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Come la pioggia
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Come la pioggia
E-book195 pagine2 ore

Come la pioggia

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Info su questo ebook

Dove finisce il sogno e dove comincia la realtà? Quante volte al risveglio ci è capitato di ricordare le immagini ed i suoni percepiti nella fase rem della nostro sonno, oppure percepire solo le sensazioni che quelle immagini già scordate, ci hanno lasciato.

Forse il nostro subconscio ci vuole avvisare di qualche scelta sbagliata o forse è solo un gioco subdolo della mente.

E se invece fosse l'unico modo che abbiamo per scavare nella verità che cerchiamo di evitare? Gloria non sapeva la verità, ma avvertiva che c'era qualcosa di misterioso in lei, cos'era che la faceva sentire perennemente inadeguata, a volte incompleta? chi era in realtà è perché quelle ombre non la lasciavano in pace? Dentro di lei sentiva di avere un'altra vita, ma dove, chi era veramente?
LinguaItaliano
Data di uscita30 apr 2020
ISBN9788831671781
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    Anteprima del libro

    Come la pioggia - Carla Vittoria Croce

    Carla vittoria Croce

    Come la pioggia

    Parlerò di te dentro una storia che non ti appartiene, sarà bello riviverti nonna!

    Come la pioggia

    Aveva sognato quel giorno da tanto tempo e finalmente era arrivato. Gloria guardava la sua immagine riflessa allo specchio mentre le ultime ciocche di capelli venivano raccolte in una elaborata treccia nella quale erano incastrati luccicanti strass.

    Come stai bene! Le disse la pettinatrice ammirando l’acconciatura.

    Tanti le invidiavano la folta capigliatura bionda, veniva soprannominata la straniera per il suo aspetto nordico, in effetti nessuno in famiglia aveva quelle caratteristiche, ma per lei non era un vanto, al contrario, l’appellativo cresceva il senso di inadeguatezza.

    Era cresciuta con i suoi nonni materni, non aveva mai conosciuto i suoi genitori, le era stato detto che erano morti in un incidente d'auto quando era molto piccola, ma non ne aveva mai sofferto l'assenza, tra quelle mura l’amore non le era mai mancato

    I primi problemi arrivarono nel periodo scolastico, quando vedeva uscire i compagni mano nella mano con i genitori e le veniva rivolta la solita domanda dalle amiche stronzette, perché a quell’età si è un po’ così!

    Ma tu non hai una mamma? E allora cominciarono le prime domande, cominciarono i sensi di vuoto e di malessere che si manifestavano in veri attacchi di panico. La paura di restare sola, del buio e la sensazione di vivere a metà, questo riviveva Gloria guardandosi allo specchio, una bambina spaventata, una ragazzina in balia dei suoi incubi notturni che non la lasciavano mai.

    Aveva combattuto contro fantasmi sconosciuti e aveva vinto la sua battaglia, era il momento di cominciare a vivere.

    Appeso all'armadio il suo vestito da sposa era pronto per essere indossato

    Un lungo abito in crepe couture con lunga coda e un ampio scollo sul lato posteriore, le spalle rimanevano scoperte e intagli ricamati sul petto e lungo le maniche a guanto lo impreziosivano.

    La prima lacrima era già pronta a rovinare il trucco.

    Era veramente stupendo e Gloria non si schiodava dallo specchio emozionata.

    Basta piangere, è ora di essere felici Pensò sospirando profondamente.

    Ma quanta strada aveva fatto per raggiungerla la felicità!

    *****

    Le mani, cerco un varco, cerco altre mani, quelle che ora fuggono da me, chiamo, piango. Rimane un ombra negli occhi che si allontana, non so perché mi lascia qui, dietro queste sbarre, come la pioggia scivolo sull'asfalto bagnato mentre altre mani ora mi prendono.

    Un sussulto, mi siedo sul letto, ansimo. Tutto riprende a vivere.

    Un sogno, sempre lo stesso, mi lascia un senso di vuoto, mi soffoca e ancora non conosco il motivo di quel riproporsi a me. 

    Dicono che i sogni siano stati d'animo, che rispecchiano ciò che soffochiamo durando solo l'attimo che precede il risveglio. Per me sono finzioni, scene senza senso, provocazioni assurde, giusto per rovinarmi la giornata, mi faccio un caffè, forse è meglio. Questo senso di vuoto che mi lascia è soffocante.

    Infagottata dentro la calda vestaglia di sua nonna che le arrivava fin sotto le ginocchia, Gloria, assonnata e dentro il suo incubo, cominciò la giornata preparandosi un caffè. 

    Il suo compagno dormiva, lo invidiava, lei non era mai stata una dormigliona, anzi, l'insonnia era il suo problema.

    Seduta sullo sgabello vicino alla finestra, sorseggiava il suo caffè. Avevano deciso di fare quella breve vacanza nel paese nella campagna Toscana dove era cresciuta, Faltona, l’unico divertimento era un pub in Piazza, o piuttosto uno slargo della strada con intorno poche case di pietra e la vecchia chiesa. 

    Poco più avanti c'era l'albergo, una pensione a gestione familiare dove non mancava la cordialità e il buon cibo. 

    Gloria sorrise ricordando suo nonno che uscendo di casa un giorno le chiese:

    Andiamo in città? Lei contenta di andare chissà dove, scoprì cinque minuti dopo che la città era la piazza del paese a cinque isolati di distanza.

    Ricordava i freddi pomeriggi d’inverno, a casa con nonna Elsa che le insegnava a diventare una brava casalinga.

    Già, quelle mura custodivano una miriade di ricordi.

    La palazzina era disposta su tre piani, nei fondi c'era la cantina dove il nonno teneva la legna, il raccolto e i sacchi di grano, al primo piano si trovava la cucina, un piccolo arco e si accedeva alla camera da letto, al piano superiore c'era un'altra camera ed il bagno. Le sembrava una vera reggia. Ricordò quando sua nonna, scopa alla mano le disse:

    Hai paura dei topi? Allora aiutami, appena lo vedi, dagli una scopata!

    Rideva ora rivedendosi con la grossa scopa di saggina in mano ad aspettare il topo e scappare dalla parte opposta alla vista del piccolo mostro.

    Al mattino andava a prendere il latte per la colazione direttamente dal contadino. Entrava titubante e aspettava tappandosi il naso per non sentire il lezzo della stalla; le grosse mani dell'uomo mungevano la mucca e gli schizzi del caldo latte finivano in un secchio di alluminio, l’idea di berlo in realtà le faceva un po’ schifo, ma opporsi era impossibile.

    Lo sfrusciare delle pantofole di Carlo la riportò nel suo disordinato presente.

    Buongiorno, c'è ancora un po’ di caffè?

    Carlo, il suo amico dai tempi della scuola che da sempre era innamorato di lei. Più giovane, ma solo di un anno, l'aveva perseguitata e non poco nel tentativo di conquistarla, a distanza di tempo, Gloria, improvvisamente cominciò a guardarlo con altri occhi, era nato un sentimento inaspettato al quale, ora, non avrebbe potuto rinunciare, ma ancora non si decideva a sugellare la loro unione a differenza di lui che smaniava dalla voglia di sposarla.

    Se solo fosse sparita quella sensazione opprimente che percepiva, la paura dell'abbandono che la bloccava, forse si sarebbe decisa a fare il grande passo, era l'unica causa delle loro discussioni.

    Dormito poco anche stanotte? Le sue grandi braccia l'avvolsero in un tenero abbraccio.

    Ecco, di questo infondo aveva bisogno, sentirsi amata.

    Oggi ti accompagno se vuoi?

    Mi farebbe piacere. Rispose sorridendogli Gloria.

    Di nonna Elsa, della sua tempra, del suo lottare, poco era rimasto se non i suoi bei occhi castani velati dall'età. 

    Non era solo la sua nonna, era la mamma, l'amica, era la sua ancora, ma ora era lei ad avere bisogno.

    La sua vita era stata piena di sacrifici, di rinunce e nel corso degli anni, ad uno ad uno aveva perso tutti i suoi affetti, sorelle, fratelli, per ultimo suo marito e poi, i primi sintomi della malattia. 

    Gloria si era trasferita ad Arezzo, la sua passione era la fotografia e aveva investito i suoi risparmi avviando un attività nel settore e in una casa.

    Tornava spesso nei weekend da Elsa, che, per l’occasione, cucinava i suoi piatti preferiti. 

    Col passare del tempo notò dei cambiamenti in lei, all'inizio pensava che quei vuoti di memoria fossero gli effetti della vecchiaia, era prossima agli ottant'anni, poteva anche essere normale, ma il fatto che non ricordasse le piccole cose quotidiane o alcuni avvenimenti del passato che aveva sempre rievocato con piacere, la indussero a farla sottoporre a degli accertamenti.

    Il responso dello specialista non lasciò molte speranze:

    Alzheimer, sua nonna dovrà essere seguita, purtroppo la malattia progredisce col tempo. 

    Il professore le spiegò a cosa sarebbe andata incontro. Per un certo periodo riuscì a gestire la situazione poi, dovette arrendersi all’inevitabile, trovare una buona struttura che potesse garantirle una completa assistenza.

    Ehi, sei ancora fra noi?

    Gloria, immersa nei ricordi, si era totalmente isolata.

    Scusa amore, pensavo a lei, saperla la dentro mi fa sentire in colpa.

    Non devi e ora preparati, andiamo a farle visita poi ti porto a pranzo fuori.

    Mancavano poche curve, ma già l’imponente edificio appariva attraverso gli alberi. Gloria, ogni volta, sentiva un groppo in gola, era facile per gli altri dirle:

    È la scelta migliore! Facile a parole, ma non per lei e tutto quello che poteva fare ora, era starle vicino, amarla e farla ridere, a lei piaceva tanto ridere.

    Il grande cancello si apriva sul vasto giardino, costellato di aiuole fiorite, al centro si trovava un gazebo in ferro battuto sul quale si arrampicava, in tutta la sua bellezza, un glicine: quello era l'angolo preferito di sua nonna.

    La struttura aveva mantenuto il suoi colori originali, seppur sbiaditi dal tempo, senza perdere il suo fascino. Era stato un antico convento di suore poi adibito a ricovero per anziani, ben assistiti, ma la consapevolezza di come la vita si trasforma, di come le avversità, la malattia tolgano ogni capacità e la cognizione, storie comuni messe in giacenza in attesa del nulla, senza mai più la speranza di un ritorno a casa, lo rendeva un luogo molto triste.

    Era orario di visita e nel salone alcuni volontari stavano intrattenendo i degenti, avevano organizzato una tombolata aiutati dai parenti. Sembravano tutti molto divertiti, ai vincitori venivano regalati monili e piccoli oggetti, tutti premi messi a disposizione dei parenti stessi.

    Sua nonna Elsa era seduta sulla carrozzina vicino alla finestra, era così bella nel suo vestito a fiorellini, e sulle spalle aveva il golfino azzurro che lei adorava.

    Ciao nonna, che bella sei oggi! Hai visto chi ti ho portato? Gloria la baciò dolcemente chinandosi su di lei.

    Buonasera Elsa! Carlo le prese la mano, era calda e morbida, ma lei, a differenza delle altre volte, non sembrò contenta di vederlo, quella presenza la turbava, la reazione fu inaspettata. Giorni prima gli aveva sorriso, ora lo guardava con aria di rimprovero.

    Gloria era abituata a quei cambi di umore, i suoi stati d'animo variavano in un breve lasso di tempo, ma ogni volta era una stretta al cuore.

    Oggi mi sembra più assente del solito!

    Non ti preoccupare, perché non la portiamo in giardino? Ma la giornata non era delle più adatte, il temporale si era appena allontanando e l'aria si era parecchio rinfrescata.

    Gloria portò sua nonna al piano terra dove c’erano alcuni tavolini e il distributore di caffè, ricordava le pause caffe di Elsa, quando finiva i lavori di casa e se lo gustava seduta in cucina.

    Eccoci qua nonna, guarda, ti ho portato i dolci che preferisci, sei contenta?

    Elsa le sorrideva, prese la pasterella tra le mani e, come ad un bambino, le briciole caddero ovunque, solo se si avvicinava Carlo corrugava la fronte, quel pomeriggio, non gradiva la sua presenza.

    Perché è qui? ti ha fatto del male, mandalo via!

    Elsa quasi lo sussurrò a Gloria, poi riprese a gustare la sua merenda.

    Ma che dici nonna? Gloria guardò Carlo quasi scusandosi, lui baciandola sulla fronte la tranquillizzò, aveva vissuto una situazione analoga con suo nonno anni prima, comprendeva la situazione.

    Non ti preoccupare, vado a fumarmi una sigaretta, sono fuori se hai bisogno.

    Gloria raccontò alla nonna gli ultimi avvenimenti, anche i più insignificanti e, per stimolarla, le chiedeva consigli su come cucinare. 

    Elsa e le sue ricette, i suoi manicaretti. Gloria la ricordava in piedi, vicino alla finestra col suo grembiale legato in vita, intenta ad impastare la sfoglia che nelle sue mani diventava sempre più grande e poi le chiedeva:

    Cosa ti faccio oggi? E la sua richiesta era sempre la stessa.

    I taglierini. Le piaceva guardare come magicamente da una striscia di sfoglia arrotolata apparissero lunghi fili di pasta che penzolavano dal lungo coltello.

    Altro divertimento era aiutarla a preparare le cotolette, Gloria sbatteva l’uovo, sua nonna vi immergeva la cotoletta e poi cominciava la fase più spassosa, la fettina aumentava la sua dimensione sotto i colpi della mani di Elsa che la batteva e ribatteva dentro il pan grattato.

    Nonna lo sai che oggi ho fatto il minestrone, quello che mi hai insegnato tu, ti ricordi quando lo lasciavi raffreddare e io facevo la prova col cucchiaio per vederlo rimanere in piedi?

    Gloria le ricordò di quando la obbligava a mangiare la frittata di verdure che a lei non piaceva e di quella volta che fece finta di averla mangiata, ma in verità l’aveva nascosta sotto la vecchia credenza in legno bianca.

    Elsa sorrideva ascoltando quegli aneddoti, ma chissà se in quel momento sapeva che gli erano appartenuti.

    Un tuono in lontananza la fece trasalire, Elsa guardò attraverso la finestra stringendo la mano a Gloria. Non aveva mai avuto paura dei temporali anzi, la prendeva in giro quando da bambina si nascondeva tra le sue braccia.

    "E’ solo un tuono nonna, ti ricordi la cantilena che mi raccontavi quando avevo paura?

    Come la pioggia la paura scivola via, non tremare, è già andato via.

    Bastò per tranquillizzarla, i ruoli si erano invertiti, Elsa l’accarezzò sul viso.

    Sei brava Maria, sei proprio brava.

    Perché quel nome? Ora sua nonna le sembrava così distante, chi era Maria?

    Gloria la guardò sgomenta, i suoi ricordi, le sue radici erano appese ad una figura che non ricordava più il passato, non accettava quel declino, non

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