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La seconda volta del milionario: Harmony Jolly
La seconda volta del milionario: Harmony Jolly
La seconda volta del milionario: Harmony Jolly
E-book174 pagine2 ore

La seconda volta del milionario: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Chi lo ha detto che i milionari devono essere sempre solo belli e dannati? Esistono anche quelli romantici e sognatori e ve lo dimostreremo!

"Sono Lady Araminta Davenport e devo vedere il signor Luca Di Tore."
Luca crede di aver sentito male, non può essere "quella" Araminta Davenport. Sono anni che non la vede e non la sente e vorrebbe che la cosa continuasse così. Non ha alcuna intenzione di averla tra i piedi. Gli ha già rubato l'anima e il cuore una volta, una seconda possibilità non è contemplabile. Andiamo a capire che cosa vuole e poi la rimetterò sul primo volo per Londra con biglietto di sola andata
LinguaItaliano
Data di uscita12 set 2019
ISBN9788830504448
La seconda volta del milionario: Harmony Jolly

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    Anteprima del libro

    La seconda volta del milionario - Jessica Gilmore

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Summer with the Millionaire

    Harlequin Mills & Boon Romance

    © 2014 Jessica Gilmore

    Traduzione di Silvia Paci

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-444-8

    1

    «No, non mi sta aspettando e no, non ho un appuntamento. Ma...»

    La donna dietro alla scrivania, truccata in modo impeccabile, alzò una mano con fare sprezzante. «Mi dispiace, Miss, ma senza appuntamento non può entrare.»

    Minty Davenport trattenne un lamento. Erano solo le dieci del mattino, e aveva già fatto più cose di quante non fosse abituata a farne in un’intera giornata. Dopo avere affrontato la metro armata di due grandi valigie, battagliato al check-in automatico in aeroporto ed essere sopravvissuta alla musica del tassista, aveva davvero bisogno che qualcosa andasse per il verso giusto. Persino gli odori familiari di quel luogo e la vista delle morbide colline e degli uliveti che tanto le erano mancati non erano riusciti a calmarla.

    «Ecco qui il signor Di Tore» disse con sollievo l’addetta alla reception, mentre indicava qualcuno alle spalle di Minty. Chiuse gli occhi e sentì le farfalle nello stomaco.

    Non sono pronta.

    Ma non aveva scelta.

    Calma, contegno e professionalità, Minty ricordò a se stessa, mentre faceva un profondo respiro e raddrizzava le spalle, prima di girare su se stessa, un sorriso sicuro stampato allegramente in faccia.

    Tutto per essere trasportata indietro nel tempo, a quando era una maldestra ragazzina. A quando al solo vederlo restava senza fiato come se avesse ricevuto un colpo allo stomaco, un brutto colpo.

    Oh, se era cambiato, ma solo in meglio. Aveva sperato di trovarlo trasandato, calvo e obeso. Non era stata così fortunata. Era ancora snello da fare invidia, e con i muscoli al posto giusto. I capelli erano più corti di come li ricordava, ma lunghi abbastanza per potervi scorrere le dita in mezzo, quegli strani occhi color caramello incorniciati da lunghe ciglia scure. Occhi diabolici, lo aveva sempre punzecchiato.

    Okay. Iniziamo. Poteva farcela.

    «Good morning, Luca. Che giornata meravigliosa. Era così cupo il tempo a Londra quando sono partita questa mattina, ma sembra che in Italia la primavera sia arrivata sul serio.»

    Luca la guardò scettico, una risata in agguato negli occhi socchiusi. «Non so quale parte della tua affermazione mi sorprenda di più» disse. «La conversazione garbata sul tempo, o il rendermi conto che devi esserti alzata allo spuntare dell’alba per poter essere qui adesso. A meno che non ti sia neppure data la pena di dormire un po’, per saltare sull’aereo direttamente da uno dei locali della tua Mayfair. Non sarebbe la prima volta» aggiunse.

    Minty serrò i pugni contro la lana leggera della gonna, resistendo alla tentazione di lisciare il tessuto. «No, non lo sarebbe» concordò con voce pacata. «Ma sei rimasto indietro, Luca, darling. Non partecipo alle feste a Mayfair da anni.» Gli sorrise dolcemente. «Ora i migliori locali si trovano nell’East London, sai. E non sono vestita in modo adatto a un ballo.»

    Maledizione, non sapeva stare zitta. Perché parlare dei propri vestiti invece di lasciare che fossero loro a parlare per lei? La risata negli occhi di Luca aumentava via via che la esaminava dall’alto in basso, le labbra sode serrate per sopprimere quello che sembrava un sorriso sospetto. «Lo vedo.»

    Si era vestita con cura, in modo adeguato all’occasione, con un semplice abito grigio a maniche corte, e a stringerle la vita sottile un’alta cintura rossa aggiungeva un tocco di colore. Tacchi di un’altezza ragionevole, gioielli eleganti e discreti. Aveva persino raccolto i lunghi capelli biondi in un morbido chignon. Le servivano solo un paio di occhiali appollaiati sul naso e una ventiquattrore per completare la metamorfosi. Minty si era sentita un’efficiente professionista lasciando una Londra piovigginosa quando era ancora buio.

    Ora si sentiva una bambina che giocava ai travestimenti.

    «Non che non sia bello vederti» continuò Luca, ancora quel tono sarcastico nella voce vellutata. «Ma cosa abbiamo fatto per meritare una sorpresa così speciale? Devono essere passati almeno sei anni dall’ultima volta in cui ci hai deliziati della tua presenza.»

    Quasi sei, per l’esattezza. Non era più tornata dal funerale di sua zia. Da quando lei e Luca avevano quasi... Minty ricacciò indietro quel ricordo con fermezza. Era irrilevante, oggi come sempre. Non poteva permettere al passato di farla deragliare; non poteva permettersi di mandare tutto all’aria. «Oggi c’è la riunione del consiglio di amministrazione, no?» Lasciò che un’espressione preoccupata le oscurasse appena il viso. «Oh, no, non ho sbagliato giorno, vero?» Fargli credere di essere impreparata. Poi fargliela vedere.

    «Sei qui per il consiglio di amministrazione?» Minty non poté fare a meno di sentirsi compiaciuta mentre il divertimento di Luca si trasformava in incredulità. «Perché?»

    «Faccio parte del consiglio» gli fece notare.

    «Tecnicamente» disse lui. «Ma poiché finora non hai mai partecipato a una riunione, né hai mai inviato le tue scuse, mi perdonerai se sono un po’ confuso. Hai letto i documenti? Sai qual è l’ordine del giorno? Non ho tempo di aggiornarti.» Aveva un tono di sufficienza, di superiorità. Proprio come quando da bambini usava ogni secondo dei quattro anni che li separavano per denigrarla, respingerla.

    Non era più una ragazzina.

    Minty reggeva la borsa. La sua pregiata Birkin era sempre sembrata ridicola per quanto fosse enorme, mentre le pendeva da un braccio con dentro solo una carta di credito, un rossetto, e il cellulare che sbatacchiavano avanti e indietro nei suoi meandri. Si era rivelata giusta per l’iPad, in cui aveva caricato non solo i documenti di tutte le riunioni dell’ultimo anno, ma anche i propri appunti e le proprie idee. Il piano d’azione. «Letto e metabolizzato.»

    «Va bene, allora.» Luca era tornato il solito tipo imperscrutabile e vagamente beffardo. «Non vedo l’ora di sapere cos’hai in mente. Andiamo?»

    Fermi tutti, questo non era nei piani. «Cosa? Adesso? La riunione non inizia che tra un’ora.»

    «Penso che vorrai sistemarti, darti una rinfrescata.» Gli occhi color ambra lampeggiarono. «Prepararti per la riunione. Sono sicuro che riusciremo a trovarti un angolino libero, da qualche parte.»

    «Grazie» disse Minty, «ma qui sto piuttosto bene.» Con un gesto vago indicò l’atrio. Era uno spazio luminoso e accogliente, funzionale all’interno, eppure piacevole come l’esterno. Alcuni avevano pensato che mantenere gli uffici di gestione di un’impresa delle dimensioni della Di Tore Dolce nella campagna toscana fosse una pazzia; meglio sarebbe stato trasferirsi in una grande città come Roma, Milano o Firenze. Ma né Luca né suo zio avevano mai neppure considerato la possibilità di spezzare i legami con la tenuta di famiglia dove tutto aveva avuto inizio.

    L’edificio, sede degli uffici, a suo tempo era stato un fienile. Ora ospitava scrivanie, sale riunioni e decine di persone. L’area reception era un ampliamento, in cui il pezzo forte era la copertura in vetro. Piante rampicanti crescevano rigogliose intorno alle travi e alle colonne portanti, e dentro grandi vasi c’erano piante enormi di un verde brillante. Intorno ai tavolini da caffè erano raccolti gruppi di sedie, e da un lato tre donne vestite in modo elegante sedevano dietro a una lunga scrivania. Nonostante l’ora mattutina, le dita volavano sulle tastiere mentre parlavano nei microfoni. Erano un’incarnazione di Cerbero in versione elegante, e non c’era modo di oltrepassarle. Minty ci aveva provato scatenando tutto il potere del suo fascino. Non aveva funzionato.

    Durante il volo che l’aveva portata lì, aveva fantasticato del suo fortunato ritorno alla Di Tore Dolce, ispirato soprattutto dalla messa in onda dei vecchi episodi di Dynasty. Lei seduta al capo del tavolo, la presentazione già allestita quando gli altri membri del consiglio entravano, pronta a impressionarli con il proprio acume e le proprie idee.

    Se Cerbero non le avesse sbarrato la strada.

    Ma se Luca l’avesse portata lì, sarebbe stata immediatamente messa da parte, relegata nella stessa posizione secondaria in cui si era trovata, da ragazzina annoiata e imbronciata, quando era stata trascinata in ufficio per fare esperienza.

    Rifletté velocemente. «Davvero, vai avanti tu; io devo ancora organizzarmi con il pass» disse, lanciando uno sguardo in direzione della reception.

    Ora l’avrebbero lasciata passare. E mentre Luca credeva che si stesse rinfrescando, avrebbe potuto preparare il tutto. Poteva ancora sorprenderlo.

    «Nessun problema, possono portartene uno. Avanti.» Luca le posò la mano sull’incavo della schiena e accompagnò Minty verso la porta automatica che separava la zona pubblica da quella privata. Solo a quel piccolo contatto, fu attraversata da una scossa e si mosse di scatto in avanti, lontano da lui.

    Tanto per essere fredda e professionale.

    Ma non era più la sciocca ragazzina con una cotta.

    Che diavolo ci faceva Minty Davenport di nuovo a Lamole? E, soprattutto, cosa ci faceva alla Di Tore Dolce?

    Luca si diresse alla finestra e guardò le colline e i vigneti che circondavano la sede dell’azienda che aveva ereditato e fatto crescere. A un paio di chilometri da lì, oltre la cima della collina più vicina, c’era casa sua, il vecchio casale dove aveva vissuto prima con i genitori poi, dopo l’incidente, con lo zio Gio e sua moglie. Luca adorava la donna inglese dalla parlata dolce, e aveva temuto le estati in cui la sua ostinata e selvaggia nipote era venuta a gettare lo scompiglio per intere settimane.

    Ora Minty era tornata. Quale disastro portava con sé questa volta?

    E che diavolo aveva in mente di fare con la sua azienda? Se solo zia Rose non avesse diviso le proprie azioni tra loro due: le aveva dato una ragione per tornare.

    Doveva esserci un motivo perché era lì. Minty era selvaggia, impulsiva e sconsiderata, ma i suoi capricci non avevano mai incluso riunioni aziendali. Luca tirò fuori il cellulare e fece una breve ricerca. Si soffermò sui risultati più recenti di quella settimana e si accigliò.

    «Ah» disse piano, mentre scorreva lo schermo. «Beccata.»

    «Mi hai chiamata?» la voce era briosa e allegra, ma lo sguardo sprezzante. Luca conosceva bene quell’atteggiamento: la volta in cui era rimasta fuori tutta la notte... No, si corresse, le volte in cui era rimasta fuori tutta la notte. Dopo ogni scherzo esagerato, dopo ogni volta in cui era stata chiamata a risponderne, Lady Araminta Davenport aveva offerto di sé quello stesso mix di indifferenza e spavalderia.

    C’era stato un tempo in cui Luca aveva pensato che fosse vulnerabile. Che mostrasse al mondo una maschera.

    Si era sbagliato.

    Sedette appoggiandosi allo schienale, lasciando che lo sguardo si spostasse lentamente sul corpo sottile e pudicamente vestito, l’abito grigio stranamente seducente posato sulle curve sottili. La ragazzina ribelle era cresciuta ed era diventata una donna bellissima.

    La guardò direttamente, sostenendo il suo sguardo candido. «Mi dispiace per il tuo fidanzamento.»

    Minty sgranò gli occhi blu per un istante. Arrossì appena, e quello fu il solo segno esteriore di un’emozione. Sorpresa? Disagio? Imbarazzo? Qualunque cosa stesse provando, la teneva ben nascosta.

    C’era stato un tempo in cui aveva voluto sapere, sapere cosa provava. Sapere se provava qualcosa. Eliminare la patina di bugie per vedere se in lei c’era qualcosa di più di un fondo fiduciario con dell’arroganza.

    «Farsi lasciare da un fidanzato è sfortuna» disse, mentre ancora la guardava. «Farsi lasciare da tre potrebbe essere considerata negligenza.»

    Scrollò le spalle. «Cosa posso dire? Non mi sono mai presa troppa cura dei miei giocattoli.»

    Anche lui era stato uno dei suoi giocattoli? Scelto per capriccio, poi messo da parte? Sentì risorgere la vecchia e familiare rabbia, ma la ricacciò indietro. Mai le aveva dato la soddisfazione di vederlo reagire di fronte al suo comportamento egoista e offensivo. Non aveva intenzione di cominciare ora. «Probabilmente è stato meglio così. Non ti ci vedo davvero come moglie di un politico.»

    «Oh, non si tratta solo di partecipare a inaugurazioni e di baciare bambini, sai; alcune consorti hanno addirittura un lavoro, qui nel ventunesimo secolo.» Minty si avvicinò alle librerie allineate sul lato sinistro della stanza e prese una foto di sua zia. Rose si trovava fuori dal casale, un braccio intorno a un Luca appena adolescente. Lui sorrideva, appoggiato contro la donna che aveva preso il posto di sua madre. Luca ricordava chiaramente quel giorno. Per la prima volta dall’incidente si era sentito felice e non aveva pensato ai suoi genitori.

    «Fa un effetto strano essere qui, senza di lei» disse Minty così piano che a malapena riuscì a distinguerne le parole. Posò la cornice e continuò a dare un’occhiata ai ripiani, osservando le foto e i premi che Luca conservava lì.

    Per un momento Luca si intenerì. Rose era stata una madre putativa per Minty quanto lo era stata per lui; doveva essere strano tornare a Lamole, ora. Ma aveva scelto lei

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