La fuga nelle tenebre
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Info su questo ebook
Arthur Schnitzler
Arthur Schnitzler (* 15. Mai 1862 in Wien, Kaisertum Österreich; † 21. Oktober 1931 ebenda, Republik Österreich) war ein österreichischer Arzt, Erzähler und Dramatiker. Er gilt als Schriftsteller als einer der bedeutendsten Vertreter der Wiener Moderne. (Wikipedia)
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Anteprima del libro
La fuga nelle tenebre - Arthur Schnitzler
La fuga nelle tenebre
Translated by Angelo Treves
Original title: Flucht in die Finsternis
Original language: German
Immagine di copertina: Shutterstock
Copyright © 1931, 2022 SAGA Egmont
All rights reserved
ISBN: 9788728195352
1st ebook edition
Format: EPUB 3.0
No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.
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I
Qualcuno bussò all’uscio. Il consigliere di sezione si destò d’improvviso e al suo: «Avanti!» pronunziato quasi meccanicamente, tra la veglia ed il sonno, comparve senz’altro, sulla soglia, il cameriere, che, puntualmente alle otto, come gli era stato ordinato, portava la colazione.
Il primo chiaro pensiero di Roberto fu che la sera innanzi aveva nuovamente dimenticato di chiudere la porta a chiave, ma egli quasi non si accorse del malumore che gli causava la constatazione di questo nuovo segno di distrazione, perché la sua curiosità fu tosto attratta da un fascio di corrispondenza, collocato sul vassoio, che il cameriere aveva posato sul tavolino, accanto al bricco del tè, al burro e al miele. Fra altre lettere di scarsa importanza, ne trovò una di suo fratello, che subito apri e lesse.
Apprese da questa che il suo ritorno in città era atteso con gioia dal fratello, il quale, quasi incidentalmente, fra altre insignificanti notizie di casa, gli comunicava di essere stato elevato ad un importante grado accademico. Roberto stese subito un affettuoso telegramma di rallegramenti e, senza indugio, lo fece portare alla posta.
Anche se i doveri professionali ed altre circostanze della vita interrompevano spesso per giorni e per settimane le relazioni personali fra i due fratelli, non tardava mai troppo a sopraggiungere qualche avvenimento, magari soltanto di scarsa importanza, a far loro rammentare la profondità del loro affetto e l’indissolubilità dei vincoli che li univano. Specialmente a Roberto, il minore, apparivano allora meno importanti tutti gli altri affetti, compreso quello che egli aveva provato per la sua defunta moglie e sempre piú sentiva che l’amore di Otto costituiva il piú prezioso tesoro della sua vita.
Roberto pensava che, in generale, i rapporti da fratello a fratello hanno naturalmente assicurata una maggior costanza e una maggior durata che gli stessi rapporti tra i genitori e i figli, destinati ad essere affievoliti dalle vicende della vita e poi presto troncati dalla morte.
Pensava inoltre che i rapporti tra fratelli non sono soggetti a quei turbamenti che, nascendo da misteriose profondità spirituali, facilmente annuvolano le relazioni tra uomo e donna.
Cosí Roberto accolse come un propizio presagio la lettera del fratello, che giungeva proprio il giorno della partenza, e si sentí, come per prodigio, rafforzato nelle sue speranze per l’avvenire, per quel nuovo periodo della sua vita che, dopo momenti pieni d’inquietudine, stava ora per cominciare.
Il sole era già abbastanza alto quando Roberto, dopo aver preparato i bagagli, uscí di camera. In quell’ora — durante la quale gli ospiti dell’albergo erano soliti recarsi allo stabilimento balneare o a passeggio — i paraggi dell’albergo stesso erano quasi deserti e silenziosi. Roberto si avviò verso il molo che si allungava in seno alle acque ed al quale era ormeggiato, per la sosta meridiana, un piccolo e chiaro battello a vapore; guardò le poche vele, bianche, gialle e rossicce che, quasi immobili, si cullavano nel canale, e infine volse gli occhi a settentrione, dove lo stretto canale, allargandosi gradatamente, sboccava nel mare aperto. Si tolse il cappello per lasciare che il sole gli battesse a piombo sulla testa, aspirò profondamente l’aria tenendo aperta la bocca per sentire sulla lingua il gusto della salsedine marina e si compiacque del caldo quasi estivo che, in quell’isola meridionale, ancora si diffondeva nell’aria, benché ormai l’ottobre fosse già avanzato. A poco a poco lo colse la sensazione che il momento che stava vivendo fosse, in realtà, già trascorso da lungo tempo e che egli stesso, — cosí come si trovava su quel molo, col cappello in mano, con le labbra aperte — altro non fosse che l’evanescente immagine d’un suo passato ricordo. Avrebbe desiderato trattenere questa sensazione, che non provava per la prima volta, e che non gli riusciva penosa, ma, anzi, gli dava sollievo; invece, non appena egli ebbe formulato tra sé questo desiderio, la sensazione si dileguò. E ad un tratto gli sembrò di essersi separato dal presente; cielo, mare ed aria gli erano diventati estranei, gli apparivano freddi e lontani, e cosí quell’attimo di fiorente illusione avvizzí in misero modo.
Roberto s’allontanò da quel luogo e prese per uno degli angusti sentieri, poco battuti, che fra lecci e pinastri, fra selvaggi cespugli, conducevano nell’interno dell’isola. Ma anche la campagna gli parve senza profumi, arida e spoglia del suo consueto incanto. Fu lieto che l’ora della partenza s’appressasse. Nacquero nell’anima sua vivide immagini di svaghi invernali nella città, che già da gran tempo non aveva piú desiderati. Si vide a teatro, in una comoda poltrona di velluto, in atto di contemplare un allegro spettacolo, si vide errare per strade illuminate a giorno, affollate, fra vetrine colme di gioielli, di ninnoli e di galanterie. Infine gli apparve la sua stessa figura, alquanto ringiovanita e rinfrescata, nel tranquillo angolo d’un lussuoso ristorante, a fianco d’una donna elegante e bella, la quale, senza ch’egli lo volesse, nella sua fantasia assumeva i graziosi lineamenti di Alberta. Per la prima volta, dopo la separazione, pensava oggi a lei, con un senso di melanconia. Egli si chiedeva se avesse agito ragionevolmente cedendola senza resistenza ad un giovane americano, al quale ella, se sottratta in tempo alla pericolosa vicinanza, dopo pochi giorni non avrebbe, certamente, piú pensato.
Si rimproverò, come se avesse mancato ad un suo preciso dovere, di non aver approfittato del colloquio avuto con lei quella sera nel bosco, presso il lago dei Quattro Cantoni, per metterla in guardia, invece di consigliarla ad accettare la proposta di matrimonio che le aveva fatto l’americano, proposta che, essendo il risultato d’una conoscenza di soli pochi giorni, appariva, in certo modo, sospetta. Però, Roberto non si faceva illusioni: il malessere che sentiva, non proveniva soltanto da questi tardivi rimorsi, ma, soprattutto, dal risveglio quasi doloroso dei suoi sensi, provocato dai dolci ricordi che ora ritornavano a lui.
Tornò tardi all’albergo, ove desinò solo, come sempre, ad una tavola presso la grande finestra del salone, in faccia al mare. Quindi si congedò cordialmente da alcune persone che aveva conosciute lí e sedette per brevi istanti alla tavola delle signore Rolf, che stavano prendendo il caffè sulla terrazza. La signorina Paola, alla quale Roberto, durante il suo soggiorno nell’isola, aveva dedicata scarsa attenzione (in generale, gli piaceva poco frequentare le signorine di buona famiglia), oggi lo contemplava con una benevolenza che gli diede da pensare. Quando, nel prendere congedo, baciò la mano, non solo alla madre, ancora bella e molto orgogliosa, ma anche, contro le sue abitudini, alla figlia, sentí posarsi sulla sua fronte la calda carezza d’uno sguardo scintillante, che si smorzò soltanto quando gli occhi di Roberto lo incontrarono.
Andò nella sala da musica, abbozzò sul pianoforte stonato un paio d’accordi, ma uscí tosto dal locale, dietro le cui cortine abbassate l’afoso pomeriggio si infoschiva. Aggirandosi impaziente per la spiaggia cosparsa di fine ghiaia, sentiva il vuoto di quelle inutili ore precedenti la partenza. Perciò risolse di non aspettare la sera per attraversare sul vaporino comune il breve tratto di mare, ma di attraversarlo tosto, mentre era ancor giorno, su una delle piccole scialuppe a motore che si potevano noleggiare. Giunto sull’altra sponda errò, fino a poco prima della partenza del treno, per le tortuose e disuguali viuzze della piccola città di mare, del cui passato glorioso non conosceva ancora le interessanti vestigia. Quando si trovò sul piú alto dei logori gradini dell’Arena, avvolto nella luce del tramonto, sentí salire verso di sé, dal fondo dello smisurato orizzonte, che la sera andava oscurando, un misterioso e tetro presentimento.
II
Quando il treno uscí dalla stazione, Roberto si affacciò al finestrino del suo scompartimento, e, senza rimpianto, si congedò dall’isola dileguantesi nel grigio crepuscolo e dal mare, sulle cui onde piú lontane s’indugiava l’ultimo violaceo riflesso del sole tramontato. Il treno saliva lentamente fra poveri vigneti, verso il Carso, e ben presto, dopo aver attraversata una lunga galleria, sboccò in un pianoro roccioso, il cui orizzonte non dava piú l’immagine del mare, ma lo lasciava solo indovinare. Allora Roberto, che s’era stancato nel girare per le strade disuguali e mal selciate della vecchia città, si stese sul divano e cercò di scoprire le cause sentimentali che, quella stessa mattina, durante la sua passeggiata, avevano quasi commosso il suo cuore e gli avevano dato una illusione di felicità. Ma non vi trovò piú gioia, sibbene una strana inquietudine, come se egli movesse incontro ad una decisione grave e molto importante. Si annunziava dunque in modo cosí poco desiderato l’avvicinarsi della patria?
Dopo alcuni mesi, durante i quali Roberto era vissuto in uno stato d’animo soddisfacente, anzi quasi del tutto buono, lo riprendeva ora quell’oscuro e complicato turbamento dello spirito, di cui a malapena poteva istintivamente rendersi ragione, ma che non riusciva affatto a precisare in parole e che sentiva pesare su di sé come una minaccia per l’avvenire.
Era dunque destino che egli tornasse a casa ancora cosí depresso, come quando era partito?
S’erano dunque ingannati o lo avevano ingannato di proposito i medici, che gli avevano predetta la completa guarigione, da questo suo viaggio di piacere, che durava già da sei mesi? Certo, il dottor Leinbach, suo amico di gioventú, era sempre propenso a prendere alla leggera i sintomi di cui Roberto si lagnava, ed era già abbastanza tranquillizzante il fatto ch’egli