Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

PURAVIDA: Ogni Golia ha il suo Davide
PURAVIDA: Ogni Golia ha il suo Davide
PURAVIDA: Ogni Golia ha il suo Davide
E-book486 pagine6 ore

PURAVIDA: Ogni Golia ha il suo Davide

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Puravida è la prima parte del diario del mio viaggio, un viaggio iniziato in Costarica nel 2020, proseguito in Italia tra Parma e la Sicilia e terminato in Spagna con il cammino di Santiago

Un viaggio geografico sicuramente, ma anche e soprattutto un viaggio interiore, un cambio di vita, di prospettiva, di approccio alla realtà.

Puravida è il primo libro di una trilogia, VitaminaD, un diario in cui condivido le vicende dei miei viaggi ma anche l'evoluzione dei miei pensieri sulla vita, sulla società, la mia filosofia ed il mio approccio alla cultura vegana.
LinguaItaliano
Data di uscita15 apr 2022
ISBN9791221402667
PURAVIDA: Ogni Golia ha il suo Davide

Correlato a PURAVIDA

Ebook correlati

Saggi e diari di viaggio per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su PURAVIDA

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    PURAVIDA - Davide Pesci

    IL VIAGGIO DELLA VITA,

    NEL PEGGIOR MOMENTO

    DELLA STORIA

    Il mio viaggio inizierà ufficialmente a fine gennaio, la mia prima meta sarà la Costa Rica. mentalmente però è già iniziato da tempo, da agosto, quando sono tornato dalle vacanze con i miei amici a Valencia. A dir la verità, è iniziato tutto da quando ho deciso di ribellarmi al sistema. Da quando ho cominciato a vedere il mondo in maniera diversa. Da quando ho capito che abbiamo distrutto tutto, che non c’è più tempo, che fermare, cambiare miliardi di persone e il sistema economico e sociale nel quale stiamo vivendo è quasi impossibile. Ma la mia voglia di uscire da tutto questo ha cambiato, sta cambiando e cambierà la mia vita drasticamente. Mi sono iscritto ad un corso da sub, sono diventato vegetariano e mi sto prendendo più tempo per me stesso. Il lavoro non è più la priorità, lo sono, ad esempio, l’ambiente, la solidarietà, la gente, la giustizia sociale e l’uguaglianza, non quella del sistema, quella vera. Nel frattempo, mia sorella dopo 30 anni assieme, nei quali abbiamo visto di tutto (malasanità causa della morte di mia madre, violenze familiari, divorzio, mafia, corruzione, droga, mutuo subprime firmato da mia sorella minorenne con interesse crescente, avvocati, pignoramenti, cambiali, ipoteche, fermi amministrativi, traslochi, 11 cani di cui 2 uccisi da ignoti lanciati in un fiume in sacchi neri e legati, chi più ne ha più ne metta), si è trasferita a Barcellona e mi ha lasciato qua con i miei pensieri, i miei dubbi, la mia mente che viaggia sin troppo veloce e mi fa sembrare tutto più lento ed ingiusto di quanto forse sia nella realtà. Nello stesso momento, questo scappare, questo andarsene alla ricerca di me stesso, di un obiettivo, del mio futuro, mi sta schiacciando e rende tutto più pesante. Ma io sorrido, faccio ridere e vivo ogni giorno al 100%, nell’attesa che il viaggio inizi per davvero.

    Vediamo meglio la mia prima meta: Costa Rica (grazie Fede).

    Arriverò nella zona centrale a San José, da lì mi sposterò a dormire ad Alajuela e visiterò per primi i vulcani Poas e Irazú e le cascate di La Paz. Prezzi medi altini ma sceglierò il Toucan Hostel: cancellazione gratuita fino al 22 febbraio, 44 euro per tre notti. Ora abbiamo un punto di partenza, non ci resta che prenotare il volo...

    Ci siamo: oggi, lunedì 16 dicembre tutto prende più senso e verità. Prenotato il volo: American Airlines mi conferma la buona riuscita della prenotazione del volo del 23 febbraio alle ore 10.00, partenza da Milano Malpensa con scalo a Miami. Ora pensiamoci, dobbiamo affrettare tutto, c’è un termine, è tutto vero…

    Finalmente oggi, 6 febbraio 2020, dopo 3 anni e mezzo, sangue, anima e fegato, sono uscito dal tunnel, sono uscito dal Meat & Co, bellissima la cena alla Corte di Giarola, dalla Bria dove ho dato spettacolo con le mie doti canore, e bellissimi gli ultimi giorni. La Fede, mia collega e amica, Gianluca, Allo, i miei ex titolari e amici, mi hanno fatto commuovere realmente. Bellissimo essere libero, anche se devo dare un occhio alla bilancia, per il resto, vediamo: documenti per Naspi pronti, documenti per Alleanza Assicurazioni pronti, arredamento della casa quasi venduto del tutto. Devo ammettere che è molto difficile passare tutto questo da solo, ma è in un certo qual modo liberatorio. Mi rimane da sistemare qualcosina ma ormai ci siamo, mancano 10 giorni al viaggio a Barcellona, dove saluterò mia sorella, e 17 giorni alla partenza per la Costa Rica per la quale ho effettuato l’ultimo summit con Fede, il mio grande amico piadinaro di San Polo d’Enza, che mi ha preparato mappe e descrizioni dettagliate di questo posto a me completamente sconosciuto...

    PRIMA STAGIONE

    GIORNO O 23/02/2020

    Sembrava lontanissimo il giorno in cui ho deciso di mollare tutto e partire, sembrava non arrivare mai la fine. Migliaia di saluti, ultime domeniche, ultimi aperitivi, ultime cene, ultimi scampoli di vita, di una vita vissuta oltre ogni limite e oltre le mie possibilità. Si chiudeva un capitolo, un macro capitolo durato 33 anni e 287 giorni, per il quale ci vorrebbero 4-5 libri e non credo siano sufficienti a spiegare tutti i fatti, le emozioni, i dolori e le gioie vissute. Ora sono in viaggio, nel limbo, sul trampolino di lancio per aprire la mia mente, il mio cuore e il mio corpo a questa nuova e spero bellissima avventura. Gate B010, Malpensa, tra un ora sarà tutto iniziato, tutto finito... Il viaggio di transizione è stato bellissimo, devo ammettere che American Airlines non ha badato a spese. Sedile reclinabile comodo con tv, 3 pasti, plaid, cuffie per ascoltare la musica, caricabatteria per il telefono, comfort allo stato puro e tutto questo in una semplicissima premium economy. Che dire, naturalmente non poteva andare tutto liscio: 2 ore di ritardo a causa di un aereo sparito dai radar, per poco hanno rischiato di farmi perdere la coincidenza nello scalo all’aeroporto di Miami per San José, Costa Rica, la mia destinazione finale. Nel casino totale, tra mille controlli, alla ricerca del gate giusto, D47, ho conosciuto un ragazzo di Sassuolo, 30 anni, Davide, anche lui gestiva un locale, anche lui, in partenza alla ricerca della sua anima. Il mondo è piccolo...

    Sono partito alle 4.30 del mattino da Ramiola, nella notte tra il 22 febbraio e il 23 e sono arrivato in Costa Rica alle 19.30 del 23 febbraio, anche se in realtà con il fuso orario sarebbero le 03.30 del mattino del 24 febbraio, cosa che mi scombussola un po’. Fatto sta che qui ad Alajuela sono le 20.00. Che casino, come quello a cui stavo andando incontro in cerca di un taxi, chiaramente da buon turista per caso, sono stato subito truffato: per un chilometro e mezzo, 5 dollari e in più hanno anche voluto la mancia. Non credo fossero taxisti reali, ma piuttosto due disperati schiavi della droga, che per prima cosa appena hanno scoperto che sono italiano, mi hanno proposto della cocaina. Dopo il mio rifiuto secco e 3 minuti di terrore dove ho pensato mi volessero rapire, arrivo al Toucan hostel. La corsa in taxi sarà costata 2 dollari sì e no, ma per evitare casini, ho pagato e tanti saluti. Arrivato all’ostello, il primo di una lunga serie di ostelli nel mio viaggio, mi registro, pago e salgo in camera, dove come ospite c’è un ragazzo simpaticissimo, mezzo californiano e mezzo di San Salvador, che mi accoglie, o meglio accoglie ciò che rimane di me, con i soliti convenevoli del caso: di dove sei, cosa fai qui, è la prima volta in Costa Rica?, il tutto in spagnolo. Doccia liberatoria e via, mi infilo nel mio letto a castello e alle 22.30, 6.30 italiane del mattino vado a letto. Sono arrivato, domani comincia ufficialmente l’avventura. #PURAVIDA

    GIORNO 1 24/02/2020

    La prima sveglia automatica del mio corpo, chiaramente ancora in preda al fuso orario, è alle 3.00 locali (11 italiane). Dopo una lotta senza esclusioni di colpi, mi riaddormento e mi sveglio carico a molla alle 6: denti, deodorante, zaino, abbigliamento da boy-scout e giù al piano di sotto a fare colazione con papaya, banana, ananas, cocomero, pane tostato con la marmellata e 3 litri di caffè. Parlando con la signora della reception, molto gentile, programmo la mia prima giornata costaricana: escursione alle cascate di La Paz, vulcano Poas e piantagioni di caffè. Il tutto si dimostra alquanto dispendioso, perché, non avendo prenotata in anticipo, l’unico modo di raggiungere e visitare questi posti è un taxi privato con guida a 150 dollari più 48 dollari per visitare il parco delle cascate di La Paz, più 17 dollari per il vulcano Poas: una bella botta da 215 dollari comodi comodi. La signora però mi assicura che è la maniera migliore con la guida migliore per vedere questi posti. Sono nelle mani del signor Fabrizio, che arriva poco dopo: è un signorotto sulla cinquantina, molto simpatico, c’è empatia, tanto che a fine escursione gli pagherò anche il pranzo, per riconoscenza e perché non avrei mai pensato di sentirmi così bene, grazie alla sua disponibilità e al suo modo buffo di camminare con un pancione da gravidanza al settimo mese. Non pensavo nemmeno, di sentirmi così piccolo dinanzi allo spettacolo della natura a cui ho assistito oggi: cascate immense, profumi, odori, colori, animali e alberi che non avrei mai pensato di vedere in vita mia, suoni e versi di animali che dal vivo rendono l’idea di quanta natura ci sia. A bocca aperta da quando mi sono svegliato a quando sono tornato in ostello dopo l’escursione, senza parole, veramente incantato, stupito di cotanta abbondanza.

    Decido con il buon Fabrizio di non tornare in ostello, ma di farmi una bella passeggiata nel centro di Alajuela. Profumo di Centro America, favelas, cavi della luce arrotolati e ammucchiati su loro stessi, da recitare il rosario più e più volte per sperare di avere qualche possibilità di non rimanere folgorati. Di per sé, dopo lo spettacolo del vulcano e delle cascate, la città è davvero poca cosa, anche perché il disagio si respira a ogni metro dei 4 chilometri di distanza che percorro per arrivare al mio ostello. Non esiste la raccolta differenziata, un vero peccato mortale, un colpo al cuore insopportabile vedere sacchi dell’immondizia ovunque, immondizia sulla strada e sui marciapiedi, materassi e ogni tipo di rifiuto ingombrante abbandonato nei fiumiciattoli. Che dire, sono sempre più convinto che la fine dell’uomo sia sempre più imminente e ne sono un pochino felice, perché siamo una razza davvero stupida, stupida e terribilmente malvagia. Chissà che il Coronavirus (di cui dall’Italia mi arrivano notizie sconcertanti con scene da Walking Dead, supermercati svaligiati, città deserte, psicosi da ambulanza e patemi vari) non faccia riflettere qualcuno, per ora da solo è riuscito a dimezzare le emissioni di CO2, grazie al calo drastico della produttività e della mobilità cinese, con lockdown totali e blocchi dei voli sia in entrata che in uscita dal territorio cinese, e bravo Corona!

    Mangio frutta anche alla sera dopo il pranzo a base di gallo pinto (riso, cipolle, fagioli neri, pomodoro o peperone) che ti riempie come mangiare un vasetto di soppressata calabrese! Doccia e a letto presto, domani si va al risparmio, visita in autobus alla capitale San José. Ho già voglia di svegliarmi ancora prima di andare a letto, ho voglia di vivere. #PURAVIDA

    GIORNO 2 25/02/2020

    Sveglia canonica alle 3.30, il mio corpo non ne vuole sapere di adattarsi al nuovo fuso orario. Questa volta infatti niente da fare, non mi riaddormento più. Denti, faccia, colazione ricca di frutta, pane tostato con marmellata, una quintalata di caffè e via. Alle 7.30 sono già pronto per partire, direzione San José. La fermata dell’autobus grazie a Dio è anche vicina all’ostello. Tutto molto facile, la corsa costa 600 colones, circa 1 dollaro e 20 per una ventina di chilometri più o meno. Sull’autobus conosco una signora, molto graziosa e gentile che capendo la mia natura di turista, mi mette subito in guardia riguardo la pericolosità della capitale costaricense. Ci salutiamo poco dopo quando arrivo a destinazione. Vago per il centro senza una meta precisa, giusto per dare un’occhiata. Il caldo e l’inquinamento pazzesco, oltre a tremende scene di povertà, dipingono un quadro molto negativo della situazione ai miei occhi. Indimenticabile la scena di un senzatetto abbandonato a sé stesso, dormiente, per terra, coperto di escrementi di uccelli tra l’indifferenza totale della società. Mi rattrista e incrocio le dita di non finire mai così, non voglio fare una fine del genere. Inizio a girare per le vie dei quartieri dei barrios. La precarietà, l’insicurezza, la povertà nascosta dietro a qualche negozio figo si percepisce più dell’inquinamento, dell’immondizia, del caldo soffocante e dalla caoticità che è tutto dire. Di bello, poco o niente. Non fa proprio per me, si salva solo la gigantesca cittadella dello sport e il locale tipico dove, dopo 4 ore intense di camminata a caso, mi fermo per mangiare l’ennesimo tipico gallo pinto, accompagnato dal tipico batido, bibitone con acqua al posto del latte, tamarindo e limone. Finisco di mangiare e decido di andarmene, quando vedo il mercato (il fatto di non potere usufruire di Google Maps e di non avere una mappa non facilita le cose). Mi fermo e compro la cena: 1 mango, 1 mandarino, 1 avocado (dicono che sia bravo) e tre frutti di una bontà incredibili che internamente assomigliano ai nostri fichi ma con la consistenza del frutto della passione, deliziosi e dolcissimi. Soddisfatto dei miei acquisti torno verso il centro distante 2 chilometri dalla mia posizione e riprendo il bus per ritornare ad Alajuela, un po’ deluso dalla capitale. Salgo sul bus e, chiaramente, al momento di scendere sbaglio la fermata, ma chiedo aiuto alla persona giusta, un medico che si offre di aiutarmi accompagnandomi in macchina. Io accetto l’aiuto anche perché, oltre a non capire dove sono, i 41 chilometri a piedi in 2 giorni si fanno sentire sui miei talloni che reggono ancora, nonostante le enormi vesciche, grazie all’aiuto essenziale dei Compeed… probabilmente senza non avrei più nemmeno i talloni. Arrivo in ostello accompagnato dal doc e decido di godermi un po’ di sole sulla sdraio che si trova in cortile: 20 minuti dove da colore del latte divento colore del caffè, nero! #PURAVIDA #COSTARICA! Allá mañana per le prossime avvincenti avventure!

    GIORNO 3 26/02/2020

    La situazione sonno comincia a migliorare, dalla sveglia alle 3.00 siamo passati alle 4.15, poca cosa, ma è già un successo. Mi riaddormento e alle 7.00 sono già bello pimpante. Decido di prepararmi, alle 8.00 ho già fatto la mia canonica colazione costaricana, zaino in spalla e via, direzione Zooave, un parco di recupero per salvaguardare le specie di animali e dove vengono accolti animali feriti che si devono riprendere per essere reintrodotti in natura. È distante 14 chilometri, perché non farsela a piedi?! Taaac! Detto fatto! Mi incammino e, chiedendo informazioni e indicazioni alle varie persone che incontro, imbocco la strada giusta per raggiungere lo zoo. Scopro una Alajuela diversa, fatta di ville pazzesche, ordinata, pulita e dal vero profumo di Centro America. La sensazione di essere nel posto giusto mi riempie. Il percorso dal canto suo però si rivela abbastanza arduo, più che altro per quei 33 gradi comodi comodi direttamente sul coppino che assumerebbe lo stesso calore e colore se fosse appoggiato su una piastra a induzione. Ogni persona che incontro e fermo per chiedere indicazioni, mi sconsiglia di andare a piedi e si mette a ridere di fronte alla mia smisurata voglia di masochismo. Fatto sta che dopo 2 ore e 45 minuti circa di cammino finalmente arrivo a destinazione. Entro, pago l’ingresso e inizio in solitaria a girare per tutto il parco. Il pensiero della fatica del cammino viene spazzato via: il gioco vale la candela. Uno spettacolo dietro l’altro: iguane, caimani, coccodrilli, un bradipo, un tapiro enorme di 3 quintali, volpi bianche, ghepardi, scimmie, babbuini, migliaia di uccelli di ogni tipo, tartarughe, piante secolari e bamboo dei grandezza e altezza imbarazzante. In una parola: sconvolgente! Sul percorso vari cartelloni e cartelli ti fanno comprendere che razza di merda sia l’essere umano e quanto stia velocemente sfruttando e distruggendo il mondo animale, la biodiversità, l’intero pianeta. Il mondo non finirà, resisterà come potrà: finirà l’uomo, l’essere umano, dopo aver reso questo meraviglioso mondo inabitabile e invivibile a causa del suo comportamento. La terra potrà solo gioire e godere della nostra estinzione.

    Finisco il tour del parco e decido saggiamente di riposarmi un paio d’ore. Il mio vegetarianismo, a cospetto di cotanta natura, di cotanta bellezza, si trasforma in veganismo e decido di pranzare con un’insalatona only verdure con a parte l’aggiunta di un po’ di riso per dargli un po’ di sostanza. Chiudo con un caffè alla costaricana (simile al caffè americano) e via, si riparte per tornare ad Alajuela. Le vesciche sui talloni, entrambi, poco dopo decidono di scoppiare quasi in contemporanea. Il caldo sempre più accentuato, e il dolore ai piedi, in aumento passo dopo passo, fanno nascere nella mia mente una timida idea di prendere un autobus ma nello stesso momento mi viene in mente che proprio in situazioni dove porti il tuo corpo e la tua mente oltre i limiti, lo spirito ti abbraccia e ti rende invulnerabile al dolore e alla fatica. Per questo, con una buona dose di masochismo, decido di proseguire acciaccato camminando. Lungo la strada mi imbatto in un supermercato e decido di comprarmi la cena: tamarindo, mandorle, banana, granadillas e succo di frutta alle mele 100%. Grazie a Dio, trovo anche l’equivalente dei Compeed, anche se ormai non vi è più nulla da fare: i piedi fanno malissimo e il danno ormai è stato fatto. Proseguo e, a meno di un’ora dal mio ostello, mi faccio convincere da un barman a prendere un caffè. Il barman francese mi chiede da dove vengo e, una volta appurata la mia origine italiana, mi indica la televisione dove in quel momento stanno trasmettendo in diretta la Champions League di calcio: va in scena Lione-Juventus e insieme va in scena anche il crociato che è in me. Mi esce un bel «Forza Lione, Juve merda» rivolto al barman che approva e mi batte il cinque. Per la cronaca il match si conclude con la vittoria del Lione 1 a 0, mentre io proseguo il mio cammino in direzione dell’ostello sempre più in difficoltà e in riserva di energia, tra discese e salite epiche. Dopo un’ora arrivo stremato, i talloni da buttare nell’immondizia, ustionato ma felice. Mi precipito per prima cosa nella doccia, poi cena e caffè anticipano il mio desiderio di sdraiarmi nel letto e andare a dormire che viene esaudito in tempo record: alle 21 sono già pronto per lasciare che il sonno si impossessi di me. Domani si va a La Fortuna, nuova meta, nuovo ostello, nuove escursioni. Direttamente dal paradiso terrestre posso solo che confermare che la vita è bella, bellissima. #PURAVIDA

    GIORNO 4 27/02/2020

    La mia giornata, inutile ripeterlo, inizia alle 4.30, un must ormai. Inizio a programmare la giornata partendo dal pullman, l’unico che porta a La Fortuna, che passa tassativamente alle 8.40 in direzione San José stazione dei bus 7.10 per prendere la coincidenza per La Fortuna dopo circa un’ora. Mio malgrado dovrò tornare ancora nella capitale, già solo il pensiero mi turba non poco e mi accompagna durante i 40 minuti di viaggio che mi separano da San José. Una volta sceso nel centro della capitale ho circa 10-15 minuti a piedi per raggiungere la stazione dei bus: il solito degrado, la solita tristezza nel cuore nel vedere l’incuria, l’immondizia ovunque e i barboni sdraiati a terra sui cartoni. Questa volta forse è ancora peggio della prima volta, più ci penso e più mi si chiude lo stomaco. Immerso tra questo terribile odore e la vista di questo scempio, tristezza pura ai massimi livelli, cammino, accelero quando capisco di essere in pericolo. E in effetti se non iniziassi a guardare per terra correndo (in infradito, causa vesciche), non uno, ma ben due drogati, senz’anima e senza denti iniziano a urlarmi contro e a seguirmi cercando di attirare la mia attenzione. Senza mai girarmi e senza mai alzare la testa, arrivo grazie a Dio velocemente alla stazione seminandoli. Finalmente al sicuro, mi dirigo in biglietteria dove acquisto il biglietto per la corsa al prezzo di 2860 colones (6 dollari circa) e poco dopo salgo sul bus. Il viaggio si rivela spettacolare grazie sia ai paesaggi mozzafiato in continua evoluzione sia grazie a un bambino (con la madre a fianco) che continua a intrattenersi giocando con me e il suo draghetto finto, sorridendomi divertito ogni volta che incrocia la mia buffa faccia. Nonostante però la bellezza, il viaggio risulta infinito: 5 ore abbondanti dove, però, ogni volta che giro la testa e guardo fuori, mi viene quasi da piangere per la bellezza della natura che mi circonda e inizio a realizzare che sono qui per davvero, che non è un sogno, che è tutto vero. Arrivo a La Fortuna e il posto è bellissimo! Tutt’altra storia rispetto a ciò che ho visto sino a ora. Immerso completamente nel verde, con in lontananza la sagoma del vulcano Arenal. Come di consueto, sbaglio strada e, prima di accasciarmi a terra con i miei 20 chilogrammi di zaino, ritrovo la strada giusta e anche l’ostello Container Arenal dove si respira aria di gioventù e pulizia, dove tra l’altro è vietato fumare ovunque, dentro, di fronte, nella piazzetta a fianco, ovunque. Appoggio le mie cose dopo aver effettuato il check-in e scopro di essere in camera con tre meravigliose ragazze tedesche (Ana è la più bella ma le altre due, di cui non ricordo i nomi, sono bellissime). Esco dalla camera e raggiungo la ragazza alla reception, chiacchiero con lei e le mostro il mio itinerario. Lo guarda, mi guarda, e prende una penna, poi: «No, no, questo non vale la pena, qui devi starci più giorni, qui puoi fermarti meno...» e inizia a riscrivere l’itinerario. Mi spiega tutto ciò che posso vedere e fare in ogni posto, incredibile… tutto l’itinerario, completamente diverso, stravolto! Decido di fidarmi, cancello ogni singola prenotazione ostello per ostello e rifaccio tutto da capo. Un lavoraccio di un’ora tra una modifica e una disdetta e una nuova prenotazione. Finito. Convinto sia la mossa giusta, carico come una molla, mi mangio un delizioso gallo pinto nella soda dietro all’ostello, poi vado a fare un po’ di spesa. Rimarrò a La Fortuna per una settimana circa anziché tre giorni, il programma infatti è colmo (2 vulcani, 1 cascata, terme naturali in mezzo alla foresta, rafting, canopi). Si inizia domani alle 7.50 del mattino munito di scarpe da trekking (sto già male solo al pensiero), acqua, anti-insetti, costume da bagno e vita! Ho scelto sempre questo orario per raccontarvi la mia cronistoria, le 19.00, perché qui vado a letto come le galline intorno alle 20.00-20.30. Ma ora, mentre vi sto scrivendo, sono qui seduto nell’ostello con le mie tre nuove amiche tedesche e non posso sapere come andrà a finire... Ana è bellissima, la più bella tedesca mora che abbia mai visto e conosciuto in vita mia, non che abbia conosciuto delle gran tedesche, ma ricordo ancora i miei primi limoni, proprio con una crucca all’Altromondo studios a 16 anni: lei completamente ubriaca, io pure… credo abbia vomitato subito dopo. L’astinenza da sesso e le bombe di felicità di colpo che mi sta regalando il Costa Rica dopo 33 anni di vita forse la rendono ancora più bella di quello che probabilmente è in realtà, ma se il cuore e l’anima spesso hanno visto cose che non esistevano e cose grandi esistite a cui non ho dato importanza, i miei undici undicesimi ci vedono benissimo. Nel caso, comunque, ci siano sviluppi positivi vi terrò informati, per ora vado a letto, domani mi aspettano le cascate e 4 ore di cammino. Che dire… bacioni a tutti, se torno in Italia non lo so, ma forse inizio a capire come ci si sente a essere davvero felici, senza pretendere nulla in cambio. Abbiamo già tutto, basta aprire gli occhi... buonanotte e #PURAVIDA!

    GIORNO 5 28/02/2020

    Vi scrivo a un orario insolito, le 23.00 locali (6.00 di mattina in Italia). Vi ho sempre scritto non più tardi delle 21.00. Vi informo che non ci sono stati risvolti con Ana e le sue amiche, ed era anche la loro ultima notte qui, quindi probabilmente non le rivedrò mai più. La sveglia in ogni caso è suonata alle 6.00, mi vesto, mi riempio di spray anti-insetti e felice come un bambino quando gli regalano un giochino nuovo vado a fare la mia vegan colazione: burrito con patate, insalata, cipolla e avocado, un piatto di frutta composto da banana, papaya, ananas, fragole in pezzi e caffè buonissimo. Fatta colazione vado di fronte all’ostello e attendo la guida di oggi: Arturo, chiamato da me Arturito, come nella serie Netflix La casa di carta. Salgo sul pullman direzione Rio Celeste e la sua trip-cascata (si dice che se la guardi per 40 secondi e poi guardi qualsiasi altra cosa avrai la sensazione che questa si muova). Partiamo, di fianco a me una coreana che ha prolungato le sue vacanze in Costa Rica causa Coronavirus, e insieme a noi altre 10 persone di varie etnie differenti. Siamo in un parco naturale, è davvero tutto incredibile, tutto in perfetto stile Jurassic Park. Passo dopo passo, man mano che si cammina, ti senti talmente immerso nella natura che ti viene da chiedere se ci siano possibilità di vivere nella foresta e, se sì, quando si possa iniziare. Tutto è meraviglioso, un sogno! Arriviamo al Rio Celeste e una incredibile reazione chimica tra silicio e magnesio presenti nello stesso punto inganna i nostri occhi e ci fa vedere l’acqua azzurra-celeste. In un punto la reazione è evidente in quanto il Rio assume due colori: prima del punto di reazione è trasparente, dopo il punto di reazione è celeste. In realtà tutta l’acqua è trasparente ma noi la vediamo così. Dopo circa 3 ore di escursione in questo paradiso, andiamo a mangiare in un altro paradiso, questa volta privato, un posto conosciuto e accessibile solamente a chi fa l’escursione guidata. Mangiamo il solito gallo pinto e tanta frutta fresca, poi abbiamo circa un’ora per fare anche il bagno in un punto del fiume dalla bellezza sconvolgente, da fiaba! Il mio pensiero mi trasporta nel futuro, inizio a pensare seriamente di rimanere qui e la vita mi appare bella come non mai. Tutto questo non fa altro che insediare in me quel sentimento di autodistruzione che mi porta, tornato in ostello a volere uscire, spendere, bere e mangiare come non ci fosse un domani. Così faccio e, dopo essermi cambiato almeno 3 volte a causa di improvvisi acquazzoni, in tempo zero tutti i miei buoni propositi vanno a farsi benedire, come se per essere felici un po’ si abbia bisogno di essere infelici, un mas o meno. Vado in un locale a mangiare dove, per la prima volta dopo sei giorni, pecco mangiando pesce: un meraviglioso piatto di camarones avvolti da una deliziosa frittura in pastella, in salsa di mango accompagnata dall’immancabile riso con verdurine saltate in padella da volare via, il tutto innaffiato da 3 birre artigianali diverse, una più buona dell’altra. Non contento mi faccio anche un paio di chiliguaro, chupiti di vodka e tabasco. Il cameriere Gustavo poi mi chiede di che materiale sia la mia collana che gli piace tantissimo ed io rispondo: «Legno!». Ma qui il legno è madera, mentre il leno è uno spinello. Ne approfitto e colgo la palla al balzo dopo il simpatico siparietto per chiedergli dove posso trovare della marijuana, e il buon Gustavo al prezzo di 20.000 colones mi accontenta subito. Chiaramente mi ubriaco e, non ancora contento, mi faccio portare da un taxi in un locale poco più in là per 3 dollari, me ne fa pagare però 6, invogliato a ingannarmi dal mio evidente stato di ubriachezza. Il locale è vuoto, parlo con il ragazzo dietro al bancone che mi rassicura del fatto che tra un’ora il locale sarà pieno. Ordino una birra, mi rollo una canna, la fumo e bevo un’altra birra. Purtroppo, però, nonostante sia già passata un’ora abbondante, il locale è ancora deserto. Sentendomi osservato, il mio cervello decide di porre fine a questa serata di eccessi. Vado al bancone e mi faccio chiamare un taxi. Il karma vuole che lo stesso taxista che mi ha inculato un’ora prima mi si ripresenti di fronte. Salgo e dopo aver appurato di avere pagato il doppio di quello che dovevo pagare, la mia sfacciataggine da ubriaco mi porta a fargli notare l’evidente truffa tentata. Il taxista riconosce di aver sbagliato e per questo non mi fa pagare il ritorno all’ostello. La fame chimica, dovuta alle innumerevoli birre e chiliguaro, mi porta, prima di andare a letto, a prepararmi un delizioso risottino in bianco da tamponare prima di abbandonare la nave e lanciarmi nel mio comodissimo letto a castello. Domani andrò a vedere due vulcani. Non ho ancora totalmente realizzato quanto sono fortunato a essere qui e che tutto questo sia reale e non me ne pongo il problema ora ubriaco come un topino. Buonanotte mondo, domani sveglia alle 8! #PURAVIDA!

    GIORNO 6 29/02/2020

    Salto qualsiasi convenevole e dopo aver fatto colazione, salto anche la coreana che è nel mio stesso ostello. Dopo la sbornia non sono molto di parole, ci scambiamo però Instagram per poi scoprire che farà la mia stessa escursione anche oggi. Alle 9.15 si parte per i vulcani Arenal e Tenorio. Preparo lo zaino e dall’alto una voce mi consiglia di mettere asciugamano e costume nel mio Eastpack, ma decido di non ascoltarla clamorosamente. Saliamo sul pullman, la giornata promette di essere speciale e le sensazioni che mi assalgono sono di pace e libertà assoluta. Scendiamo e a piedi ci incamminiamo nella foresta, lungo sentieri angusti tra alberi immensi, serpenti, ragni e chi più ne ha più ne metta. Il percorso è comunque piacevole anche se difficile. Mentre camminiamo conosco un uomo in pensione che vive a Salvador de Bahia, lavorava per l’Enel Green in Brasile e in giro per il mondo, ma si è fermato a vivere lì. Subito dopo conosco una pakistana-americana che mi continua a fare domande sull’Italia, prossimo suo viaggio ad aprile (un’altra potenziale vittima del Coronavirus), tra l’altro ha più peli sulle gambe lei di me, ma questo è un dettaglio. Arriviamo nel punto più alto in cui è possibile arrivare: la vista è meravigliosa, mozzafiato. Su un albero poco distante abbiamo anche la fortuna di ammirare il perezoso, ovvero il bradipo, e scopriamo che non è facile avvistarlo poiché vive in solitaria e ha bisogno di uno spazio di 2 chilometri quadrati senza aver vicino altri bradipi per poter vivere felice… che idolo! Scendiamo dal vulcano e ci dirigiamo verso una cascata immersa nella foresta. La nostra simpaticissima guida, Eron, ci invita a fare il bagno nella cascata nel bel mezzo del diluvio: una sensazione incredibile! Chiaramente, non avendo il costume per non aver ascoltato la voce dall’alto che mi intimava di prenderlo, faccio il bagno in mutande, con i miei boxer di Harry Potter comprati a Dublino il gennaio scorso. Usciamo dall’acqua e camminando arriviamo in una sorta di capanna a impatto 0, ecosostenibile, fatta di bamboo, dove ci attende il pranzo incluso nell’escursione: riso, fagioli, yunca e da bere acqua di cocco. Favoloso, mentre mangiamo continua a piovere, e il rumore della pioggia che sbatte sulle foglie è qualcosa che ti porta a un livello sensoriale da altro pianeta. Questa natura imponente ti riempie l’anima e ti lascia a bocca aperta ogni secondo che la vivi. Dopo il pranzo e questo incredibile momento zen, Eron ci porta in un osservatorio da dove dall’alto si può ammirare il lago enorme e la meravigliosa valle dei vulcani. Scontato ribadire la bellezza e l’emozione di questo spettacolo da sogno. Dopo la prima figura imbarazzante del bagno in mutande, arriva anche la seconda, sì, perché, grazie al mio pessimo inglese, l’escursione non si concluderà con un altro vulcano con le acque termali, ma con un vero e proprio parco termale naturale all’aperto, con acqua calda… e per la seconda volta mi ritrovo in mutande. Dopo aver nuotato in una grotta e goduto di una maschera di argilla, comodamente sciallato nell’acqua calda, mi ritrovo alle 8 di sera davanti al pulmino a ridere con una signora canadese che mi prende in giro per le mie mutande di Harry Potter. Rispondo con un autoironia, che rende la situazione tragicomica, più comica che tragica, dato che su 25 persone presenti alle terme sono l’unico che non ha indossato il costume. Prima di salire sul pullman, sempre in mutande, conosco il primo e unico italiano sino a ora: lavora in Germania alla Porsche, ma è nato a Torino. Ci diamo appuntamento per cena e salgo sul pullman dove posso finalmente vestirmi. Animo il ritorno con battute in spagnolo o ciò che di più simile si possa avvicinare allo spagnolo con quelle dieci parole che conosco, e quando scendo tutti mi salutano calorosamente con pacche, abbracci e baci come fossi stato per un giorno la loro mascotte. Arrivato in ostello, mi lavo, mi preparo ed esco. Vado a mangiare al Lava Club dal mio amico Gustavo, che da quando mi ha visto continua a chiamarmi Pablo perché, a dir suo, grazie al capello lungo e al baffo aggressivo, ho un’accentuata somiglianza con Pablo Escobar. Mi siedo con il mio nuovo amico di Torino, Massimo, e poco dopo ci raggiunge anche la signora canadese che aveva preso in giro i miei boxer, che si scopre lavorare per Radio Canada. In questo terzetto improbabile e totalmente casuale, passo una piacevole serata, mangiando, bevendo e ridendo di qualsiasi cosa, visto il mio inglese approssimativo che rende il tutto più comico. Concludiamo la serata a una festa paesana tipo fiera, dove il ricavato andrà totalmente a finanziare la scuola del paese. Con questa scusa brindiamo alla scuola e ci tracanniamo un altro paio di birre, al grido di «Pura Vida». Intorno alle due ci salutiamo, dopo aver fumato la canna della buonanotte e ci dirigiamo ognuno nel proprio ostello. Domani giornata di puro relax, non ho alcuna escursione, day off in vista dei prossimi intensi giorni di escursioni tra trasferimento a Monteverde, passeggiata notturna nel bel mezzo della foresta, canopy e rafting. Nel frattempo, prima di concludere la mia giornata, American Airlines mi comunica tramite e-mail che il mio volo di ritorno del 3 aprile è stato annullato a causa del Coronavirus e che in Italia sicuramente sino a fine aprile non sarà possibile tornare. La cosa non mi preoccupa minimamente, non ho alcuna intenzione di andarmene da qui, né tantomeno di tornare in Italia. Domani ragionerò sul da farsi, per ora... #PURAVIDA

    GIORNO 7 01/03/2020

    Sulla giornata di oggi c’è poco da dire, più che altro sono decisamente arrabbiato e incredulo: ho dovuto bloccare la carta di debito perché probabilmente mi è stata clonata. Dopo tutta la giornata al cazzeggio, nella quale i miei massimi sforzi sono stati farmi da mangiare a mezzogiorno, ascoltare musica

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1