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Perché gli alberi non rispondono: Lo spazio urbano e i destini dell'abitare
Perché gli alberi non rispondono: Lo spazio urbano e i destini dell'abitare
Perché gli alberi non rispondono: Lo spazio urbano e i destini dell'abitare
E-book85 pagine1 ora

Perché gli alberi non rispondono: Lo spazio urbano e i destini dell'abitare

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Info su questo ebook

Vivere insieme nella città non è una scelta ma un destino, che da qualche tempo coinvolge la maggior parte degli abitanti del pianeta. Legato agli sviluppi della globalizzazione economica e tecnologica, questo fatto pone problemi nuovi agli urbanisti e a tutti noi. Come vivere insieme nella attuale città plurale, nelle grandi città-mondo che mescolano il sublime e il kitsch, la bellezza e l'orrore? Come fronteggiare la crescita inarrestabile delle disuguaglianze tra la città dei ricchi e la città dei poveri? Come favorire aggregazioni compossibili e risolvere questioni ambientali ed ecologiche di proporzioni mai conosciute? Domande ineludibili e problemi urgenti: la questione urbanistica è oggi la questione stessa del sapere.
LinguaItaliano
EditoreJaca Book
Data di uscita29 dic 2020
ISBN9788816801721
Perché gli alberi non rispondono: Lo spazio urbano e i destini dell'abitare
Autore

Carlo Sini

Ha insegnato per trent’anni Filosofia teoretica all’Università degli Studi di Milano. Accademico dei Lincei e membro di altre accademie e istituzioni culturali italiane e straniere, ha tenuto conferenze, corsi di lezioni e seminari negli Stati Uniti, in Canada, Argentina, Spagna e altri Paesi europei. Per oltre un decennio ha collaborato con le pagine culturali del «Corriere della sera» e collabora tuttora saltuariamente con la stampa quotidiana, con la RAI e la Radiotelevisione svizzera. È autore di una quarantina di volumi, alcuni tradotti in varie lingue. Tra le sue più recenti pubblicazioni, presso Jaca Book: Idioma. La cura del discorso (2021); La tenda. Teatro e conoscenza (con A. Attisani, 2021); E avvertirono il cielo. La nascita della cultura (con T. Pievani, 2020); Perché gli alberi non rispondono. Lo spazio urbano e i destini dell’abitare (con G. Pasqui, 2020); La vita dei filosofi (2019); Lo specchio di Dioniso. Quando un corpo può dirsi umano? (con C.A. Redi, 2018); Trittico (2018); Inizio (2016); Incontri. Vie dell’errore, vie della verità (2013); Il sapere dei segni. Filosofia e semiotica (2012); Del viver bene (2011, ult. ed. 2021); Il comico e la vita (2003, ult. ed. 2017); Filosofia teoretica (1992, ult. ed. 2018).

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    Anteprima del libro

    Perché gli alberi non rispondono - Carlo Sini

    MAPPE DEL PENSIERO

    MAPPE DEL PENSIERO

    Vita, conoscenza, a cura di Florinda Cambria, con tavole illustrate di Carlo Sini, 2018

    Carlo Sini, Carlo Alberti Redi, Lo specchio di Dioniso. Quando un corpo può dirsi umano? Biologia e filosofia: dialogo tra Carlo Alberto Redi e Carlo Sini, 2018

    Dal ritmo alla legge, a cura di Florinda Cambria, con tavole illustrate di Carlo Sini, 2019

    Carlo Sini, Gabriele Pasqui, Perché gli alberi non rispondono. Lo spazio urbano e i destini dell’abitare, 2020

    Carlo Sini, Gabriele Pasqui

    PERCHÉ GLI ALBERI

    NON RISPONDONO

    LO SPAZIO URBANO

    E I DESTINI DELL’ABITARE

    Dialogo

    tra Gabriele Pasqui e Carlo Sini

    © 2020

    Editoriale Jaca Book Srl, Milano

    tutti i diritti riservati

    Prima edizione italiana

    gennaio 2020

    Copertina e grafica

    Break Point / Jaca Book

    Redazione Jaca Book

    Impaginazione Elisabetta Gioanola

    eISBN 978-88-16-801721

    Editoriale Jaca Book

    via Frua 11, 20146 Milano, tel. 02/48561520

    libreria@jacabook.it; www.jacabook.it

    Seguici su

    INDICE

    Esordio

    PERCHÉ GLI ALBERI NON RISPONDONO

    Lo spazio urbano e i destini dell’abitare

    ESORDIO

    In una calda giornata estiva Socrate e il giovane Fedro cercano un luogo dove conversare fuori le mura. Seguendo il corso dell’Ilisso, Fedro scorge un alto platano: «Là c’è ombra, dice, una lieve brezza e un prato per sedersi e, volendo, per sdraiarsi». Poi continua: «Dimmi Socrate, non è proprio da qui che Borea, come dicono, rapì Orizia?» «Sì, risponde Socrate, così racconta il mito… ma io non ho tempo per simili storie, non mi faccio domande su quelle storie ma su me stesso, per sapere se non sia per caso un mostro peggio di Tifone». Fedro: «Sei proprio un tipo straordinario, Socrate, sembri infatti più uno straniero che uno che qui ci abita. Mai ti allontani dalla città, nemmeno per mettere i piedi appena fuori dalle mura». Socrate: «Compatiscimi, caro Fedro. La mia passione è imparare, ma la campagna e gli alberi non mi insegnano e non mi rispondono, mentre imparo dagli uomini in città».

    (Da Platone, Fedro, 229b-230a passim)

    PERCHÉ GLI ALBERI

    NON RISPONDONO

    LO SPAZIO URBANO

    E I DESTINI DELL’ABITARE

    Sini: Vorrei cominciare questo dialogo ricordando un libro di Jacques Cauvin che la Jaca Book ha tradotto nel 2010 e che ha questo bel titolo: Nascita della divinità, nascita dell’agricoltura. La rivoluzione dei simboli nel Neolitico. Quello che mi importa di questo libro è che esso propone una tesi nel complesso nuova, frutto di una scoperta recente: il fatto, cioè, che i villaggi, i primi villaggi della storia, non sono la conseguenza dell’affermarsi e del diffondersi, al tempo del Neolitico, dell’agricoltura e dell’allevamento; essi invece, cosa per noi sorprendente, hanno una nascita autonoma, che precede, forse di qualche secolo, forse di millenni, la rivoluzione economica del Neolitico. Sembra un invito a leggere la situazione con gli occhi della teoria evoluzionistica dei nostri giorni: prima l’organo, che nasce per spontanea variazione accidentale, poi la funzione che lo avvalora e lo rende efficace e indispensabile. Prima i villaggi, poi la rivoluzione dell’agricoltura che assegna loro una nuova funzione necessaria e imprescindibile. Cauvin documenta il passaggio per tappe dalle comunità preistoriche di cacciatori e raccoglitori ai primi contadini, ai primi allevatori, e, 100 mila anni fa, le prime sepolture. Parliamo di un periodo che va dal 12000 al 6300 a.C. e 12000 anni fa accadde appunto quella grande rivoluzione che illustrò fra i primi Gordon Childe nel suo famoso libro del 1936 (La rivoluzione neolitica). Gli studi e le analisi di Cauvin si riferiscono in particolare alla zona più a est del Vicino Oriente. Nel 1955 si è scoperta, nella valle del Giordano, una serie di villaggi di cacciatori e di raccoglitori che sono anteriori addirittura di 2 millenni a ogni agricoltura. Leggo in proposito un passo molto interessante di p. 36: «Il miglioramento climatico apre ampiamente, come si è visto, l’insieme del Vicino Oriente a questa nuova cultura presente dall’Eufrate al Sinai, dal Mediterraneo alle oasi del deserto. I suoi insediamenti divengono rari in grotte e assai numerosi all’aria aperta, ove suggeriscono l’esistenza di gruppi più consistenti e meno mobili che in precedenza». E ancora: «Dei campi base raggiungono in alcuni casi i 2000 metri quadrati» (uno spazio davvero considerevole) «con delle specializzazioni nell’uso dello spazio abitato che presuppongono una relativa stabilità. Si è a conoscenza perfino di diversi esempi di costruzione di abitati circolari in fossa, in particolar modo a Kharaneh, in Giordania, e sul Sinai. Finora queste case rotonde erano state incontrate nel Kebariano propriamente detto una sola volta, a Ein Guev, in Israele e nella grotta di Jiita nel Libano. Esse non sono ancora abbastanza numerose da formare dei villaggi, ma prefigurano i villaggi natufiani che seguiranno. Allo stesso modo delle suppellettili per la macinatura (mortai), a lungo considerate come una novità del Natufiano, fanno una prima apparizione nel Kebariano geometrico. Tutto ciò rende testimonianza di una maturazione culturale progressiva». Ecco, questo mi sembra interessante: la nascita dei villaggi e dell’abitazione stanziale non è dovuta solo a fattori strettamente e direttamente economici, ma è anche frutto di una maturazione simbolica, come dice Cauvin, una maturazione che prende avvio dalla evoluzione di segni e valori ideali; essi peraltro caratterizzano in ogni tempo a noi noto l’essere umano. Quindi una evoluzione culturale in senso lato, innescata da rappresentazioni e configurazioni simboliche, come la nascita di nuove divinità: l’abitare stanziale ne sarebbe appunto una prima conseguenza.

    Pasqui: Negli studi di storia urbana l’abitare stanziale viene sempre considerato parte integrante di un più complesso processo demografico, economico-sociale, culturale e simbolico. Quando pensiamo la città, la sua origine lontana e la sua evoluzione attuale, dobbiamo sempre avere in mente questo intreccio: non ci sono mai sequenze lineari, ma piuttosto coevoluzioni plurali di pratiche di vita. Ciò accade anche nei processi di urbanizzazione in atto a livello planetario, dei quali credo torneremo a parlare tra poco.

    S: L’importanza storica di queste nuove scoperte, osserva Cauvin, è la tendenza umana (che dai villaggi passerà poi alle città) «a riunirsi in gruppi sempre più numerosi»: ecco un tema di grandissimo interesse per il nostro dialogo. In questo modo, continua Cauvin, «si verificano cambiamenti profondi dello psichismo collettivo». Qualcosa del genere aveva notato anche Leroi-Gourhan. Nell’esempio

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