Un ribelle col camice: eLit
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Info su questo ebook
BAD BOYS 3 Tre dottori. Tre amici. Tre ragazzi cattivi. Tre donne pronte a cambiare le carte in tavola. Medico d'emergenza dello Special Air Service, Jet Munroe è abituato a muoversi nel pericolo e ad affrontarlo. Ma non sa affrontare i sentimenti. Becca Harding ha trascorso molti anni a cercare di dimenticare Jet, ma non è mai riuscita a perdonarlo. Ora, costretti a stare insieme per la prima volta dopo tanto tempo, capiscono che forse è giunto il momento di smetterla di scappare dalle ombre che hanno offuscato la loro relazione e di lasciarsi andare alla bruciante passione che ancora li unisce.
I romanzi della serie:
1) Un playboy al pronto soccorso
2) Scandalo in corsia
3) Un ribelle col camice
Alison Roberts
Tra le autrici amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Un ribelle col camice - Alison Roberts
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Tortured Rebel
Harlequin Mills & Boon Medical Romance
© 2011 Alison Roberts
Traduzione di Francesca Tessore
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5894-363-2
www.harlequinmondadori.it
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1
Una figura vestita di nero emerse dal sedile posteriore. Alta, solida, si allungò per prendere quella che sembrava essere una borsa pesante, e se la mise a tracolla come se niente fosse.
Poi si voltò e, parzialmente nascosto dalle ciocche di capelli corvini come l’abito che indossava, Rebecca riuscì a scorgergli il volto. Un volto dai tratti inconfondibili, quelli dell’uomo che detestava con tutta se stessa. Scioccata, trattenne il respiro, il cuore che le martellava nel petto.
«Non ci posso credere.»
«Scusa?» Un uomo dai capelli grigi, la cui uniforme recava la targa del più importante servizio di elisoccorso della Nuova Zelanda, si allontanò dal capannello di gente che studiava la grande mappa appesa a una parete del suo ufficio. «Hai detto qualcosa, Bec?»
Simili a un lungo gemito, le parole le erano uscite di bocca suo malgrado. E dovevano aver raggiunto non solo le orecchie del suo capo, Richard... Infatti, anche l’uomo di fuori aveva girato prontamente la testa, guardando in su e sgranando gli occhi per lo stupore, paralizzato. L’aveva riconosciuta, non c’era dubbio.
Il peso della sua colpa era così gravoso?
Rebecca sperava proprio di sì.
«È arrivato il nuovo medico» esclamò, il tono di voce controllato per non tradirsi.
«È molto di più, credimi.» Il suo capo sembrava quasi in soggezione. «James Munroe è il meglio che l’esercito ci possa offrire. Un vero specialista nel campo delle emergenze. Negli ultimi sei anni è stato nella SAS. Sa gestire qualsiasi situazione. È perfetto per una missione come questa. Ed è stato un vero colpo di fortuna che abbia potuto unirsi a noi subito.»
Dalle labbra di Rebecca uscì uno sbuffo. Un commento pungente e nemmeno troppo nascosto. Proprio come il nervosismo con cui James Munroe si era sbattuto la portiera dell’automobile alle spalle.
«C’è qualche problema?» Richard era sbalordito.
Non ne hai nemmeno idea, avrebbe voluto rispondere Rebecca. Ma, saggiamente, si limitò a stringere i pugni, lo sguardo fisso sui lampeggianti del veicolo della security aeroportuale che si allontanava.
Quello che stava accadendo era... impensabile, ecco. Dopo tutti quegli anni trascorsi a farsi una reputazione da dura, sprezzante del pericolo e capace di gestire qualsiasi tipo di emergenza, Rebecca Harding aveva la terribile sensazione di avere toccato il fondo.
Per fortuna, l’uomo perfetto per quella missione era scomparso dalla sua vista, il che era di un certo aiuto. Doveva essere davanti alla porta che immetteva nell’hangar, pronto a salire le scale che portavano in quell’ufficio.
Doveva cercare di combattere contro ciò che le stava facendo mancare il respiro e la capacità di pensare, si disse Rebecca. Gestire quella sgradevole sensazione di... paura? No. La paura non era un sentimento che le apparteneva.
Le pieghe della divisa arancione si lisciarono tutte mentre si sollevava in tutto il suo metro e sessantacinque di altezza, di cui almeno quattro guadagnati grazie al tacco degli stivaletti con la punta di acciaio.
«Hai dei ripensamenti?»
«Scherzi?» Le dita strette intorno al cinturino dell’elmetto, Rebecca riuscì a trovare un sorriso. «È da una vita che aspetto di partecipare a una missione come questa.»
Era vero. E questa era la volta buona. Un volo notturno verso una destinazione al di fuori di ogni abituale rotta, una sperduta isola vulcanica del Pacifico, semidistrutta da un terremoto e teatro da un momento all’altro di un’eruzione, con un gruppo di spaventati ambientalisti intrappolati e feriti, disperatamente in attesa di venire evacuati.
Oh, sì... Per quanto nella sua carriera non fossero mai mancati momenti emozionanti, quella missione prometteva di essere qualcosa da ricordare.
«Sarà...» Richard non sembrava molto convinto. Fissò il suo pilota migliore per qualche secondo, poi si illuminò, come se all’improvviso avesse capito tutto. «Non dirmi che tu e questo James Munroe avete avuto una storia...»
Una storia. Ecco una parola calzante. Storia. Passato. Un evento così drammatico da scombussolare una vita intera. O, piuttosto, da toglierle qualsiasi luce, facendola diventare così desolata da rendere la stessa sopravvivenza una sfida impossibile. Oh, sì... Lei e Jet avevano avuto una storia.
Rebecca scosse il capo. Era da tempo che si era ripromessa di non permettere al passato di rovinarle il futuro. Trovare un altro pilota più che disposto ad accollarsi l’onere di quella missione non sarebbe stato affatto arduo. Un altro medico con le competenze di James, invece, impossibile.
Le ultime ore erano state convulse. Pianificare quell’intervento aveva richiesto molti sforzi. Non si poteva permettere che un fatto puramente personale rovinasse tutto. Non quando dal successo della missione dipendevano delle vite umane.
Il passato era tornato a tormentarla? E allora? Era stata scelta lei ed era pronta.
Il vero problema, piuttosto, era un altro. Come avrebbe reagito l’altra parte? Be’, l’avrebbe scoperto presto, si disse. La porta dell’ufficio si stava aprendo e il suo passato aveva appena fatto capolino sulla soglia.
Ti odio. Spero di non rivederti mai più. Parole pronunciate più di dieci anni prima, ma che in quel momento gli risuonarono nelle orecchie, come se fossero state appena dette.
Che diavolo ci faceva la sorella di Matt in quella stanza piena di uomini incaricati di organizzare l’operazione di salvataggio per partecipare alla quale era stato richiamato dalla base dell’esercito dove stava? E perché indossava una divisa da pilota? Era ancora un’infermiera o era diventata paramedico?
Non che in quel momento le avrebbe permesso di occupare un attimo di più i suoi pensieri... La sua attenzione era tutta concentrata su quello che sembrava il personaggio più anziano presente nell’ufficio, lo stesso che gli stava andando incontro con la mano tesa.
«Ciao, James. È fantastico che tu sia già qui.»
«Jet» lo corresse lui con un sorriso. «È da tempo immemorabile che non rispondo più, quando mi chiamano con il mio nome per intero.»
Un tempo ben più lungo dei dieci anni trascorsi da quando aveva respirato la stessa aria della donna che era rimasta immobile accanto alla finestra. Non aveva bisogno di guardarla direttamente per accorgersi di quanto fosse cambiata. E non era solo questione di maturità fisica... Le curve nascondevano ben altro. Da quella parte della stanza emanava una curiosa miscela di femminilità e determinazione, come una specie di profumo, non abbastanza intenso, però, da cancellare l’immagine della ragazzina che era stata.
Un’adolescente sconvolta che l’aveva preso a pugni sul petto quando lui aveva cercato di abbracciarla. Che gli aveva detto che era tutta colpa sua, e che l’avrebbe odiato per sempre.
Non aveva potuto darle torto.
Anzi, a partire da quel momento, anche lui aveva odiato se stesso. Non era stato difficile attenersi alla regola di non vederla più. E non solo per il senso di colpa, quanto, piuttosto, per la sua incredibile somiglianza con il fratello.
Gli stessi capelli ricci e selvaggi. I medesimi occhi scuri e l’analogo sorriso, a piene guance.
Adesso, invece... Aveva un’aria fredda, distaccata. Persino i capelli erano diversi. Tagliati così corti che i riccioli non si vedevano più, anche se le accentuavano gli occhi, specchio di quelli del fratello, con quella nota cupa addolcita da un tocco di vulnerabilità che da sempre aveva sollecitato il suo istinto protettivo.
Per quanto lui e Matt non avessero lo stesso sangue, erano stati fratelli fino al midollo e l’ultima cosa che si sarebbe aspettato era sentirne ancora così tanto la mancanza.
Il capo lo stava presentando agli altri, ma Jet quasi non se ne accorse.
«Avevo capito che sarei stato l’unico medico della missione» mugugnò, guardandosi intorno.
«Infatti, è così. Le taniche in più di carburante sono molto ingombranti e non consentono di imbarcare altro personale.» Richard si accorse di dove fosse finito il suo sguardo. «Lei è il pilota, Rebecca Harding. Sta aspettando che i meccanici finiscano di caricare.»
Il pilota?
«Quanto dovrebbe durare il volo?»
«Circa quattro ore. Ti hanno già spiegato i dettagli?»
«Gradirei un aggiornamento.»
Richard lo condusse davanti alla mappa appesa alla parete. «Tokolamu è l’isola più grande di questo arcipelago, circa ottocentocinquanta chilometri a nord-ovest della Nuova Zelanda. È una riserva naturale, sede di un importante progetto di studio e allevamento dei kiwi.»
Jet annuì. Stava ascoltando. O, almeno, ci provava. La durata del volo continuava a riecheggiargli nella mente. Sarebbe stato imprigionato nello stretto abitacolo di un elicottero da solo con Becca per quattro ore? La prospettiva doveva esserle tanto sgradita quanto a lui.
«La superficie dell’isola è di circa ventisei chilometri quadrati e la base è collocata qui, in questa baia a sud.»
Possibile che non ci fosse nessun altro pilota?
«In questo momento sull’isola ci sono diciotto persone. Tre ore fa, al momento della scossa, pari a otto punto tre gradi della scala Richter, tutte, meno quattro, erano dentro la base.»
«E quelli che mancano?»
«Sono fuori per una missione. Prassi abituale, visto che i kiwi sono predatori notturni.»
«Sono stati rintracciati?»
«No.»
«E sui feriti c’è quiche novità?»
«La base è andata distrutta. Tre persone sono ancora disperse sotto le macerie. Delle altre, una ha subito un forte trauma cranico e ha perso conoscenza e un’altra ha una frattura composta alla gamba. Il contatto radio, però, è irregolare, quindi è da un po’ di tempo che non riceviamo aggiornamenti.»
Insomma, la situazione poteva essere ben più grave, con un numero di feriti imprecisato. Un bell’onere per un solo dottore... Ma a Jet quel genere di sfide non dispiacevano affatto, e perlomeno stavolta non avrebbe dovuto preoccuparsi di sottrarsi al fuoco nemico. O no?
Alzò di nuovo lo sguardo. Fino all’arrivo sul luogo del disastro, la sua vita sarebbe stata in mano al pilota, e in quella circostanza questo lo metteva un po’ a disagio. Ma sarebbe stato ancora più imbarazzante mostrarsi così poco professionale da suggerire un rimpiazzo. Nel suo lavoro le istanze personali venivano dopo tutto il resto. Erano irrilevanti. Ma in questo caso...
Per la prima volta da quando era entrato nella stanza, guardò Becca apertamente. E il contatto visivo gli provocò una strana stretta allo stomaco. Avrebbe avuto così tante domande da rivolgerle!
Come stai?
Matt continua a mancare terribilmente anche a te?
Interrogativi che non aveva il diritto di porre e che, probabilmente, erano destinati a restare senza risposta.
E lei sarebbe stata il suo pilota, maledizione! Una specie di tassista un po’ più specializzato, visto che il suo unico compito era quello di portarlo a destinazione.
I pazienti avrebbero dovuto attendere l’arrivo di una nave