Il ragazzo della piscina - e 10 brevi racconti erotici in collaborazione con Erika Lust
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Il ragazzo della piscina - e 10 brevi racconti erotici in collaborazione con Erika Lust - Autori vari
Il ragazzo della piscina - e 10 brevi racconti erotici in collaborazione con Erika Lust
Original title:
Poolboy - og 10 andre erotiske noveller i samarbejde med Erika Lust
Translated by LUST
Cover image: Shutterstock
Copyright © 2021 Anita Bang, Andrea Hansen, Olrik, Sarah Skov, Cecilie Rosdahl, Lea Lind and LUST, an imprint of SAGA Egmont, Copenhagen
All rights reserved
ISBN: 9788726528480
1. E-book edition, 2021
Format: EPUB 3.0
All rights reserved No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.
Il ragazzo della piscina
Anita Bang
Era una di quelle calde estati che non sembrano finire mai. Il tipo di estati in cui la canicola di agosto si prolunga all’infinito e fai fatica a ricordarti quando è stata l’ultima volta che hai indossato un paio di scarpe al posto dei sandali. Un’estate che trascorsi indossando sempre e solo abitini succinti, con l’attaccatura dei capelli e la pelle tra i seni perennemente imperlate di sudore.
Mi trovavo in una villa di campagna, che mi era stata prestata da un amico. In casa ero completamente sola. Avevo dei vicini, ma stavano ad almeno qualche centinaio di metri di distanza. Però non soffrivo di solitudine. Il caldo sembrava aver prosciugato a tutti l’energia, e quando andavo a far spesa o a fare una passeggiata, la gente che incontravo era rilassata e gentile. Mi ero lasciata contagiare dalla tranquillità che mi circondava e mi rilassavo dedicandomi alla montagna di libri che mi ero portata dietro.
Il mio lavoro consisteva nel prendermi cura della casa e del giardino, perché non si riempisse di erbacce. Compiti non particolarmente impegnativi, nonostante dovessi anche pensare a mantenere pulita l’acqua della piscina e impedire che i filtri si intasassero. Ma la verità era che non avevo idea di come si facesse la manutenzione di una piscina. Dopo circa una settimana mi resi conto che avrei dovuto togliere dall’acqua le foglie cadute e gli insetti morti. Ma continuavo a rimandare. Trovare l’attrezzatura necessaria e capire come funzionasse la pompa era troppo complicato.
Un giorno, uscita dal supermercato, trovai un biglietto da visita sotto la spazzola del tergicristallo dell’auto. Avevo le braccia cariche di borse della spesa e lì per lì mi infastidì dover rimuovere quel pezzo di carta dal tergicristallo. Stavo per buttare via il biglietto, ma poi lo infilai distrattamente nella borsa, senza più pensarci.
Un paio di giorni dopo, mentre cercavo le chiavi nella borsa, il biglietto mi capitò tra le mani. Stando in piedi sotto al sole di mezzogiorno lo lessi:
Chiamatemi se avete bisogno di pulire la piscina. Sono gentile, educato e sempre eccitato.
Sul biglietto non c’era nome. Solo un numero di telefono.
Lì per lì provai a convincermi che forse interpretavo male il messaggio. Ma in realtà capivo perfettamente cosa volesse dire. E il vero significato delle parole che conteneva. Avevo anche un sospetto su chi potesse averlo messo sotto la spazzola del tergicristallo.
Lo avevo visto da lontano a casa di uno dei vicini, più giù, lungo la strada sterrata che costeggiava la villa. Camminava attorno alla piscina, pulendo la superficie con un retino attaccato a un lungo manico. Ero abbagliata dal sole il giorno in cui lo vidi, non distinguevo altro che la sua sagoma sotto quella luce accecante. Ma che corpo, ragazzi... Spalle larghe, bacino stretto, cosce muscolose.
Quel giorno indossava soltanto i pantaloni e potei quindi constatare che il suo petto nudo era bello sodo e i bicipiti molto muscolosi. Feci un sospiro. Non avevo la possibilità di incontrare molti uomini lì in campagna e la vista di quel giovane risvegliava il mio desiderio. Volevo poter vedere meglio il suo corpo sodo mezzo nudo. E avevo davvero bisogno di far pulire la piscina.
Quando lo chiamai ero un po’ in imbarazzo.
Pronto?
Non disse altro quando rispose al telefono. Balbettando, mi presentai e chiesi se era lui che si offriva per togliere le foglie dalle piscine e pulire i filtri. Era lui.
Va bene domani?
Chiese. Ci accordammo perché venisse da me il giorno dopo verso mezzogiorno.
Quando chiusi la telefonata, mi arrabbiai con me stessa perché a quell’ora del giorno faceva troppo caldo e la luce era troppo intensa. Di solito in quelle ore non avevo voglia di fare altro che rimanermene nuda all’ombra in terrazzo, con un bicchiere di acqua ghiacciata a portata di mano. Non mi andava di parlare con nessuno, quando faceva così caldo. Ma ero spossata dalla calura estiva e non avevo neanche le forze per cambiare l’appuntamento.
Il giorno dopo mi ritrovai a decidere di indossare un abitino che mi stava particolarmente bene e pensai di non mettere né il reggiseno né le mutandine. Fa troppo caldo per avere addosso la biancheria intima, mi dissi. Però alla fine optai per un paio di mutandine striminzite, che a malapena coprivano la sottile linea di peli scuri che scendeva fino alle mie parti intime. Guardai il mio viso allo specchio, mi spazzolai i capelli e mi diedi lo smalto alle unghie, prima di sdraiarmi all’ombra con un libro.
Poco dopo l’una sentii lo scricchiolio delle gomme di un’auto sulla ghiaia davanti a casa. Guardai fuori dalla finestra e vidi il giovane. Era poco più che un ragazzo, di qualche anno più giovane di me, probabilmente appena sopra ai vent’anni. Mentre si avvicinava, potei vedere che aveva la pelle liscia e lo sguardo penetrante di uno che nella vita non ha ancora dovuto affrontare difficoltà.
Scaricò l’attrezzatura dal pick-up e io lo accompagnai alla piscina. Non disse molto, mi sorrise gentilmente, si tolse le scarpe e si mise al lavoro. Era una giornata torrida e tranquilla, sembrava che tutto stesse cuocendo sotto al sole. Si sentiva il canto delle cicale, e l’abbaiare di cani provenire da qualche parte nei dintorni. Rimasi lì immobile per alcuni minuti, incerta su cosa si dovesse fare normalmente mentre ti pulivano la piscina. Una folata di vento fece svolazzare il mio abitino e sentii una lieve brezza attraversarmi le gambe. Dentro di me stava crescendo uno strano desiderio, che mi fece sospirare.
Sentendomi in imbarazzo mi ritirai ed entrai in casa. Rimasi a guardare il giovanotto dalla finestra, sperando che l’effetto specchiato dei vetri mi nascondesse alla sua vista, mentre lo seguivo con lo sguardo. Era come se lo facesse apposta a muoversi con lentezza e precisione, per permettermi di godere in pieno della sua vista. Teneva il manico del retino stretto tra le lunghe dita e i tendini delle sue braccia si muovevano come corde, quando si allungava per arrivare a qualche foglia troppo lontana. Sotto la stoffa dei suoi calzoni, potevo intuire che aveva un bel culetto, sodo e ben modellato. Dopo cinque minuti si tolse la maglietta. Gocce di sudore gli scivolavano sullo stomaco, raccogliendosi sul bordo dei pantaloni.
Io ero in casa al fresco, ma bastava la sua sola vista per farmi sentire confusa e stordita. Seguendo un impulso improvviso, mi tolsi di dosso il vestito e lo gettai sul pavimento. Le mutandine erano bagnate, per l’eccitazione e perché sudavo. Mi sfilai anche quelle, che caddero a terra formando un mucchietto accanto al vestito. Il vetro della finestra era gelido contro il mio seno nudo e potevo sentire la tensione crescere nel bassoventre. I miei pensieri turbinavano attorno al corpo di quel giovane, ai suoi movimenti sicuri e ai suoi muscoli possenti.
Si asciugò il sudore dalla fronte con l’avambraccio e guardò dritto verso di me. Non potevo più raccontare a me stessa di non essere visibile. Poteva vedermi perfettamente, vedere la mia nudità e il mio seno tondo, i larghi capezzoli chiari. Continuava a fissarmi.
Mi morsi le labbra e lo guardai anch’io negli occhi. Ero incredibilmente eccitata. Sentivo goccioline di sudore scivolare sulla mia nuca. L’attaccatura dei capelli era umida, così come il mio décolleté e l’interno delle cosce. Io e il giovane comunicavamo a distanza, in silenzio. Faceva troppo caldo e la luce era troppo forte per poter resistere al desiderio bruciante che quel caldo pomeriggio stava facendo nascere in entrambi.
Mi sentivo attratta dal corpo di quel ragazzo. Senza neppure rendermene conto, mi ritrovai a uscire dalla porta del terrazzo camminando verso di lui come un automa. Le mie gambe sembravano muoversi da sole attorno alla piscina, verso il punto dove c’era il giovane.
Quando gli arrivai davanti, aprii la bocca e stavo per chiedergli il suo nome. Ma prima che potessi dire qualsiasi cosa, mi posò delicatamente un dito sulle labbra. Lo guardai senza fiatare. Per un attimo rimanemmo entrambi immobili, senza muovere un muscolo. I pochi centimetri che ci separavano sembravano vibrare, tanto erano carichi di elettricità. Poi le mie mani scivolarono sul suo corpo, sul petto, fino al bottone dei suoi calzoni. Con un rapido movimento delle dita glieli sbottonai, con altrettanta rapidità lui li fece scendere e li scalciò via. Il giovane rimase in piedi davanti a me in tutto il suo splendore. Pelle perfetta, senza peli, cicatrici o tatuaggi. Addosso gli rimanevano soltanto un paio di slip bianchi aderenti. L’indumento intimo bianco lo faceva sembrare più giovane, come se fosse ancora candido e del tutto innocente. Posò il retino a terra facendo attenzione e io mi piazzai esattamente di fronte a lui.
I nostri corpi nudi si toccavano, trasmettendosi sensazioni. Poi ci baciammo. Era tutt’altro che inesperto. Ci cercammo, bevendo dalle nostre bocche avide e assetate. Mi sembrava di non aver più baciato nessuno da anni, la mia voglia era immensa. Eppure c’era una certa riluttanza in entrambi. Eravamo curiosi ma cauti. Lui sapeva di sale e di vaniglia. Mi faceva tornare in mente le calde estati al mare della mia infanzia.
I padroni di casa avevano costruito una piccola struttura murata accanto alla piscina, dove cambiarsi per mettersi in costume o fare una piccola siesta il pomeriggio. La porta era aperta e lui mi condusse verso il letto a plancia, che si trovava lì all’ombra. Le lunghe tende fluttuavano nella brezza, dando una sensazione di fresco. Mi sdraiai sul letto a pancia in giù, chiusi gli occhi e rimasi in attesa. Non dovetti aspettare molto prima di sentire le mani forti del giovane sul mio corpo. Trovò una confezione di olio solare e ne lasciò cadere qualche goccia sulla mia pelle. Poi iniziò ad accarezzarmi. Faceva scivolare le mani sulla mia schiena, da sopra le natiche fino alle spalle. I suoi movimenti calmi e decisi allentavano la mia tensione, ma allo stesso tempo sentivo il desiderio invadere il mio corpo, come l’onda di un vasto oceano.
Di tanto in tanto socchiudevo gli occhi, guardandolo da sotto le ciglia. Senza che me ne accorgessi, si era tolto gli slip bianchi e adesso era completamente nudo. Dove non era abbronzato, la pelle candida sembrava rilucere, nell’ombra del piccolo locale.
Aveva i capelli corti e un solco tra le sopracciglia, che gli dava un’espressione intensa. Era totalmente concentrato sul massaggio e sugli sfioramenti lunghi e profondi delle sue mani. Sapeva ascoltare il mio respiro, adattando i movimenti alle mie reazioni. Non appena notò che il mio fiato si faceva più corto, quando iniziò a massaggiarmi le natiche, mi allargò un po’ le gambe con delicatezza; non abbastanza da esporre le mie parti più intime, ma a sufficienza da anticipare quello che poteva succedere subito dopo. Si inginocchiò appoggiando una gamba tra le mie e io cominciai lentamente ad aprirmi sotto le sue carezze. I suoi tocchi non erano diretti alle parti più sensibili, ma iniziarono ad accendere dentro di me un fuoco che lentamente cresceva. Chiusi gli occhi. Da dietro le palpebre socchiuse non potevo vedere altro che le mie unghie smaltate piantate nel materasso sotto di me.
Le sue mani forti mi afferrarono voltandomi a testa in su. Adesso potevo vederlo meglio. Il suo corpo era depilato, sia sul petto che più sotto. La sua pelle nuda aveva un che di vulnerabile, che stranamente trovavo molto eccitante. I suoi capelli erano biondi, non di quel biondo scolorito dal sole, ma come quelli che può avere un bambino.
Le sue mani iniziarono a esplorarmi il torso, la vita e i fianchi, con lunghe carezze. Il suo sguardo scivolò tra le mie gambe, fissandosi sulla mia fessura rasata, dove avevo lasciato soltanto una sottile linea scura che puntava verso il basso. Mi morsi il labbro per evitare che un gemito di desiderio si trasformasse in un urlo.
Lui fece scivolare una mano dall’ombelico al seno, carezzando la pelle lungo il percorso, fino ad arrivare poi alle clavicole e al collo. Chinando il capo mi baciò sulle labbra e io risposi al suo bacio. A occhi chiusi, svuotai la mente da qualsiasi altro pensiero. In quel momento esistevano solo lui, la sua bocca, le sue mani e il suo respiro, che presto si sincronizzò con il mio col crescere del nostro desiderio.
Fece scivolare una mano tra le mie gambe, che si aprirono spontaneamente per accoglierla. Con il dito medio sentì che ero pronta. Certo che lo ero. Più che pronta. Ero arrapata. Ma nonostante ciò si prese ancora del tempo, infilandomi dentro altre dita per aprirmi ancora di più.
Poi si spostò più in basso, chinò la testa tra le mie gambe e iniziò a leccarmi.
La sua lingua era turgida e determinata, mentre esplorava ogni minima piega e ogni millimetro delle mie parti più sensibili. Mi posò una mano sul ventre appena sopra l’osso pubico, e tirò