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Nel letto del milionario: Harmony Collezione
Nel letto del milionario: Harmony Collezione
Nel letto del milionario: Harmony Collezione
E-book151 pagine2 ore

Nel letto del milionario: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Dalla Grecia agli Stati Uniti, dall'Italia all'Inghilterra, innamorarsi di un milionario non è poi così difficile. Ma riuscire a rapirne il cuore non è un'impresa da tutti.



Alexa Harcourt non passa mai più di un paio di notti di seguito insieme a Guy de Rochemont. Al suo arrivo nella villa italiana o nell'attico di Montecarlo l'aspettano abiti firmati e gioielli inestimabili, ma lei sa di essere solo la sua amante. Il nome dei de Rochemont è sinonimo di ricchezza e potere; affascinanti ereditiere si contendono l'onore di infilare l'ambito anello al loro dito per mano sua, ma l'unica che lui vuole è anche la sola che non ha le carte in regola per diventare sua moglie. O no?
LinguaItaliano
Data di uscita11 dic 2017
ISBN9788858975428
Nel letto del milionario: Harmony Collezione
Autore

Julia James

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Nel letto del milionario - Julia James

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Forbidden or For Bedding?

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2010 Julia James

    Traduzione di Elisabetta Ungaro

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-542-8

    Prologo

    Un pallido sole d’autunno filtrava attraverso la finestra della cucina, nell’appartamento di Alexa al limitare di Notting Hill, fino al tavolo d’abete, dove la colazione era apparecchiata per due. Il raffinato servizio di porcellana e le posate d’argento erano stati scovati con cura e pazienza nei negozietti d’antiquariato londinesi. Sul tavolo c’era un magnifico mazzo di fiori, in un vaso di cristallo. Nell’aria si spandeva il profumo del caffè appena fatto.

    E una tensione che si tagliava con il coltello. Una sensazione di fastidio del tutto nuova.

    Fino a quel momento lei non se n’era accorta. Si sentiva languida e sensuale, perché fare l’amore al risveglio le lasciava addosso un appagamento che durava per lunghe ore.

    Aveva finito con l’abituarsi, o almeno così credeva, a quelle singole notti di un erotismo travolgente, seguite da altre notti di desolata solitudine. Eppure quella mattina, seduta al tavolo della colazione, con il bricco del caffè in mano, una vestaglia di seta verde come unico abbigliamento, i capelli castani che ricadevano sulla schiena in morbide onde, lei si sentì stringere la gola al presentimento di brutte notizie in arrivo.

    Il momento passò, com’era venuto. Lo sguardo le s’incupì solo per qualche istante. Alexa aveva dovuto accettare la situazione, prendere o lasciare. La sua esistenza era costellata di incontri appassionati, di sconvolgente intensità, che lasciavano il posto a giorni e notti di abbandono. Allo squillo del telefono, tutto il resto passava in secondo piano. I suoi amici, il suo lavoro, la sua vita... ogni cosa perdeva importanza.

    Per una notte o due, quando un aereo privato la conduceva in una villa italiana, uno chalet sulle Alpi o un attico a Montecarlo, lei godeva di ogni istante, per quanto fuggevole, di quel sogno diventato realtà.

    Non era contenta di quella vita. La voce del buonsenso le suggeriva di abbandonare, anche se quelle emozioni imprevedibili alimentavano non solo la sua vita, ma anche la sua arte.

    All’esterno, lei si sforzava di mantenere un’immagine composta e controllata. Solo pochi amici, soprattutto nello stravagante mondo degli artisti, capivano che il suo distacco era apparente e Alexa celava un animo ardente e appassionato, che riversava nei dipinti creati per se stessa, non per lavoro. Gli altri vedevano una bellezza tranquilla, una rosa d’Inghilterra, dalla pelle chiara e dai capelli lucenti. Pochi si accorgevano della fiamma che bruciava dentro di lei.

    Cresciuta con genitori che conducevano una vita sobria e razionale, Alexa sapeva che erano rimasti sorpresi nello scoprire il talento artistico della loro unica figlia. Sua madre e suo padre non si erano opposti alla sua scelta, anche se per la loro mentalità giudiziosa la pittura era associata a una vita sregolata e di passioni estreme.

    Per non addolorarli ancor di più, Alexa si era imposta una condotta impeccabile. Uscita dall’Accademia di Belle Arti con i massimi voti, conduceva una vita tranquilla e riservata, addirittura sottotono.

    In quanto agli uomini... le si erano avvicinati, attratti dalla sua bellezza delicata, per poi andarsene, senza grossi sconvolgimenti. Con un gruppo di amici ben selezionati, Alexa andava a teatro, ai concerti, alle adorate mostre d’arte. Però non si era mai innamorata, non aveva mai sperimentato il trasporto dei sensi, lo struggimento, il batticuore. Nessuno era stato capace di accenderla di passione e rendersi unico.

    Nessuno, tranne l’uomo che era lì con lei, fermo sulla soglia. Le bastava guardarlo, per ritrovarsi con il cuore a mille e la testa leggera. Ogni volta.

    Come in quel momento.

    Eccolo lì, un metro e novanta di bellezza virile, bruno e tenebroso, fasciato in un impeccabile abito grigio chiaro cucito su misura. Guy de Rochemont non poteva certo passare per un inglese, anche se il nome francese rappresentava solo una parte delle complesse origini europee, che avevano reso l’istituto bancario Rochemont-Lorenz sinonimo di ricchezza, prestigio e potere.

    Ora gli occhi verdi dalle lunghe ciglia, capaci di farla sciogliere, erano fermi su di lei.

    Alexa restò in attesa, con il bricco del caffè ancora in mano. La tensione vibrava nell’aria. Di colpo la cucina sembrò rimpicciolirsi, mentre il tempo si dilatava a dismisura.

    Dopo un intervallo lunghissimo, che durò lo spazio di un battito, Guy parlò.

    «Ho una cosa da dirti.» Nel suo accento inglese c’erano lievi inflessioni italiane, francesi, tedesche, che lui aveva assorbito dai membri della sua grande famiglia poliglotta. Il tono era secco, privo di calore. Alexa si sentì morire. Avrebbe voluto tapparsi le orecchie per non ascoltare, per sottrarsi in qualunque modo a quello che la aspettava. Invece rimase lì, inchiodata sulla sedia della cucina Le parole di lui le giunsero da molto lontano, da un luogo temuto e doloroso. Ogni sillaba era come un colpo di scalpello nella sua carne nuda.

    «Sto per sposarmi» disse Guy de Rochemont.

    Alexa non si mosse. Sembrava una statua, pensò confusamente Guy. Una di quelle statue fin troppo realistiche di artisti moderni senza talento. Donna seduta in cucina, con il bricco del caffè stretto fra le mani come un’urna greca. Anche lui si sentiva raggelato. La sua mente era paralizzata. Quando era entrato in cucina, conosceva bene le implicazioni di quella notizia.

    La situazione era chiara. Le conseguenze inevitabili.

    Una ruga gli attraversò la fronte. Non era sicuro che lei avesse capito. La guardò ancora. I suoi magnifici occhi luminosi, che lo avevano affascinato sin dal primo momento, sembravano spenti. Il suo viso incantevole e il corpo flessuoso erano un inno alla bellezza femminile. Guy se n’era sentito subito rapito.

    Spesso le donne avevano approfittato del suo interessamento iniziale per tentare di incastrarlo, convinte di poterlo persuadere a capitolare. Alexa, al contrario, non aveva mai compiuto futili tentativi di manipolarlo. Sin dall’inizio non aveva mostrato una falsa ritrosia o un’eccessiva civetteria. Anche quando la loro relazione era iniziata, aveva accettato le condizioni restrittive di buon grado, e non si era mai lamentata.

    Si era adattata ai suoi voleri sin dalla loro prima, indimenticabile, notte insieme...

    Il ricordo si accese nella sua mente e divampò come un incendio in un campo di stoppie. Guy riuscì a soffocarlo a fatica, con la forza della volontà. Doveva chiudere con quel passato.

    Non c’era tempo per le esitazioni.

    Più tardi ci sarebbe stato il tempo per i ricordi, quello era il momento della chiarezza. A costo di essere brutale, lui doveva dirglielo.

    Le sue parole, fredde e definitive, caddero nello spazio fra loro.

    «Non ci vedremo più, Alexa.»

    Di nuovo il tempo si fermò per un lunghissimo istante. Poi, come in una scena al rallentatore, lei riprese a muoversi. Con i suoi abituali gesti misurati, cominciò a versare il caffè nella tazza, poi mise lo zucchero, aggiunse il latte, girò il cucchiaino con cura.

    E con infinito distacco.

    «Ma certo» rispose, senza scomporsi. «C’est bien entendu, si dice così in francese, mi sembra.» Il suo tono era quasi noncurante. «Prendi il caffè prima di andare, vero?»

    Mentre parlava, la sua faccia non tradiva la minima emozione.

    Non poteva crollare proprio ora. Non se lo sarebbe mai perdonata.

    La mano che reggeva la tazza era ferma. Nessun tremore, non il minimo segno di emozione.

    Guy non prese la tazza. La sua espressione era indecifrabile.

    Alexa aveva paura di andare in pezzi. Invece superò se stessa, mantenendo una calma invidiabile. Posò la tazza sul tavolo, poi tornò a guardare Guy, cortese e imperturbabile.

    «Spero che mi permetterai di augurarti ogni felicità per il tuo imminente matrimonio» dichiarò, senza scomporsi.

    Con leggerezza, avanzò verso la porta. Dava per scontato che lui si congedasse, dopo quel chiarimento. Non si voltò per vedere se Guy l’aveva seguita.

    Un passo dopo l’altro, senza fretta, con l’orlo della vestaglia di seta che le sfiorava le gambe nude. Un passo dopo l’altro, a schiena dritta, fino alla porta del suo appartamento.

    Fece scivolare i catenacci di sicurezza, una precauzione inevitabile a Londra, anche in una via silenziosa e alberata come quella in cui viveva. Si fece da parte, tenendogli aperta la porta.

    Lui si trattenne ancora un attimo, per guardarla. Dal suo viso non traspariva alcuna emozione.

    Siamo da applausi, tutti e due.

    «Allora... Grazie» mormorò lui.

    Poteva sembrare un ringraziamento per le sue felicitazioni, ma non lo era. Guy le era grato per aver accettato di buon grado il suo matrimonio.

    «È stato bello, vero?»

    «Sì» confermò lei, laconica.

    Con un tocco lieve come un piumino da cipria, gli sfiorò la guancia con due dita.

    «Ti auguro ogni bene» la salutò lui.

    «Addio, Guy.»

    Per un ultima volta, i loro sguardi si incrociarono.

    Poi, con un semplice cenno, lui uscì.

    Fuori dalla sua vita.

    Alexa non lo guardò allontanarsi. Chiuse la porta con estrema lentezza, poi vi si appoggiò, con un piccolo lamento. La sua casa era vuota.

    Il silenzio era assordante.

    Guy se n’era andato. La storia era finita.

    Alexa strinse i pugni, fino a conficcarsi le unghie nei palmi.

    Non riusciva nemmeno a piangere.

    La macchina lo aspettava poco distante. Guy aveva avvertito l’autista poco prima, mentre si vestiva. Sapeva di non poter più rimandare il momento della verità con Alexa. Aveva aspettato anche troppo.

    Salì in auto, prese il Financial Times dal sedile in pelle nera, e cominciò a leggere. La sua faccia e i suoi occhi erano impenetrabili.

    Non sarebbe mai più tornato in quella casa.

    E non poteva permettersi di sentirsi triste.

    Alexa stava pulendo il bagno.

    Aveva provato a dipingere, con risultati disastrosi. Era rimasta raggelata, con il pennello a mezz’aria, per un tempo così lungo che poi aveva dovuto lasciarlo immerso nell’acquaragia per sciogliere il colore.

    Come una sonnambula si era spostata in cucina, ma non era riuscita neanche ad aprire il rubinetto per riempirsi un bicchiere d’acqua.

    Come ultima risorsa, si era dedicata al bagno. Questa volta aveva funzionato. Aveva iniziato dalla vasca, poi era passata al lavabo e infine alle piastrelle delle pareti, usando olio di gomito e una quantità di detersivo sgrassante al limone.

    Le occorse parecchio tempo di duro lavoro.

    E

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