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I tre stati dell'acqua: L'Immortalità 3
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I tre stati dell'acqua: L'Immortalità 3
E-book187 pagine2 ore

I tre stati dell'acqua: L'Immortalità 3

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Fantascienza - romanzo (135 pagine) - Lo avrebbe nascosto per vedere fin dove poteva sopravvivere l’immortalità


Dopo tre secoli dagli eventi dei Governanti, l’Immortalità è diventata un reato capitale. Il piccolo Eddie non può morire ed è stato tenuto nascosto da sua madre. Un incidente rende noto il segreto alla dottoressa Alba Trakanis che decide di salvare Eddie e andare con lui alla ricerca delle radici dell’Immortalità.

Un luogo dove tutto ha avuto inizio o forse ha fine, oppure, come per i tre stati dell’acqua, prosegue in un circuito eterno in cui la trasformazione custodisce uno dei più grandi misteri dell’universo.


Claudio Chillemi (Catania, 11 maggio 1964) è uno scrittore italiano, autore di racconti, romanzi ed opere teatrali per l’infanzia.

Nel 2009 pubblica il romanzo Kronos (2006) un giallo di ambientazione fantascientifica dove, tra vecchi metodi investigativi e nuove tecnologie, si esplorerà un futuro in cui una potente multinazionale regge in pugno i destini del mondo. È del 2011 Il lato oscuro della Kronos, seguito ideale del romanzo del 2009. Nel 2015 la terza parte della lunga saga vede pubblicato il corposo romanzo Quel che resta della Kronos, arricchito dalla prestigiosa copertina a cura di Maurizio Manzieri. Tutti e tre i libri sono stati ripubblicati da Delos Digital nel 2019.

Nel 2015 vince il Premio Italia come autore di un racconto professionale (Nè la prima né l'ultima Volta, Delos Digital). Nel 2016 vince ancora una volta il premio Italia sia con il racconto professionale (Con gli occhi del nemico, Delos Digital), sia come autore del miglior romanzo (Quel che resta della Kronos), la stessa opera con cui vincerà anche il Premio Vegetti.

Nel 2014 approda negli USA sulle pagine della prestigiosa rivista Fantasy and Science Fiction, scrivendo il racconto a quattro mani con Paul Di Filippo The Panisperna Boys in Operatin Harmony, una ucronia dedicata alla figura di Ettore Majorana, a cui fa seguito un'altra storia ispirata a Lovecraft scritta sempre a quattro mani con il grande autore statunitense, The Horror at Gancio Rosso (Acheron Books). Mentre nel 2016 è pubblicata nella prestigiosa rivista francese Galaxies con il racconto Par les Yeux de l’Ennemi.

Ha fondato nel 2001, insieme a Enrico Di Stefano, la fanzine Fondazione Sf Magazine, vincitrice per sei volte del Premio Italia come miglior rivista non professionale.

Nel 2018 intraprende la stesura di una trilogia dedicata all'Immortalità e alla condizione del Post-Umano, di cui sono già editi da Delos Digital due romanzi brevi: Soluzione Omega (2018) e L'universo Muto (2019). Il romanzo I Tre Stati dell'Acqua completa la trilogia.

LinguaItaliano
Data di uscita8 giu 2021
ISBN9788825416688
I tre stati dell'acqua: L'Immortalità 3

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    Anteprima del libro

    I tre stati dell'acqua - Claudio Chillemi

    9788825416589

    1.

    Fu un giorno come tanti che Eddie Water apprese che non poteva morire.

    Aveva sempre valutato come un privilegio l’essere normale. Uno dei tanti. Insomma, uno degli uguali. Qualcuno di così anonimo e indistinto da sembrare parte del paesaggio. Una roccia in una scogliera. Una nuvola nella tempesta. Un sorriso durante una festa.

    Ma in quell’ottobre assolato di fine millennio la sua normalità, e la sua vita, cambiarono in un istante.

    I motivi di quella illuminazione risiedevano nella consuetudine di un suo vicino di casa, Norman milleinsulti Pascucci che lo incrociava ogni qual volta i due si recavano a scuola.

    Eddie viveva in un piccolo sobborgo di Nuova Selene, proprio nei pressi dell’immenso cratere Silvestre, formato da una bomba nucleare lanciata trecento anni prima, durante quella che era stata la Prima Guerra Lunare. Ogni mattina compiva una lunga passeggiata di quasi un chilometro, costeggiando la ringhiera panoramica insieme a un nugolo di omini che si muovevano velocemente per dirigersi al lavoro. Sua madre Martha lo aveva istruito a dovere e, nonostante i suoi undici anni, sapeva bene a chi dare confidenza e a chi no. Tra questi vi era senza dubbio Norman milleinsulti chiamato ovviamente così per la sua innata capacità a deridere il prossimo.

    Norman lo seguiva di poche decine di metri e sbeffeggiava tutte le persone che incrociava. Gli adulti, invero, non gli davano molto seguito. I ragazzi più grandi lo guardavano di traverso, i più piccoli, quelli come Eddie, lo temevano.

    Water era un bambino alle prese con una ricerca, la ricerca di una identità. Sentirsi preso in giro per la sua pelle lievemente argentata, frutto di una mutazione genetica post-atomica, e deriso per la sua capigliatura rada e cespugliforme, lo metteva in serio imbarazzo. Cercava, inutile dirlo, di far finta di nulla. Ma non era semplice concentrarsi sulla strada da percorrere, in mezzo a quella folla vibrante, con un abisso sulla sinistra profondo oltre mezzo chilometro, e un petulante alle spalle che lo chiamava con tutti gli epiteti che conosceva. No, non era per nulla facile.

    E, dunque, fu un attimo. La sequenza esatta dell’incidente fu ricostruita con l’aiuto delle videocamere di sorveglianza, ma in sostanza fu questa. Una donna sulla quarantina, alta, slanciata, atletica, di chiara origine marziana, con la sua pelle lievemente rossastra, lo colpì alla spalla involontariamente mentre leggeva sul palmo della mano un messaggio olografico. Eddie barcollò e finì sulla ringhiera panoramica proprio mentre Norman allungava il piede per avvicinarsi e insultarlo da presso. Il piede di milleinsulti funse drammaticamente da leva e sollevò il gracile corpo di Water fin sopra la ringhiera, catapultandolo verso l’abisso.

    Cadere per più di cinquecento metri con una gravità artificiale di 0,85 G fu un’esperienza che Eddie non avrebbe dimenticato mai più nella sua vita.

    Mentre voleva verso il basso, i suoi occhi fissarono la cupola che riproduceva artificialmente un cielo azzurro e sereno; ma, forse a causa della paura e dell’adrenalina, la sua attenzione si amplificò e lui, dietro quella finzione olografica, riuscì a vedere il manto nero stellato che era il volto vero del firmamento lunare.

    Poi subì il primo colpo. Il piede destro urtò una sporgenza, e il dolore proruppe immediatamente inondando la sua mente. Rimase come paralizzato da quella sensazione pungente e lancinante che non aveva mai provato prima. Ma non ebbe neanche il tempo di abituarsi a quella nuova condizione di sofferenza che subito ne intervenne un’altra. Un campo di forza di sicurezza si aprì sotto di lui ma, stranamente, non riuscì a contenerlo. Eddie lo urtò con la parte sinistra del corpo e piroettò a pancia in giù verso il basso.

    Ora, non vedeva più il cielo stellato olografico, ma il nero abisso verso cui stava cadendo e lo scafo luminescente del nucleo artificiale che dava alla Luna una gravità simile a quella della Terra. Un secondo campo di forza si aprì a pochi metri da lui. Il ragazzo riconobbe lo sfarfallio dell’energia e cercò in tutti i modi di concentrare il suo corpo in una posizione che attutisse la caduta. Quando toccò il sistema di sicurezza, capì subito che di sicuro c’era ben poca cosa. Sentì il suo collo piegarsi e tendersi, e poi ebbe la netta sensazione, anzi, udì chiaramente un rumore sordo come di un osso che si spezzava, e perse immediatamente conoscenza.

    Quando riaprì gli occhi vide il faccione di Norman chino su di lui. Milleinsulti piangeva e si disperava. Un paio di adulti in divisa cercavano di rabbonirlo, ma lui tendeva le mani verso Eddie nel vano tentativo di abbracciarlo, forse confortarlo, o comunque sincerarsi delle sue condizioni di salute. Dal canto suo, Water si sentiva come frastornato ma, in fin dei conti, neanche tanto. Quella caduta avrebbe potuto, anzi dovuto, procurargli più problemi di quanti se ne sentiva in corpo. Un paio di unità medica artificiali lo stavano scannerizzando dovutamente, mentre una terza lo sistemava su un mezzo di trasporto antigravità d’emergenza che lo avrebbe condotto nel più vicino pronto soccorso.

    – Mia madre – disse Eddie.

    – Sua madre è stata avvertita. – Gracchiò il sistema di risposta automatico dell’unità medica.

    Milleinsulti lo chiamò ad alta voce mentre si allontanava, ma Water non riusciva a piegare il collo a sufficienza per fissare su di lui lo sguardo. In effetti si sentiva come irrigidito dalla nuca in giù. Muoveva le mani a scatti, e le gambe e i piedi quasi non li avvertiva. Aveva paura. Sentiva una sensazione di soffocamento che era a un tempo fisica e psicosomatica. I suoi occhi vedevano le luci della grande cupola sopra di lui come un film confuso della sua lunga caduta. Provò a chiudere gli occhi, ma le luci rimasero impresse nella sua mente.

    Quando li riaprì, si trovava dentro una stanza di natura medica, forse il vicino pronto soccorso, o più probabilmente l’Ospedale Centrale che era a meno di un chilometro dal luogo dell’incidente. A visitarlo vi era una donna alta e filiforme, sicuramente un’epigona del genoma Alpha 55, uno dei più antichi, si pensava direttamente discendente dai Morphos.

    – Sono la dottoressa Alba Trakanis, come ti senti?

    – Mia madre? – Mormorò Eddie.

    – Tua madre è nella stanza accanto.

    – Mi sento rigido, come se fossi legato.

    – Capisco. Lo scanner riporta alcuni problemi, ma non preoccuparti, non è nulla che non possa risolversi.

    – E Norman?

    – Chi è Norman? – Chiese la dottoressa.

    – Il ragazzo che era con me, il mio compagno di scuola, insomma, quello che mi ha sgambettato.

    – Ah! Lui…Si trova a un paio di stanze da qui. Sta parlando con un Operatrice Sociale.

    Trakanis ridacchiò e rimettendo lo scanner dentro il taschino della sua divisa chirurgica con le lunghe dita affusolate, regalò a Eddie un lungo sorriso.

    – Aspetta un attimo, ti lascio in mano alle unità D e B che ti faranno alcuni esami, io esco a parlare con tua madre.

    Water cercò di muovere il capo in senso affermativo, ma non vi riuscì del tutto, anche se comprese da subito che stava lentamente riacquistando la sua mobilità.

    Quando la dottoressa si trovò da sola con la signora Water, apparve evidente che tra le due vi fosse una idiosincrasia epidermica. La prima, sicura e tenace, con un sorriso di compiacimento stampato in fronte; la seconda, insicura e ansiosa, tremante e sudaticcia, ma anche vagamente istrionica, come se si fosse preparata a interpretare la scena della genitrice sconvolta.

    – La madre di Eddie, immagino?

    – Sono Martha Water, mi dica, come sta mio figlio?

    Quando Alba Trakanis udì le prime parole pronunciate dalla donna, capì subito che Martha Water aveva qualcosa da nascondere. Il suo volto era la maschera di un altro viso. I suoi occhi erano lo specchio di un altro sguardo. Perfino le sue lacrime sembravano plastiche, prive di sincera umidità.

    – Suo figlio sta sorprendentemente bene. – Rispose la dottoressa vicenda la sua iniziale e illogica ritrosia nei confronti della propria interlocutrice

    – Cosa intende per sorprendentemente?

    – Intendo che ha fatto un volo di quasi trecento metri, ha urtato contro due campi di forza, ha avuto il collo spezzato, ma ora si trova di là sotto le cure amorevoli di due androidi.

    – Il collo spezzato? – Disse Martha.

    Alba notò subito che, anche quel tentennamento, quell’atto fisico di timore, che la madre del ragazzo aveva espresso, non era un atto naturale, sincero, spontaneo. Notò che lei barcollò mimando il gesto, senza mai seriamente perdere l’equilibrio.

    – Si tranquillizzi e si sieda. – La invitò la dottoressa indicando una poltroncina bianca accanto alla donna, avendo quasi timore di toccarla, per quella strana ritrosia che montava in lei all’incedere della conversazione.

    – Mi dica, è grave?

    – Non saprei cosa dirle. In casi come questo… Insomma, si muore sul colpo.

    Alba Trakanis scandì le parole con parsimonia, cercando di assistere la sua interlocutrice in quello che avrebbe potuto essere un vero e proprio choc.

    – Si muore?

    – Già, si muore. E lui non è morto.

    Alba scrutò a fondo lo sguardo della signora Water e vide che era vuoto, le pupille vuote, la bocca inerte. Non era certo sorpresa.

    – Ma è un caso, o è morto e poi…

    – Poi. È rimasto morto per 107 secondi. Poi è ritornato in vita.

    Erano parole terribili. Martha Water si accasciò da un lato, con gli occhi chiusi e le mani in grembo.

    Alba la guardò per qualche secondo. Non riusciva a capir bene fino a che punto quella donna stesse soffrendo. Il respiro era regolare. Le prese il polso per una veloce verifica e anche il battito risultò regolare.

    – Ne è sicura? – Mormorò Martha accennando a un sorriso di ringraziamento per il gesto di accudimento che Alba aveva avuto nei suoi confronti tastandogli il polso.

    – La protoautopsia è stata confermata. Suo figlio è un resuscitato.

    – Cosa dobbiamo aspettarci?

    – Dovrò fare rapporto alle autorità. Eddie sarà oggetto di una lunga serie di analisi scientifiche. La vostra famiglia verrà messa in quarantena e svolte delle indagini. Inutile ricordarle che L’Immortalità è un reato capitale.

    – Dottoressa noi siamo gente normale, abbiamo avuto diversi decessi in famiglia. Io ho avuto Eddie con un regolare contratto di compravendita familiare in cui mi è stato dato il seme di un donatore testato e sicuro, esogenico. Mia madre ci ha lasciato ad appena 91 anni.

    Quel tono sterile con cui Martha Water sciorinava le sue presunte genealogie, rese Alba ancora più irrequieta. Cosa nascondeva quella donna? Forse sapeva da sempre della condizione genetica del figlio. Oppure aveva ottenuto quel ragazzo con qualche strano raggiro eludendo la severa legislazione sulle manipolazioni genetiche subatomiche? Oppure, e ancora, c’era qualcosa che lei non comprendeva, che non riusciva neanche a immaginare?

    – Signora, si calmi. Siamo ancora all’inizio. Vediamo come si evolvono le cose.

    – Eddie è un bambino. – Martha iniziò silenziosamente a piangere.

    – Lo so. Avrà tutti i conforti del caso. Lui è comunque una vittima.

    – Posso vederlo?

    – Per ora lo escludo.

    – Con un assistente robotico ho fatto avere a Eddie la sua coperta di lana sintetica, senza non riesce a dormire. Gli può dare questa? – Disse la signora Water tirando fuori dalla sua borsa una piccola spazzola in titanio retraibile con cui, quasi istintivamente si sistemò un ciuffò ribelle sulla fronte, dando alla dottoressa Trakanis un sentimento di imbarazzante inopportunità. Come poteva quella strana donna concepire un gesto di vanità, come accomodarsi i capelli, nel momento in cui stava per perdere il figlio? – Sa, è la spazzola con cui gli pettino i suoi capelli radi e arruffati. Lui tiene molto ad apparire normale.

    Normale? Quel gesto di premura materna suonò ancor più stonato, di quanto già non fosse stato, se accompagnato da quella parola che nel XXXI secolo aveva un che di obsoleto. Cosa era Normale? La dottoressa Trakanis si alzò e sorrise nel modo più confortevole possibile, e prese la spazzola con gentilezza. Ma la signora Water non la guardava nemmeno, china sul suo presunto dolore, sembrava capir bene quale lungo e inquietante percorso aveva intrapreso la sua vita e quella di suo figlio.

    2.

    La pallida luce del sole riflesso dalla superfice lunare illuminava le pareti pareti della camera ospedaliera in cui il piccolo Eddie era rinchiuso. Il ragazzo stava con le gambe rannicchiate sotto il mento, strette in un abbraccio terrorizzato e guardava fisso l’oblò da cui si intravedeva il nero manto stellato. Nessun suono, neanche il suo respiro, alteravano quel quadro d’insieme che trasmetteva angoscia e paura.

    La dottoressa Trakanis osservava la scena dal monitor tridimensionale del suo ufficio. Le lunghe dita delle

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