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Il Peso Sul Cuore
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E-book108 pagine1 ora

Il Peso Sul Cuore

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Info su questo ebook

Conoscete il mal d'Irlanda? È la nostalgia di una terra piena di leggende e colori, di un'isola dove la gente suona nei pub antiche ballate tradizionali, con l'allegria nel cuore. È il desiderio di tornare in quel luogo incantato dove nascono storie di folletti e forti fatati, tra scogliere, muschio umido e colline di un verde vibrante. Questa è la storia di Erica, approdata sull'isola di smeraldo per cercare la zia, scomparsa molti anni prima in circostanze misteriose. Attraverso i racconti degli anziani del villaggio di Cong, la ragazza scoprirà che spesso la fantasia e la realtà non sono così inconciliabili, non in terre irlandesi. Un viaggio letterario alla scoperta dell'anima di un paese ricco di folklore sul Piccolo Popolo.
LinguaItaliano
Data di uscita7 nov 2015
ISBN9788898924721
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    Anteprima del libro

    Il Peso Sul Cuore - Amanda Melling

    Mannoia

    Prologo

    Flora amava la sua vita. Non desiderava nulla più di tutto ciò che aveva ottenuto. Il suo amore, solamente il suo semplice amore per la verità, l'aveva portata in quel luogo, a quell'ora, e sotto quella luce accecante, che la chiamava a raggiungere il suo destino. Qualcosa di unico aspettava solamente l'attimo perfetto per manifestarsi. E lei sapeva, che nella tristezza del suo silenzioso addio, c'era una promessa di nuove speranze. Un disegno divino che faticava ancora a comprendere, nonostante tutto. Aveva anche imparato, inebriandosi con il forte profumo di alghe, accarezzando le bagnate colline, osservando le ombre insinuarsi tra le fronde di impenetrabili boschi, che la magia della vita si manifesta incantando, e meravigliando ancora, proprio le anime gentili come lei.

    Carpe diem

    Aveva giusto infornato l'ultima focaccia al rosmarino, quando Erica sentì il campanaccio del negozio suonare. Aprì la tenda di perline colorate e raggiunse il bancone. Un'anziana signora minuta stava prendendo una passata di pomodoro dallo scaffale principale.

    «È biologico?» si affrettò a domandare appoggiando il barattolo di vetro alla cassa. «Presumo di sì, signora. C'è scritto che i pomodori arrivano da coltivazioni biologiche, però è stato confezionato in una fabbrica piuttosto grande».

    Ogni volta che rispondeva a quel tipo di domanda, si ritrovava immancabilmente a concedere dettagli inutili. Era un suo difetto, pensò dopo aver salutato la sua cliente. O forse un grande pregio. Amare il cibo, la buona cucina, il suo negozio, erano le sue peculiarità principali. Erica era una ragazza semplice, abituata a lavorare nella bottega di famiglia da quando aveva quindici anni. Non aveva mai sognato una vita diversa, non aveva mai avuto particolari ambizioni. Le sue giornate si dividevano tra il forno e una passeggiata sulla spiaggia. Era nata e cresciuta a Sanremo, e adorava il suo mare, nonostante i turisti, nonostante le lattine sui cigli delle strade, il traffico, il casino dei locali, la monotonia dei negozi di prodotti da spiaggia, sempre uguali, con le stesse creme solari, isole gonfiabili, maschere subacquee, pinne di plastica e biglie di vetro. Erica era un'abitudinaria, adorava la routine. Un aperitivo nel solito bar nelle sere d'estate, con gli amici di sempre, una pizza, rigorosamente alla napoletana, il mercato del pesce, il cinema, l'abbonamento a teatro. Ultimamente però sua madre insisteva molto sulla ricerca di un fidanzato.

    «Quand'è che ti decidi? Vuoi entrare nel club delle zitelle?» ripeteva a ogni buona occasione. I momenti per martellare sull'argomento erano soprattutto le festività comandate, come il Natale e i compleanni. La verità era che non si fidava del genere maschile. Probabilmente aveva inciso il fatto di non avere uomini in famiglia. Suo padre era morto quando lei aveva poco più di due anni e non aveva né fratelli né cugini, tanto meno amici. Erano solamente lei, la nonna e la madre. Una famiglia di sole donne, abituate a gestirsi alla perfezione, sia sul lavoro che nella vita privata. La nonna era solita, nonostante la sua età avanzata, preparare ancora il pesto genovese per i clienti. Il balcone di casa era un trionfo di basilico fresco, che veniva protetto in inverno da una piccola serra di vetro. Erica adorava alzarsi dal letto, preparare il caffè e sentire l'aroma tostato unirsi alla fragranza delle erbe aromatiche nell'aria tiepida. Era una mattina di giugno, quando la nonna, sedendosi in cucina con una lettera in mano, le raccontò la storia della zia. La ragazza sapeva che sua madre aveva avuto una sorella, ma non aveva mai scoperto che fine avesse fatto. Rimase alquanto stupita nell'apprendere che, all'inizio degli anni ottanta, la donna era emigrata per assecondare un amore nato in pochissimi giorni nei confronti di un turista irlandese in vacanza. «Ogni giorno Finn, così si chiamava, entrava nella bottega e comprava un diverso tipo di focaccia, scambiando due parole con tua zia Flora. È così che si sono conosciuti». Quel giorno la nonna rovistò in una scatola di cartone in camera da letto, tornando con una fotografia leggermente usurata. «Eccola, tua zia». Una donna dai lunghi capelli lisci color nocciola sorrideva ai piedi di una maestosa scogliera. Aveva l'aria felice e i suoi occhi sembravano guardare lontano.

    «Lui le raccontava di un posto dove il verde non era soltanto il colore delle colline, ma un modo di essere. Un posto dove i folletti danzavano nei boschi e si ascoltavano vecchie storie di contadini e pescatori davanti a un fuoco. Flora si innamorò di quel paese, delle sue nuvole veloci e della sua magia, ancor prima di arrivarci. Si innamorò di entrambi. Di Finn, e dell'Irlanda» la nonna fece una pausa, e poi continuò: «Questo è l'ultimo ricordo che abbiamo. Pochi mesi dopo averci inviato la sua ultima lettera, è sparita nel nulla. Non abbiamo mai più avuto sue notizie. Finn, che era diventato nel frattempo suo marito, dichiarò di averla vista uscire di casa, una mattina, e di aver atteso il suo ritorno invano. Setacciarono la zona per chilometri, ma tutto fu inutile. Non è stato facile, per tua madre, perderla, dopo aver visto anche morire tuo padre di un brutto male. Per fortuna c'eri tu». Erica si domandò se il dubbio continuasse ad attanagliare le loro menti. A quanto pareva il mistero non era mai stato risolto. Perché non ne avevano mai parlato prima? Quasi indovinando i suoi pensieri, la nonna continuò: «Ripensare a tutto quanto ci mette angoscia. Te lo volevo raccontare, una sola volta. È giusto che tu conosca la storia». L'unica cosa di cui la ragazza era stata a conoscenza fino ad allora, era l'origine del suo nome: Erica. Sapeva di una zia che amava coltivare questo particolare fiore perenne, resistente alle intemperie. Aveva spesso osservato le sue tonalità di colore, che variavano tra il blu, il rosa e le innumerevoli sfumature di viola. Si era anche domandata più volte come fosse morta, dove, e perché la mamma non gradisse parlarne. Era così abituata al silenzio che gli anni erano passati nel totale disinteresse per il passato da parte di tutta la famiglia. «E poi» aggiunse la nonna all'improvviso, mostrandole una busta marrone «oggi è arrivata questa». La ragazza la prese in mano e l'aprì velocemente, notando che era già stata estratta in precedenza. Era un invito per l'inaugurazione di un bed and breakfast che apriva quell'estate. La lettera, scritta in inglese, diceva che avrebbero potuto soggiornare gratuitamente. Perché? Erica guardò il mittente, e rimase incredula. Era Finn, dalla contea di Mayo, in Irlanda. Quell'uomo desiderava incontrarle, per qualche motivo. La ragazza durante il racconto della nonna, si era immaginata un ragazzo dal classico fascino straniero, moderno, che aveva rapito il cuore della zia in un lampo. Rimase esterrefatta quando scoprì che all'epoca Finn era già un signore maturo sulla quarantina, e che i due innamorati avevano quasi vent'anni di differenza. Fece molta fatica ad assimilare tutte quelle informazioni. Ovviamente non avevano nessuna intenzione di presentarsi a quell'inaugurazione, non avendo né tempo né voglia. Quando Erica si sentiva particolarmente in vena di avventure e doveva schiarirsi le idee, partiva con uno zaino per raggiungere la Valle Argentina e respirare l'aria magica dell'entroterra ligure, tra uliveti e sentieri di montagna. Conosceva ogni piccolo ristorante degno di nota, dove in rustici e accoglienti piccole stanze, ascoltava il piccolo chiacchiericcio dei commensali assaporando i piatti tipici che più amava. Dall'alto di un dirupo, osservando la natura, immaginò gli svariati modi in cui era possibile sparire. E niente, nel suo scandire perfetto e abitudinario, dopo quelle rivelazioni, tornò al suo posto. Dopo aver osservato quella fotografia, quello sguardo perso nell'orizzonte, la ragazza si ritrovò ossessionata dal mistero della sua sua scomparsa, attimo dopo attimo, un giorno dopo l'altro. «Perché le ricerche non sono continuate?» si ritrovò a chiedere qualche tempo dopo alla nonna mentre bagnava le sue erbe. Come se il discorso non fosse mai stato interrotto, lei appoggiò l'annaffiatoio e incrociò le mani nervosamente.

    «Suppongo che non ci sia stato motivo per insistere ulteriormente. Le ricerche sono andate avanti per un paio di settimane. Ci sono stati molti volontari, che hanno aiutato. Che cosa potevano fare di più?» sembrava parlare soprattutto a sé stessa. «Non lo so» rispose la ragazza irritata «qualsiasi cosa! Non si può vivere con un dubbio simile. Come fate a continuare le vostre faccende senza sapere la verità? Non capisco…» Erica rientrò in cucina nervosamente, e prese dell'acqua dal frigorifero.

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