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L'annata enigmistica
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E-book181 pagine2 ore

L'annata enigmistica

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Info su questo ebook

Ispirato dall’intervista a un attore, Stefano decide di appuntare episodi e riflessioni su un quadernetto, sperando di utilizzarlo come valvola di sfogo o di trasformarlo in un piacevole passatempo.
Pigrizia, lavoro e disabitudine alla scrittura renderanno incostante l’impegno preso, fino a quando i cambiamenti in atto nel mondo spingeranno Stefano a onorare il suo proposito di inizio anno.
Questa sorta di diario, infatti, ha avuto la sua inaugurazione il primo gennaio del 2020, un anno deciso a stravolgere le abitudini degli esseri umani e voglioso di portare il nostro protagonista a prendere decisioni inattese.  
LinguaItaliano
Data di uscita14 apr 2021
ISBN9791220291200
L'annata enigmistica

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    Anteprima del libro

    L'annata enigmistica - Francesco De Giorgi

    Annata_Copertina_Interna

    Francesco De Giorgi

    L'ANNATA ENIGMISTICA

    Titolo: L’annata enigmistica

    Autore: Francesco De Giorgi

    Copertina: Ilaria Memmi

    Grafica di copertina: Alessandro Gianfreda

    Prima edizione: aprile 2021

    Il libro

    Ispirato dall’intervista a un attore, Stefano decide di appuntare episodi e riflessioni su un quadernetto, sperando di utilizzarlo come valvola di sfogo o di trasformarlo in un piacevole passatempo.

    Pigrizia, lavoro e disabitudine alla scrittura renderanno incostante l’impegno preso, fino a quando i cambiamenti in atto nel mondo spingeranno Stefano a onorare il suo proposito di inizio anno.

    Questa sorta di diario, infatti, ha avuto la sua inaugurazione il primo gennaio del 2020, un anno deciso a stravolgere le abitudini degli esseri umani e voglioso di portare il nostro protagonista a prendere decisioni inattese.     

    L'autore

    Francesco De Giorgi è nato a Casarano (Le), nel 1984. 

    È laureato in Scienze della comunicazione presso l’Università degli Studi di Siena, ma il giorno della sua laurea non si fece scattare nessuna foto da postare sui social con la scritta ad maiora, per cui, da lì in poi, la sua esistenza è stata una serie di continui fallimenti.

    Tra i suoi libri: Tu prepara il filtro (2021), Una buona stella (2017), Ti sparo i Deep? – Vita, cover e miracoli di convintissime rock band di paese (2020), Punteruolo rosso (2018).

    Nel marzo 2020, in piena pandemia, trovava patetici gli scrittori e i registi che annunciavano di essere a lavoro su opere inerenti al periodo di lockdown. Questo libro si basa su quel periodo. Possiamo dire, quindi, che è un uomo che ha fatto della coerenza la sua più grande virtù.   

    Gli uomini fanno progetti e gli dei sorridono.

    Per amore di una donna, Meir Shalev

    Non si scrive narrativa per affermare principi e credenze che chiunque sembra condividere, né per rassicurarci sulla giustezza dei nostri sentimenti.

    Il mondo della finzione ci libera dalle gabbie in cui la società rinchiude i sentimenti; una delle facoltà dell’arte è permettere tanto allo scrittore quanto al lettore di reagire all’esperienza in modi non sempre contemplabili, non sempre possibili, o gestibili, o legali, o consigliabili, o anche solo utili alla sopravvivenza.

    Possiamo anche non sapere di avere uno spettro di sentimenti e reazioni così ampio, finché non vi entriamo in contatto grazie all’operato della narrativa.

    Perché scrivere?, Philip Roth

    Life is what happens to you while you’re busy making other plans.

    Beautiful boy (Darling boy), John Lennon

    La notai con la coda dell’occhio. L’idea di farci alzare tutti in piedi per brindare al nuovo anno era stata proprio sua. Così, quando il conto alla rovescia entrò nel vivo, lei si fece spazio tra gli altri commensali per avvicinarsi al sottoscritto.

    Dieci!

    Nove!

    «Tieni il bicchiere, Sabry.»

    Ed ecco saltato il suo vicino di posto.

    Otto!

    Sette!

    «Sposto questa sedia, altrimenti rischi di fare danno.»

    Toh, saltata anche Sabrina e il tipo che si è portata dietro per l’occasione.

    Sei!

    Cinque!

    «Attenta, ti stai sporcando il maglione!»

    Risatina tesa a distrarre la nostra collega Giorgia per dribblarla.

    Quattro!

    Tre!

    «No, no, state pure. Mi metto qui per non darvi fastidio!»

    Boom! Fatta fuori un’altra coppietta.

    Due!

    Uno!

    «Auguriiiii!»

    Il tappo dello spumante, fatto partire come un missile, stava per ridurre in pezzi il lampadario. Mentre tutt’intorno si è formato un vortice fatto di baci, abbracci e sinceri auguri tra coppie d’innamorati e amici di vecchia data, io vagheggiavo facendo finta di non sapere a chi dare il primo bacio d’auguri. La faccia era quella da «Uffa, noi poveri single con questa croce della solitudine che ci portiamo appresso, non abbiamo nessuno a cui fare il primo augurio, quello che sembra essere il più sentito. Eh, che vita grama…». 

    Ma tu guarda il caso, ha fatto in modo che la deliziosa Emma, bellezza anomala per via del naso aquilino, ma con un gran paio di tette e un notevole stacco di coscia, per tutta la cena seduta dall’altra parte del tavolo, ammorbata dai tentativi di approccio di un simpatico quanto sconosciuto giovane che si è ritrovata accanto, si trovasse proprio al mio fianco allo scoccare della mezzanotte. 

    La trovo già voltata verso di me, perché essendo donna non ha bisogno di fare alcuna scena di superiorità, a differenza mia, e allora, senza mollare il bicchiere, la abbraccio e la bacio sulle guance per farle i miei più sinceri auguri. 

    Ci faccio caso ogni anno a questa cosa: è come se le donne scegliessero con particolare attenzione a chi fare il primo augurio dell’anno. Quando non hanno un compagno stabile, selezionano il male minore nella stanza in cui si trovano. 

    Non ci conosciamo benissimo io ed Emma, pur lavorando nello stesso posto, e non si può neanche dire che sia una ragazza molto espansiva con chi tenta di far nascere una conversazione, però l’ho sempre trovata molto bella, fin dal primo momento in cui l’ho vista. Forse è proprio il suo mutismo ad attrarmi, l’ambizione silenziosa di un uomo nel voler essere l’unico con cui una ragazza riservata abbia voglia di confidarsi. Roba da romanzi. Alla mia età, trentacinque anni, sono ben conscio del fatto che sia proprio da quelle taciturne come Emma che bisogna scappare a gambe levate. Se stanno zitte, se parlano a fatica, è perché non hanno un cazzo da dire; oppure sono tra quelle con la tendenza a lagnarsi appena aprono bocca. Grazie al cielo, l’esperienza serve a qualcosa. Volevo solo che quell’augurio di buon anno, iniziato con uno scambio di tiepidi bacetti, finisse con qualcosa di più concreto sotto le lenzuola. Nient’altro. E sono certo che anche lei non avesse un interessamento più serio nei miei confronti. Non si era avvicinata quatta quatta per stare vicino all’uomo della sua vita. Si era avvicinata perché ci teneva a ricevere il primo augurio da uno che non fosse il peggiore tra i presenti e che non avesse già una relazione con qualche sua amica. Rappresentavo la compagnia meno irritante con cui farsi coraggio.

    Dopo il brindisi, gironzolai nel soggiorno per un po’, osservando con la dovuta distanza i vari gruppetti di invitati, chi se ne stava seduto in poltrona intento a inviare messaggi, chi in piedi nei pressi di un grosso baule d’epoca preso da qualche futile discussione, chi sulla porta del balcone a fumare. Io sorseggiavo spumante in attesa di un rompete le righe generale. Non facevo nulla per nascondere la noia che quell’orario insolito mi provocava, erano circa le due di notte e generalmente a quell’ora io sono più vicino al momento del risveglio che a quello del primo sonno, specie quando il giorno dopo ho il turno della colazione al lavoro. Quando sentii il padrone di casa sbuffare con la sua compagna per l’incombenza di dover accompagnare la senza partner e senza patente Emma nel suo appartamento a dieci chilometri da lì, feci capolino alle sue spalle proponendomi come suo sostituto nel ruolo di autista. Mi guardarono perplessi, perché io abitavo dall’altro lato della strada. Avevo bevuto come una spugna per tutta la serata proprio perché ero tra i pochi a non dover guidare per tornare a casa. La mia preoccupazione era stata soltanto quella di rimettermi in piedi senza bisogno d’aiuto una volta conclusa la cena.

    «Gli altri vanno in tutt’altra direzione rispetto a dove abita lei…» si lasciò scappare colui veramente desideroso di farsi rimpiazzare.

    «Per me non c’è problema. Ho voglia di andare ma ancora non ho sonno, per cui coglierei la palla al balzo…»

    «Ah, allora ok! Grazie mille, davvero!»

    Ricevetti un sincero abbraccio di ringraziamento per lo sbattimento evitato. Comunicarono la variazione all’interessata e cominciò un veloce giro di saluti nel quale provai a celare il sorriso beffardo che avvertivo in volto per il fatto di andarmene.

    Ringraziammo i padroni di casa per la splendida serata durante il breve tragitto che fecero per accompagnarci alla porta. Sentii le due donne borbottare sottovoce: «Oh, ma Sabry dove l’ha trovato quello?».

    «Credo sia impazzita, sembra un disperato.»

    «Stavo per ridergli in faccia a un certo punto. Va be’, poi ne parliamo con calma…»

    «Ok, buonanotte!»

    Quando ci ritrovammo nuovamente fianco a fianco di fronte al portone condominiale in acciaio e vetro, allungai il braccio per schiacciare il bottone d’apertura, ma temporeggiai qualche secondo. Prima che lei potesse chiedermi a cosa stessi pensando, le dissi: «Guarda là! Lo vedi quel palazzo».

    Annuì incuriosita: «Sì!».

    «Lo sai, vero, che io abito lì?»

    Annuì interdetta: «Sì!».

    «Cosa ne diresti se, invece di metterci in macchina con questo freddo e in queste condizioni, rischiando di incappare in un posto di blocco o di andare fuori strada, salissimo da me e tu dormissi nel mio spaziosissimo letto matrimoniale stanotte?»

    Fu presa alla sprovvista. Lì per lì non disse nulla.

    «Ci eviteremmo un sacco di fastidi, sai…» aggiunsi serioso. 

    A quel punto, avrebbe potuto urlarmi «Cosa cazzo ti proponi di accompagnarmi a casa se sei così ubriaco da non riuscire a guidare, stronzo!», invece annuì nuovamente. Con un filo di voce e un impercettibile movimento delle labbra che sapeva di magico, disse di sì.

    Era la notte di Capodanno. Avevamo mangiato tanto, bevuto tantissimo alcol, fumato parecchia marijuana. Per tanto, la sonnolenza ce la sentivamo appiccicata addosso, ma facemmo finta che la notte fosse ancora lunga.  

    La casa era calda. Giunti nella stanza da letto, lanciai una mia maglietta vicino a quello che sarebbe stato il suo cuscino. Non mi balenò neanche lontanamente per la testa l’ipotesi che potesse avere bisogno anche di un paio di pantaloni. Neanche lei li chiese. 

    Dopo esserci alternati in bagno, ci ritrovammo sotto le coperte. Temevo che avesse accettato di venire da me per piombare davvero in un sonno profondo nel giro di pochi minuti, ma invece confermammo entrambi, con pochi gesti, di avere le stesse intenzioni. Bastò allungare la mia mano verso la sua per dare il via all’avvinghiamento di corpi e lingue tanto sperato.

    Non lo so se tutto proseguì liscio e assunse dei contorni onirici per via delle sostanze assunte, fatto sta che non ci fu nessuna richiesta da supplicare dolcemente. Forse era sempre stato tutto quel pasticciare con le parole a complicare i miei precedenti approcci con l’altro sesso. Vai a sapere…

    Quando la testa riemerse dall’abisso del cuscino, la sveglia segnava le 15:00. Emma pareva morta. La maglietta, alla fine, risultò superflua. Aveva mezzo corpo scoperto e potevo ammirarle la schiena nuda. A differenza del sottoscritto, lei era abituata a fare le ore piccole. Per me era un lusso, così come lo era la possibilità di restare lì a fissare quella schiena per un’altra mezz’ora senza accusare sensi di colpa. 

    A spezzare quel silenzio fu un verso incomprensibile, venuto fuori dalla sua bocca spiaccicata sul cuscino. Beh, pensai, se non altro so che è ancora viva. E lo rifece dopo pochi secondi, identico.

    «Bellezza, se non sollevi la testa non si capisce niente!» le feci notare.

    Non si mosse subito. Dopo un po’ tirò su la testa con un evidente sforzo, come se le pesasse più del solito. E qui ci fu un attimo di imbarazzo, perché probabilmente disse la stessa cosa di prima, ma la voce sonnacchiosa che venne fuori da quella bocca secca e impastata fece sì che la frase fosse ugualmente incomprensibile. 

    «Dio santo,» dissi fra me e me, «qui non ne usciamo più… Come glielo dico che deve ripetere per la quarta volta?» Stai a vedere che la sera prima l’ha data senza storie perché non voleva farmi notare questo suo difetto di pronuncia.

    Essendo lei di spalle, optai per una soluzione che nella vita mi aveva sempre aiutato nei momenti difficili con l’altro sesso, ammutolì facendo finta di dormire, ben sapendo che fosse una mossa senza senso: un attimo prima sei sveglio e le dici di sollevare la testa, un attimo dopo sei crollato in un sonno profondissimo.

    «Oh, sai che ore sono?» chiese scazzata, inclinando la testa per scorgermi con la coda dell’occhio.

    Tirai un sospiro di sollievo. Finalmente avevo capito cosa andava mugugnando da diversi minuti.

    «Sono le 15:28.»

    Sbuffò: «Alle 17 devo iniziare il mio turno di lavoro…»

    Sbuffai anch’io, più per fingermi solidale che per un vero dispiacere: «Ma lavori anche oggi?».

    «Purtroppo sì!» rispose facendo ricascare la sua testa sul cuscino.

    In realtà ero contento che

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