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Dodici appuntamenti per dirti ti amo: Harmony Jolly
Dodici appuntamenti per dirti ti amo: Harmony Jolly
Dodici appuntamenti per dirti ti amo: Harmony Jolly
E-book150 pagine1 ora

Dodici appuntamenti per dirti ti amo: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

"In un paese molto lontano, viveva una giovane fanciulla di nome Cenerentola..." Nel XXI secolo la favola di Cenerentola è ancora attuale? Per noi inguaribili romantiche sì!
Dodici incontri, dodici feste a cui Ricky Langley dovrà partecipare. Del resto sa benissimo che tutti gli anni a Natale è sempre la stessa storia: feste, regali, sorrisi, bontà vera o presunta. Lui vorrebbe solo chiudersi in casa e aspettare che la bufera passi in fretta. E se quest'anno non ci andasse da solo a quelle dodici feste? Eloise Vaughn crede di aver capito decisamente male! Quell'uomo affascinante, bello, ricchissimo e dalla battuta sempre pronta le sta chiedendo di fingersi la sua fidanzata e in cambio l'aiuterà a trovare un lavoro? Perché no! Saranno dodici notti indimenticabili e alla fine otterrà anche un colloquio.
LinguaItaliano
Data di uscita10 dic 2019
ISBN9788830508156
Dodici appuntamenti per dirti ti amo: Harmony Jolly
Autore

Susan Meier

Americana dell'Iowa, riesce a conciliare i suoi interessi con la famiglia e l'attività di scrittrice.

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    Anteprima del libro

    Dodici appuntamenti per dirti ti amo - Susan Meier

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Twelve Dates of Christmas

    Harlequin Mills & Boon Romance

    © 2014 Linda Susan Meier

    Traduzione di Daniela Alidori

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-815-6

    1

    Eloise Vaughn era sempre a corto di soldi per arrivare alla fine del mese.

    «Tieni, mettili in borsetta.» Laura Beth Matthews radunò una manciata di cracker dal tavolo del buffet alla festa della loro amica, Olivia Engle, e li spinse verso Eloise.

    Lei trasalì. «Siamo ridotte a rubare dei cracker?»

    «Cinque cracker fanno un pasto.»

    Eloise sospirò, ma aprì la borsetta di Chanel e lasciò che la sua compagna di appartamento li facesse cadere dentro.

    «Scusa, Coco.»

    Laura Beth aggrottò la fronte. «Coco?»

    «Chanel...» Scosse la testa. «Non importa.»

    Sperando che nessuno avesse notato quel furto, Eloise si guardò intorno, le donne che indossavano scintillanti abiti da cocktail nelle gradazioni del rosso e del verde, i colori del Natale, e gli uomini in smoking. Ovunque decorazioni in oro e argento che davano all’attico degli Engle un alone sofisticato di potere e ricchezza.

    Non sarebbe stato difficile uscire di lì a braccetto di un uomo. Ma lei non voleva un appuntamento. Aveva trovato l’amore e l’aveva perso. Adesso, voleva solo un lavoro, un impiego fisso che le permettesse di mantenersi. Sfortunatamente, sembrava un’impresa ardua, se non impossibile. Perciò, si era rassegnata a cercarsi un’altra compagna di stanza che l’aiutasse a pagare l’affitto dell’appartamento che divideva con Laura Beth. Solo così le sarebbe bastato lo stipendio che percepiva dall’incarico a tempo determinato in uno studio legale.

    Laura Beth studiò il cibo rimasto con un sospiro. «È un vero peccato che non possiamo portarci via tutti questi avanzi.»

    Eloise nascose la borsetta dietro la schiena. «Basta avanzi. Non dentro la mia Chanel.»

    «Ti rendi conto che potresti vendere un paio dei tuoi costosi abiti, o una sola borsetta, e ne ricaveresti abbastanza per viverci un anno intero?»

    «La maggior parte dei miei vestiti risale a cinque anni fa e non li vorrebbe nessuno.»

    Laura Beth scoppiò in una risata. «Non sembrano così vecchi.»

    «Solo perché so modificare un colletto o aggiungere una cintura.»

    «Allora, ammoderna le tue cose e poi vendile.»

    Non poteva. Non che fosse talmente affezionata al suo guardaroba da non poterne fare a meno. Il problema era che quei vestiti le ricordavano la ragazza che a un anno dalla laurea era scappata per sposare il suo Principe Azzurro.

    Il cuore sanguinò. La definizione Principe Azzurro suonava inadeguata per Wayne. Dopo le nozze, i suoi genitori l’avevano disconosciuta. Wayne non era riuscito a trovare lavoro, così lei si era adattata a fare la cameriera, finché a lui era stato diagnosticato un cancro al pancreas e nel giro di poco era morto. Sopraffatta dal dolore, era tornata a casa con la speranza che i suoi l’avrebbero accolta a braccia aperte. Invece loro non erano neppure venuti alla porta. Tramite la domestica, le avevano rammentato che non volevano avere più niente a che fare con lei.

    All’inizio era stata affranta, poi triste, infine si era arrabbiata. Ma quello era servito a rinsaldare la determinazione a cavarsela da sola. A qualunque costo.

    «Vorrei presentarti mia cugina.»

    Ricky Langley alzò gli occhi con orrore quando il suo avvocato gli andò incontro in compagnia di una donna sulla trentina. Coi capelli legati in una stretta crocchia nera sulla nuca e il vestito rosso aderente, lei lo guardò con ammirazione.

    «Janine Barron, ti presento Ricky Langley.»

    «Piacere.» La sua voce ebbe un leggero tremito, come se fosse così eccitata di conoscerlo da mancarle il respiro.

    Un altro uomo sarebbe stato compiaciuto di quella reazione. Ma da quando aveva perso suo figlio, lui era stato talmente segnato che il pensiero di frequentare una donna lo disgustava.

    «Piacere di conoscerti» riuscì a dire e si sforzò di sostenere dieci minuti di conversazione educata, ma appena trovò una via d’uscita, si congedò con la scusa di unirsi a un altro gruppo.

    Attraversò il salone di Tucker Engle. Anche se Tucker si era sposato sei mesi prima e l’aveva ristrutturato, l’attico mostrava ancora le tracce della sua vita da scapolo. Metallo cromato, divani di pelle nera su un tappeto bianco di pelo e pavimenti di legno scuro. L’albero di Natale che Tucker aveva decorato con la sua novella sposa, Olivia, troneggiava in un angolo, mentre sulla mensola del camino di ciliegio era appesa una piccola calza... per il bimbo che aspettavano e che non aveva ancora un nome. E neppure un sesso. Doveva essere una sorpresa.

    Ricky si morse le labbra mentre pensava all’unico Natale che aveva condiviso con suo figlio. Blake era nato il ventisette dicembre, così l’anno successivo aveva battuto le manine di fronte all’abete scintillante di lucine colorate. Aveva mangiato i biscotti. E si era eccitato quando aveva trovato decine di regali tutti per lui. Non sapeva parlare, così strillava di gioia e si era divertito a scartare i pacchetti e a strappare le carte più che apprezzare i giochi stessi.

    Era stato il più bel Natale della sua vita, rifletté Ricky. E adesso non gli restava più niente.

    Trasse un respiro. Non sarebbe dovuto venire a quel ricevimento. Erano passati diciotto mesi, ma alcune cose, come i festeggiamenti per il Natale, lo dilaniavano. E ne aveva ancora dodici in agenda. Dieci feste, un matrimonio e una riunione di compagni di università.

    Si girò per allontanarsi e andò a sbattere contro la borsetta di qualcuno. Giurò di avere udito uno scricchiolio mentre le sue mani si allargavano per sostenere la sua vittima.

    «Accidenti! Credo che abbia frantumato i miei cracker.»

    Il cipiglio sul viso della bionda lo colse talmente di sorpresa che dimenticò di essere troppo infelice per parlare con qualcuno.

    «Ha dei cracker in borsetta?»

    Lei sospirò e si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Di solito, no.» Lanciò un’occhiata veloce allo smoking, poi scosse la testa. «Non importa. Lei è troppo ricco per capire.»

    «Oh, ha preso i cracker dal tavolo del buffet per mangiarli la settimana prossima» azzardò e di fronte al suo sguardo stupito, spiegò: «Ho avuto difficoltà economiche anch’io. Facevo la stessa cosa».

    «Sì, è stata un’idea della mia compagna di appartamento. Generalmente, non sono il tipo che ruba.»

    «Non stai rubando» obiettò passando al tu. «Quei cracker sono lì per gli invitati e tu sei un’invitata. Inoltre, siamo alla fine della serata. Una volta che ce ne saremo andati, probabilmente gli avanzi saranno buttati via. O dati a un’associazione per senzatetto.»

    Lei strinse gli occhi. «Fantastico. Sto togliendo il cibo di bocca ai senzatetto. Detesto questa città.»

    Lui la fissò. «Come puoi detestare New York?»

    «Non detesto New York in sé. Non sopporto che costi tanto viverci.»

    Mentre parlava, si raddrizzò e come per incanto, davanti ai suoi occhi, si trasformò da ragazza spaventata in una principessa. Le spalle indietro, il sorriso gentile, disse: «Se vuoi scusarmi, vado a salutare Olivia e Tucker».

    Ricky si spostò. «Certo.»

    Tre cose lo colpirono. Primo, era bellissima. L’abito oro metteva in risalto i seni alti, la vita sottile e il didietro rotondo. Secondo, era educata per una ridotta a trafugare dei cracker avanzati. Terzo, non l’aveva degnato di un’occhiata.

    «Ricky!»

    Ricky si girò e vide il suo avvocato che avanzava deciso.

    «Capisco la tua riluttanza a tornare alla normalità, ma non intendo scusarmi per avere tentato di trovarti un’accompagnatrice. Se non ricominci a uscire, la gente inizierà a farsi delle domande.»

    «Spero che si raccontino delle belle storie.»

    «Non è divertente. Tu sei un imprenditore importante. La gente non vuole firmare contratti con uomini instabili.»

    «Essere single non fa di me una persona instabile. Posso elencarti un mare di scapoli che se la sono cavata benissimo.»

    «Sì, ma la maggior parte di loro non sta per lanciare sul mercato una nuova linea di video game.»

    «Correrò il rischio.» Così dicendo, si girò per andarsene.

    L’avvocato lo bloccò afferrandolo per un braccio. «Ti sbagli. Ascolta, farai meglio a tornare a vivere quando renderai pubblica questa nuova società, l’anno prossimo.»

    In quel momento riapparve la ragazza dei cracker, la testa che girava da un lato all’altro come se stesse cercando qualcuno.

    Un’ondata di ammirazione lo investì, cogliendolo di sorpresa era bella. Fisicamente perfetta. E con una propria eleganza.

    Rise e scosse la testa, ma si fermò a metà. Santo cielo. L’aveva fatto ridere.

    La festa stava scivolando verso la fine ed Eloise recuperò la sua cappa nera di lana, un classico che non tramontava mai. Per quando raggiunse l’ingresso, Tucker e Olivia erano già lì che si accomiatavano dagli ospiti.

    Il piccolo ascensore di lusso caricò la coppia che la precedeva. Lei sorrise a Olivia e le prese le mani. «È stata una festa meravigliosa.»

    Incinta e radiosa, capelli biondi, occhi azzurri, Olivia l’abbracciò. «Grazie.»

    «È stato bello anche rivedere i tuoi genitori. Dove sono scappati? Li ho cercati per salutarli, ma erano già andati via.»

    «Papà voleva essere a letto presto. Domattina partiamo tutti per il Kentucky.»

    «Per festeggiare il Natale dall’ultimo venerdì di novembre al due di gennaio» aggiunse Tucker con una risata.

    «Ti sei presa più di un mese di vacanza?»

    «Sì» confermò Olivia felice. «Cinque settimane! Torneremo per una festa a metà dicembre, ma a parte quella, rimarremo in Kentucky fino alla fine.»

    Eloise sorrise. Si era domandata perché Tucker e Olivia avessero fatto la loro festa di Natale così presto.

    «Sarà divertente. Pattineremo sul ghiaccio e andremo in slitta.» Sorrise al suo affascinante marito, un trentenne, scapolo convinto, coi capelli scuri, di cui si era innamorata in Italia. «E berremo fiumi di cioccolata calda davanti al camino.»

    «Suona perfetto.» Per Olivia. La donna viveva di favole, mentre

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