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Noctua
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E-book406 pagine3 ore

Noctua

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Info su questo ebook

Attilio Cocci, osannato organista di fama mondiale, accusato di strage, è detenuto in un carcere di massima sicurezza. Quando Vittorio Strinati, un cinico investigatore, gli chiede udienza per recuperare il prezioso spartito che Cocci aveva con sé prima del fermo, Cocci gli propone un patto: ascoltare la sua storia in cambio delle indicazioni. Strinati non crede affatto al racconto insondabile e apocalittico di Cocci e si recherà comunque a Ornello, il paese natale del musicista, teatro dei misfatti per cui Cocci è indagato. Lì si imbatterà in Albinia, il demone indicato da Cocci come il vero colpevole dei suoi capi d’accusa. In un crescendo di colpi di scena e di rivelazioni, un diverso universo prenderà forma insieme alle inedite leggi che lo governano. Strinati si scoprirà pedina di un gioco più grande, dove protagonisti del passato, ombre e antiche profezie sono legate a filo doppio con la stirpe dei Cocci mentre su tutto domina il potere occulto della morte oltre la morte.
LinguaItaliano
Data di uscita23 ago 2017
ISBN9781533515209
Noctua

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    Anteprima del libro

    Noctua - Cristina Lattaro

    Noctua

    Titolo: Noctua

    Autrice: Cristina Lattaro

    Questo romanzo è un’opera di fantasia: nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il prodot- to dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fittizio. Qualsiasi riferimento a fatti, luoghi o persone è puramente casuale.

    Tutti i diritti di traduzione, riproduzione e adattamento, totali o parziali, con qualsiasi mezzo, anche copie fotostatiche e microfilm, sono riservati.

    © 2016 bookeco

    www.bookeco.it info@bookeco.it

    ISBN: 9781533515209

    PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA

    Copyright 2016 bookeco

    Stampato per conto di bookeco nel mese di Maggio 2016

    Cristina Lattaro

    Noctua

    A me Rieti,12settembre 2015

    Ullman era alto poco più di un metro e sessanta,  e quando si muoveva aveva la rapidità scattante che sembra essere peculiare a tutti gli ometti grassocci. Aveva i capelli spartiti da una scrimi- natura impeccabile, e il completo scuro era so- brio, ma non severo. Sono un uomo al quale pote- te tranquillamente esporre i vostri problemi, dice- va quel completo alla clientela solvente. Al perso- nale stipendiato parlava invece in modo più sbri- gativo: sarà meglio che filiate diritto, voialtri. All'occhiello spiccava un garofano rosso, forse per evitare che per la strada qualcuno scambiasse Stuart Ullman per il titolare dell'impresa di pom- pe funebri.
    Shining, Stephen King

    .

    PARTE I

    Per il detective Vittorio Strinati definire il successo era semplice. Se qualcuno, per una volta, portava a casa un buon risultato, la fortuna poteva averci messo lo zampi- no. Ma se a quel qualcuno accadeva di continuo... allora ci azzeccava il successo.

    Quindi lui era un investigatore di successo.

    Certo aveva parecchi difetti, però possedeva dei tratti mentali formidabili e un fiuto eccezionale.

    Quando varcò la soglia del parlatorio del carcere di San Francesco di Rieti, nell'alto Lazio, si congratulò con se stesso ancora una volta. Quale che fosse stato l'e- sito di quella gita fuori porta, si era già guadagnato la parcella perché era arrivato a destinazione e avrebbe rac- colto l'informazione per cui era stato profumatamente pagato dalla cliente. Probabilmente aveva anche vinto la scommessa contro il tempo fatta con il socio prima di la- sciare l'ufficio. Perderla sarebbe stato quasi impossibile, ma questo il socio non avrebbe potuto saperlo e non lo avrebbe saputo mai.

    Due sedie e un tavolo di plastica arredavano una stanza squallida come tutti i parlatori che aveva visitato. Si sedette, prese lo smart phon e sbirciò la discussione che stava seguendo su un LoveIs, un forum che bazzica- va da qualche mese con una certa soddisfazione. Si parla- va di amore in tutte le salse, di sesso in tutti i colori, di

    psicologia, divorzi e problemi di coppia. Per la comuni- tà, lui era Ramon e spesso illuminava gli astanti con perle di rara saggezza, tanto da ambire al ruolo di moderatore della sezione Sessualità, un posto vacante. L'amministra- tore del forum lo teneva sott'occhio, un altro paio di in- terventi magici e avrebbe fatto centro. L'ultimo che si  era affacciato alla ricerca di conforto era un novellino, che alla soglia dei cinquant'anni si chiedeva come mai avesse iniziato a sognare di fare un bocchino al vicino di casa.

    Sei un omosessuale latente, aveva sentenziato Ramon sen- za mezzi termini, fregandosene delle teorie pseudo psico- logiche delle due donne che si erano lanciate prima di lui nella discussione. Una delle due, tale Lelle, era una stronza di prim'ordine, cornificava il marito a raffica e aveva avanzato pubblicamente la propria candidatura al ruolo di moderatrice, entrando in competizione con lui. All'inizio aveva stentato a credere che Lelle avesse una tale faccia tosta, insomma da un anno ammorbava gli af- fezionati della sezione Problemi di coppia, annunciando la chiusura delle sue parentesi extraconiugali salvo poi pia- gnucolare di esserci ricascata cioè aveva trovato un altro da scopare. Una che non riusciva a risolvere i propri problemi, immersa nella merda fino alle orecchie, pre- tendeva di aiutare altri messi meglio di lei! Comunque nessuno aveva contestato l'ultimo vaticinio di Ramon, com'era logico. Soddisfatto, era passato a controllare la casella di posta elettronica. Tutto tranquillo, nessuna email strana, meglio così. Rifece i conti da capo, tanto  per essere sicuro di non aver commesso errori, quasi di- sposto a concedersi un quarto d’ora extra per il viaggio  di ritorno, insomma un caffè in un autogrill avrebbe po- tuto permetterselo.

    Aveva impiegato ottantacinque minuti di macchina per percorrere il tratto Rieti-Roma. Era rimasto in balia della burocrazia penitenziaria reatina per i controlli di routine per venticinque minuti. Il colloquio con il detenuto sa- rebbe stato rapido, venti minuti al massimo. Bastava ag- giungere altri ottantacinque minuti per rientrare alla base per ottenere almeno due ore di margine rispetto a quan- to aveva preventivato Mario Anni, il suo socio, appunto.

    Il rumore della porta che si schiudeva lo sorprese a vagheggiare sulle curve di una barista sexy, una che  non avrebbe mai potuto incontrato in un locale qualsia- si, ma quello al momento era un dettaglio secondario. Subito indirizzò un cenno di intesa in direzione della persona che stava aspettando, Attilio Cocci. Il detenuto era arrivato in compagnia di una guardia carceraria che si ritirò in silenzio, lasciandoli soli. Appena l’uscio si serrò, presero a scrutarsi in modo educato ma attento quanto basta per farsi un’idea di massima l’uno dell’altro. Il de- tective mise subito le carte in tavola.

    Sono qui su incarico della signorina Irene Pesca disse tornando a sedersi. Cocci lo imitò e rimase in silen- zio finché gli venne steso un bigliettino da visita. Cocci prese il rettangolino di carta traslucida tra il pollice e l’indice e lo poggiò sul pianale con uno sguardo più in- differente di quello del vigilante appena uscito.

    Non spiega come lei sia riuscito ad arrivare fin qui replicò dopo qualche istante.

    La sua fidanzata è una discografica importan- te… abbozzò il segugio. Attilio aggrottò le sopracciglia e fissò Vittorio negli occhi.

    Non così importante, sono in isolamento. Vittorio sorrise, a quel punto avrebbe potuto arrendersi all’evidenza e dare a Cesare  quel che  era di Cesare.    Non

    poteva farlo senza rivelare la sua arma segreta, ossia un hard disk zeppo di immagini digitali. Quando faceva il paparazzo free lance, non si era limitato a immortalare star con le dita nel naso o starlette in nudo integrale. Aveva beccato avvocati di fama seduti al bar con perso- naggi poco raccomandabili o in atteggiamenti equivoci con qualcuno diverso dalla legittima consorte, maschio o femmina che fosse. Uno di questi ultimi era diventato un giudice potente che non gli aveva mai negato un visto impossibile per qualsiasi altro abitante della terra. Era sempre bastata una sola telefonata e non abusare della propria influenza.

    Vittorio si decise per una risposta diplomatica.

    La sua fidanzata è importante nella misura ne- cessaria: guadagna abbastanza per permettersi di assolda- re la Sonic Eye, l’agenzia di cui sono titolare con il dot- tor Mario Anni. Superiamo ostacoli per altri insormon- tabili.

    Non credo che potrà tirarmi fuori di qui sospi- rò Attilio.

    Se per questo nemmeno io… di quanti omicidi è accusato, duecentocinquantadue?

    Quindi perché Irene l’avrebbe pagata tanto? ri- prese Attilio.

    Per via dello spartito di Wolfgang Oddio che lei si è portato dietro fino a Ornello rispose il detective. Diamoci del tu, mi trovo meglio con i verbi... propose poi Strinati per continuare in tono colloquiale senza at- tendere il consenso dell’interlocutore. Pesca ha ingag- giato per te anche il miglior avvocato sulla piazza preci- sò per arginare la probabile delusione di Cocci. Non gli importava delle beghe personali di Cocci ma se si fosse indispettito lui ci avrebbe rimesso di sicuro. "La  signori-

    na mi ha confidato che al momento non può fare altro  ed è normale provvedere intanto alle falle arginabili." Attilio sorrise senza sarcasmo. Era rinchiuso in una cella due metri per due, con a disposizione un cesso, un la- vandino e un letto. Uno spicchio di cielo si affacciava dalla finestrella che stava troppo in alto per guardare di fuori. Ogni notte l’angoscia faceva coppia col respiro che gli raschiava i polmoni. Restava così, sofferente, in attesa dell’alba, quando le ombre sarebbero fuggite di nuovo. Le ombre, creature infernali minacciate dallo splendore che si faceva sfolgorante quando la speranza di uscire di  lì si riaccendeva. La libertà a cui aspirava,  comunque, non era solo quella da carcere, ma quella della mente, dei pensieri, quella che non aveva avuto mai.

    Lo spartito è andato in fumo con tutto il paese, giusto? l’aveva imbeccato Vittorio. Aveva immaginato la carta sfrigolare mentre studiava i fatti di cronaca che avevano avuto per protagonista il famoso Attilio Cocci,  il bel ragazzo che gli stava davanti. Nei pochi giorni tra- scorsi in galera doveva aver perso almeno cinque chili a giudicare dalle foto sui giornali che lo ritraevano durante l’ultimo concerto datato non più di tre settimane prima.  I mass media avevano tirato avanti senza tregua, pubbli- cando le più strane congetture sulle origini del dramma con protagonista una star tornata al paesello della Sabina il cui maggior vanto pareva proprio aver dato i natali al più fenomenale organista del secolo. Per Vittorio Strina- ti, la Sabina restava la zona a nord di Roma che produce- va l’olio buono. Dopo il liceo si era dato una mossa e della cultura se ne era sbattuto. Comunque, grazie alle potenti propaggini dell'agenzia, sapeva che nei magazzini della scientifica, tra i reperti del caso Cocci, non c'era nulla che avesse stampigliato sopra una sola nota musica-

    le. Era preciso, se gli veniva in mente una strada da per- correre per rendere più completo un rapporto la imboc- cava e del resto era pagato per farlo. Questa volta aveva giocato sul velluto. Per dirla tutta aveva avuto l’impressione che la cliente sapesse quello che avrebbe ottenuto: un pugno di cenere. Evidentemente Irene Pe- sca non riusciva a rassegnarsi e in certi frangenti alle per- sone serviva ascoltare viva voce il verdetto di un profes- sionista per mettersi l’anima in pace su una questione spinosa.

    Attilio Cocci fissò il visitatore, un uomo sulla qua- rantina, alto, robusto, dai lineamenti regolari. Occhi scu- ri che brillavano di orgoglio e di una pienezza di sé che probabilmente aveva ragione di essere. La conosceva quella scintilla, l’aveva vista decina di volte nello spec- chio in cui si era riflesso fino a non molto prima. Si guardò le mani poggiate sulle cosce, rimuginò sulla se- quenza che lo aveva portato a Ornello. Aveva accettato  il fato come si accettano gli eventi inevitabili di cui si ha sentore da tempo, tanto da accoglierli con la freddezza compassata di chi si prepara a ricevere un colpo con an- ticipo.

    Alle sette di sera era arrivata la telefonata che aveva annunciato la morte di suo padre. Irene si era intristita alla notizia della scomparsa dell’uomo che sarebbe diven- tato suo suocero di lì a pochi mesi.

    Farò in modo di raggiungerti prima del funerale. Ti servirà una mano e poi è ormai l'unica occasione che ho per vederlo aveva considerato per strappargli la promessa che l’avrebbe attesa a Ornello e che l’indomani si sarebbe arrangiato con i mezzi di trasporto per arriva- re a destinazione. Aveva capitolato perché c’erano buone

    possibilità che le questioni in sospeso della casa discogra- fica le impedissero di mollare tutto in tempo utile. Era già successo in altre circostanze. Se la logica e il buon senso erano a favore di Irene, la statistica gli strizzava l’occhio e dunque era stato quasi certo che il programma di Irene sarebbe naufragato. Non voleva che mettesse piede a Ornello.

    In caso di emergenza sai a chi puoi rivolgerti le aveva detto.

    Certo, ma non avrò bisogno di nessuno e noi torneremo insieme con la Lancia Beta Montecarlo cou- pé aveva concluso Irene alludendo al regalo che aveva appena ricevuto dal padre, uno dei tanti.

    Lo spartito è in salvo, è a Ornello aveva sussur- rato Attilio mentre le labbra di Vittorio prendevano una piega amara che si sforzò di trasformare in stupore prima che si consolidasse. Sono arrivato a Ornello per il fune- rale di mio padre. Ho trascorso un paio d’ore nella casa dove sono nato col suo corpo steso in camera da letto e ho messo lo spartito al sicuro.

    Vittorio era deluso, quando il momento critico passò, gli restò dentro un certo dispetto.

    Perché te lo sei trascinato dietro, pensavi di stu- diare mentre il cadavere si freddava? aveva ribattuto come se Cocci, a quel punto, gli dovesse una giustifica- zione. Le tempistiche dell'incarico si sarebbero allungate, il fatto che il tizio che aveva davanti fosse una celebrità non cambiava la situazione. Cocci lo aveva invischiato all’improvviso in un affare diverso rispetto a quello che aveva immaginato considerando tutte le possibilità. Dunque Cocci era una testa di rapa anche se era l’interprete di tre long playing da tempo in cima alle classifiche dei prodotti musicali più venduti. Anche se

    era stato invitato a ogni manifestazione culturale impor- tante in qualsiasi parte del globo. Anche se era stato ac- clamato ovunque perché ritenuto unico, stimato e talen- tuoso organista insignito di quindici Premi in Composi- zione internazionali. Secondo quanto aveva letto, Attilio Cocci era capace di eseguire brani di qualsiasi genere, dal medievale al contemporaneo, inquadrandone ciascuno in modo impeccabile, sfoggiando conoscenze per ogni aspetto, sia esso estetico, filologico o tecnico. Solo che Attilio Cocci ora era rinchiuso nel penitenziario di San Francesco di Rieti, sottoposto a esami psicologici severis- simi. Attilio Cocci era tenuto in regime di segregazione ed era stato interrogato per ore senza tregua. Gli risulta- va che continuasse a essere torchiato di quando in  quando perché gli inquirenti non riuscivano a delineare un quadro esaustivo dell’accaduto. Ma soprattutto, Attilio Coc-ci aveva appena  dichiarato  che  lo  spartito di Wolfgang Oddio, quello che la cliente voleva recuperare, forse era recuperabile.

    Attilio sospirò.

    "La mattina in cui sono partito, Irene mi ha salu- tato in casa ma poi mi ha raggiunto in strada un istante prima che partisse il taxi che doveva portarmi alla sta- zione. Ho tirato giù il finestrino e lei mi ha allungato il raccoglitore di pelle che racchiudeva l’originale. L’ho preso assecondando un riflesso condizionato, trascinarmi dietro il lavoro non era necessario. Avevo calcolato di dormire sul diretto ad alta velocità che avrei preso di lì a poco. Dopo mi aspettava un torpedone alla stazione Termini di Roma. A Ornello non si sarei messo a solfeg- giare, quanto al ritorno con Irene, quella sarebbe stata un’altra storia. Le donne hanno sempre strategie alterna- tive sul come affrontare i fatti della vita e  probabilmente

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    ha pensato che maneggiare lo spartito mi sarebbe stato di sollievo, che mi avrebbe distratto o altre cretinate simi- li."

    Ma portarsi dietro proprio l'originale... aveva rimarcato Vittorio con puntiglio per poi rendersi subito conto che nel caso ci fosse stata in gioco una copia, il suo ingaggio non avrebbe avuto senso. Cocci l'aveva fissato con disappunto.

    In viaggio verso la stazione ho pensato che fosse troppo prezioso per spedirlo indietro rischiando che an- dasse perso e comunque non mi andava di preoccuparmi dell’esito di una consegna così importante. Come forse puoi immaginare avevo altro per la testa. Poi non ho avuto il tempo per affittare una cassetta di sicurezza e quindi mi è rimasto appiccicato addosso come un pregia- tissimo foglio di carta vetrata. Va bene così?

    Quanto è lontano Ornello da qui? Vorresti recuperarlo?

    La tua fidanzata, la mia cliente, ci tiene parec- chio, mi pare.

    La casa discografica Pesca ne detiene i diritti di sfruttamento.

    Vale parecchio, giusto? aveva continuato Vitto- rio solo perché, dopotutto, il fatto che fosse raggiungibi- le ma in condizioni difficili, poteva presupporre un’opportunità di guadagno ulteriore. Di fatti, ragionan- do con un pizzico di calma dopo aver ammortizzato il dispetto di una rivelazione inaspettata, era evidente che l’incarico l’aveva portato a termine nel momento in cui aveva scoperto che il pacco era ancora in giro. Se Irene Pesca lo voleva indietro, allora si doveva concordare un prezzo diverso, non ci pioveva.

    Ornello è a venti minuti di macchina aveva precisato  Attilio.  Vittorio  si  era  accarezzato  il mento.

    Venti minuti per percorrere il tratto Rieti-Ornello e in- tanto mercanteggiare al cellulare con la signorina Pesca. Dieci minuti per recuperare il tesoro. Meno di un’ora e mezza per tornare a Roma che il paese stava sulla diret- trice per la capitale, davanti al bivio c’era passato poco prima. Continuava ad avere margine sufficiente anche  per vincere la scommessa col socio.

    Ho idea che sia un terreno presidiato aveva ipo- tizzato Attilio leggendogli nella mente.

    Da quanto so, la scientifica ha completato i rile- vamenti ieri pomeriggio e ha sgombrato il campo. Del resto non è che ci fosse un granché da analizzare oltre che prendere atto di quanto accaduto e ricostruire la di- namica a tavolino con l'unico testimone sopravvissuto, tu. Anzi, ora sei anche l'unico ornellese al mondo, a quanto pare aggiunse. Un'altra informazione racimolata grazie alle sue preziose fonti. Gli sembrò assurdo che fosse così più di quanto avesse pensato all'inizio. In- somma, tipo un genocidio.

    Attilio sospirò di nuovo.

    "Ti fideresti delle indicazioni di un assassino seria-

    le?"

    "Non  credo che  un uomo ricco  e famoso, senza

    nemmeno una multa a carico, possa ridursi a uccidere ol- tre duecento persone e far saltare in aria una chiesa in un momento cosciente. Secondo me sei stato vittima di un raptus e poiché adesso mi sembri lucido e ragionevole, come sei stato probabilmente per il resto della tua vita, non vedo perché dovresti raccontarmi delle frottole. Se avessi voluto il malloppo a marcire dove sta, avresti an- che lasciato credere a tutti che fosse andato distrutto. Evidentemente vuoi recuperarlo."

    Attilio sorrise divertito.

    Sai come è fatto uno spartito, vero? chiese senza intenzione di offendere, solo perché aveva realizzato molte volte quanto la gente fosse poco ferrata in materia. Da ragazzino ho studiato flauto rispose    Vitto-

    rio, sorprendendo se stesso per primo. Era uno di quei ricordi che gli piaceva tenere sommersi, riportarlo alla luce gli dava fastidio ma questa volta ci trovò gusto. Chi cazzo si credeva di essere quello lì solo perché sapeva pi- giare i tasti di un organo?

    "Beh, sebbene il pianoforte possa sembrare lo strumento più vicino che ci sia all'organo, per via dei ta- sti, le canne d'organo sono di due tipi fondamentali. Il primo è detto ad ancia perché il risonatore viene eccitato

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