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Il sigillo di Prometeo
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E-book498 pagine7 ore

Il sigillo di Prometeo

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Info su questo ebook

E se l’unica via per la salvezza fosse l’oscurità?

«Il mio nome è Durga Mc Heaven. Sto per morire... ed è giusto così».
In un mondo vicino e lontano, una tragedia sta per abbattersi: la Marcescenza. Un male oscuro e inarrestabile che cancellerà ogni forma di vita.
Una ranger dovrà tornare indietro nel tempo e reclutare i più potenti eroi del passato: un guerriero, un paladino, un mago, un chierico e un combattente psichico l’affiancheranno in un viaggio attraverso il Multiverso, allo scopo di scongiurare il disastro.
Il problema è che, in questa storia, qualcosa non torna.
LinguaItaliano
Data di uscita25 giu 2021
ISBN9788833171289
Il sigillo di Prometeo

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    Anteprima del libro

    Il sigillo di Prometeo - Walter Vizzini

    Il sigillo di Prometeo

    Walter Vizzini

    Epic Fantasy

    I Edizione luglio 2021

    ©2021 Astro edizioni

    S.r.l.s., Roma

    www.astroedizioni.it

    info@astroedizioni.it

    ISBN 978-88-3317-128-9

    Direzione editoriale:

    Francesca Costantino

    Progetto grafico:

    Idra Editing Srl

    Editing:

    Francesca Noto

    Grafica di copertina:

    Manolo Linares

    Tutti i diritti sono

    riservati, incluso

    il diritto di riproduzione

    integrale e/o parziale

    in qualsiasi forma.

    Alle quattro donne più importanti della mia vita:

    A mia nonna Angela, che mi ha insegnato a leggere e scrivere; a mia madre Giuseppina, senza la quale non avrei conseguito nessun traguardo; a mia moglie Natalia, musa ispiratrice e pilastro della mia esistenza; a mia figlia Ginevra, la prova dell’esistenza di Dio.

    A tutti gli entusiasti, a coloro che ci credono e lottano, a quelli che, invece di criticare gli altri, cercano di trovarne il lato migliore.

    E, infine, a quelli che, senza lamentarsi di ciò che li circonda, provano a cambiarlo.

    Prima parte

    L’inizio del viaggio

    Prologo

    21 aprile dell’anno 47 dopo la Grande Vittoria

    Allora... non è facile raccontare ciò che mi è accaduto... posso solo dirvi che sto per morire... ed è giusto così.

    Il mio nome è Durga Mc Heaven e sono nata il 7 ottobre dell’anno 24 dopo la Grande Vittoria, ma non è qui che inizia la storia che voglio raccontarvi.

    Mi è sembrato corretto presentarmi e ora, se vi aggrada, vi parlerò un po’ di me. Discendo da una famiglia di guerrieri e, come loro, anch’io lo sono diventata, specializzandomi nell’arte del combattimento e del dominio della magia della natura. Sono quella che comunemente verrebbe chiamata ranger, o amazzone, per intenderci. Avendo portato a termine il mio addestramento, sono partita in missione alla ricerca di un famiglio o compagno animale che dir si voglia, e ho trovato forse il più strano che si possa immaginare: un blubban.

    Un blubban è un essere alquanto raro e nella sua forma normale assomiglia grossomodo a una sorta di ornitorinco alato. Immagino cosa starete tutti pensando con una punta di ironia: "In combattimento sarà utilissimo...". In realtà, il blubban è dotato di alcune capacità molto interessanti: in primo luogo, è capace di parlare, il che può essere sia un pro che un contro, a seconda dei casi. Inoltre, è in grado di rendersi incorporeo per un tempo limitato e questo è un notevole vantaggio che spesso gli ho invidiato. Ma la sua caratteristica più interessante è un’altra: il blubban è un mutaforma e, se trattato bene e in buona salute, è in grado di assumere aspetti ben più pericolosi del suddetto animale palmato. L’unica nota negativa è che non sempre riesce a trasformarsi in quello che vuole. Diciamo che è come un mago molto dotato ma poco capace di gestire il proprio potere. Non è raro che in situazioni critiche io abbia chiesto al mio di trasformarsi in un’aquila gigante, un grifone o in un qualunque animale alato in grado di fungere da mezzo di trasporto per levarci entrambi dai guai, e me lo sia piuttosto ritrovato sotto forma di ippopotamo.

    In effetti, anch’io sono in qualche modo una mutante. Il mio addestramento con gli sciamani mi consente ormai di richiamare alcune delle caratteristiche principali di alcuni animali. Non posso certamente volare come un’aquila, ma posso acquisirne la vista straordinaria. Non posso vivere nell’oceano come un pesce, ma per un breve tempo posso ottenere branchie e pinne per respirare sott’acqua e muovermici perfettamente. E via dicendo.

    Comunque, non voglio annoiare nessuno con la storia della mia vita. Direi di passare direttamente all’incontro tra me il gruppo di avventurieri di cui vi dovrò raccontare per farvi capire come siamo arrivati alla situazione attuale.

    1.

    Durga e la valle di Penchot

    29 gennaio dell’anno 1210 secondo la vecchia datazione

    Si dice che quando il vento soffia attraverso gli alberi della Valle di Penchot, si possa sentire la voce del Grande Padre che ti sussurra parole di coraggio e di giustizia... ma non è il mio caso. Nel silenzio della sera, il mio avvicinarmi alla locanda sita alla base di una dolce collinetta al centro della valle non è accompagnato da alcun sostegno, ma solo dalla mia determinazione a svolgere la missione. Il paesaggio che mi si palesa davanti è di sicuro affascinante: dolci fiumi d’argento rischiarati dalla luna attraversano una vallata costellata di piccole case di agricoltori e pastori che mi ricordano un tempo in cui tutto era commisurato, in armonia con Madre Natura. Un tempo in cui gli uomini ricordavano ancora il valore di una vita semplice. In ogni caso, non sono qui per tessere le lodi di tempi che furono; da ranger quale sono, il mio legame mistico e profondo con la natura mi porta per forza di cose a soffermarmi su quanto di armonioso è stato creato e sui pericoli che gravano di continuo su tanta bellezza.

    Come dicevo, la locanda verso cui mi sto dirigendo si trova ai piedi di una collina al cui vertice sorge il celebre Monastero di Penchot, eretto per celebrare il dio Yama, una divinità non certo particolarmente affabile, in quanto, come dicono le sue sacre scritture: "Yama è colui che irrimediabilmente trattiene a sé"... un dio della morte, in sostanza. I suoi seguaci sono, al pari, non poi così gioviali, ma decisamente retti nella loro fede e determinati nell’applicazione della medesima, come pure nel punire coloro che con le loro azioni contravvengono ai dettami del dio. Vi dico questo perché uno degli individui di cui sono alla ricerca è proprio uno dei Sacri Chierici di Penchot: una temuta congrega di sacerdoti tanto esperti nell’uso della magia bianca quanto in quello delle armi. Pare che in particolar modo siano versati nell’uso della mazza ferrata, ma non disdegnano archi, balestre e qualunque altra arma a distanza. Esiste un detto che recita più o meno così: "Quando incontri un Chierico di Penchot, hai la stessa possibilità di ricevere una benedizione quanta ne hai di beccarti una mazzata." In ogni caso, non sarà certo questa minaccia a fermarmi, anche perché, se le mie informazioni sono esatte, un chierico infuriato sarà l’ultimo dei problemi, nell’impresa che mi accingo a portare avanti.

    Man mano che mi avvicino alla porta della locanda, le voci e la musica che provengono dall’interno si fanno sempre più nitide; devo dire che sembra ci sia in corso una vera e propria festa. La furtività e il muoversi senza essere notato sono parti essenziali dell’addestramento di un buon ranger e, anche se potrei semplicemente entrare dalla porta principale, preferisco prima fare un giro intorno alla locanda per dare un’occhiata dalle finestre, in modo da rendermi conto di dove siano posizionati i miei obiettivi.

    Come spesso mi capita, la fortuna non mi assiste: i cinque uomini di cui sono alla ricerca sono tutti seduti intorno a un tavolo a fare baldoria, bevendo birra e mangiando, credo, stufato di cinghiale. Avrei preferito trovarli separati, ma non ho il tempo di attendere un’occasione più propizia. Pertanto, tiro su il cappuccio del mio mantello, sguaino uno dei miei coltelli ed entro nella locanda.

    Da qui in poi, se non morirò stasera stessa, ci sarà da divertirsi...

    2.

    Wilfred e l’incontro

    Devo dire che ci voleva proprio, questa serata.

    Non credo, infatti, sia da tutti potersi vantare di aver sconfitto i Cavalieri dell’Apocalisse rinati. Dopo quella che è stata soprannominata la Grande Vittoria, avevamo tutti bisogno di un momento di riposo e anche di divertimento. Le mie responsabilità come Comandante della Prima Legione dell’esercito del Regno di Fenicia potranno aspettare che io mi goda il meritato riposo in compagnia dei miei compagni di ventura, bevendo buona birra e mangiando stufato di cinghiale, arrosto di cervo e le altre prelibatezze proposte dall’Osteria di Penchot.

    In effetti, Rishi non esagerava quando diceva che alla locanda sita in prossimità del suo tempio di appartenenza si mangiava in modo eccezionale. Certo, Fernir non fa altro che lamentarsi del fatto che avrebbe preferito una locanda piena di avvenenti fanciulle dalle vesti succinte a servirti da bere. Purtroppo, il locale è di proprietà del monastero di Penchot e gestito dai monaci stessi, quindi, dal punto di vista della presenza di gazzelle, come insiste a chiamarle Fernir, c’era ben poco da aspettarsi. In ogni caso, la carenza di graziose cameriere è ben ricompensata dalla qualità del cibo e delle bevande, e devo constatare che, non potendo dar sfogo ai suoi appetiti sessuali, il nostro guerriero sembra deciso a lasciare senza freno tutti gli altri.

    Un paladino dell’Alba Cremisi come me dovrebbe invitare alla moderazione, ma in realtà non ho mai avuto problemi con i piaceri della vita. Ritengo che il vero paladino debba dimostrare il rispetto verso la propria missione non rinunciando a bere buona birra, ma intervenendo a difesa dei deboli e degli oppressi. Capisco i dettami della legge che ci impongono una vita morigerata, e che lo scopo di queste limitazioni sia quello di preservarci in forze e lucidi per adempiere ai nostri doveri. Ma, come diceva il mio maestro d’armi mentre ci addestravamo col martello da guerra: "Non credere che questo ferro con cui colpisci sia stato fatto da uno che beveva solo acqua sorgiva e mangiava pane secco! Perché il colpo venga vibrato con forza, bisogna essere sani e lucidi, è vero. Ma per capire contro chi il colpo vada davvero sferrato, è necessario conoscere la vita vera e non quella dei libri!". A distanza di anni, ho capito quello di cui parlava: solo se hai conosciuto e vissuto tutti gli aspetti dell’esistenza, puoi permetterti di prendere posizione a favore o contro qualcuno. Perché quello che per un libro è un comportamento sbagliato, nella vita reale potrebbe essere un atto inevitabile, dettato dalla necessità.

    Per tutti questi motivi, sono già alla quarta pinta di birra – o almeno credo – e non mi sento minimamente a disagio nel concedermi il meritato riposo dopo la nostra missione.

    A un certo punto, però, mi accorgo di qualcosa... in realtà, mi accorgo che qualcuno di noi ha notato qualcosa. Seduto davanti a me si trova Bal’Dir e vedo che ha posato la birra e ha chiuso gli occhi. Se fosse stato un altro in tutta la locanda ad aver assunto una posa del genere, avrei liquidato la cosa pensando che fosse ubriaco fradicio e che stesse per crollare sul tavolo a faccia in giù. Nel caso di Bal’Dir , la spiegazione potrebbe essere un’altra. Durante la nostra impresa, gli ho visto più volte assumere quella postura e di solito voleva dire una sola cosa: guai in vista.

    Bal’Dir , infatti, è uno psico-combattente davvero dotato, e ho avuto modo in diverse occasioni di capire che, tra i suoi talenti, ce n’è uno che ci è tornato spesso molto comodo. È infatti in grado di espandere quello che noi persone comuni chiamiamo sesto senso, trasformandolo da una mera potenzialità di prevedere un avvenimento prossimo in un vero e proprio scandaglio contro il pericolo. Mi guardo intorno cercando di non darlo a vedere, ma il nemico è ormai troppo vicino e nessuno dei presenti al tavolo, Bal’Dir compreso, è in grado di intervenire in tempo. Una figura compare come dal nulla alle spalle di Fernir e, con un movimento fulmineo, gli punta una lama alla gola.

    In un istante sono lucido come un prete la domenica all’alba e sto per afferrare il mio maglio da guerra, quando vedo la grande mano del nostro guerriero che ci invita a restare tutti seduti.

    Fernir: «Finalmente... allora qualche fanciulla c’è in questo monastero sperduto. In cosa ti posso essere utile, dolcezza?».

    La figura alle sue spalle sembra sorpresa dal fatto che il bestione ubriaco con un coltello alla gola sia riuscito, pur essendo girato ed essendo lei incappucciata, a capire che è una donna. In ogni caso, mentre noi altri quattro al tavolo ci stiamo preparando per farla pentire di essere nata, la figura misteriosa risponde in tono a dir poco indisponente: «Non credevo fosse così semplice avvicinarsi al grande Fernir... le voci e le leggende che circolano su di te devono essere dicerie e ciarle di donnette».

    Fernir: «Vedi, bambina, con me il problema non è mai avvicinarsi abbastanza...».

    Rimango ancora una volta a bocca aperta di fronte alle capacità del guerriero seduto davanti a me: nonostante i muscoli possenti, vanta una rapidità che mi ha sempre lasciato stupefatto. La scena dura meno di un istante, ma Fernir con un unico movimento afferra con la propria mano il braccio della misteriosa assassina e la scaraventa sul tavolo davanti a lui, dopo averla sollevata da terra come se fosse fatta di carta.

    Fernir: «Come ti stavo dicendo, piccola, con me il problema non è mai avvicinarsi abbastanza... è finire quello che si è iniziato!»

    La situazione si è decisamente ribaltata e ora la nostra misteriosa nemica è in una posizione in cui non vorrei mai trovarmi, essendo bloccata su un tavolo dal possente braccio di Fernir, mentre io, Bal’Dir , Rishi e Ganthiz la fissiamo in modo torvo, in attesa di sapere quali saranno le parole che pronuncerà... e da cui dipenderà la possibilità che siano anche le ultime. Mentre siamo in attesa di un qualche tipo di supplica da parte della visitatrice, notiamo che il volto di Fernir si distorce in un’espressione di dolore. Questo lo porta a lasciare la presa per un attimo, quel tanto da consentire alla donna di effettuare una capriola all’indietro, rimettendosi in piedi davanti al nostro tavolo.

    Fernir: «E questo che diavolo sarebbe?!»

    Ci appare davanti agli occhi una scena parecchio curiosa: uno strano animale simile a un ornitorinco alato, dotato però, a quanto sembra, di una filatura di denti da fare invidia a uno squalo dei mari del sud, è ancorato alla gamba sinistra di Fernir, deciso più che mai a non mollarla. Dopo un violento strattone, il nostro guerriero riesce a costringere la bestiaccia a staccarsi dal suo arto e, tenendolo appeso come un salame – ma a debita distanza dalla propria faccia – lo fissa cercando di capire di cosa si tratti.

    Ganthiz: «Un blubban... non ne avevo mai visto uno dal vivo; solo nei libri della biblioteca dell’Accademia di magia».

    Il nome non ci dice granché. Quello che ci lascia a bocca aperta è la reazione dello strano animale. Per un momento, diventa quasi trasparente, e un attimo dopo sparisce dalla mano di Fernir, per poi ricomparire davanti alla donna misteriosa, con un atteggiamento di minaccia verso di noi e di difesa per lei.

    «Se volete toccare la mia padrona, dovrete prima fare i conti con me!», lo sentiamo strillare.

    Dunque, la strana bestia non solo ha una dentatura letale, ma è anche dotata di poteri di teletrasporto o simili! E, per completare l’opera, parla pure. La scena ha del grottesco, ma non per questo qualcuno di noi attorno al tavolo ha abbassato la guardia... finché la ragazza prorompe in una risata di gusto e comincia a parlare.

    «Buono, Blun, non sono nostri nemici. La colpa è mia: non ho saputo resistere alla tentazione di mettere alla prova nonno Fernir».

    Nonno?! Chi diavolo è questa ragazza? Come può chiamare "nonno" un uomo come Fernir, che non avrà più di trent’anni? Perché si è presentata incappucciata in una locanda per poi puntare il coltello alla gola di uno di noi, accompagnata dall’animale più strano che abbia mai visto? Non sono un sensitivo, né sono dotato di particolari poteri divinatori, ma è chiaro che stiamo per finire in un mare di guai.

    Lancio uno sguardo all’oste e gli faccio cenno, roteando la mano, di portare un altro giro per tutti. Poi mi siedo e mi rassegno, in attesa di ascoltare in quale casino stiamo per cacciarci.

    3.

    Ganthiz e il racconto di Durga

    Nonno Fernir... due semplici parole che, decontestualizzate, potrebbero non destare alcuna preoccupazione. Invece, è chiaro che saranno per noi presagio di qualcosa di terribile. Come può una ragazza che, a occhio e croce, non potrà avere meno di vent’anni, chiamare nonno un uomo di circa trenta? Se non avessi avuto la vita incredibile che ho vissuto, e non avessi assistito a cose ben al di là del comune concetto di normalità, non mi porrei dubbi e liquiderei la cosa come una sciocchezza. O come un banale tentativo di una pazza assassina di salvarsi il collo. Un improbabile stratagemma di buttare lì un legame di parentela allo scopo di guadagnare tempo per la fuga.

    Eppure, nella mia testa i segnali d’allarme suonano come le campane della Torre del Grifone della capitale, dove mi sono addestrato ai misteri della magia. E suonano per due ordini di ragioni. In primo luogo, perché la scusa è talmente ridicola da lasciar trapelare il dubbio che sia vera. Perché inventare una balla così grossa e poco credibile? Di solito, quando si mente, si cerca sempre di filtrare la menzogna con la verità, in modo che la prima appaia più credibile, e direi che non è affatto questo il caso. In secondo luogo, perché, pur non essendo un veggente, sento che la ragazza non sta mentendo. Qualcosa, nella sua aura, ricorda in effetti tanto Fernir quanto suo fratello Rishi. E lo spirito del clan Mc Heaven non risiede nei comuni mortali.

    Superato il momento di shock e le conseguenti riflessioni che ne sono conseguite, decido di prendere in mano la situazione e propongo alla giovane di sedersi, invitandola a dare spiegazioni chiare e rapide, senza mancare di sottolinearle che da queste dipenderà il suo destino. La ragazza si accomoda in modo elegante sulla sedia che le porgo e devo dire che senza cappuccio è un gran bel vedere: occhi neri come onice e corti capelli corvini disegnano un viso che non può essere facilmente ignorato. La cotta di maglia leggera lascia inoltre intravedere un corpo tonico, con tutta probabilità forgiato da un addestramento molto impegnativo. Ma ciò che colpisce di più è lo sguardo: fiero, deciso, ma anche velato di quella sorta di luce oscura che ho da tempo imparato a riconoscere negli occhi dei Mc Heaven.

    «Beh, buonasera, miei signori. Intanto mi scuso per la mia entrata un po’ teatrale, ma il desiderio di metterti alla prova», esordisce, rivolgendo lo sguardo a Fernir, «era troppo forte... e devo dire non sei stato per niente una delusione. La mia curiosità di vedere se le leggende su di voi fossero reali mi ha portato a fare questo piccolo... chiamiamolo esperimento. In ogni caso, sono felice di incontrarvi, anche se le ragioni sono le peggiori che voi possiate immaginare. Non essendo un politico, ma un ranger, non è mia abitudine indugiare in giri di parole, perciò andrò direttamente al punto: vengo dal futuro, il nostro mondo sta morendo e la colpa è vostra».

    Devo riconoscere che la ragazza è diretta, oltre che indubbiamente dotata del dono della sintesi. Restiamo tutti in silenzio, aspettando di vedere dove intenda andare a parare. E lei non si fa pregare per farlo, continuando: «Il mio nome è Durga Mc Heaven e sono nata nell’anno 24 dopo la Grande Vittoria. Pertanto, vengo dall’anno 47 secondo questa nuova datazione. Voi seguite ancora la vecchia datazione e già qui sono costretta a farvi una prima precisazione: sappiate che l’anno zero del nuovo calendario è questo. Quello che per voi è il 1210 è invece per me l’anno zero. Il motivo per cui si è ritenuto, nel futuro, di effettuare questo cambiamento è la volontà di farlo coincidere con la fine della vostra battaglia con i Cavalieri dell’Apocalisse, salvando non solo il nostro regno, ma anche il mondo conosciuto, dall’ecatombe. Dovete sapere che nel futuro sarete per noi personaggi ormai leggendari, e le vostre gesta sono state di ispirazione per tutti i reami. Non solo la Grande Vittoria da voi ottenuta contro i Cavalieri, ma anche le tante altre successive sono state talmente eroiche che tutti i regni confinanti hanno deciso di rendere omaggio alle vostre imprese, modificando persino il calendario. I vostri successi come guerrieri sono però solo una parte della grandezza che vi viene riconosciuta, in quanto ciascuno di voi ha contribuito a creare un mondo di grande benessere e speranza. Ganthiz è stato un faro per tutti i maghi che, grazie ai suoi insegnamenti, hanno raggiunto un incredibile livello di potere; Rishi ha condotto i sacerdoti di decine di culti verso la meta della pressoché totale sconfitta di tante malattie; Bal’Dir è stato nominato Primo Osservatore dell’Adunanza dei Mistici; Wilfred è diventato re, e inoltre siede ormai da tempo sul posto più alto del Grande Concilio dei Regni; Fernir è diventato Primo Generale delle armate del Regno di Fenicia.

    «A questo punto, immagino vi starete chiedendo come mai io sia qui. Se avete contribuito a creare un eden nel futuro, perché venire a chiedervi aiuto? La risposta non è semplice, ma cercherò di sintetizzarla colpendo al cuore il problema: avete sì sconfitto i Cavalieri dell’Apocalisse, ma non quello che rappresentavano. Per farla breve, uccidendoli avete evitato un genocidio... ma anche irrimediabilmente infettato tutta la nostra terra. Nella foga delle battaglie che vi hanno visto scontrarvi con i Cavalieri, avete commesso una gravissima leggerezza: non avete considerato che i loro corpi avrebbero dovuto essere distrutti, o quantomeno sigillati, una volta sconfitti. Questa vostra superficialità ha creato un fenomeno agghiacciante che nel mio tempo chiamiamo con un termine preciso e quanto mai evocativo: la Marcescenza!

    «La nostra terra sta morendo. Tutta la magia, bianca o arcana che sia, non riesce a contrastare l’avanzata della fine. Gli alberi si seccano, le pianure diventano aride, fiumi e laghi si prosciugano, piogge acide flagellano gli ormai miseri raccolti che ancora resistono, e via dicendo. Nel futuro da cui provengo, la rassegnazione verso un’inevitabile fine è ormai il sentimento dominante: ci si lascia vivere in attesa della morte. Alcuni cercano di andare avanti, fingendo che ci sarà un futuro, e per questo provano a conservare il più possibile le tradizioni. Io, ad esempio, sono diventata un ranger e mi sono addestrata duramente, ma so bene che ben presto non avrò più alcuna terra da proteggere, come imporrebbe il codice di noi Custodi della Foresta.

    «Le guerre, un tempo stroncate dalla vostra saggezza, dilagano senza alcun freno allo scopo di accaparrarsi le misere risorse residue. Inoltre, la certezza dell’imminente fine ha distrutto qualsiasi forma di morale ed etica, e ormai i forti tiranneggiano senza alcun ritegno sui deboli, sfruttandoli per le loro più astruse e perfide fantasie. Dal tempo da cui provengo, si può solo cercare la sopravvivenza: miserabile per i più, crudele per tutti gli altri. In fondo a tutta questa miseria, la vostra morte è stato l’ultimo chiodo per la bara dove ormai nel mio tempo stiamo tutti, di fatto, vegetando».

    4.

    Rishi e la colpa

    Regola n. 3 della dottrina di Yama: "La morte è una porta!".

    Questo è uno dei mantra del mio ordine: una semplice frase che nasconde uno dei più importanti precetti che dobbiamo seguire nel nostro cammino di suoi servitori. Un chierico non è un prete. Noi non perdoniamo i peccati... puniamo i peccatori. Viviamo una vita di doveri, non disdegnandone però alcuni piaceri. Celebriamo tanto la forza della vita quanto l’ineluttabilità della morte, che deve essere accolta non con rassegnazione quanto piuttosto come passaggio naturale da una a un’altra vita.

    Dinnanzi al racconto di quella che, a quanto pare, dovrebbe essere una mia pronipote, tutto però decade... la mia fede vacilla... la mia rabbia diventa una fiamma che mi consuma da dentro... la mia mente arranca alla ricerca di inutili vie d’uscita dall’inferno in terra che questa ragazzina ci appalesa. Non so ancora se crederle, ma se ciò che racconta fosse la verità, la colpa sarebbe mia. Come ho potuto essere così sciocco da non pensare alle conseguenze che avrebbe avuto il semplice bruciare le spoglie in cui i Cavalieri dell’Apocalisse si erano incarnati? Come ho potuto non pensare che i loro resti sarebbero stati veleno per nostra terra?

    Io, un chierico cresciuto nel Grande Monastero di Penchot, addestrato fin da bambino a guardare oltre il significato più immediato e intuitivo delle cose, ho pensato solo a vincere una guerra senza curarmi delle conseguenze. In parte avevo i miei buoni motivi, ma questo pensiero non riesce ad assolvere la mia anima. Circondato dagli sguardi attoniti e sconcertati dei miei compagni, decido che è tempo di prendere la parola.

    «D’accordo, ragazzina, teniamo conto per un momento che la tua storia sia vera. Si può sapere cosa sei venuta a fare qui? Sei venuta a rimproverarci? A sputarci in faccia tutto il veleno che immagino tu stia covando nei nostri confronti per aver reso il tuo tempo un inferno? Non ho bisogno dei poteri di Bal’Dir per capire che non ci stai prendendo in giro. Tuttavia, mi auguro che tu sia giunta fino a noi con qualcosa di più che un torrente di tragedie e un racconto di una lenta e inevitabile Apocalisse».

    Forse sono stato troppo duro, perché noto una smorfia di rabbia formarsi sul volto della ragazza. Deve però capire che la situazione in cui ci troviamo è allucinante: una pronipote viaggiatrice del tempo, un’apocalisse inarrestabile e, come se non bastasse, un senso di colpa da sostenere che schiaccerebbe un drago celestiale. Mi giro e vedo uno sguardo di rimprovero da parte di Wilfred e Ganthiz. Decido perciò di aggiustare il tiro, cercando di riportare la calma nella discussione, un po’ per non sentire quei due, un po’ perché sono curioso di sapere cos’altro abbia da dire la presunta viaggiatrice temporale.

    «Forse ho un po’ esagerato, ma renditi conto di quanta fiducia ci stai chiedendo di avere nei tuoi confronti. E non solo: più te ne diamo, più ci sforziamo di credere alle tue parole e più veritiero nella nostra mente diventa il destino terrificante che ci stai descrivendo. Comunque, ripeto, presumendo che tu stia dicendo il vero, credo sia legittimo da parte nostra chiederti perché sei venuta fino a noi».

    Noto il sentimento di rabbia scivolare via dallo sguardo di Durga; al suo posto, compare un accenno di sorriso.

    Durga: «Capisco che lo scenario che vi ho descritto sia ben oltre la semplice definizione di drammatico, ma vi giuro che è tutto vero. Comprendo anche la vostra legittima domanda di voler sapere che ci sto a fare qui, e la risposta è che c’è ancora speranza! Prima, però, occorre che io completi la mia premessa con un’ennesima serie di problemi. In primo luogo, sappiate che avremo pochissimo tempo per provare a risolvere la situazione; in secondo luogo, che non sono in condizioni di darvi tutte le informazioni possibili, perché la mia mente è, diciamo così, danneggiata».

    Bal’Dir : «Amnesia da viaggio temporale. Conosco bene questo possibile effetto collaterale dei viaggi nel tempo, ed è per questo che solo in pochissimi si sono arrischiati a compiere azioni come queste. Noi guerrieri psichici siamo notoriamente i più indicati a tentare questo tipo di imprese, essendo le nostre menti meglio attrezzate per un’eventuale crollo psico-temporale. Nonostante questo, nessuno di coloro che hanno provato quello che noi chiamiamo il salto ne è mai uscito indenne. Le conseguenze sono tra le più svariate: pazzia, perdita della memoria, parziale frammentazione corpo/psiche e, ovviamente, la più comune: la morte. Il tuo racconto, piccola, non è ai miei occhi solo incredibile dal punto di vista del contenuto, ma anche per l’enorme estensione che avrebbe avuto il tuo viaggio. Non conosco nessuno di così potente da poter viaggiare, o far viaggiare nel tempo qualcuno, per più di un giorno, figuriamoci per anni. Anche questo è un punto che dovrai chiarire. Chi mai può essere stato così potente non solo da riuscire a mandarti così tanto indietro nel tempo, ma anche in uno stato di forma psico-fisica tutto sommato eccellente?».

    Durga: «Uno di voi. L’unico che ai miei giorni è ancora vivo. Ma qui iniziano le mie prime amnesie: vi sembrerà assurdo, ma quello che sto per dirvi vi renderà ancora più difficile credere alle mie parole... non ho idea di chi sia. So che è stato uno di voi, ma questo deve essere uno dei danni mnemonici di cui parlavi tu, Bal’Dir : per quanto ci provi, non riesco a ricordare chi mi ha rimandata indietro nel tempo.

    «Per fortuna, ho qualcosa di più importante da offrire rispetto a un nome e cioè un modo per evitare che il futuro si sviluppi per come vi ho raccontato. Perché, se è vero che non ricordo chi mi ha spedito indietro, ricordo alla perfezione perché lo ha fatto. Inoltre, conosco anche il modo in cui potremo riuscire nell’impresa cui saremo chiamati, e in particolare ho con me il primo tassello o punto di partenza, chiamatelo come volete, per riuscire a cambiare il destino: la Gemma dei Mondi».

    Così dicendo, la ragazza tira fuori da sotto il mantello una pietra meravigliosa di forma oblunga e dai colori cangianti, ora blu, ora rossi, ora verdi. Non so ancora a cosa serva di preciso, ma l’energia arcana che promana da quell’artefatto è inconcepibile.

    5.

    Fernir e la Pergamena del Fato

    La ragazza mi piace, non c’è che dire. Si vede che è una tosta e percepisco in lei qualcosa di indubbiamente familiare. Per quel che mi riguarda, potrebbero essere anche tutte balle; non me ne importa granché. Salvare il Mondo, impedire l’Apocalisse, evitare un futuro disastroso non sono argomenti che mi lasciano del tutto indifferente, certo. La verità, però, è che non chiedo di meglio che un motivo per combattere, e questa ragazzina me ne sta offrendo uno grosso come un drago! Nella mia vita, ho sempre combattuto perché so bene qual è la mia condanna: la Furia.

    Non so di preciso da cosa nasca, perché anche la mia memoria fa un po’ acqua. So solo, o meglio credo di sapere, che prima non ero così, e poi sono diventato quello che sono. Non che fossi mai stato un allevatore di pecore, certo. Sono da sempre un guerriero e un cavaliere di ventura. Come detto, però, so per certo che ci sono stati un prima e un poi, nella mia vita, anche se non ricordo quale sia lo spartiacque, l’evento che mi ha cambiato. In sintesi, il mio problema è il desiderio di uccidere, di veder scorrere sangue, di travolgere con la mia rabbia ciò che trovo davanti a me.

    Per molti, l’addestramento al combattimento consiste nello sviluppare le proprie abilità e i propri talenti. Beh, non è il mio caso: il mio allenamento quotidiano è contenere la forza. A volte, quando cerco di controllare i miei colpi durante una battaglia, mi sento come una diga incaricata di arginare un fiume che rischia di esondare. La bestia che alberga dentro di me ha fame... ma io non accetto che nulla e nessuno mi controlli. Pertanto, ho trovato un valido compromesso con lei: vuoi il sangue? Che sia il sangue dei malvagi.

    Lo so cosa si potrebbe pensare: "E chi lo dice chi è malvagio? Risposta: Io!". So che è arrogante da parte mia, ma se è vero che è importante domandarsi sempre se è giusto o meno fare qualcosa prima di farla, è altrettanto vero che non si può sempre pensare e mai agire... e io adoro agire.

    Detto ciò, benvenuta, nipotina, e grazie per avermi servito su un piatto d’argento quello che sembra il più grande guaio della storia. Perché, poco ma sicuro, se c’è da compiere un’impresa, ci saranno orde di mostri a rendere la cosa più difficile. Più difficile? Per gli altri! Per me, sarà come festeggiare il compleanno tutti i giorni, e i regali saranno le teste che riuscirò a collezionare. Quindi, vai nipote, spara tutto quello che hai da dire: a me già prudono le mani.

    Durga: «Dov’ero rimasta? Ah, sì, la Gemma dei Mondi. È un oggetto magico dall’incredibile potenza, ma in realtà essa è solo un mezzo per un fine... e il nostro fine è qualcosa che lo è infinitamente di più: la Pergamena del Fato.

    Si tratta di un artefatto di potenza divina, creato all’alba dei tempi non si sa neanche da chi, che conferisce a chi lo possieda e sia in grado di decifrarne l’antica scrittura la capacità di cambiare il corso degli eventi. Da quanto mi è stato spiegato, se usato nel modo giusto, questo incredibile oggetto sarebbe in grado di plasmare la realtà, seppur con certi limiti. Il piano, quindi, è tutto sommato abbastanza lineare: trovare la Pergamena e utilizzarla per annullare la causa che sta generando la Marcescenza. A questo punto, vi starete chiedendo: Se sapevi come risolvere il problema, perché tornare indietro nel tempo e coinvolgere noi?. Il punto è che intervenire nel futuro sarebbe stato del tutto inutile, perché la Pergamena non è in grado di annullare gli effetti di un evento, ma solo l’evento in sé. Per questo era necessario intervenire nel passato, cioè poco dopo che l’accadimento si era verificato. Dopo, non prima, poiché interferire su un evento così importante per la storia come la vostra recente battaglia avrebbe compromesso il continuum spazio-temporale con conseguenze imprevedibili.

    «Qui, però, inizia la parte difficile: il potere della Pergamena del Fato era troppo grande per chiunque. Secondo la leggenda, gli dèi decisero che nessuno di loro poteva possedere una tale reliquia, e pertanto la nascosero in un luogo a cui nemmeno loro stessi potessero accedere. Inoltre, ne cancellarono dalle loro menti financo l’ubicazione, in modo che nessuno di essi potesse anche solo tentare di accedervi.

    «A questo punto, tutto sembrerebbe perduto, perché, seppur potentissimo, questo oggetto sarebbe introvabile persino agli occhi degli dèi, figuriamoci a uno sparuto gruppo di avventurieri. Ma qui ci viene in soccorso un’altra parte della leggenda. Pare che una delle divinità presenti al Grande Concilio abbia sostenuto che bisognava lasciare almeno una traccia per ritrovare la Pergamena, semmai un giorno non gli dèi, ma gli uomini avessero avuto bisogno di utilizzarne il potere. Si aprì un acceso dibattito e le gerarchie divine si spaccarono sull’argomento, finché non intervennero le Parche in persona. Esse predissero un accadimento talmente nefasto che avrebbe annientato il mondo. L’unica via di salvezza sarebbe stata appunto la Pergamena del Fato. Come forse saprete, le Parche sono le custodi stesse del destino, cui nemmeno gli dèi possono sottrarsi. Per loro natura, non devono mai schierarsi a favore o contro nessuno, avendo come unico scopo quello di eseguire un Volere ben superiore persino a quello delle divinità stesse. Questa loro presa di posizione, unica in tutta la storia per quanto se ne abbia memoria, convinse gli schieramenti a creare una mappa per ritrovare la Pergamena. A quanto pare, venne redatta dalle stesse Parche e, per assicurarsi del fatto che non potesse essere sfruttata casualmente ma solo da persone di grande valore, la divisero in quattro parti che poi dispersero nel Multiverso».

    Ganthiz: «Non capisco... Se è così potente, perché nessun uomo o divinità ha mai provato a impossessarsene? Un’arma del genere farebbe gola a chiunque, in quanto realizzerebbe il sogno di ogni dominatore: cambiare il corso degli eventi a proprio piacimento».

    Durga: «La risposta è duplice: per gli dèi recuperare i frammenti della Mappa sarebbe impossibile, perché le Parche hanno sigillato la porta che conduce al luogo dove è custodita la pergamena. Quindi, anche se una divinità fosse in possesso di tutti e quattro i pezzi della suddetta, non saprebbe cosa farsene, perché troverebbe sbarrato l’accesso che conduce alla sala dove si dice sia custodita la pergamena. Per quanto riguarda gli uomini, la spiegazione è un’altra: nessuno aveva a disposizione un artefatto come la Gemma dei Mondi».

    Ganthiz: «Ne ho sentito parlare durante il mio periodo da apprendista, ma sembra che nessun incantatore sia mai riuscito a forgiarne una. Si tratta di un artefatto potentissimo che funziona come un portale, ma anche, cosa ben più importante e incredibile, come una sorta di bussola inter-dimensionale. Il problema, però, è crearne una. Per generarla, non solo servirebbe un potere incredibile ma soprattutto, si dice, un sacrificio estremo: si narra, infatti, che la Gemma dei Mondi richieda in tributo la vita stessa del suo creatore. A questo punto, credo sia abbastanza chiaro il motivo per cui nessuno si sia mai azzardato a provare a crearne una».

    Durga: «Ignoravo questa parte di verità sulla gemma, ma, come tu stesso hai detto, la spiegazione dell’utilità della stessa sta proprio nel fatto che funziona come una bussola e, grazie a lei, potremo individuare i frammenti della Mappa che ci condurranno alla Pergamena del Fato. Inoltre, essendo già stata creata, non saremo costretti a sacrificare alcuna vita, perché evidentemente qualcuno l’ha già fatto per noi... oppure ha trovato altro da offrire per la sua genesi».

    Wilfred: «Direi che può bastare così, ragazzina. Penso che abbiamo sentito abbastanza e, se conosco i miei compagni, credo di poter affermare che la tua storia sembra verosimile; tuttavia, ancora non ti crediamo fino in fondo. Certo, il tuo racconto è affascinante e terribile al tempo stesso e indubbiamente la gemma che stringi tra le mani emette un grande potere, ma finora sono soltanto molte parole... e le parole sono vento. Hai una qualche prova per dimostrarci che sei chi dici di essere?».

    Durga: «In realtà ne ho due!».

    Vedo Durga sguainare due lame di straordinaria fattura che direi essere una via di mezzo tra una spada e un pugnale. Ciò che però mi sorprende è che il materiale con cui sono fatte, unico al Mondo, a quanto mi risulta, è stato utilizzato per forgiare un solo oggetto:

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