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Pavia e la storia che ritorna
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E-book178 pagine2 ore

Pavia e la storia che ritorna

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Info su questo ebook

Durante una mostra di cimeli della Seconda guerra mondiale, un visitatore scopre la verità sulla morte di suo nonno, deportato dai nazisti e mai più tornato dal campo di concentramento. Ossessionato dalla sete di vendetta, omicidio dopo omicidio di prepara a colpire il suo vero obiettivo. Riuscirà l’ispettore Armano a disarmare la mano assassina?
di Ivano Migliorucci
Durante una mostra dedicata ai cimeli della Seconda guerra mondiale, un visitatore scopre qualcosa collegato alla morte di suo nonno, deportato dai nazisti e mai più tornato dal campo di concentramento. La sua vita è stata condizionata dai genitori, soprattutto da suo padre, e dal dolore scaturito da quella perdita. Quanto inaspettatamente ritrovato lo porta alla ricerca della vendetta, che pianifica scientemente avvicinandosi, omicidio dopo omicidio, al suo vero obiettivo. Vuole restituire il dolore provato, ma quando sta per completare l’opera l’amore per una donna rischia di fargli cambiare idea. A indagare sui delitti un ispettore di polizia, Mauro Armano, intimo amico di Nicola Torsello, giornalista de “La Provincia Pavese”, con il quale scambia opinioni e notizie e che fa parte della sua stessa goliardica combriccola di amici.
LinguaItaliano
Data di uscita17 nov 2020
ISBN9788833284958
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    Anteprima del libro

    Pavia e la storia che ritorna - Ivano Migliorucci

    Ivano Migliorucci

    Pavia e la storia che ritorna

    LE MEZZELANE CASA EDITRICE

    Pavia e la storia che ritorna, di Ivano Migliorucci

    Editing: Alessandra Buschi

    Prima edizione 2020 - Le Mezzelane Casa Editrice

    ISBN 9788833284958

    Illustrazione di copertina e progetto grafico: Alessio Gherardini

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, istituzioni, luoghi ed episodi sono frutto dell’immaginazione dell’autore e non sono da considerarsi reali.

    Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari, organizzazioni o persone, viventi o defunte, veri o immaginari è del tutto casuale.

    immagini2

    Le Mezzelane Casa Editrice di Capomasi Camilla

    Via W. Tobagi 4/h - Santa Maria Nuova - An

    www.lemezzelane.eu

    email: informazioni@lemezzelane.eu

    Ad Ada Rossi, mia madre,

    per la sua vita passata a lavorare sui libri

    1.

    Lunedì 3 maggio 2010

    Pavia era disseminata di manifesti un po’ ovunque, senza contare i volantini. Gli sembrava una pubblicità esagerata, per un’esposizione riguardante vecchi cimeli della Seconda guerra mondiale, peraltro provenienti dalla sola provincia, e pensò che, senza meno, era stata voluta da qualche politico. In fondo i soldi che ricevono debbono pur essere impiegati, e forse altre volte sono stati spesi in maniera anche peggiore.

    La mostra si teneva nella villa dell’Orto Botanico, una struttura dell’università risalente alla metà del Settecento; si trattava di un’isola verde nel cuore della città, con alberi secolari e un giardino di rose e azalee.

    Maurizio aveva deciso di visitarla in un giorno feriale anziché nel fine settimana. Si sarebbe protratta per soli quindici giorni e lui per la domenica successiva aveva già in programma una gita a Varazze con Gabriella, un’amica che – almeno per lui – stava diventando qualcosa di più. Non le aveva ancora chiesto nulla, ma Perché non sperare? si chiese.

    Appena arrivato in corso Mazzini, si rese subito conto che la sua non era stata una buona idea: durante la settimana la villa era gremita di scolaresche e quel giorno non faceva eccezione. Valutò la possibilità di tornare nel pomeriggio, ma ormai si trovava lì e decise di provarci.

    Dai discorsi dei ragazzi che si accalcavano all’entrata, capì che frequentavano la terza media di una scuola di Stradella. Tutti ragazzi quantomeno rumorosi, come capita spesso durante le gite scolastiche. Il chiasso che fanno in queste occasioni sale fino a somigliare all’accordatura degli strumenti di un’orchestra. Sgradevole, irritante, pensò Maurizio.

    Lui, gran parte dei suoi trent’anni, li aveva passati sui libri. Pur di aspetto gradevole, era sempre stato quanto di più lontano dai modaioli palestrati che si vedono in giro e che gongolano per le occhiate che ricevono. Un paio di jeans e una polo erano il suo standard, e solo quando partecipava a qualche evento importante accettava qualche consiglio per il suo look.

    Timido e solitario, aveva poche amicizie vere e nessuna femminile; questo fino all’ingresso nella sua vita di Gabriella: in tutto uguale a lui, libera e in più anche carina.

    Si isolò dal trambusto delle scolaresche ancora in giardino e si dedicò alla visita della mostra.

    Passava da una bacheca all’altra; il materiale era tutto esposto in vetrine sistemate lungo le pareti o su tavoli con il ripiano di vetro. Ogni reperto era accompagnato da un cartoncino con la sua descrizione in tipici caratteri da vecchia macchina da scrivere.

    Dal catalogo venne a conoscenza che si trattava di cimeli raccolti proprio per quell’occasione, messi a disposizione sia da privati sia da istituzioni. Tra l’altro, molti di essi venivano mostrati al pubblico per la prima volta.

    Si mise a leggere con attenzione la descrizione di ogni oggetto in mostra. Era davvero interessato, anche sul piano personale: suo nonno era stato uno degli ultimi deportati dai tedeschi in un lager; era stato mandato al campo di Mittelbau-Dora e da lì non era più tornato.

    Si era chiesto, a volte, se il nonno sapesse che in quel campo i detenuti erano obbligati a costruire i primi missili utilizzati come bombe; forse non se ne era reso conto, o almeno quella era la sua speranza. Per tutta la vita, fino a poco tempo prima di morire, suo padre aveva raccontato di quei tempi con un nodo che gli serrava la gola.

    Mentre procedeva, Maurizio ragionava sul fatto che quelli che stava osservando fossero oggetti comuni che suo nonno poteva aver usato negli ultimi giorni vissuti come uomo libero.

    A un certo punto sobbalzò, poi rimase impietrito di fronte a una delle teche. Osservò di nuovo con più attenzione, con lo stesso risultato: ciò che aveva sotto agli occhi gli pareva un’assurdità.

    Non staccò lo sguardo dall’oggetto neanche mentre prendeva la macchina fotografica. Con mano tremante premette il pulsante dell’accensione. Quel movimento non sfuggì a un custode, che si precipitò con foga a bloccare il suo proposito.

    «Voglio solo fare una foto, giusto per avere un ricordo. Cosa vuole che sia?» cercò di giustificarsi.

    «Non si può», fu la replica dell’inserviente, «è vietato», e gli indicò i cartelli bene in vista alle pareti.

    Tutto quello zelo a Maurizio sembrava esagerato, ma nonostante la sua insistenza, l’uomo fu irremovibile: no era e no sarebbe stato. Anche a meno valse trattare il custode in malo modo, e anzi alla fine tutto ciò che ottenne fu l’invito a lasciare la mostra.

    Aveva creato uno scompiglio esagerato, se ne rendeva conto, e per fortuna in quel momento nella sala non c’erano altri che lui e il custode. Tuttavia, la figuraccia che aveva fatto assumeva poca importanza rispetto alla portata di ciò che aveva visto.

    Quando fu fuori dall’edificio, voltò per viale Gorizia, si fermò all’ombra del primo albero che costeggiava la strada e sfogliò il breve catalogo della mostra che aveva portato con sé, con la speranza di avere un colpo di fortuna. Non lo ebbe: quello che cercava non c’era.

    In ogni caso, lui quell’oggetto lo voleva. E se non poteva averne una foto, si sarebbe procurato l’originale.

    2.

    Martedì 4 maggio 2010

    Alla redazione de La Provincia Pavese Nicola Torsello ripensava alla notte precedente. Non era sicuro che fosse stata una buona idea averla trascorsa con quella dottoressa.

    Giornalista di punta del giornale, Nicola era salito al nord da Lecce un paio di anni prima e contava di rimanerci. Oltre a un innato carisma, aveva tutte le carte in regola per affascinare una donna: era sulla quarantina ma non dimostrava la sua età, e anche se non poteva considerarsi uno sportivo, la natura era stata comunque generosa con lui. Gli occhi color ambra esprimevano dolcezza, mentre il naso regolare e le labbra non troppo piene completavano il volto di un ovale perfetto. I capelli castano chiaro a volte gli ricadevano sulla fronte, spaziosa, permettendogli il gesto vezzoso di rimandarli indietro. Era senza dubbio un bell’uomo, oltre che di successo.

    Si trovava ora a gestire un bel problema: Anna.

    L’intervista sulla situazione delle donazioni di sangue che la dottoressa Anna Barenghi gli aveva concesso era stato solo il preludio alla cena in un meraviglioso ristorantino in collina dal quale, complice un ottimo Bonarda Paravella, il fascino di Nicola li aveva condotti a casa di lui.

    Adesso era seduto alla scrivania del suo ufficio e si domandava se fosse stata una buona trovata terminare la serata proprio lì.

    Non ricordava se avesse fatto delle promesse – e soprattutto quali – perché Anna mettesse da parte ogni esitazione, semmai ce ne fossero state. Aveva esagerato con quel vino, anzi, visto che ne avevano goduto tutti e due, forse entrambi si erano lasciati andare più del solito.

    Il messaggio che gli arrivò era inequivocabile, come anche il mittente: Dott.ssa Barenghi.

    Ciao amore, ho ancora il tuo fresco profumo sulla pelle, sei stato incantevole e fremo al pensiero della prossima volta, che per fortuna sarà presto. Ci vediamo stasera a casa. Buon lavoro e baci, baci, baci, e anche…

    Rimase con lo sguardo fisso su quelle parole fino a quando il display si disattivò. Ci vediamo stasera a casa, diceva il messaggio, Ma a casa di chi? si chiedeva Nicola. Di sicuro intendeva la sua, dato che era lì che si erano recati la sera precedente dopo la cena. Non ricordava però il momento in cui aveva fatto quell’invito, né per quella sera né per altre, tanto più che, tempo due giorni, Stella sarebbe rientrata.

    Che accidenti ho combinato per una scopata? si chiese. Si era già messo in guai simili, e anche se questa volta la situazione si presentava più complicata del solito, era sicuro che sarebbe riuscito ad appianare tutto.

    Aveva appena preso il cellulare in mano per chiamare uno dei suoi amici e chiedere consiglio quando Enzo entrò di corsa nel suo ufficio.

    «Nicola, stanotte c’è stato un furto all’Orto Botanico dove hanno allestito quella mostra sulla Seconda guerra mondiale. Dobbiamo andare, e alla svelta.»

    Lasciò perdere la telefonata, si alzò, afferrò la giacca e andò dietro al collega. «Cosa mai valeva la pena rubare?» osservò nel frattempo a voce alta. «Portiamo anche la macchina fotografica?» chiese poi al collega.

    «Già presa», rispose Enzo, agitando la mano che la impugnava.

    «… anche se non so che cosa ci sarà da fotografare, visto che gli oggetti più interessanti dovrebbero essere spariti con il ladro…» ironizzò Nicola.

    «So io cosa fotografare, tu pensa solo a scrivere», gli rispose piccato l’altro.

    Arrivarono al museo dal lato sud e, parcheggiata l’auto in via Sant’Epifanio, raggiunsero il cancello d’ingresso. Si fecero riconoscere dall’agente di polizia, il quale, dopo aver chiesto a un suo superiore, diede loro il via libera per entrare.

    Nicola aveva visitato la mostra un paio di giorni prima dell’inaugurazione per redigere un articolo di presentazione e osservò che nella sala non c’era molto disordine, o almeno non tanto quanto si sarebbe aspettato dopo un furto.

    A chi può interessare rubare oggetti simili? Che mercato possono avere? si domandò. In ogni caso, qualcosa da scrivere doveva pur trovarlo. Iniziò a buttar giù degli appunti, mentre Enzo aspettava il permesso della scientifica per poter fare qualche foto.

    «Ehi, ciao! Mi raccomando, non toccare nulla.» La voce era quella di Mauro Armano, ispettore di polizia.

    Nicola si voltò. «Ah, Mauro, ci sei tu?»

    «Sì, stavolta tocca a me», rispose l’altro sorridendo, poi gli venne spontaneo aggiungere: «A chi cazzo può interessare ’sta roba tanto da volerla rubare? I rigattieri nei mercatini sono pieni di queste cianfrusaglie.»

    «Non ne ho la minima idea», rispose Nicola. «Il valore economico che possono avere è irrilevante. È un’esposizione di ricordi e ha un valore nostalgico per chi quei tempi li ha vissuti, solo di curiosità per altri. Forse salterà fuori che si tratta della bravata di qualche testa calda, magari rasata. Ti lascio alle indagini, io cercherò di scrivere qualcosa.»

    «Va bene. E dimmi: sai chi è il curatore della mostra?»

    «Quella ragazza là», rispose Nicola facendo un cenno con il mento.

    Si salutarono e Mauro si avvicinò alla ragazza che l’amico gli aveva indicato.

    «Buongiorno, sono l’ispettore Armano», si presentò. «Mi hanno detto che lei è la curatrice dell’esposizione.»

    «Lucia Lamberti. Sì, sono io», disse lei tendendogli la mano.

    Armano la strinse, poi aggiunse l’inevitabile complimento: «Così giovane e già con mansioni tanto rilevanti…»

    «In realtà è un piccolo incarico», si schermì la ragazza, «ma grazie lo stesso.»

    Mauro sorrise. «Dunque, veniamo a questo fatto increscioso. Ha idea di che cosa sia stato portato via? Esiste un inventario?»

    «Certo, abbiamo un elenco completo. Mi sono già premurata di controllare cosa mancasse, l’ho scritto qui.» Da una tasca tirò fuori un

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