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L' Avanti! di Nenni: Le inchieste sulla corruzione fascista (1921-1925)
L' Avanti! di Nenni: Le inchieste sulla corruzione fascista (1921-1925)
L' Avanti! di Nenni: Le inchieste sulla corruzione fascista (1921-1925)
E-book225 pagine2 ore

L' Avanti! di Nenni: Le inchieste sulla corruzione fascista (1921-1925)

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Info su questo ebook

Un saggio/ricerca che vuole contribuire a colmare la lacuna storiografca sull'attività giornalistica di Pietro Nenni nel breve periodo compreso tra il 1921 ed il 1925, ovvero da quando avviava la sua collaborazione con il quotidiano socialista a quando rassegnava le dimissioni dalla direzione dell’«Avanti!».

L'autore si sofferma, in particolare, gli anni in cui il fascismo era in rapida ascesa, fino ad assumere la guida del Paese e, successivamente, il controllo dell’apparato, pubblico e/o privato, che sovrintendeva l’economia, l’informazione, l’amministrazione ed il controllo sociale nazionale.

L'occhio analitico di Nenni, dunque, gli aveva permesso di osservare da una posizione privilegiata - quale era il più importante quotidiano del Partito Socialista Italiano - le rapide, repentine e spesso violente evoluzioni italiane.

LinguaItaliano
Data di uscita12 lug 2020
ISBN9788832104240
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    Anteprima del libro

    L' Avanti! di Nenni - Fabio Ecca

    Il libro

    Un saggio/ricerca che vuole contribuire a colmare la lacuna storiografca sull’attività giornalistica di Pietro Nenni nel breve periodo compreso tra il 1921 ed il 1925, ovvero da quando avviava la sua collaborazione con il quotidiano socialista a quando rassegnava le dimissioni dalla direzione dell’«Avanti!».

    L’autore si sofferma, in particolare, gli anni in cui il fascismo era in rapida ascesa, fino ad assumere la guida del Paese e, successivamente, il controllo dell’apparato, pubblico e/o privato, che sovrintendeva l’economia, l’informazione, l’amministrazione ed il controllo sociale nazionale.

    L’occhio analitico di Nenni, dunque, gli aveva permesso di osservare da una posizione privilegiata - quale era il più importante quotidiano del Partito Socialista Italiano - le rapide, repentine e spesso violente evoluzioni italiane.

    Sinossi

    Una ricerca che colma la lacuna storiografica

    sull’attività giornalistica di Nenni nel periodo

    compreso tra il 1921 ed il 1925,

    da quando avviò la sua collaborazione

    con il quotidiano socialista a quando rassegnò

    le dimissioni dalla direzione dell’«Avanti!».

    Fabio Ecca

    L’Avanti! di Nenni

    Le inchieste sulla corruzione fascista (1921-1925)

    Storica

    In collaborazione con Fondazione Pietro Nenni

    Collana di studi storici e politici della Fondazione Pietro Nenni

    © Arcadia edizioni

    Isbn 9788832104240

    È vietata la copia e la pubblicazione, totale o parziale, del materiale se non a fronte di esplicita autorizzazione scritta

    dell’editore e con citazione esplicita della fonte.

    In copertina: Lavoratori, perché il giornale possa resistere ai marosi, bisogna rafforzare i due puntelli. Vignetta di Scalarini sull’«Avanti!» del 18.01.1925

    Tutti i diritti riservati.

    Dedica

    A mio padre

    Prefazione di Ugo Intini

    Fin da ragazzo, ho visto Pietro Nenni come il mio mito. E tuttavia, dal libro di Fabio Ecca ho appreso su di lui molto di nuovo. Con passione e competenza, ma anche con una esposizione affascinante, ha riportato alla luce e scritto fatti assolutamente inediti. E bisogna ringraziarlo di cuore.

    Colpisce il capovolgimento di un pilastro importante per la propaganda fascista: la presunta crociata di un movimento giovane e rivoluzionario contro la corruzione del vecchio sistema parlamentare. Un tema, questo, che d’altronde viene riproposto ciclicamente da sempre nuovi protagonisti nella storia italiana. Al contrario, come già aveva denunciato Matteotti (che secondo molti anche per questo fu ucciso) il fascismo nascente si rafforzò attraverso le intese più spregiudicate con il potere economico. L’immagine dei pescicani, ovvero dei grandi profittatori di guerra, fu diffusa proprio dall’Avanti! durante il primo conflitto mondiale e proprio i pescecani, come premurosi delfini, hanno fatto navigare Mussolini verso il potere. D’altronde, ancora loro, nel 1943, alla caduta del fascismo, sarebbero stati individuati dalle inchieste sui profitti di regime come i complici e soci dei gerarchi arricchiti.

    L’Avanti! guidato da Nenni, come Fabio Ecca documenta, fu protagonista nella denuncia di scandali clamorosi. Era una sua tradizione fin dalle origini. Durante la direzione di Enrico Ferri, nel 1903, lanciò infatti la famosa campagna contro i succhioni della Terni: lo stabilimento siderurgico che, grazie alla connivenza del ministro della Marina Bettolo forniva l’acciaio delle navi a un prezzo maggiorato del 30%.

    La battaglia di Nenni contro il ladrocinio dei fascisti negli anni ’20 fu una vendetta della storia, perché proprio Mussolini, quando era stato lui stesso direttore dell’Avanti!, aveva continuato la tradizione di denuncia e di giornalismo investigativo sollevando con grande successo lo scandalo delle tangenti per il nuovo palazzo di giustizia a Roma (oggi chiamato il palazzaccio).

    La prima esperienza di Nenni all’Avanti!, nel periodo tra il dopoguerra e l’avvento del regime fascista, al centro di questo libro, ebbe già, sul piano politico, le stesse caratteristiche di tutte quelle successive e della sua intera vita politica. Sempre infatti, come in quella prima metà degli anni ‘20 (a parte la disgraziata parentesi frontista dal 1947 al 1956), fu impegnato su due fronti opposti, sia pure con toni e finalità diverse: contro il fascismo e l’autoritarismo di destra da una parte, ma anche contro il comunismo dall’altra. In fondo, è stato così fin dall’inizio.

    Il fascismo vide subito l’Avanti! come un nemico mortale, da colpire senza pietà. E aveva ragione, perché rappresentava l’ostacolo principale. Mussolini, che lo aveva diretto, lo sapeva bene e si aggiungeva in lui il rancore per esserne stato cacciato. In quegli anni di svolta, in cui la stampa aveva un ruolo decisivo, fu a tratti il quotidiano più diffuso, era l’unico veramente nazionale, distribuito in modo uniforme su tutto il territorio attraverso le edizioni di Milano, di Roma e (per un certo periodo, sino al 1921) anche di Torino. Era forse il più autorevole per il livello anche culturale dei suoi collaboratori. In nulla Nenni e Gramsci furono mai d’accordo. Se non sul ruolo dell’Avanti!, perché Gramsci ne fu come Nenni responsabile (dell’edizione di Torino) e ne sarebbe diventato il direttore politico se Lenin fosse riuscito nel 1923 a imporre la sua volontà. Il leader comunista infatti usò parole che anche Nenni avrebbe potuto sottoscrivere, una per una. "L’Avanti! non può essere un giornale merce. L’Avanti! è un giornale unico. Chi è socialista e ha ucciso in se stesso, nei rapporti con i compagni di fede, la frenesia individualistica, non può confondere l’Avanti! con un giornale merce. Egli sa di essere una parte dell’Avanti!, parte viva, parte attiva".

    Anche per questo, nel pieno della violenza squadrista (come avrebbero fatto ancora sino alla sua fine, nel 1993), i socialisti esibivano il loro giornale in pubblico (e nel 1922 solo per questo uno di loro fu ucciso a freddo da uno squadrista a Milano). L’Avanti! fu assalito e devastato dai fascisti cinque volte. Nel suo penultimo anno di vita, nel 1925, fu sequestrato 62 volte. Intorno alla sua redazione (soprattutto a Milano, ma anche a Roma) si combatté e sparò: un tipografo fu ucciso accanto a Nenni e anche gli squadristi lasciarono sul terreno morti e feriti sotto il fuoco dei difensori e delle guardie regie. A ogni distruzione, il quotidiano risorgeva dalle fiamme più forte di prima, come una araba fenice. Fu anche simbolo della viltà monarchica e di cosa avrebbe potuto essere l’Italia se il re non si fosse arreso al fascismo durante la marcia su Roma. Il 29 ottobre 1922, i fascisti assalirono infatti un’ultima volta la nuova sede in via Settala a Milano. I militari di guardia spararono e li misero subito in fuga, perché il governo aveva decretato lo stato d’assedio e avevano pertanto ordine di reagire. Esattamente ciò che sarebbe successo più in generale a livello nazionale se l’esercito fosse stato messo nelle condizioni di far rispettare la legge. Ancora non si sapeva che il re si sarebbe rifiutato di firmare il decreto governativo. Quando lo si seppe e arrivò l’ordine di lasciar fare, i fascisti tornarono all’assalto ancora più inferociti e l’Avanti! fu completamente distrutto.

    Il quotidiano socialista fu in prima fila contro l’eversione fascista, ma anche contro il rivoluzionarismo comunista appoggiato dei massimalisti del PSI, che involontariamente favorì la vittoria di Mussolini, impedendo quella unità antifascista che avrebbe potuto salvare l’Italia.

    Fu proprio Nenni il protagonista della politica di autonomia e contestazione verso quella parte della sinistra che, inseguendo il leninismo e Mosca, contribuì ad aprire le porte al fascismo. Anzi, giunse alla guida dell’Avanti! proprio grazie alla scelta di questa politica. Nel dicembre 1922, Serrati, leader del partito e direttore del giornale, accettò in una riunione al Cremlino di far confluire praticamente i socialisti nel partito comunista e di nominare direttore dell’Avanti! Gramsci.

    Come ricorda Ecca in questo libro, la rivolta autonomista partì dal capo redattore dell’Avanti! Pietro Nenni che, con un famoso articolo (una bandiera non si getta in un canto come cosa inutile) trasformò il giornale nell’avamposto prima della resistenza e poi della controffensiva socialista che, attraverso un congresso straordinario, bloccò la fusione e mise proprio lui al posto di Serrati.

    Da quel momento, il quotidiano socialista anticipò tutti i temi che per l’intero secolo lo avrebbero contrapposto ai comunisti. Innanzitutto quello del ruolo nefasto svolto dalla nuova tirannia che si era impadronita del Cremlino. Quando iniziarono le purghe di Stalin e venne incriminato Zinoviev (fino al giorno prima protagonista dei diktat bolscevichi verso gli altri partiti della sinistra europea), l’Avanti! aveva già capito tutto. I dirigenti del movimento russo – scrisse – sono vittime e strumenti di quegli stessi metodi con la cui applicazione ai partiti esteri essi hanno distrutto, demoralizzandolo, il movimento comunista. L’uomo che cadde oggi è quello che meglio di tutti ha impersonato la politica di disgregazione del movimento operaio d’Europa. Lo scatenamento di odio, di diffidenza, di scissionismo, di cattiverie imperdonabili miste a una grandiosa prosopopea e ad una colossale incomprensione delle condizioni di tempo e di luogo, ha aggravato le condizioni di debolezza del proletariato. È questo il risultato concreto di sette anni di politica zinovieviana.

    Gli scontri tra l’Avanti! di Nenni da una parte, Ordine Nuovo prima e l’Unità poi di Gramsci dall’altra, divennero continui proprio di fronte alla minaccia fascista. I socialisti chiedevano infatti l’unità di tutti contro Mussolini. Mentre Gramsci neppure capiva l’esistenza di tale minaccia, perché metteva sullo stesso piano, come il nemico borghese, sia i democratici sia i fascisti. Al punto, oggi quasi incredibile, che il giorno della marcia su Roma, accanto alla testata del suo Ordine Nuovo, poneva come slogan Il proletariato non può parteggiare per alcuno dei gruppi borghesi che si contendono il potere. Al punto che addirittura il 31 ottobre 1926, nel suo ultimo numero (sarebbe stata chiusa all’indomani dal regime insieme al quotidiano socialista), l’Unità di Gramsci denunciava non la catastrofe imminente, ma il "solito disfattismo dell’Avanti!".

    In quegli anni terribili, il giornale di Nenni, dagli splendori del palazzo in via Settala, a Milano, scivolò in un modesto appartamento al piano terreno di via Paganini, ma il suo direttore non perse la lucidità e seminò tutto quanto negli anni successivi si sarebbe sviluppato, sino a consentire l’unità antifascista e prima ancora quella socialista. Proprio lui infatti aveva intuito che bisognava ritornare insieme al partito socialista riformista e democratico di Turati dopo la cacciata sua, di Treves e Matteotti sciaguratamente avvenuta al congresso di Roma del 1922.

    Il massimalismo tra i socialisti era ancora forte, Nenni scrisse perciò un testo riservato con questa sua proposta, che però fu casualmente trovato dalla polizia e stampato dai giornali fascisti. A questo punto, lo fece uscire sull’Avanti! e fu per questo addirittura politicamente processato. Ma indicava la strada del futuro: l’unità tra tutti i socialisti democratici e il saldo ancoraggio alla grande famiglia del socialismo europeo. La scissione di Livorno – scriveva in quel testo – fu la più tragica, la più inutile e anche la più definitiva. È invece possibile recuperare la scissione di Roma. L’Internazionale socialista – aggiunse – è oggi il centro della lotta internazionale contro il fascismo. È a Ginevra, a Parigi, a Londra, a Amsterdam, a Vienna che si conduce questa lotta dovunque animata dai partiti socialisti.

    Nel periodo tragico eppure creativo descritto da Ecca, Nenni teneva la pistola nel cassetto della scrivania. L’appartamento dove viveva fu assalito e devastato dagli squadristi, che terrorizzarono la famiglia. Tra un sequestro e l’altro, fu anche arrestato e mandò una lettera sarcastica a Mussolini ricordandogli il carcere vissuto insieme ai tempi della repressione regia. L’Avanti! era nato con lo slogan di qui si passa e Nenni lo ributtò in faccia al duce concludendo. Il socialismo passerà. Eccellenza Mussolini.

    La squadra che lavorava intorno a lui aveva un livello anche professionale straordinario. I suoi due collaboratori più stretti erano l’amministratore Bonaventura Ferrazzutto e il redattore Guido Mazzali. La loro storia personale è un piccolo esempio di come fosse artificiosa (almeno per il periodo in cui i partiti erano solidi) la contrapposizione tra una società civile efficiente e una classe politica arretrata. Chiuso l’Avanti!, Ferrazzutto fu assunto da Angelo Rizzoli (amico di Nenni e cresciuto come lui in un orfanotrofio); diventò direttore generale della casa editrice e lo convinse a produrre il primo film sonoro italiano. Diffusore dell’Avanti! nella Milano occupata dai tedeschi, fu arrestato nel 1944 e morì a Mauthausen.

    Guido Mazzali, rimasto disoccupato dopo la chiusura dell’Avanti!, fondò e diresse la prima rivista di marketing e pubblicità (L’ufficio moderno), prendendo accanto a sé come condirettore Dino Villani. Fu l’inventore della moderna pubblicità. Gli slogan chi beve birra campa cent’anni o camminate Pirelli sono tra i suoi tanti. Dino Villani, dal canto suo, inventò la Festa della mamma, la colomba pasquale di Motta, il concorso di Miss Italia con Cesare Zavattini.

    Organizzatore dell’Avanti! clandestino, Guido Mazzali ne fu il primo direttore il giorno della liberazione, il 25 aprile 1945, e tale rimase fino alla sua morte, nel 1960. Leader del partito in Lombardia, amico fraterno di Nenni, gli suggerì molti dei suoi slogan, creò il primo centro sinistra al Comune di Milano e allevò generazioni di giovani socialisti, tra i quali Bettino Craxi.

    Il matrimonio di Nenni con l’Avanti!, cementato dalle tribolazioni di quegli anni ‘20, sarebbe stato indissolubile. Immediatamente dopo la sua chiusura, lo fece rinascere in esilio in Francia dove lo rese, insieme a Saragat, il punto di aggregazione dei socialisti: quelli in esilio e quelli che operavano in Italia nella clandestinità. Giunse a farlo uscire da solo, con un ciclostile, nel villaggio dei Pirenei dove era fuggito dopo l’occupazione tedesca di Parigi. Ancora con Saragat (e con il grande scrittore Ignazio Silone) lo diresse nella Roma liberata dagli americani del 1944-45. Poi nella Milano del dopo 25 aprile (come prima ricordato insieme a Guido Mazzali), quando il quotidiano socialista divenne ancora, come dopo la Prima guerra mondiale, il più diffuso (e anche il principale protagonista della vittoria nel referendum istituzionale che cancellò la monarchia).

    Per tutta la durata della prima Repubblica e sino alla morte, il rapporto di Nenni con l’Avanti! non si interruppe mai. Anche quando non ne fu direttamente il direttore, ne fu comunque l’ispiratore come leader del partito o semplicemente come commentatore politico. Ripeteva spesso. "Il partito è una penna, una segretaria e l’Avanti!. E aggiungeva. Nella mia vita, l’Avanti! è stato il

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