse notata.

    «Lady Fortescue, che piacere rivedervi, dopo così tanto tempo!» esclamò in quel momento un tizio che Anna conosceva appena. La sua voce riecheggiò nell'esiguo spazio e, dalla propria posizione, Anna vide le due pettegole voltarsi verso di lei. Non c'era più modo di sottrarsi alla loro vista.

    Raddrizzò la schiena, abbassando le spalle in una postura che la faceva apparire più sicura di sé di quanto in realtà non si sentisse. Tornò verso la sala da ballo, rivolse all'uomo un educato cenno del capo e si voltò a fissare le due matrone con uno sguardo gelido.

    «Portate i miei saluti a vostro fratello, Mrs. Weston. Che cara persona!» cinguettò prima di scivolar via con noncuranza. Non sapeva neppure se costei l'avesse mai avuto, un fratello. Tuttavia quell'azzardo si rivelò vincente, a giudicare dall'espressione inorridita che stravolse i lineamenti delle due donne.

    Anna lanciò una rapida occhiata attorno a sé e vide Beatrice, la cugina a cui aveva accettato di fare da chaperon per quella Stagione, volteggiare sorridente in un animato cotillon. Era improbabile che avesse bisogno di lei per un po', quindi si dileguò in fretta dalla sala.

    Nel corridoio faceva più fresco, e vi aleggiava il profumo dei fiori appena colti, insieme a quello delle centinaia di candele sfavillanti. Anche lì c'era gente, venuta via dalla sala da ballo per sfuggire al calore e alla calca, e radunata in capannelli sparsi. Anna dovette imporsi di passare loro accanto camminando tranquillamente, senza cedere alla tentazione di afferrare l'orlo dell'abito e mettersi a correre.

    A mano a mano che si allontanava dalla sala da ballo, il corridoio si faceva più tranquillo, e il panico che l'aveva attanagliata pochi istanti prima cominciava ad acquietarsi. Provò a girare la maniglia di una porta, poi di un'altra e finalmente, al terzo tentativo, la trovò aperta e scivolò all'interno della stanza, richiudendo il battente alle proprie spalle.

    Ci vollero alcuni minuti prima che i suoi occhi si adattassero all'oscurità che vi regnava, ma a poco a poco Anna fu in grado di distinguere i contorni degli scaffali che rivestivano le pareti e le sagome di alcune confortevoli sedie riunite attorno a uno scrittoio. Doveva trattarsi di uno studio o di una biblioteca, il luogo perfetto per godersi qualche minuto di pace prima di tornare ad affrontare le occhiate in tralice e i bisbigli velenosi nella sala da ballo.

    Anna si accomodò in una delle sedie dall'alto schienale che davano le spalle alla porta, mantenendo una postura eretta, benché non ci fosse nessuno a osservarla. Il suo defunto marito, il terzo, era stato molto esigente in materia di portamento e buone maniere. Anna aveva imparato a muoversi con grazia e a sedere con la schiena eretta, atteggiando il proprio volto in modo da non tradire alcuna emozione. Ogni infrazione alla regola veniva severamente punita. Lord Fortescue era spietato nelle sue pretese.

    Chiuse gli occhi e ascoltò il brusio lontano delle conversazioni che si intrecciavano nella sala da ballo, mescolandosi alle prime note di un valzer. Attraverso quel sottofondo le giunse anche, distintamente, un rumore di passi affrettati che si fece sempre più vicino. Prima che avesse il tempo di muoversi, sentì la porta dello studio che si apriva e due persone che sgattaiolavano all'interno. Le fu subito chiaro che si trattava di un uomo e di una donna, e dai loro bisbigli eccitati e dall'aroma dello champagne dedusse che si erano rifugiati lì per un incontro galante.

    «Tuo marito non si accorgerà della tua assenza?» chiese l'uomo. Anna udì frusciare la seta delle vesti.

    «Quel vecchio imbecille è al tavolo da gioco. Non si accorgerebbe neppure di una carica di cavalli imbizzarriti!»

    Anna pensò che avrebbe fatto meglio a manifestare la propria presenza. Non le piaceva affatto essere testimone dell'intimità di una coppia clandestina.

    Strinse i braccioli preparandosi ad alzarsi dalla sedia, ma proprio in quell'istante la porta tornò ad aprirsi. I bisbigli si interruppero di colpo e i due amanti si separarono in un fruscio di sottane e un rumore di tacchi, mentre la luce di una candela si diffondeva nella stanza proiettando lunghe ombre negli angoli. Anna si lasciò ricadere sulla sedia, augurandosi che il nuovo arrivato li facesse sloggiare e se ne andasse anche lui il prima possibile, lasciandola finalmente in pace.

    «Chiedo scusa» pronunciò una voce maschile dal timbro profondo, in tono leggermente divertito. La donna emise un gemito, e poi Anna non udì più la sua voce, segno che doveva essere uscita dalla stanza.

    Malgrado fosse rimasta assente dalla scena mondana negli ultimi due anni, Anna conosceva di persona la maggior parte degli aristocratici frequentatori delle feste da ballo. Tuttavia non le pareva di aver mai udito la voce di quell'uomo.

    «Edgerton.»

    «Wilbraham.»

    A quel saluto informale, segno di una certa familiarità tra i due, seguì un protratto e imbarazzato silenzio durante il quale Anna trattenne il fiato.

    «Non dici niente, vecchio mio?»

    «No, non mi compete.»

    Seguì un rumore di passi che si allontanavano e quello della porta che veniva richiusa, ma la stanza rimase illuminata, e Anna poté udire dietro di sé il respiro leggero dello sconosciuto. Si stava appunto chiedendo se fosse il caso di alzarsi e precipitarsi fuori della stanza, quando se lo ritrovò davanti.

    «Buonasera» la salutò lui senza tradire alcuna sorpresa.

    «Buonasera.» Anche Anna si mostrò disinvolta, malgrado l'agitazione che provava. I mesi trascorsi a soffocare ogni emozione mantenendo l'espressione serena, si stavano rivelando utili.

    «Alla ricerca di un po' di tranquillità?»

    «Sì» rispose lei seccamente, sperando che il tono gelido gli facesse capire che desiderava essere lasciata in pace.

    L'altro si aggirò per la stanza, aprendo armadi e stipi sino a che non trovò quel che cercava: una bottiglia di whisky e due tozzi bicchieri.

    «Detesto lo champagne» dichiarò, versando due abbondanti dosi del liquido ambrato. «Per non parlare del ponce.»

    Le porse uno dei bicchieri e attese che lei lo prendesse, prima di accomodarsi sulla sedia accanto alla sua. Dopo aver bevuto un sorso, sollevò il bicchiere, esaminandone pensosamente il contenuto, e proruppe in una risatina sommessa.

    «Cosa c'è di tanto divertente?» chiese Anna, rimpiangendo all'istante la propria curiosità. Ora gli aveva offerto un pretesto di conversazione.

    «I domestici di Prendy gli annacquano il whisky» spiegò lui tornando a sorseggiare il liquore.

    «Prendy?»

    «Lord Prenderson. Il padrone di casa.»

    «Lo conoscete bene?»

    «Perché, non si conoscono tutti, in queste serate?»

    Anna stava per alzarsi e salutare quando l'altro fissò su di lei uno sguardo indagatore.

    «A pensarci bene, non sono sicuro di aver mai incontrato voi.» Dopo averla scrutata da capo a piedi, aggiunse: «Sono certo che me ne ricorderei».

    A quel punto le buone maniere prevedevano una presentazione, invece Anna si alzò bruscamente, posò il bicchiere ancora pieno sul tavolo e si diresse verso la porta.

    «Aspetterei, se fossi in voi. Naturalmente, siete libera di fare come volete, ma quelle pettegole sarebbero ben contente di vedervi uscire di qui da sola.»

    Anna si irrigidì e chiuse gli occhi per qualche istante, prima di voltarsi lentamente ad affrontare lo sconosciuto. «A chi vi riferite?»

    «A un gruppetto di matrone che si sono riversate nel corridoio. Sono certa che non sfuggirebbe alla loro attenzione vedervi uscire da qui dopo Lord Wilbraham e Mrs. Featherstone.» Con un'espressione improvvisamente pensosa, l'uomo proseguì: «A proposito, che cosa contavate di fare se avessero avuto tempo di approfondire la loro intimità?».

    «Qui nello studio? A due passi dalla sala da ballo? Credo fosse alquanto improbabile» rispose lei in tono secco, l'espressione imperturbabile.

    «Mi dicono che alcuni trovano eccitante il pericolo.»

    Anna sapeva che stava scherzando, ma non raccolse l'invito e cambiò argomento. «Quanto pensate che ci vorrà prima che io possa uscire di qui tranquillamente, Mr. Edgerton?»

    «Lord Edgerton» la corresse lui distrattamente. «Ora però mi trovo svantaggiato.»

    «Lady Fortescue» si presentò lei, riluttante.

    Dal suo sguardo incuriosito, Anna capì che era al corrente. Di tutto.

    «La famigerata Lady Fortescue» commentò infatti lui.

    «Non sta bene dire certe cose» ribatté Anna in tono beffardo. «Non in faccia, almeno.»

    «È un vero piacere fare la vostra conoscenza, Lady Fortescue.» Edgerton si alzò in piedi e si portò la sua mano alle labbra.

    Ora che le stava così vicino, Anna si rese conto di quanto fosse alto e prestante. La sovrastava di qualche palmo, e le sue spalle squadrate riempivano alla perfezione la giacca di ottimo taglio. Per la prima volta, da quando era entrata in quella stanza, si rese conto del rischio che correva nel trovarsi da sola con quell'uomo. Non si trattava soltanto dello scandalo che sarebbe scoppiato se li avessero sorpresi insieme, ma del rischio che potesse approfittarsi di lei. Lentamente, Anna indietreggiò di un passo. Edgerton non aveva l'aria di un poco di buono, ma l'esperienza le aveva insegnato che non sempre le apparenze corrispondevano alla realtà. Uno sguardo gentile e dei modi disinvolti non bastavano perché ci si potesse fidare di un uomo.

    Harry intravide un lampo di apprensione negli occhi di Lady Fortescue, prima che il suo volto si ricomponesse dietro un'impassibile facciata. Subito fece un passo indietro, rendendosi conto di essere lui la causa di quel timore. Eppure non era mai stata sua intenzione spaventare quella donna: lo avevano accusato di molte cose, nella sua vita, ma mai di incutere timore.

    «Vado a controllare se la strada è sgombra» annunciò sorridendo amichevolmente.

    Si diresse verso la soglia e dischiuse leggermente la porta, affacciandosi nel corridoio. A pochi passi di distanza, il gruppo di matrone continuava a sventagliarsi e spettegolare. Non c'era alcun modo di oltrepassarle senza essere visti.

    «Non si sono mosse» riferì poi, «ma sono certo che non tarderanno a ritornare nella sala da ballo.»

    Harry tornò a sedersi, osservando con la coda dell'occhio Lady Fortescue. Poco prima, quando si era presentata, non aveva potuto fare a meno di mostrarsi sorpreso. Era una donna molto chiacchierata, forse la più chiacchierata del momento. Sposata per ben tre volte prima ancora di compiere venticinque anni, aveva seppellito il terzo marito, Lord Fortescue, solo un anno prima. Chissà perché, Harry se l'era immaginata diversa, con un aspetto più esotico. Invece si trovava di fronte una giovane donna molto attraente, ma non così differente da qualunque debuttante. Era indiscutibilmente elegante e aggraziata, ma nelle sue maniere c'era una certa freddezza che lasciava supporre un carattere riservato e amante della solitudine. Il suo attributo più intrigante erano gli occhi grigi dallo sguardo impenetrabile che non lasciavano trasparire alcuna emozione. Se gli occhi erano lo specchio dell'anima, era evidente che Lady Fortescue era ben decisa a non mostrare la propria al mondo.

    I due rimasero in silenzio per alcuni minuti, Harry appoggiato allo schienale della sedia e Lady Fortescue in piedi al centro della stanza, le mani giunte in grembo. Sembrava la perfetta rappresentazione della modestia femminile.

    «Ditemi, dunque» esordì lui quando il silenzio gli riuscì intollerabile, «sono vere le voci che circolano sul vostro conto?»

    «Trovo che i pettegolezzi non corrispondano mai alla realtà» fu l'evasiva risposta di lei.

    «Proprio così» convenne Harry. Conosceva meglio di altri quali sofferenze potessero infliggere certe velenose dicerie. «Come fate a sopportarlo? Che la gente sparli di voi e faccia congetture alle vostre spalle, intendo?»

    Lady Fortescue fece per scrollare le spalle in un gesto istintivo, ma parve trattenersi all'ultimo momento. «La gente non smetterà mai di spettegolare. Quello che dicono non ha importanza, se uno non li ascolta.»

    Il tono di quieta saggezza con cui aveva parlato lasciava supporre che avesse avuto ben altro da affrontare, in vita sua, che le chiacchiere delle malelingue.

    Con passi tanto aggraziati che parve fluttuare sul pavimento, anziché camminare, lei si diresse verso la finestra al lato opposto della stanza. «Da qui si accede alla terrazza» spiegò, affacciandosi e guardando in entrambe le direzioni. «Sarebbe la via più facile per rientrare nella sala da ballo.»

    «Spero che la mia compagnia non vi risulti insopportabile al punto da farvi prendere in considerazione l'idea di uscire dalla finestra?»

    Sul volto di Lady Fortescue balenò un riluttante sorriso, poco più di un'increspatura delle labbra, ma fu sufficiente a trasformare il suo aspetto e dare un'idea a Harry di quel che doveva aver fatto innamorare i suoi tre mariti.

    «Stasera sono qui per fare da chaperon a mia cugina» dichiarò lei senza allontanarsi dalla finestra.

    «Siete troppo giovane per venir relegata in quel ruolo» protestò Harry senza riflettere. Era un complimento indiretto, ed ebbe l'impressione che la mettesse a disagio.

    «Sono tre volte vedova» replicò lei. Poi, con voce talmente bassa che Harry non avrebbe saputo dire se fosse rivolta a lui soggiunse: «E ben lieta di non dover mai più danzare un valzer».

    Lady Fortescue si era appena allontanata dalla finestra quando il brusio di voci nel corridoio si fece più distinto. Entrambi rimasero immobili, e Harry si voltò a fissare la maniglia della porta e si accorse che stava trattenendo il respiro.

    «Non possiamo farci trovare insieme» bisbigliò, alzandosi di scatto e dirigendosi verso la finestra. In circostanze normali non si sarebbe preoccupato per sé. Il rango sociale e il patrimonio di cui godeva erano tali che la sua reputazione non avrebbe sofferto neppure se lo avessero trovato in compagnia della famigerata Lady Fortescue. Tuttavia, in seguito alla sfortunata relazione tra sua sorella e quella canaglia del capitano Mountfield, e allo scandalo che ne era seguito, l'anno precedente, la famiglia Edgerton non poteva permettersi ulteriori imbarazzi. Se a tutto ciò si aggiungeva poi il lampo di sgomento nello sguardo di Lady Fortescue alla prospettiva di offrire validi argomenti alle malelingue del ton, ecco che la finestra cominciava ad apparire anche a lui una via di fuga provvidenziale.

    L'aprì in fretta e le fece cenno di passare per prima. Con un movimento aggraziato lei afferrò la sottana dell'abito, lasciando intravedere la caviglia ben tornita, mentre Harry la sorreggeva per consentirle di scavalcare il davanzale.

    Alle loro spalle, intanto, le voci andavano crescendo di volume, e Harry non ebbe più alcun dubbio sul fatto che si stessero dirigendo verso lo studio. Doveva riuscire a farla uscire e rimanere a distrarre i nuovi arrivati per concederle il tempo di sottrarsi alla loro vista.

    La maniglia prese a girare proprio mentre lei si arrampicava sul davanzale. Prima di riuscire a scavalcarlo, però, Lady Fortescue emise un grido e perse l'equilibrio, ricadendo all'interno della stanza. Con un gesto istintivo, Harry si precipitò a sorreggerla, mettendole un braccio attorno alla vita e l'altro a circondarle le spalle. In quel preciso istante la porta si spalancò.

    «Misericordia!» proruppe Mrs. Winter, una delle peggiori malelingue di Londra. Assieme a lei, altre tre donne si affollarono sulla soglia dello studio, tutte con l'aria deliziata all'idea di assistere di persona a un simile scandalo.

    Lentamente, consapevole che ogni suo gesto sarebbe stato osservato e discusso più tardi fra innumerevoli congetture, Harry si accertò che Lady Fortescue avesse ritrovato l'equilibrio prima di staccare le braccia da lei e scostarsi.

    «Signore» salutò inchinandosi educatamente.

    «Lord Edgerton...» ansimò Mrs. Winter, senza fiato. «E... Lady Fortescue!»

    Aprendosi un varco tra le altre, una donna robusta, sulla quarantina, irruppe nella stanza. «Lord Edgerton, non è certo il modo di comportarsi!» esclamò Lady Prenderson, gli occhi che saettavano lampi di indignazione. «È inaccettabile che voi intratteniate... rapporti con questa donna nello studio di mio marito.»

    Non si capiva bene cosa la rendesse più furiosa, se la possibilità di una relazione tra lui e Lady Fortescue, o il fatto che si consumasse nello studio di Lord Prenderson.

    «Da certe persone posso anche aspettarmi un simile comportamento» proseguì la padrona di casa gettando un'occhiata sdegnosa verso Lady Fortescue, «ma non da voi. Non dopo lo scandalo che ha coinvolto la vostra famiglia.»

    Harry era stato sul punto di farle le proprie scuse, ma quelle allusioni suscitarono in lui una collera tanto viva che rischiò di fargli perdere l'abituale sangue freddo. Lady Fortescue dovette percepire il suo stato d'animo e facendosi avanti intervenne con voce calma: «Signore, vi prego di scusarmi. Il dovere mi impone di raggiungere mia cugina».

    Harry era certo che fosse preoccupata quanto lui per quella situazione – in effetti solo pochi minuti prima era

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