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Narrativa romantica contemporanea per voi
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Anteprima del libro
Rooms - Francesco Olimpico - Gina Ragazzo
Luglio 2003
- Clinica Psichiatrica di Ise, Al Sig: Mark Dwight - Gentile signore, riceviamo in data odierna la sua lettera indirizzata ad Ayuki Kokoro. Siamo spiacenti di comunicarle che il paziente non è più con noi. Ayuki Kokoro è stato dimesso sei mesi fa. Le invieremo al più presto tutte le informazioni che desidera, visto che Lei, attraverso il suo giornale, è stato l'unico ad intrattenere contatti con Shusui: questo è il suo pseudonimo di scrittore, come ben saprà. Per il nostro ospedale è stato un onore ospitare un grande artista come Kokoro-san, uno degli scrittori più amati qui in Giappone. La sua prima opera
Hahaoya (mamma), venne pubblicata nel 1983, quando egli era un ragazzo di appena diciannove anni. Il romanzo diventò un best seller e le sue traduzioni hanno or mai rag giunto molti paesi. Purtroppo, le dure vicende legate alla sua vita privata, compresa la morte improvvisa del padre, hanno fatto crollare il suo fragile equilibrio psichico e, proprio per questa ragione, a seguito della crisi maturata alla morte di Shuhei Kokoro, gli è stato consigliato un periodo di riposo presso la nostra struttura. Kokoro-san si è rifiutato di parlare per lungo tempo. Siamo certi che l'unica cosa che lo ha tenuto in vita è stata la scrittura e la corrispondenza con Lei. Abbiamo sventato due tentativi di suicidio da parte sua e per questo motivo si è reso necessario trasferirlo in una camera di sicurezza, sorvegliato a vista notte e giorno dal nostro personale. Grazie alle cure assidue di tutto lo staff medico ma soprattutto alla scrittura e al vostro progetto letterario, tutto si è risolto nel migliore dei modi e il paziente, come Le spiegavamo, è stato dimesso con successo. Non abbiamo al momento alcuna indicazione da darLe circa il nuovo domicilio dell'autore in quanto, dopo la morte del padre, Kokoro-san ha deciso di trasferirsi altrove, in perfetto anonimato. Siamo venuti a conoscenza del fatto che si sia anche ritirato dal lavoro e che abbia smesso di scrivere per il Japan Sakura Magazine. Non le neghiamo la nostra preoccupazione nel saperlo solo: lo rimpiangeremmo a lungo se decidesse di togliersi la vita e purtroppo consideriamo questa terribile evenienza ancora possibile.
Un fardello troppo pesante da sopportare, la vita, questa vita: così ci ha riferito. La informiamo con l'occasione che il signor Kokoro ha lasciato una scatola per Lei che è ora conservata in una cassetta di sicurezza i cui dati troverà nell'allegato A. Shusui nella nostra lingua significa
Acqua d'autunno", le farà piacere saperlo.
Come le farà piacere leggere una delle lettere contenuta nella scatola di cui le abbiamo parlato.
Amore mio, sono le 4 di notte e la stanchezza appesantisce le mie palpebre. Ho trovato una tua foto sul sito del giornale. Sei esattamente come speravo che fossi. Io ti ho amato con tutto me stesso e ancora ti amo, anche se il tempo passa e non mi scrivi, il tempo passa e non mi raggiungi. Ho un'infinità di cose da dirti. Raccolgo le nostre lettere qui, in questa scatola antica e profumata d'incensi. Ci troverai le parole che avrei voluto pronunciare per te guardandoti negli occhi. Ci troverai la donna che ami e che io non sono, ora sei solo. Ora sono solo anch'io. Ci siamo amati infinitamente come mai nessuno potrà. Scrivimi ancora, avrò bisogno di leggere le tue parole anche quando non ci sarò più. Prendi le nostre lettere. Fanne ciò che vuoi. Mai amai in vita n. donna n. uomo quanto amai te, che sei me
.
In attesa di un suo eventuale contatto per il ritiro della cassetta di sicurezza, inviamo all'indirizzo del suo giornale, la chiave della cassetta medesima.
Distinti saluti. Direzione Clinica Psichiatrica di Ise. -
776 Matsuhita Futamigaura - 519-0601.
MARK - Agosto 2003
Le lacrime cadono senza che io riesca a fermarle. Come una pioggia fitta, grigia, malinconica. Cadono e bagnano la tua lettera, le tue parole. Scendono sulla scrivania. Prendo la testa fra le mani. Sono infinitamente stanco. Ho perso l'amore. Ho perso te, Shusui, acqua d'autunno. Mi sembra che sia proprio l'acqua, ora, ad inondarmi il cuore. Sono senza respiro. I miei polmoni annegano nel pianto. Ayuki Kokoro... perché mi hai nascosto la tua identità. Parlano di te come di uno
scrittore. Lo scrittore giapponese più amato dai giovani... un uomo.. E vero. E cosi.
Io mi sono innamorato di te, capisci. Tu hai dato alla tua anima la sostanza di una donna. Mi hai ingannato. Hai ingannato i miei sensi. Io ho desiderato il tuo corpo, i tuoi capelli, la tua bocca. Un sorriso che non è mai stato mio e che ho visto solo su quella foto... Ti ho cercato nei visi delle donne che incontravo. Perché non vuoi più parlarmi? Dove sei. Ti scongiuro. Scrivimi ancora. Parla con me. A questo punto non so davvero chi ho amato. Adesso la rabbia sembra più forte dell'amore. Eppure, ciò che resta è proprio l'amore. La rabbia è solo un vento che si disperde, che non serve a niente. Il pianto m'invade. Sono solo, adesso.
AYUKI - Settembre 2002
I ciliegi erano appena in fiore quando mi hanno portato qui. Da allora non vivo altri spazi che questi. Chiusi e bianchi come il camice che indosso, bianchi come la tua cecità. Io, Ayuki Kokoro, la donna che non vedrai mai, che non conoscerai, che da sempre ti ama e proprio per questo t'inganna. Mio amore, ti ho mentito e ti chiedo scusa, ma come si può pensare che l'amore possa avere un limite e che quel limite possa porlo un corpo? Come può il corpo arginare l'anima? Che cos'è davvero il maschile e cosa il femminile? Ti lascio le mie lettere, i miei pensieri, i miei scritti. Leggendomi capirai. Mi chiedo se mi odierai o se forse mi amerai di più. Le mie parole, ben più intima cosa rispetto a questo corpo che non hai mai conosciuto e che qui è diventato un nulla. Amore mio, ciò che resta di me è tutto in queste lettere, in questo mio dire. Io sono queste parole. Perdonami, amami ancora se puoi, continua a scrivere, anche quando non ci sarò più. Scrivi di te, di noi. Che tutti possano riconoscere l'amore attraverso le nostre parole.
MARK - Agosto 2003
Non riesco a tener ferme le mani. Tremo in maniera sconsiderata. L'emozione mi uccide. Questa è la scatola che hai lasciato per me. Sono qui seduto sulla spiaggia, tra le rocce sposate di Futamigaura, a mezz'ora di macchina da Ise. Mi conforta sapere che anche i tuoi occhi hanno visto ciò che vedo in questo momento e i tuoi sensi hanno sentito ciò che sento io. Abbiamo vissuto di percezioni in perfetta assonanza. Abbiamo vissuto la distanza come un valore aggiunto, fino a sublimare l'amore, negandoci volutamente ogni contatto, ogni cosa che fosse diversa dalla delicatezza del non detto e del non fatto. Penso al tuo sguardo basso e diagonale. Una lama che mi penetra il cuore. Devo aprire questa scatola per capire, per conoscere. Devo toccare, devo sentire gli odori, guardare, sfiorare questo legno che d'un tratto pare avere un corpo caldo e vitale. Il desiderio del tatto è incomprensibilmente irrefrenabile: per quanto mi sono impedito di toccarti, ora non posso più farne a meno. Solo adesso noto l'incisione sul legno. kaeru, così mi chiamavi, la mia piccola rana. Sorrido. Accarezzo la scatola mi ferisco con un minuscolo chiodo e sanguino. Ebbro di sensazioni, sento il liquido caldo e vischioso colare dal labbro, scendere fino al petto e poi fiorire sulla camicia bianca. Una goccia amaranto mi lambisce i capezzoli. Il turgore che ne consegue è fatto tutto di te. La tua bocca è un vivido coagulo su un viso cereo di cui ricordo solo i contorni. Quella vita minuta fasciata di rosso e l'abito bianco della tua purezza, della tua innocenza. Perché questo mi ha fatto follemente impazzire d'amore per te: la tua innocenza! Giro e rigiro la scatola tra le mani, me la porto alla bocca, la faccio scorrere sulle labbra, poi la poggio sul petto e ti sento. Non riesco ad aprirla e a svelarti, mi sembra che il legno abbia un'anima e addirittura una pelle, la tua. Ho impresso nella mia mente il tuo sguardo. Come poterlo descrivere? I tuoi occhi hanno parlato con me. Con un uomo ormai chiuso a ogni contatto col genere umano. Figuriamoci a quello con una donna! Avevi risposto alla mia richiesta di collaborazione alla stesura di un romanzo, congegnato su un'idea talmente astrusa che solo tu, fra tanti, avevi accettato. Parola dopo parola, eri entrata dentro di me. Le giornate con te correvano come biglie di un flipper impazzito e tutto passava in secondo piano perché all'improvviso non mi fregava più di niente e di nessuno, se non di tornare a casa, finalmente, e di trovarti puntuale tra le e-mail ricevute. Non aspettavo altro che te. Non desideravo che te. Non vivevo che di te e per te. Con la scatola sul petto m'incammino verso il tempio. È mattina ed è pieno di luce tutt'intorno. Le due rocce sposate si guardano, come un uomo e una donna. Mi avevi raccontato quella strana storia degli dèi scesi dal cielo che incontrarono un tipo a indicare loro la strada e che quel tipo aveva delle rane per aiutanti! Kaeru! Rana! Il tempio è pieno di statue kaeru, piccole e grandi. Sono confuso... kaeru qui è sinonimo di buona fortuna. Io lo ero per te, amore mio? Mi consideravi la tua fortuna? Mia gioia… qualcuno ha pena delle mie lacrime. Vede ch'io fisso le rane... dice kaeru ha lo stesso suono del verbo ritornare!
Sono ritornato, Shusui. Sono tornato per non abbandonarti mai più. Io e te qui, tra le rocce sposate di Futamigaura, a due passi da Ise dove hai vissuto nell'attesa di me immaginando tutto.
MARK - Maggio 2003
Nuvole su nuvole abbaglianti e impalpabili. Sono in volo. Ho