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Trama imperfetta: Torino, piazza Carlo Alberto
Trama imperfetta: Torino, piazza Carlo Alberto
Trama imperfetta: Torino, piazza Carlo Alberto
E-book269 pagine3 ore

Trama imperfetta: Torino, piazza Carlo Alberto

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Info su questo ebook

Il commissario Sergio Crema e il critico cinematografico Mario Bernardini sono di nuovo i protagonisti di una storia in cui nulla è come appare. Tutto nasce dal ritrovamento di una ciocca di capelli e di un misterioso messaggio, lasciati sotto un monumento in piazza Carlo Alberto, durante uno dei temporali che flagellano quotidianamente Torino in un’estate piovosa come se ne vedono poche. È l’inizio di una guerra psicologica contro un avversario senza identità che utilizza i monumenti dedicati ai personaggi del Risorgimento per lanciare la propria sfida alle forze dell’ordine. Dopo qualche tentennamento iniziale la polizia riesce però a collegare quegli indizi alla recente sparizione di due persone. A far da sfondo a un’indagine assai intricata ci sono le vicende sentimentali dei due protagonisti. Il commissario Crema continua a fronteggiare una pericolosa attrazione nei confronti della dottoressa Bonamico, mentre Mario Bernardini è alle prese con le proposte indecenti di una giovane e attraente attrice. Nonostante ciò proveranno, tra mille difficoltà, a scoprire l’unico errore commesso dal loro nemico: una leggerezza che rende quel piano, all’apparenza inattaccabile, una trama imperfetta.
LinguaItaliano
Data di uscita2 dic 2015
ISBN9788869431012
Trama imperfetta: Torino, piazza Carlo Alberto

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    Anteprima del libro

    Trama imperfetta - Rocco Ballacchino

    I

    Erano le 19,15 del 26 giugno 2014 e fuori pioveva.

    Negli uffici della squadra Mobile di via Grattoni erano rimasti soltanto loro, il commissario Sergio Crema e l’ispettore Marco Quadrini.

    Era trascorso ormai più di un anno da quell’indagine che li aveva resi per qualche giorno celebri; avevano, infatti, impedito che un assassino compisse un plateale omicidio durante le riprese di un film maledetto in piazza Vittorio e, grazie anche all’aiuto del critico Mario Bernardini, avevano permesso che Precari¹ arrivasse nelle sale cinematografiche di tutta Italia, lanciato da quell’incredibile spot in cui fiction e realtà parevano confondersi.

    I due colleghi si alzarono in simultanea e si avvicinarono all’appendiabiti per recuperare i loro giubbotti-copertura. In quel momento alla radio passarono Ho perso le parole di Ligabue.

    Gran pezzo, disse il commissario lanciando uno sguardo di sfida verso il collega.

    Sopravvalutato, come quasi tutta la produzione di quell’autore, sentenziò, come gli era già capitato di fare in passato, l’ispettore.

    Non capisci un cazzo di musica Marco, tieniti il tuo Vasco Rossi e i suoi testi con quattro parole.

    "Se ti riferisci a Un senso, quello sì che è un gran pezzo".

    "Mai quanto Non è tempo per noi, mette i brividi".

    "Sarà, ma un capolavoro come Albachiara nella discografia del Liga non lo si trova".

    "Certe notti è la mia risposta ad Albachiara, uno a uno e palla al centro".

    Tanto non ti convincerai mai, Vasco è un vero rocker, altro che il buonismo di Ligabue.

    Sarà, ma preferisco che un domani i miei figli vadano a un concerto di Luciano piuttosto che a una pietosa recita di quello squilibrato.

    Marco Quadrini non replicò perché sapeva che quella discussione non li avrebbe condotti a nessuna forma di convergenza. In fondo era giusto così. Si erano sfidati a colpi di canzoni, Liga contro Vasco, già in passato e ognuno aveva mantenuto la propria opinione.

    Sergio Crema si infilò il suo solito giubbotto di seta lavata blu che faticò a chiudere a causa di una voluminosa pancetta in espansione.

    Promise a se stesso, per l’ennesima volta, che si sarebbe iscritto a un corso di nuoto per combattere l’avanzata del grasso, ma non lo disse ad alta voce perché sapeva che l’amico gli avrebbe rammentato che quel proposito aveva radici ormai lontane nel tempo.

    Andiamo?, domandò l’ispettore notando un rallentamento nelle intenzioni del commissario.

    Sì, certo.

    Sergio stava per raggiungere Marco, ormai quasi fuori dall’ufficio, quando il telefono sulla sua scrivania squillò.

    Una, due, tre volte.

    Il commissario e l’ispettore si guardarono sconsolati prima di ritornare sui propri passi.

    Marco Quadrini pensò per un attimo di andarsene, ma non l’avrebbe mai fatto perché quello di aspettarsi, quand’era possibile, uscendo dal lavoro era uno di quei rituali ormai consolidati nel quotidiano.

    Sergio Crema afferrò il telefono con un unico obiettivo: mettere fine alla conversazione in entrata il prima possibile e fiondarsi a casa per giocare con i suoi bambini.

    Quadrini osservò l’espressione che il volto del collega assunse una volta iniziata la conversazione e gli bastarono pochi secondi per comprendere che qualcosa di importante era accaduto.

    Scosse la testa, si sfilò il giubbotto, e rimise in moto il cervello.

    1 Vedi Scena del crimine. Torino, piazza Vittorio, Rocco Ballacchino, Fratelli Frilli Editori, 2014.

    II

    Mario Bernardini uscì dall’ascensore e si ritrovò di fronte alla porta del proprio appartamento. Stava rientrando nel suo guscio dopo la parentesi che si era aperta e chiusa nello spazio di pochi mesi.

    Al termine dell’avventura in cui aveva aiutato il commissario Crema a mettere in cella l’assassino dei DVD aveva incontrato, dopo tanti anni e grazie all’intervento del poliziotto in versione Carràmba! Che sorpresa, Claudia Malfatti, un suo amore giovanile brutalmente interrotto.

    Da un giorno all’altro, si era trasferito a Neive, in provincia di Cuneo, e aveva provato a recuperare il tempo perduto, a riprendersi tutte le emozioni che il destino gli aveva sottratto.

    Aveva abbandonato il suo lavoro di critico cinematografico, ignorato i messaggi irati del proprio editore che gli chiedeva notizie sulla sua prossima guida filmica, relativa al 2014, e si era dedicato anima e, soprattutto, corpo a quell’amore interrotto.

    Com’era prevedibile i primi tempi erano stati meravigliosi.

    Lui e Claudia avevano migliaia di cose da raccontarsi, quasi cinquant’anni di ricordi da condividere, erano come due binari rimasti in parallelo per tutto quel tempo e che, a un certo punto del loro percorso, si erano nuovamente incrociati.

    E poi c’era quella passione fisica, mai sopita, malgrado il trascorrere del tempo...

    Sesso, parole, e sguardi, in tre parole la sintesi di quello che era stato il loro rapporto durante quei mesi.

    Poi però la passione si era spenta...

    Le parole si erano esaurite...

    Gli sguardi si erano attenuati...

    Mario Bernardini, dopo oltre un anno di distacco dal suo lavoro, iniziò a trovare insopportabile la vita da campagnolo e sentì il bisogno di ritornare a Torino, di fuggire da quella che per lui stava diventando una prigione, dopo essere stato un paradiso.

    Claudia lo capì senza bisogno di sentirselo dire.

    Mario salì, al piano di sopra, in camera da letto e si mise a osservare il proprio armadio, indeciso non tanto sul da farsi ma sul modo in cui farlo.

    La sua compagna lo raggiunse qualche secondo dopo e anticipò le sue parole.

    Se vuoi andare, vai Mario. Non ti preoccupare.

    Mario si voltò e si specchiò per l’ennesima volta in quegli occhi unici. Percepì nuovamente quella sensazione di vuoto, con cui si era confrontato negli ultimi giorni, che gli fece comprendere che tutto era finito.

    Mi spiace, Claudia....

    Non importa, è la vita. L’altra volta sono stata io ad andarmene, d’altronde.

    Ho bisogno di tornare nel mio mondo, capisci?.

    Capisco e sapevo che sarebbe accaduto. È stato comunque bellissimo.

    Ci terremo in contatto.

    Il critico tirò fuori quella frase per sottrarsi da quella situazione d’imbarazzo, ma sapeva che non sarebbe accaduto.

    Ogni cosa ha il suo tempo e il tempo destinato a loro due era terminato.

    Anche Claudia lo sapeva e non provò nemmeno ad avvallare quell’ipotesi.

    Si avvicinò all’uomo che si stava per trasformare nuovamente in ricordo e lo baciò dolcemente sulla guancia.

    Poi ritornò sotto, in tinello, con la morte nel cuore.

    Lui, nonostante la pioggia incessante, decise di partire immediatamente.

    Mario Bernardini ripensò a quel bacio prima di aprire la porta che si trovava di fronte per ritornare nel suo mondo fatto di DVD, riviste e recensioni da rivedere.

    Era certo che, malgrado fosse uscito dal giro negli ultimi mesi, qualche pessimo film da stroncare ci sarebbe stato.

    III

    Che succede?, la domanda di Quadrini partì rapida.

    La persona che era al telefono mi ha prima chiesto se fossi il commissario Crema e poi mi ha detto che il primo doloroso indizio si trovava ai piedi del Re tentenna, e di arrivare lì il prima possibile. Era una voce sintetica, artefatta in qualche modo.

    Re tentenna?.

    Non ha aggiunto altro?.

    Soltanto una cosa.

    Spara.

    Questo è solo l’inizio, ha detto prima di mettere giù.

    Sarà uno scherzo?.

    Non lo so, nel frattempo proviamo a risalire all’utenza di quel numero.

    E poi cosa intendi fare?.

    Verificare immediatamente la cosa.

    Sergio Crema, mentre parlava con il collega, si era appuntato su un foglio di recupero le frasi che aveva appena sentito e aveva avviato il PC per entrare il prima possibile nell’universo Google.

    Non va avanti sta merda, fu il commento che Quadrini regalò alle orecchie del collega quando i tempi dell’attesa iniziarono a dilatarsi.

    È più veloce il computer di mia figlia, aggiunse Crema prima di poter finalmente digitare quelle due parole in quell’onnipotente motore di ricerca.

    Quindi?, domandò l’ansioso ispettore.

    Il re tentenna: Carlo Alberto.

    Il calciatore?.

    Non dire cazzate Marco. Hai mai sentito parlare dello Statuto Albertino? Mi pare risalga al 1848.

    Qualcosa devo aver studiato a scuola, ma cosa c’entra con noi?.

    Non lo so, da ciò che leggo aveva quel soprannome anche a causa delle incertezze avute durante la guerra d’indipendenza contro l’Austria. Malgrado il positivo esito iniziale del conflitto gli venne a mancare, in un secondo tempo, l’appoggio degli alleati, subì la sconfitta di Custoza e di conseguenza chiese l’armistizio attirandosi le ire del popolo.

    Mi sfugge ancora cosa stiamo cercando?, per Quadrini la storia era solo una perdita di tempo, sin dai tempi delle elementari.

    Ai piedi del re tentenna..., ripeté a bassa voce il commissario Crema, continuando a girovagare tra le varie pagine dedicate al Re di Sardegna presenti sul web.

    Quindi?, lo incalzò il collega, piuttosto scettico sull’attendibilità di quella rivendicazione.

    Ecco qui, forse ci siamo: c’è un monumento equestre a Torino dedicato a Carlo Alberto, nell’omonima piazza.

    È quel tipo a cavallo circondato da altri soggetti?.

    Sì, si trova tra la Biblioteca Nazionale e il Museo del Risorgimento.

    É la piazza in cui mettono, in prossimità del Natale, anche la pista di pattinaggio. Pensi che l’indizio sia poggiato lì?, aggiunse Quadrini cercando di assecondare la teoria del commissario.

    Non ne sono sicuro, ma voglio andare a dare un’occhiata. Mentre io recupero due mantelline comincia a sentire i tecnici per rintracciare il numero di telefono del tizio che ha chiamato.

    Ok, ci vediamo giù.

    Dopo una manciata di secondi i due poliziotti erano già in macchina, pronti ad affrontare quel muro di pioggia che non accennava a calare d’intensità. Entrambi pensarono a come sarebbe stato bello rifugiarsi nel tepore delle proprie case, ma non lo dissero perché prima c’era un’ipotesi da smentire o da avvallare e bisognava farlo in fretta.

    IV

    Un’estate così di merda non si era mai vista, sentenziò Quadrini mentre, alla guida dalla solita Grande Punto, provava a penetrare con decisione attraverso quella pioggia che scendeva a catinelle senza calare d’intensità.

    Ci stiamo trasformando in un paese tropicale. In giro sono tutti di pessimo umore per questa cosa qui.

    E le previsioni non sono migliori.

    A metà luglio devo portare i bambini al mare, disse sconfortato il commissario.

    Cazzi tuoi, amico.

    Il commento così poco diplomatico di Quadrini nascondeva comunque l’invidia per quella paternità mancata che continuava a rappresentare un cruccio nella sua vita di coppia. Sergio Crema lo capì e preferì non controbattere all’affermazione del collega lasciando che si spegnesse dentro un inespressivo silenzio.

    Malgrado il tempo avverso, dopo nemmeno una decina di minuti imboccarono via Bogino e si fermarono nel punto in cui la via incrociava la piazza dedicata a colui che il Carducci soprannominò come l’Italo Amleto, per le sue continue indecisioni.

    Andiamo?, fu la domanda retorica di Crema a cui fece seguito un ci sono, che mille volte aveva già echeggiato nelle orecchie del commissario.

    La pioggia, così copiosa e incazzata, offuscava la visuale dei due poliziotti che non avrebbero potuto prevenire un’eventuale minaccia in arrivo da qualche altro punto della piazza. Le mantelline che avevano indossato si rivelarono una blanda difesa di fronte all’acqua che, continuando a precipitare con intensità, avrebbe infradiciato loro persino mutande e calzini.

    Giunsero sotto il monumento incriminato, il cui perimetro era delimitato da tre gradini di pietra, e iniziarono a guardare in basso.

    Eccolo, urlò Quadrini. Aveva notato un piccolo sacchetto trasparente adagiato sull’ultimo dei tre gradini, nel lato della statua su cui troneggiava il deretano del cavallo di Carlo Alberto.

    Sergio Crema raggiunse il collega e alzò il tono di voce per sconfiggere il rumore della pioggia:

    Di che si tratta?.

    C’è un numero 1 scritto al PC e una ciocca di capelli, mi pare.

    Fammi dare un’occhiata.

    Il pacchetto passò dalle mani dell’ispettore a quelle del commissario.

    Poi un rumore improvviso, come di vetri rotti, attutito da quello della pioggia.

    I due uomini si guardarono intorno per qualche attimo prima di decidere di fare ritorno alla loro automobile.

    Quando furono a meno di un metro dalla meta capirono la provenienza di quel suono.

    Uno dei vetri laterali della loro Punto era andato casualmente in frantumi e sul sedile posteriore dell’auto c’era un altro sacchetto trasparente, assai simile al primo, questa volta contrassegnato con il numero 2. Il contenuto si poteva chiaramente identificare senza nemmeno aprire la bustina.

    Esaurito il tempo dedicato alle più variegate imprecazioni, Quadrini recuperò un paio di guanti dal cruscotto e cercò di raccogliere tutti i vetri che poté in quelle condizioni di evidente difficoltà.

    Poi, insieme, sigillarono il finestrino con un sacchetto del Carrefour e qualche pezzo di scotch da pacchi.

    Una volta in macchina entrambi inviarono un SMS ai propri familiari per avvisarli che sarebbe stata una lunga sera...

    V

    Una scrivania con due sacchettini sopra.

    Nel primo che avevano recuperato c’era il numero 1 scritto digitalmente e una ciocca di capelli raccolti in un elastico, nel secondo il numero 2 con accanto un bigliettino piegato.

    In piedi, due uomini e la loro morbosa curiosità.

    Il numero due che ritornava come in una maledetta Cabala da interpretare.

    Marco Quadrini, con mani inguantate, afferrò il secondo sacchetto, lo aprì con delicatezza e concentrò il proprio sguardo sul messaggio contenuto nel bigliettino.

    Poche parole, ma chiare:

    Secondo indizio: non è uno scherzo

    Che pensi?, domandò poi, rivolgendosi al collega.

    Penso che questa storia comincia a non piacermi per nulla, scosse la testa Sergio.

    È evidente che chiunque sia il mittente di questa roba qui ha temuto di non essere preso troppo sul serio.

    Di certo se avessimo trovato solo il primo sacchetto non so quanto peso alla cosa avremmo potuto dare. Rompere il finestrino di un’auto della polizia per lasciare quello che lui definisce il secondo indizio è un messaggio assai più esplicito, aggiunse Crema, dopo essersi dato una grattata alla prominente pancetta.

    E i capelli, Sergio?.

    A qualcuno apparteranno e se escludiamo l’ipotesi ‘bufala’ mi vengono in mente solo cattivi presagi.

    Saranno di qualcuno che ha fatto una brutta fine?, Quadrini andò dritto al nocciolo della questione.

    Troppo poco per dirlo, potrebbe anche essere una minaccia rivolta al futuro, oppure l’iniziale rivendicazione di un rapimento. Una cosa è certa....

    Spara.

    Siamo solo all’inizio, Marco. Con due indizi del genere possiamo cominciare a muoverci, ma sicuramente è solo un’anteprima di qualcosa che accadrà.

    Come ci muoviamo adesso?, domandò l’ispettore.

    A cazzo direi, senza una logica....

    Il commissario attese un attimo prima di far capire al proprio collaboratore, con una strizzatina d’occhio, che stava scherzando, e ricominciò a parlare.

    Proviamo innanzi tutto a verificare se qua sopra, anche se ho forti dubbi, ci sono delle impronte digitali. Poi cerchiamo di recuperare il maggior numero di informazioni dai capelli e risaliamo al numero di telefono che ha effettuato la chiamata un’ora fa.

    Dovremmo avere un numero significativo di capelli per il test del DNA, disse Quadrini indicando il primo sacchetto.

    Dobbiamo sperare che alcuni di essi contengano il bulbo pilifero e non siano stati raccolti da qualche parte dopo una caduta spontanea.

    Se li ha strappati dal cuoio capelluto non ci sono problemi, lo confortò l’ispettore.

    Dobbiamo capire cosa vuole comunicarci mister X con quella traccia e se, eventualmente, siamo già in possesso del DNA del padrone dei capelli.

    E la Bonamico?, la domanda di Quadrini era pertinente e riguardava il coinvolgimento del loro magistrato di riferimento per quanto riguardava l’apertura di quell’indagine ancora agli esordi.

    Domani la sento, adesso si è fatto tardi.

    Ok.

    Comunque il nostro amichetto ha avuto una certa dose di sangue freddo per riuscire a gestire una situazione del genere. Probabilmente ha sfruttato a suo favore l’effetto pioggia per crearsi una copertura. Sapeva che con quel tempaccio nessuno si sarebbe avvicinato al monumento prima del nostro arrivo e, soprattutto, che il rumore della pioggia avrebbe parzialmente coperto il suono prodotto dal vetro in frantumi.

    Sottoscrivo, aggiunse stancamente Quadrini, riuscendo a trattenere a stento uno sbadiglio che servì a ricordare a entrambi che si erano fatte quasi le ventidue.

    Domani ripartiamo da questi due elementi, per oggi stop!, fu la frase con cui Sergio Crema decretò la fine di quella conversazione.

    Due bimbi, a cui rimboccare le coperte, l’aspettavano a casa.

    E fuori pioveva...

    VI

    Mario Bernardini quella stessa sera non poteva nemmeno immaginare cosa stesse accadendo nella vita del commissario Crema e probabilmente non gli sarebbe importato più di tanto.

    Era troppo preoccupato, concentrato, focalizzato sul ritorno alla propria esistenza pre-fuga dalla città per pensare ad altro.

    Rientrando nel suo appartamento, qualche ora prima, aveva notato che il suo quartiere

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