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Per morire, bisogna essere vivi
Per morire, bisogna essere vivi
Per morire, bisogna essere vivi
E-book482 pagine5 ore

Per morire, bisogna essere vivi

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Info su questo ebook

*****ATTENZIONE PERICOLO***** DUE libri la cui energia positiva è molto pericolosamente contagiosa!!!! Salite con Oceania e Gaia a bordo di Miss Rainbow per un viaggio oltre ogni limite materiale e psicologico. Si tratta di un romanzo detto “feel good” o romanzo “d’ispirazione” come si dice in Québec. Un libro pieno di ottimismo, di speranza e di positivismo, una boccata di ossigeno (per citare le centinaia di testimonianze già ricevute dai lettori). Un romanzo che vi farà viaggiare attraverso numerosi paesi ma non solo, farete anche un viaggio di introspezione e certamente di valutazione attraverso riflessioni più filosofiche, il tutto attraverso una storia moderna, scandita da una scrittura semplice, fluida, senza filtri e piena di umorismo. L’amicizia tra due donne che levano l’ancora e sfidano il tempo in un’avventura controcorrente. Oceania raggiunge i quarant’anni, viene a sapere che le restano solo 8 mesi da vivere, incontra Gaia. Tutte e due partono a bordo di Miss Rainbow per un viaggio umanitario e spirituale da Tolosa a Katmandu, che trasformerà la loro vita e quella di tutti quelli che incroceranno il loro cammino e, forse, anche il vostro…

LinguaItaliano
Data di uscita7 giu 2021
ISBN9781667401928
Per morire, bisogna essere vivi

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    Anteprima del libro

    Per morire, bisogna essere vivi - Magali Dubreuil Bourguet

    PER MORIRE, BISOGNA ESSERE VIVI

    In applicazione della legge del 11 marzo 1957, è vietato riprodurre integralmente o parzialmente la presente opera, su qualunque supporto, senza l’autorizzazione dello scrittore, dell’editore o del Centro français d’exploitation du droit de copie, rue des Grands-Augustins 20, 75006 Parigi.

    Magali Dubreuil-Bourguet

    (Mag. B.)

    PER MORIRE, BISOGNA essere VIVI

    Romanzo

    ISBN 9791034315192

    Poiché in questo romanzo, si parla spesso di segni e di saperli cogliere, sentire e leggere...

    Volevo dedicare questo libro a mia nonna, deceduta qualche mese fa.

    Mia nonna era un personaggio molto complesso con la quale non nascondo di aver avuto delle divergenze sul piano affettivo. Diciamo che ho passato il mio tempo con lei cercando di capirla, cercando di leggere nel suo cuore certamente ferito, perché vuoto di qualunque emozione...

    Tuttavia, sono costretta ad ammettere che è a lei che devo il mio gusto per la scrittura e la lettura.

    Era un’eccellente insegnante (come lo erano il mio bisnonno e il mio bis-bisnonno), sia nel suo lavoro che al di fuori del suo ambiente professionale, perché so che ha insegnato a leggere a molti bambini al di fuori delle lezioni e anche in pensione (una lunga pensione visto che morta a centodue anni).

    Mi ha insegnato a leggere e scrivere all’età di cinque anni, così, grazie a lei, ho saltato un anno di scuola materna, e ho cominciato a scrivere poesie a dieci anni.

    Durante i miei sei anni di collegio, mi mandava pacchi di libri, alle medie, poi al liceo, almeno tre volte all’anno, senza contare quelli che mi dava di persona.

    Era vegetariana e si curava solo con l’omeopatia, la ricordo farsi dei cataplasmi con l’argilla verde, che modellava, e anche con le foglie di cavolo, per guarire le piaghe.

    Non ha mai voluto avere la televisione a casa sua, aveva solo un vecchissimo transistor con un’antenna che si apre.

    La sua casa era una vera biblioteca.

    Non ha mai voluto possedere niente, era contro il materialismo. Mi ricordo del giorno in cui mi sono fatta costruire la mia prima casa, mi aveva scritto una lunga lettera in cui mi chiedeva di spiegarle in un saggio (tesina) perché avessi il bisogno di diventare proprietaria...

    Se n’è andata qualche mese fa e, il giorno della sua dipartita, mentre ero a bordo della mia auto, una piccola piuma lanuginosa è atterrata sulla punta del mio naso, sapevo che era un segno... Di cosa? Di chi? Non lo sapevo...

    Quella sera, ho ricevuto una chiamata di mia zia che mi comunicava il suo decesso. Noi non ci parliamo più dalla morte di mio padre. Pensavo che non mi avrebbe lasciato niente, ma ripensandoci... È morta il primo febbraio, la scrittura di questo romanzo è iniziata il primo marzo con tutti i miei ricordi, di letture e lezioni che mi dava... Mi ha lasciato molto, e, i piccoli risparmi che ho ereditato mi servono per pubblicare il mio libro in auto pubblicazione...

    Quale migliore regalo potevamo farci a vicenda? 

    Prefazione

    Desidero ringraziare la vita per avermi inspirato questo primo romanzo, è il frutto dei miei viaggi, dei miei incontri, dei miei amori, dei miei fallimenti, delle mie prove, di un vissuto talvolta caotico ma estremamente fecondo.

    Ringrazio mio marito, mia madre e i miei figli, per avermi ascoltata, per la loro pazienza e il loro sostegno durante tutto questo lavoro di scrittura che mi ha spesso immersa completamente nel cuore della storia...

    Ringrazio anche alcune amiche, che sapranno riconoscersi, per la fiducia e l’interesse che mi hanno dimostrato. Queste numerose fonti di sostegno sono state generatrici di motivazione e perseveranza.

    Il mio percorso:

    Sono autodidatta e appassionata.

    Dopo essermi laureata alla High School negli Stati Uniti, ho seguito degli studi letterari, seguiti da studi nel turismo, per corrispondenza, in Spagna.

    So che vuol dire essere l’autore della propria vita, io ho dovuto riscrivere la mia più volte.

    Le mie fonti di ispirazione letteraria sono diverse e varie:

    Émile Zola, Albert Camus, Paolo Coelho, Dan Millman, Laurent Gounelle, Raphaëlle Giordano, Virginie Despentes, Danielle Steel, Alain Williamson, e gli scritti di Thích Nhất Hạnh, del Dalai Lama, di Matthieu Ricard, di Christophe André, e di molti altri

    Magali Dubreuil-Bourguet.

    Nessuno è nato sotto una cattiva stella, ci sono semmai uomini che non sanno leggere il cielo.

    Il Dalai-lama.

    Venerdì 9 novembre – Giorno 1

    Tutto è cominciato quella mattina, una mattina che si annunciava all’inizio come tutte le altre.

    Dovevo andare dal medico che mi aveva sottoposto a tutta una serie di esami, perché da settimane mi sentivo veramente stanca...

    Avevo dato la colpa a qualche malattia di moda sui social media: ‘il carico mentale’.

    Eccomi qui seduta su questa sedia davanti al mio vecchio dottore che mi conosce abbastanza bene per sapere che mi agito sempre troppo in fretta e che, lui, è sempre là per farmi ritornare sulla terra, rassicurandomi sulle mie angosce.

    Questa volta mi sembrava diverso, stanco forse, preoccupato o di cattivo umore.

    Tossicchia nella barba due, tre volte, come per cercare di schiarirsi la voce, o di far posto a parole che non desiderano uscire dalla sua bocca.

    Beh, ehm... ho ricevuto i risultati dei suoi vari esami e... devo dire... che... non ho buone notizie da darle... Non ci girerò troppo intorno... Lei ha una grave malattia al cuore e alle membrane, e non c’è niente da fare... a parte alleviare il dolore per i prossimi mesi... Mi dispiace.

    All’improvviso, il tempo si è fermato, c’è come una fluttuazione tutt’intorno a me, gli oggetti volano qui e là, poi mi sento come risucchiata in un buco nero sotto la mia sedia...

    Il mio respiro si ferma poi accelera, non sento più niente, le mie idee sono confuse, la mia vista è annebbiata... a meno che non siano le mie lacrime ad annegare i miei occhi.

    Un vortice, sì sono in un vortice, quindi deve essere un sogno, un incubo, mi sveglierò!

    Oceania, Oceania! Sta bene? È con me? Le darò il nome di una psicologa molto brava che potrà aiutarla, deve assolutamente parlare. So che è uno shock per lei.

    Sì... io... cioè... quanto... quanto... Mio Dio non riesco a credere che sto per fare questa domanda... quanto tempo mi resta?

    Non è sicuro, Oceania, direi otto mesi, un anno... al massimo. La farò incontrare con lo specialista che la consiglierà sulla terapia del sollievo da seguire e le parlerà delle varie opzioni di follow-up e supporto che possiamo mettere in atto.

    Ed ecco il famoso 9 novembre, il giorno in cui la mia vita è stata stravolta.

    Giovedì 8 novembre

    C’era una volta la mia vita a G – 1

    Mi chiamo Oceania, ho trentanove anni e tre quarti, una vita piuttosto ordinata, lavoro come assistente commerciale in una grande azienda di burotica.

    Sono sposata da sedici anni con Laurent e abbiamo due figli di tredici e sedici anni, Lilou e Lenny, degli adorabili adolescenti (antinomico?). Laurent è dirigente in un’azienda di tecnologia audio ed è spesso assente, tra riunioni a tarda ora, conferenze, seminari, formazione, viaggi ‘d’affari’... Mi ci sono abituata e mi prendo cura di me stessa tra uscite con le amiche, lezioni di ballo, cucina, lettura e vita con i ragazzi.

    La nostra coppia, o quello che ne resta, va piuttosto bene se ci paragono ad alcune coppie di amici. In altre parole un buon cameratismo, finché non gli faccio troppe domande.

    Andiamo d’accordo, soprattutto quando urla... è il suo modo di difendersi se comincio a fargli domande e poiché detesto i conflitti e i rapporti autoritari, non insisto molto.

    Andiamo a mangiare al ristorante ogni anno al nostro anniversario di matrimonio e per i nostri rispettivi compleanni, ogni volta nello stesso posto, da Norbert (ristorante gastronomico poco frequentato) per avere un po’ di pace, come dice lui. Sì perché quando è con me, gli piace stare tranquillo, è qualcosa di diverso da tutti quei posti alla moda dove è ‘obbligato’ (poverino) ad andare a mangiare con i suoi o le sue clienti, o fornitori.

    Le cose non sono sempre state così, naturalmente, siamo stati molto innamorati e molto felici poi a poco a poco ci siamo persi (o meglio, soprattutto io...)

    Non ho mai smesso di cercare di attirare la sua attenzione, prendendomi cura di me, della linea, dei capelli, delle unghie ... andavo regolarmente a comprarmi dei vestiti nuovi, della biancheria intima sexy, mi sono iscritta in palestra... Niente da fare. È stato allora che ho capito di non essere più la prescelta...

    È arrivato quindi il tempo dei sospetti, delle indagini, degli interrogatori, ma non sono mai riuscita a ottenere una confessione da parte sua né delle prove reali.

    Così, ho finito per convincermi (cioè ho finito per mentire a me stessa) che forse proveniva da me, da una gelosia morbosa o da una mancanza di autostima.

    Quindi vedo uno strizzacervelli ogni mese, così siamo in due ad aiutarmi a vivere meglio nella negazione (sarcasmo).

    Per quanto riguarda la mia vita professionale, riflette bene la mia vita di coppia. Lavoro all’ombra di vari commerciali. Il mio lavoro è quello di rendere più facile i loro compiti ogni giorno, trovo i loro prospetti, gestisco le loro agende, faccio i loro preventivi, la loro crittografia, le loro mail, gestisco i loro fascicoli, sollecito i loro clienti, le fatture, e mi occupo anche dei loro servizi dopo vendita.

    In un’azienda in cui le cifre e la produttività hanno la meglio su tutto il resto, siamo quindi un numero tra tanti.

    Infine, ci sono i miei figli che amo più di ogni altra cosa al mondo. Sono piuttosto studiosi, sicuri di sé, anche se percepiscono che il padre non è molto presente nelle nostre vite.

    Stavo per dimenticarmi di parlarvi dei miei genitori, sposati da... sempre, mi sembra, ma ognuno per conto suo (sarcasmo). Con loro, la direttiva numero uno è di chiamarli o di fargli visita solo se ti va tutto molto bene. Sì è un poco eccessivo, ma poiché verranno ad attingere al settanta per cento del vostro credito di positività, ve ne resterà circa il trenta per cento per ripartire. Tanto che se andate in un giorno ‘no’, rischiate di infilarvi in gola un tubetto di Xanax sulla via del ritorno... sempre che ci sia un ritorno.

    Venerdì 9 novembre – Il giorno G

    Ora che abbiamo fatto un po’ più di conoscenza, potrò riprendere la storia dal giorno in cui è iniziata.

    Questo famoso 9 novembre, una giornata in realtà piuttosto cupa, era umido, una pesante nebbia opprimeva il paesaggio, la stessa che era nella mia mente quando ho lasciato lo studio del dottore.

    Cammino fino alla mia auto, con l’andatura di uno zombie dei film, come se in un colpo solo non fossi più che una carcassa vuota, o piena di niente...

    Una volta seduta al volante della mia auto, la sola e unica domanda che continuo a ripetermi come un disco rotto è: E ora, che fai? Che fai, che fai, che fai, che fai? In realtà, avrei voluto piangere, ma non esce niente, avrei voluto gridare, ma sono incapace di esprimere la minima reazione, non sento niente...

    Sono già morta? E questa domanda risuona nella mia testa come un gelido risveglio.

    Che ironia, sto per morire... eppure ... sono viva? Non rido, non piango, non grido, non soffro neanche... È così, sono già morta, ma quando è successo? In quale momento ho smesso di vivere? Che ho fatto della mia vita e quando si è fermata? O peggio... forse non era mai cominciata... morire senza aver vissuto... Non ho il diritto di dire così, ho fatto delle belle cose, ho due bei figli, un marito, un lavoro... Sì, due figli che mi ignorano, un marito che mi ignora ancora di più e un lavoro... uguale. Sì, è ovvio! Sono morta ancor prima di essere morta, ecco perché sono invisibile!

    Rimetto in moto la macchina e riprendo la strada, non posso rientrare a casa mia e comunque a chi mancherò? Decido di rimettere in moto e di guidare a caso fino ai primi cartelli segnaletici... e là scelgo di andare a vedere il mare.

    Non avevo mai preso una decisione in questo modo, una scelta che riguardava me soltanto, senza preoccuparmi di quello che avrebbe pensato il mio piccolo mondo. Alla prima area di sosta, mi fermo e ne approfitto per mandare un messaggio a mio marito. Buongiorno, son dovuta partire per qualche giorno, non farmi domande, ti spiegherò al ritorno. Dì ai ragazzi che sono andata a trovare una vecchia zia malata. Il frigo è pieno. Baci.

    Non mi capacito neanche io... sono partita da sola all’improvviso senza una destinazione particolare! E la vocina ritorna: Sei un egoista irresponsabile. E se le dicessi di smetterla una volta per tutte? Questa coscienza sporca, questo veleno chiamato senso di colpa! O piuttosto che mi serve da scusa per non far niente ... del genere non posso.... ho altro da fare...

    I ragazzi sono grandi, mio marito è responsabile, il frigo è pieno e soprattutto vivono la loro vita, loro!

    Dopo questo piccolo dibattito interiore, riprendo la strada verso Biarritz. Penso di poter arrivare nel tardo pomeriggio, e non so ancora dove andrò a dormire... E se andassi semplicemente a comprarmi un grande piumone, potrei dormire nell’auto davanti al mare! Sì, idea formidabile. La strada è lunga e la mia mente divaga, faccio avanti e indietro nel passato, di vent’anni, trent’anni e dieci anni, cercando di capire in quale momento è andato tutto storto.

    Ah, eccomi qui, a Biarritz! Mi fermo alla prima grande area per comprare un piumone. Attraversando l’alimentari, mi rendo conto che non ho affatto fame ma che berrei volentieri qualcosa. Nel reparto degli alcolici, sceglieremo... un buon champagne, vai, per festeggiare, e sì, perché io lo valgo! Visto che non riesco sempre a piangere, tanto vale usare il sarcasmo acidulo, quello che fa ridere nel modo sbagliato.

    Ah, ho ricevuto un messaggio dal mio caro e tenero marito: Mentre ti fai la tua crisi di mezza età, sappi che stasera ho una cena d’affari e non potrò restare a casa con i ragazzi.

    Ops... No, no, no, non risponderò, e comunque... cosa rischio? Nel peggiore dei casi, cosa avrei da perdere se non rispondessi?

    Forza! Passo alla cassa, carico la vettura e cerco una spiaggia Ma no, mi serve la spiaggia, selvaggia e deserta. Il tempo qui è più piacevole, solo una leggera brezza, il sole tramonta, devo parcheggiare prima che faccia buio. Ho trovato, un sentiero di pietra che porta a una spiaggia. Mmm! Profuma di pino, sale ... eccomi, ci sono! Senza dune, proprio là, davanti a me, l’oceano a perdita d’occhio.

    Al supermercato, avevo preso un maglione di lana oltre al piumone, così prendo entrambi e la mia bottiglia di champagne. Avanzo a piedi nudi sulla sabbia fredda e mi lascio cadere in ginocchio. Il sole rosso sangue si riflette sull’acqua in una simmetria perfetta come se si guardasse allo specchio...:

    Specchio, mio bellissimo specchio... chi brilla di mille luci? L’acqua gli risponde: La tua luce non è fatta di fuoco, perché il fuoco si spegnerebbe con la più piccola delle mie onde, la tua luce non ha bisogno di qualificazioni, la luce è luce... e brilla di per sé, da sé e per sé.

    Nel silenzio e nell’osservazione, nascono delle risposte: Io non sono mamma; io non sono assistente commerciale; io non sono moglie di... o figlia di... No, io sono io, sono io, perché in fin dei conti me ne andrò senza nessuno... E ora, sono sola, tutta sola... non ci sono che io che discuto con me stessa... Piacere, Oceania... e se ci conoscessimo un po’?

    La presa di coscienza

    Oceania, qual era il tuo più grande sogno?

    Mi siedo più comodamente a gambe incrociate, apro il piumone per coprirmi le spalle e stappo la mia bottiglia, la alzo verso il sole come per brindare, verso la sua luce che si spegne dolcemente... ma che apparirà di nuovo domani... quando mi viene in mente il pensiero che per me, la parola ‘domani’ ha, di colpo, un gusto intenso nella mia bocca, un senso incredibilmente profondo... una sensazione nascente che domani per me, niente sarà mai più come prima...

    Dopo qualche bel sorso di champagne, questa parola ‘domani’ mi pesa, mi pesa talmente che ho bisogno di farmela uscire dalla testa... Le parole ‘domani’, ‘i miei sogni’, ‘quali sono i miei sogni’, ‘domani-sogno’, ‘sogno-domani’. È l’esplosione: mi metto a gridare fino a staccare la luna, le stelle e l’intera galassia, a rompermi le corde vocali e piango, piango battendo i pugni nella sabbia... Ho talmente tanta acqua negli occhi che potrei fare concorrenza al mare davanti a me.

    Anche il sole è annegato, la notte è calata e comincia a fare freddo, mi asciugo le lacrime, riprendo un bel sorso di champagne prima di alzarmi per tornare alla macchina.

    Mi sistemo tranquillamente nella parte anteriore della vettura, mando indietro il sedile passeggeri al massimo, allungo le gambe e metto i piedi sul cruscotto, mi copro con il piumone. Ho freddo e ascolterei volentieri un po’ di musica, allora giro la chiave, accendo il riscaldamento e cerco la canzone... come per non sentire più niente... All’improvviso, ho voglia di scegliere tutto e di non fare più niente per dispetto o per mancanza di... Questa è la spiaggia, questa sarà la canzone e questa è la mia vita... almeno quello che ne rimane.

    Le lacrime arrivano, allora bevo di nuovo qualche sorso di champagne... ops... bottiglia finita, la canzone Shallow, questo duetto fantastico tra il bel Bradley Cooper e Lady Gaga ... Ah sì, capita a proposito, questa! Canto singhiozzando e rovino il ritornello, alzando il volume al massimo nel momento in cui lei si infiamma...

    Forse troverete la situazione patetica, ma è qui, in questo preciso momento, su questa spiaggia deserta, nella notte nera, nella mia auto, gelata, ubriaca, che piango e canto nello stesso tempo, a qualche centinaia di chilometri da casa...

    Arriva la presa di coscienza: io sono viva. Cavoli, sì! Sono viva! Grido, canto, piango... e voglio gridare, voglio ridere, sì, voglio ridere, ridere come prima, ridere di cuore, voglio amare ancora e voglio cantare anche, sì voglio cantare, adoro cantare, voglio imparare a cantare, voglio fare il giro del mondo cantando e danzando, suonando la musica... Non so nemmeno suonare, voglio imparare a suonare la chitarra e a cantare, voglio vibrare, voglio vivere e smettere di non far altro che esistere!

    Ed è in questa ebbrezza di voglie che mi addormento per il più bello dei sogni.

    Sabato 10 novembre – Giorno 2

    Il piano

    Ahi, ahi, ahi, fa male! Il risveglio è brutale, sono gelata e devo dire che la mia testa è attraversata da un branco di elefanti a causa del mal di testa. Ho tutto: il rumore di ognuna delle centinaia di zampe che battono sul terreno, la nebbia densa provocata dalla polvere della terra colpita e i loro barriti che non hanno niente di rassicurante!

    Allora, per cominciare, andrò a cercare un bar aperto per prendere un caffè e un tubetto di Doliprane, per riflettere sul seguito da dare alla mia vita... Incredibile, è come se mi fossi appena svegliata davanti a una pagina bianca con una penna magica tra le dita e che ogni parola, ogni linea che scriverò avrà il potere di avverarsi...

    Faccio qualche chilometro e incrocio vari caffè chiusi prima di trovare una piccola sala da té tutta rosa confetto, con una vetrina molto vintage. Il posto mi ispira, parcheggio e mi autoinvito.

    Buongiorno, vorrei prendere un caffè, posso sedermi?

    Certamente, si sieda dove vuole, non ho ancora finito di sistemare tutto, è molto mattiniera!

    Ah, sì, lo so, non ho dormito molto bene... dov’è la toilette per favore?

    Laggiù in fondo, la porta rosa con la bambina ‘Poulbot’ dipinta sopra.

    Grazie.

    Questo posto è superbo, calmante e stimolante, e la signorina molto carina, una piccola brunetta con un taglio sorprendente, tutto destrutturato, il look ‘Poulbot’, berretto alla Gavroche, i pantaloni a cavallo basso in jeans fluidi, bretelle e una piccola canotta molto scollata e aderente. È bella e fresca, non come me questa mattina! La mia testa fa paura.

    A proposito, non sapete che aspetto ho? Sembra che io sia piuttosto carina. Sono abbastanza alta, non lontano dal metro e settantacinque, i miei capelli sono castani naturale e leggermente ricci, appena delle onde qui e là, è molto pratico per l’effetto pettinato-spettinato. Ho delle lentiggini sugli zigomi e sul naso, ho dei grandi occhi verdi leggermente a mandorla, la bocca di Lara Croft, le gambe di Cindy Crawford, il sedere di J. Lo e il seno di Halle Berry. Poiché non mi potete vedere, ho ben il diritto di idealizzarmi un poco. Scherzo, sono magra, taglia 40, tendo a pensare che ho il culo grosso ma la prendo bene, l’insieme è piuttosto equilibrato, per quanto riguarda i miei seni... No, in realtà non sono affatto grandi, anzi piuttosto piccoli, ma alla fine sono abbastanza contenta perché mi permette di non dover portare sempre il reggiseno.

    Ma questa mattina assomiglio di più a Nikita all’inizio del film, ma con i capelli lunghi.

    Torno al mio posto, il mio caffè è servito.

    Mi scusi, ha qualcosa con cui scrivere, per favore? Dei fogli e una penna?

    Sì, certo, glieli porto.

    Grazie.

    Eccomi davanti alla famosa pagina bianca, mi ricordo della mia domanda di ieri sera: Quali sono i tuoi sogni, Oceania? Da dove cominciare? È sabato, posso tornare a casa stasera, no, piuttosto domani. Devo tornare a casa e parlare con i miei figli, con mio marito, dir loro tutto e prepararli al mio grande congedo, ma anche al mio congedo anticipato... Non mi è più possibile continuare a mentire un giorno di più, non ho più il tempo per questo, ogni secondo conta. Per questo, avrò bisogno di soldi. Dove trovarne? Nessuno me li darà e non ne ho da parte. La casa, ci abitiamo e la paghiamo da più di dieci anni, è pagata a metà ed è quasi raddoppiata di valore con tutti i lavori che ci abbiamo fatto. Potremmo venderla a 300.000 euro, sapendo che ci è costata 150.000, e che ne abbiamo rimborsato la metà: 300.000 meno 75.000 è uguale a 225.000, che diviso per due, è uguale a 110.000 euro circa, meno le spese e tutto il resto potrebbero rimanere 100.000 euro ciascuno. È più di quanto serva per un anno ed è abbastanza anche per Laurent per comprare o affittare qualcosa con i ragazzi.

    La parte più difficile sarà parlare con loro e aiutare Laurent a comprendere le mie scelte, soprattutto perché ci vorrà del tempo... e tempo non ne ho. I giorni e le settimane che tutti questi passi prenderanno, cercherò di trascorrerli con i miei figli per portarli a comprendermi e ad accettare i cambiamenti nel miglior modo possibile.

    E per quanto riguarda il mio lavoro, bisognerà pensare al modo di rescindere il contratto, un congedo amichevole sarebbe possibile? Credo che si chiami risoluzione contrattuale, deve trattarsi di un mese o due.

    Ok, devo anche fissare un appuntamento con questo specialista del cuore per sapere più dettagli possibili sull’evoluzione dei sintomi, la gestione delle crisi e le terapie o palliativi da prescrivere per un anno intero.

    Alla fine, una volta avvisati i ragazzi e Laurent, messa la casa in vendita, firmata la mia rottura, mi lancerò alla ricerca di un prof di canto e di chitarra fuori di testa come me.

    Mi scusi, sono curiosa, ma... lei è un’artista o qualcosa del genere?

    Ah no, per niente... presto... cosa glielo fa dire?

    Oh... è che spesso so riconoscerli. Da un’anima all’altra, ci sono come degli scambi, delle energie comunicative... e mi sembra che lei... Ok, mi fermo o mi prenderà per una pazza! Ah, ah, ah!

    Io, prenderla per una pazza? Impossibile! Io sono il premio Nobel della pazzia!

    La piccola brunetta scoppia a ridere dicendo:

    Ma sì, ecco perché mi diceva qualcosa, l’avevo riconosciuta! Dovrà firmarmi la tazza del caffè così la conservo come ricordo!

    Siamo in due a ridere a crepapelle, che fa bene ridere.

    Mi chiamo Gaia ... come la dea, o la cagna della vicina, in entrambi i casi è pesante da portare... Inoltre credo che l’abbia fatto apposta a chiamare la sua cagna come me, è una vecchia arpia! Ma perché presto? Lei ha detto presto...

    È piena di vita e molto reattiva, curiosa e perspicace, Gaia, con un tale nome, deve essere eccezionale.

    Piacere di conoscerla, Gaia, io sono Oceania, un nome che può smuovere le acque, le dico facendo una smorfia, orgogliosa della mia battuta. Sì, dicevo presto, perché ho sempre sognato di condurre una vita d’artista, di cantare, di suonare la chitarra, di far danzare le parole in equilibrio sulle corde vibranti e senza rete ... come funamboli di emozioni... Penso che per me è ora o mai più.

    Wow! Lei è incredibile! E mi creda, lei è un’artista! Non si tratta di padroneggiare un’arte o un know-how, bisogna avere questo supplemento di anima, questo sguardo differente sul mondo e su quello che ci circonda, sa, questa sensibilità esacerbata spesso in contrasto con la normalità. È questa immaginazione travolgente che ci permette di sopravvivere all’insulsaggine delle nostre vite o alla routine. L’ho saputo appena ho visto i suoi occhi ... gli occhi sono lo specchio della nostra anima.

    È bello! Allora, sì, sono un’artista! E ho appuntamento con l’opera della mia vita.

    Da dove viene? È in vacanza?

    Vengo da Tolosa e sono venuta ad arenarmi qui per il fine settimana.

    Ah sì, e dove alloggia?

    In realtà... da nessuna parte, ho dormito in macchina nel parcheggio sulla spiaggia.

    E fino a quando pensa di restare?

    Fino a domani mattina, penso, ho delle cose da sistemare a casa domani...

    "So che non ci conosciamo ma io seguo le sensazioni! Voglio dire che non credo al caso e se mi trovo sul suo cammino è per una buona ragione e viceversa! La invito questa sera, a spaparanzarsi sul divano, la tenta?"

    Ah, ah, ah, sì!

    Potremmo anche mangiare insieme, pizza?

    Super, porto vino e dolci allora!

    Sììì, perfetto! Alle 18? Ci faremo un piccolo aperitivo.

    Uhm! Vorrei andare a vedere il tramonto sulla spiaggia verso le 17.30, vengo dopo.

    Davvero? Lo faccio molto spesso anche io, ma vuole restare da sola per meditare?

    Oh, no! Mi piacerebbe un po’ di compagnia.

    Fantastico! Allora la raggiungo sulla spiaggia, a tre chilometri da qui c’è un piccolo sentiero a sinistra, è molto tranquillo e c’è il parcheggio alla fine del quale ci si ritrova di fronte al mare.

    Beh, sì lo so, è proprio là che ho dormito ieri, mi piace molto quel posto... Andrò a fare una passeggiata per Biarritz oggi, sicuramente andrò alla roccia della Vergine e al Faro. Quanto le devo?

    Già, bella idea! Sono 1,50 euro per il caffè. Chiudo alle 15 e ho una visita alle 16 con l’agenzia e un potenziale acquirente... Non dovrebbero volerci più di due ore.

    Vuole vendere?

    Sì, è complicato... Potremmo parlarne stasera se vuole.

    Prendi, 2 euro, scusa... prenda.

    Ma no, assolutamente, diamoci del tu, è più semplice! Buona passeggiata, Oceania, e a dopo.

    Chiudo la porta di questo luogo come se chiudessi una fiala magica da cui sarebbero fuoriusciti dei vapori di elisir dalle mille e una dolcezza. È così che, ancora ammaliata da questo profumo di felicità (oppure sono i vapori dell’alcool della sera prima), cerco la mia auto da più di cinque minuti...

    Trovata l’auto, prendo la strada per il faro, perché il tempo è bello e la vista sarà sicuramente sgombra. Mentre viaggio, mi rendo conto che mio marito non mi ha scritto, nessuna nuova, buone nuove, sembra. In questo caso vuol dire piuttosto "Quello che devo dirti ... non può dirsi al telefono, conservo la mia energia per sputarti il mio veleno de visu..."

    Guardiamo il lato positivo, se me ne vado, non avrà più bisogno di riunioni, poker, seminari o fiere... Saprò vendergli il progetto, potrà finalmente risparmiare tutti quegli sforzi inutili, tutta questa fake logistica e concentrarsi così sui suoi obiettivi e ottimizzare i suoi risultati di sport da camera. E basta con le spese d’albergo, le scopate in corridoio, no, davvero, ho delle buone argomentazioni per convincere un performer come lui.

    Forse non dovrei nemmeno dirgli che sono malata, così sarà più semplice, nessuna pietà, nessuna compassione, solo collera... sarà sicuramente più facile per lui... e per me.

    Quindi passo il pomeriggio a camminare per visitare questa città superba, la passeggiata mi calma, amo molto questa costa dalle scogliere ripide. Ho pranzato alla fine della roccia della Vergine, un morso di pane accompagnato da un pezzo di formaggio e un bicchiere di vino rosso.

    È stato allora che un giovane molto seducente mi ha proposto una fetta di torta per dessert, con la scusa che un pasto, qualunque esso sia, è sempre migliore quando è condiviso in buona compagnia. Ho trovato

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