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Wild-Edizione italiana: Serie Wild. Primo Libro
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Wild-Edizione italiana: Serie Wild. Primo Libro
E-book253 pagine3 ore

Wild-Edizione italiana: Serie Wild. Primo Libro

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Info su questo ebook

SINOSSI

Romanzo bestseller USA Today

«Il nuovo eroe misterioso della Leigh vi farà girare ansiosamente le pagine di notte per cercare di scoprire i suoi segreti.» Jay Crownover, autrice bestseller del New York Times della serie Marked Men.

Una donna indipendente, un uomo che ama il controllo e una selvaggia notte di passione...

Kat Kennedy si è trasferita sulla costa accidentata del Maine per iniziare una nuova vita, ma ha trovato molto più di quanto si aspettasse incontrando il misterioso, pericoloso e seducente Lane Wild.

La tentazione serpeggia prima che lei soccomba al suo accattivante sconosciuto. Non si aspetta di vederlo di nuovo dopo un’esplosiva avventura di una notte che la lascia senza fiato e bramosa di averne di più, ma proprio come un lampo nell’oscurità, lui si presenta nella sua vita nei momenti più disparati.

Ne consegue un gioco tra gatto e topo prima che l’attrazione tra loro raggiunga un picco febbrile e Kat abbandoni finalmente l’inibizione ed esplori un lato del mondo che non ha mai conosciuto con il misterioso Lane Wild.

Essi hanno una perfetta non relazione e notti di passione senza alcun legame fino a quando la realtà irrompe e il passato e il presente si scontrano in una pericolosa tempesta di desiderio e ossessione.

LinguaItaliano
Data di uscita18 ott 2020
ISBN9781071555378
Wild-Edizione italiana: Serie Wild. Primo Libro

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    Anteprima del libro

    Wild-Edizione italiana - Adriane Leigh

    Sommario

    Prologo

    Uno

    Due

    Tre

    Quattro

    Cinque

    Sei

    Sette

    Otto

    Nove

    Dieci

    Undici

    Dodici

    Tredici

    Quattordici

    Quindici

    Sedici

    Diciassette

    Diciotto

    Diciannove

    Venti

    Ventuno

    Ventidue

    Ventitré

    Ventiquattro

    Venticinque

    Ventisei

    Ventisette

    Epilogo

    Playlist

    Ringraziamenti

    Biografia

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    WILD

    ADRIANE LEIGH

    Copyright © 2013 by Adriane Leigh

    Cover Photo by Scott Hoover Photography

    ––––––––

    Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico o meccanico, con qualsiasi sistema di memorizzazione, di informazione o di recupero, per qualsiasi scopo, senza la preventiva autorizzazione dell’editore, tranne per l’uso di brevi citazioni in una recensione del libro.

    Questo libro è un’opera di fantasia. I nomi, i personaggi, i luoghi e gli eventi descritti sono frutto dell’immaginazione dell’autrice oppure sono usati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza con persone, viventi o defunte, luoghi o fatti reali è puramente casuale.

    INDICE

    Prologo

    Uno

    Due

    Tre

    Quattro

    Cinque

    Sei

    Sette

    Otto

    Nove

    Dieci

    Undici

    Dodici

    Tredici

    Quattordici

    Quindici

    Sedici

    Diciassette

    Diciotto

    Diciannove

    Venti

    Ventuno

    Ventidue

    Ventitré

    Ventiquattro

    Venticinque

    Ventisei

    Ventisette

    Epilogo

    Playlist

    Ringraziamenti

    Biografia

    Dedica

    A Amy, la mia SmutSister, assistente personale stronzetta, lettrice affezionata, e l’ufficiale Sg. ra Wild.

    PROLOGO

    Kat

    La domenica mattina mi sentivo uno schifo. Un completo straccio. Avevo il post-sbornia peggiore della mia vita. Attraversai le porte del mio piccolo cottage sulla spiaggia e andai dritta in bagno per togliermi dalla bocca l’orribile sapore di alcol. Non mi ubriacavo così dai tempi delle superiori, dalla festa di diploma di Jenny Jordon, in cui dopo aver bevuto del succo di frutta corretto con la vodka, avevo limonato con suo fratello. Quella notte, ogni volta che chiudevo gli occhi, vedevo le stelle. Vere e proprie stelle vorticare dietro le palpebre.

    Entrai in bagno e mi guardai allo specchio: le guance erano smunte, i capelli, una massa selvaggia color fragola attorcigliata intorno alle spalle e gli occhi cerchiati di nero a causa del mascara colato dalle palpebre. Avevo un aspetto orribile e mi sentivo uno schifo, ma la cosa peggiore era che non ero da sola. Erano le sei di mattina ed ero appena sgusciata fuori dal letto di un uomo.

    La notte prima avevo combinato un pasticcio. Ripensai alla sua chioma scura e selvaggia e al suo sorriso sexy. Aveva attirato la mia attenzione al bar. Ero in città solo da un paio di settimane e mi trovavo lì solo per bere un drink. Me ne stavo per i fatti miei, ma non avevo potuto fare a meno di notare il suo bellissimo viso e il corpo peccaminoso, mentre lanciava freccette insieme a un paio di ragazzi. La sua risata corposa e rumorosa riecheggiava nella stanza attirando lo sguardo di tutti. Le donne gli dedicavano mille premure e gli uomini ci passavano del tempo insieme. Era il ragazzo più popolare in quel posto e attirava l’attenzione di tutti tanto che io stessa, nonostante cercassi di non guardarlo, non potevo fare a meno di gettargli delle occhiate furtive. Ordinai un altro drink e feci finta di non guardare il sorriso diabolicamente bello che gli illuminava il volto.

    «Posso offrirti un drink?» chiese. Il respiro mi si mozzò in gola quando mi girai a guardarlo. Mi scrutava con un luccichio sexy che comparve nei suoi occhi blu glaciali e incredibilmente profondi. Le sue labbra carnose si sollevarono in un sorriso seducente. Portava guai, riuscivo a sentirlo, e se non l’avevo capito prima mentre flirtava con tutte le ragazze del locale, me ne rendevo conto solo ora trovandomi nel suo raggio d’azione. Ma, per mia sfortuna, mi piaceva essere lì. «Grazie.» Feci un cenno con la testa concentrandomi sul mio drink, perché non c’era nient’altro che potessi dire. Scivolò sullo sgabello accanto a me e fece un cenno al barista. «Non ti ho mai vista in giro. Sei di passaggio?» La sua voce profonda riverberò nello spazio tra noi prima di fermarsi tra le mie gambe. Aveva la voce più seducente che avessi mai sentito. Come poteva un uomo essere così affascinante? Essere così fortunato da avere il pacchetto completo? Una mascella squadrata e ispida, labbra carnose che mi facevano chiedere come sarebbe stato sentirle sul mio corpo e occhi stupendi che brillavano maliziosi quando parlava. Era evidente che lasciava senza parole persino le donne più chiacchierone. «Qualcosa del genere. Grazie.» Feci un sorriso quando il barista appoggiò sul bancone i nostri drink.

    Non ricordavo molto da quel momento in poi. Be’, non era del tutto vero, visto che ricordavo a spizzichi e bocconi le parti più deliziose.

    Le sue mani serpeggiarono sotto la mia maglia mentre mi inchiodava contro la portiera del suo pick-up. Le sue labbra mi sfioravano il collo, i denti mi mordicchiavano la pelle. Incespicando sui gradini dell’ingresso, mi sbatté contro la porta e mi fece sollevare le mani sopra la mia testa intanto che una delle sue risaliva lungo la mia coscia, insinuandosi sotto la gonna e cingendo la mia gamba intorno al suo fianco. Agganciò il pollice al pizzo delicato delle mie mutandine prima che le sue dita si intrufolassero sotto il tessuto e sfiorassero la mia fessura fradicia. Il mio corpo si strusciava contro il suo mentre mi succhiava il lobo e le sue dita entravano e uscivano da me. Il mio primo orgasmo montò nel basso ventre, irradiandosi a ogni fibra del mio corpo. Aprì la porta ed entrammo in casa barcollando, ma ci fermammo all’ingresso, la richiuse e mi fece sdraiare sul pavimento, torreggiando su di me e inchiodandomi col suo corpo forte prima di abbassare la lampo e farsi scivolare i pantaloni sulle gambe poderose.

    Le sue mani ruvide risalirono lungo le mie cosce soffermandosi sulla cassa toracica prima di abbassarmi il vestito sulle spalle. Agganciò le dita al mio reggiseno push up e abbassò le coppe rivelando i miei capezzoli turgidi. Con i denti sondò la carne sensibile prima di scivolare tra le mie cosce e strusciare l’erezione pulsante contro le mie pieghe scivolose. Un ringhio basso eruppe dalla sua gola quando le mie unghie affondarono nei muscoli duri della sua schiena vagando sulla sua pelle nel momento in cui mi penetrò. Il secondo orgasmo mi travolse pochi minuti dopo che lui si era sistemato in mezzo alle mie gambe scopandomi così forte che le mie uniche parole erano state: «Oh, Dio.»

    Oh, ricordavo tutto, ma l’aspetto più mortificante della mia passerella della vergogna di questa mattina era la consapevolezza che non conoscevo nemmeno il suo nome.

    UNO

    Kat

    Entrai nel negozio di ferramenta della piccola città del Maine dirigendomi al reparto di termo idraulica. L’anziano dietro il bancone mi salutò con un cenno cortese quando presi un filtro per la caldaia e dei prodotti per la pulizia.

    Ero arrivata in città solo da poche settimane dopo aver trovato finalmente un posto in cui stare: un piccolo cottage, quasi inagibile, ma in una posizione perfetta, sulla costa selvaggia e granitica del Maine. Il frangersi delle onde era il sottofondo della mia nuova vita nella piccola e rocciosa cittadina costiera di Rock Island.

    Appena arrivata, avevo chiesto in giro se ci fosse qualche casa da prendere in affitto e alla fine mi ero imbattuta in una che rientrava nelle mie misere possibilità ed era disponibile in bassa stagione. Quassù, molte case non erano attrezzate per l’inverno, specialmente quelle che si affacciavano sull’oceano come questa. Il piccolo cottage consumato dalle intemperie atmosferiche era abbarbicato su una sporgenza rocciosa a picco nel furioso Oceano Atlantico e circondato da una fitta vegetazione. Molti sognavano di vivere su una spiaggia di sabbia bianca, ma io avevo sempre voluto vivere lungo la costa con le onde fluttuanti che si infrangevano contro le rocce grigie. La marea si alzava e si abbassava e i profumi dell’oceano penetravano i miei sensi. Queste erano le cose che sognavo. Molte persone si lamentavano dell’odore salmastro che impregnava le loro case, i vestiti e persino le auto, ma a me piaceva, perché mi ricordava che vivevo in questo luogo selvaggio e meraviglioso.

    «Sei sicura di aver preso la misura giusta?» mi sussurrò nell’orecchio una voce familiare, strappandomi dai miei pensieri. Inghiottii il nodo che si era formato in gola e quando mi girai trovai al mio fianco il sexy sconosciuto di qualche sera prima.

    «Sì, grazie.» Mi girai allontanandomi da lui, le sue spalle ampie e il sorriso arrogante si impressero nella mia mente.

    «Ne sei sicura?»

    «Certo. Non sono un’idiota. È un filtro per la caldaia.» Lo fulminai con lo sguardo prima di dare un’occhiata ai barattoli di vernice. Se avessi voluto vivere in quella casa, avrei dovuto imbiancarla.

    «È questo che ti ha detto Barton?»

    Si stava riferendo al mio proprietario, e il fatto che lui avesse quell’informazione mi metteva un po’ a disagio.

    «No, ma i filtri per la caldaia sono standard e non ho mai visto uno che richiedesse una misura diversa da quella sedici per venti.»

    «Le caldaie moderne sono standard, ma il posto in cui abiti, zucchero, è stato costruito negli anni Quaranta e so per certo che quel vecchio non ha sostituito la vecchia caldaia Lennox negli ultimi venti anni, il che significa che hai bisogno della misura sedici per venticinque.»

    Lo incenerii con lo sguardo quando tornò a scrutarmi con un sorriso divertito a tirargli le labbra. Una camicia a scacchi gli fasciava i contorni muscolosi dei bicipiti e della vita. Aveva le lunghe gambe divaricate e le braccia conserte mentre mi guardava con i suoi luminosi occhi azzurri. «Bene.» Gli strappai dalle mani il filtro che aveva preso. «E non chiamarmi zucchero.»

    «Sembrava piacerti l’altra sera.» Le sue labbra sfiorarono il mio lobo inviando una scarica all’apice delle mie cosce. Il mio respiro uscì fuori in rantoli irregolari, chiusi gli occhi per provare a controllare la mia reazione.

    «Be’, ieri era ieri, ora è ora. Non chiamarmi zucchero,» risposi senza guardarlo.

    Una risata sonora gli sfuggì dalla gola quando mi strappò dalle mani il vecchio filtro gettandolo nella pattumiera. «Dovresti sostituirli più spesso, il sale causa davvero gravi danni alle condutture.»

    «Grazie,» borbottai girandomi verso il bancone.

    «A tua disposizione, zuc...»

    Gli gettai un’occhiataccia che lo fulminò sul posto.

    «Come hai detto che ti chiami?» Piegò la testa di lato, i capelli scuri gli caddero deliziosamente sulla fronte. Mi faceva arrabbiare il modo in cui riuscisse sempre ad avere un aspetto fanciullesco e diabolicamente seducente.

    «Non te l’ho detto.» Continuai ad attraversare il corridoio per raggiungere l’anziano al bancone.

    «Giusto. Bene, per qualunque cosa, chiedi a quell’uomo. Lui sa dove trovarmi. Io mi chiamo...»

    «Sono a posto, ma grazie per l’aiuto,» lo interruppi prima che potesse aggiungere altro. Non volevo legami, non ero interessata a una relazione e volevo evitare qualunque riferimento alle poche ore che avevamo passato in uno stato di ebbrezza un paio di notti fa. Era chiaro che avevo commesso un errore madornale. Non ero in cerca di una sveltina, ma ero sola da tempo e lui mi aveva guardato con i suoi occhi luminosi e il sorriso seducente facendomi gettare la prudenza alle ortiche e aprire le gambe per lui.

    Ma anche se era stato fantastico, ora questo tipo sexy di un metro e novanta mi stava rompendo le scatole.

    Inarcò un sopracciglio e scosse la testa, un sorriso da infarto gli piegò un lato della bocca prima di girarsi e uscire dal negozio di ferramenta.

    «Hai trovato quello di cui avevi bisogno?» L’uomo attempato dietro il bancone mi sorrise cortesemente.

    «Sì, grazie.»

    «Come hai detto che ti chiami?»

    «Non gliel’ho detto, ma il mio nome è Kat.» Armeggiai col portafoglio sperando che non mi facesse altre domande.

    «Bene, benvenuta a Rock Island, Kat. Io sono Murphy. Se c’è qualcosa che posso fare per te, fammelo sapere.» Sorrise e passò i miei articoli.

    «Grazie, lo apprezzo.» Gli allungai il denaro e uscii dalla porta facendo tintinnare il piccolo campanello.

    Il pomeriggio seguente, percorsi Main Street dopo aver fatto incetta di cibo al minuscolo negozio al centro del paese. Guidavo piano, perdendomi nella cittadina a picco sul mare dalle tegole ingrigite e i tetti spioventi.

    In paese c’era una piccola biblioteca in cui ero stata un paio di volte da quando ero arrivata. La gentile signora anziana al bancone aveva sempre un sorriso cordiale e amava parlare di libri. Stavo divorando autori del Maine: Edna St. Vincent Millay, Nathaniel Hawthorne e anche qualche libro di Stephen King.

    Superai l’affollato porto turistico dove erano ormeggiati pescherecci impegnati nella pesca di aragoste e parcheggiati furgoncini arrugginiti. Rallentai in prossimità di uno stop prima di fermarmi in un piccolo parcheggio che si affacciava sull’oceano per godermi il panorama. Ogni mattina avevo l’opportunità di vedere i pescatori di aragoste uscire per controllare le loro trappole. Un uomo si aggirava non lontano da casa mia. Mi fermavo sempre a guardarlo e lo salutavo quando alzava lo sguardo dal bottino.

    Guardarlo uscire ogni giorno, indipendentemente dal tempo o dalla temperatura, mi ricordò che dovevo trovare un lavoro. Le mie risorse finanziarie erano limitate e dovevo trovare qualcosa che mi facesse guadagnare un po’ di denaro e mi aiutasse a passare il tempo.

    Il tonfo della portiera di un’auto che sbatteva non lontano da dove mi trovavo interruppe il corso dei miei pensieri. Vidi un uomo anziano avanzare verso qualcuno nascosto dall’altro lato di un furgoncino. L’anziano sembrava sbronzo ed esausto, probabilmente era un pescatore.

    Si strinsero la mano e l’uomo che era uscito fuori dal furgoncino girò intorno al paraurti.

    Figlio di puttana. Era lui! Perché non riuscivo a evitarlo?

    Dovevo andarmene da lì prima che mi vedesse. Che vergogna. E se avesse pensato che lo stessi seguendo?

    Girai la chiave nel quadro della mia vecchia auto e provai a sterzare, abbassai la testa sul volante mentre il cuore mi batteva all’impazzata.

    Era uno scherzo? Il Karma si stava prendendo gioco di me?

    Dio, per favore, fa’ che non mi veda.

    Provai a sterzare di nuovo, ma il motore rombò, andò su di giri e si spense.

    «Fanculo!» Diedi un pugno sul volante, ma mi scivolò la mano andando a colpire il clacson. «Oh, mio Dio,» gemetti e provai ad abbassare la testa nel caso lui stesse guardando. Presi un paio di respiri e pensai a cosa fare. Se fossi scappata lasciando l’auto lì per recuperarla in un secondo momento, forse sarei riuscita a evitarlo. In ogni caso era un catorcio e il mio cottage distava solo un chilometro dalla città. Avrei potuto fare una passeggiata per schiarirmi le idee e pensare a come evitare lo sconosciuto sexy come il peccato con il quale avevo avuto un’avventura.

    Mi leccai le labbra e sperai che fosse una buona idea provare a rimetterla in moto. Sollevai la testa e armeggiai con le chiavi, ma quando gettai un’occhiata di sbieco fuori dal finestrino, trovai il già citato sexy dio greco al quale avevo permesso di prendermi contro il muro avanzare nella mia direzione con un sorriso insolente a illuminargli il volto.

    «Accidenti!» bofonchiai tra me e me pregando disperatamente che il motore si avviasse.

    «Se non ti conoscessi, penserei che mi stai seguendo, zucchero.»

    Gli lanciai un’occhiataccia in risposta.

    «Sei una piccoletta irascibile, ma non so cos’ho fatto per meritarlo. Pensavo che ci fossimo divertiti l’altra sera» I suoi occhi azzurri brillavano divertiti.

    Gesù, che occhi!

    Lo guardai inebriandomi di lui e soffermandomi sui suoi capelli arruffati color cioccolato e le labbra carnose. Labbra cesellate e piene che si erano posate sulla mia pelle, sul mio seno, lungo la schiena e sulla curva del mio sedere. Mi aveva venerato con esse e mi eccitavo al solo ricordo.

    «Tutto bene, zucchero?»

    «Ti ho detto di non chiamarmi in quel modo.» Mi mordicchiai il labbro inferiore fino a sentire dolore per non pensare alla notte proibita che avevamo passato insieme.

    «Giusto. Allora, mi stai seguendo? Perché se sei in cerca di un secondo round, possiamo metterci d’accordo.» Inarcò un sopracciglio in modo delizioso.

    Dio, perché doveva essere così arrogante e sexy? Detestavo i tipi così, ma lui era assolutamente irresistibile.

    «Non darti troppe arie. Non ti ho neppure visto quando sono entrata nel parcheggio.»

    «Un vero peccato, anche se dal modo in cui invocavi Dio la notte scorsa sembrava che ti stessi divertendo.»

    Avvampai, sentii il rossore risalire dal petto alle guance. «Sei uno stronzo.» Girai la chiave e la mia Camry vecchia e malandata tornò in vita. Feci retromarcia e lo sentii ridere guardandomi uscire dal parcheggio.

    «Alla prossima, zucchero.»

    DUE

    Kat

    Era una settimana che non mi imbattevo nello sconosciuto sexy.

    Forse perché non uscivo.

    Be’, non era del tutto vero. Uscivo per andare in biblioteca e basta. Avendo fatto incetta di cibo, non avevo motivo di lasciare il cottage, ma rimanere a corto di libri era inaccettabile. Non sopportavo l’idea di non avere qualcosa da leggere.

    Avevo pensato di prendere un e-reader, ma ero un tipo all’antica. Amavo l’odore dei libri, la sensazione della carta sotto le dita e il dorso consunto che testimoniava quante persone l’avessero apprezzato nel corso degli anni. Mi faceva sentire completa.

    Un pomeriggio, mentre gironzolavo per i corridoi della biblioteca, la signora Barton, l’anziana bibliotecaria nonché moglie del mio locatore, mi aveva offerto un lavoro dicendo che mi avrebbe pagata sottobanco, il che era più di quanto avessi sperato.

    Avevo sospirato sollevata e accettato senza esitazione.

    Si trattava solo di un paio di giorni a settimana e prima o poi avrei dovuto trovarmi qualcos’altro, ma avevo da parte qualche risparmio e l’affitto era così

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