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Il codice binario: La nuova indagine di Crema e Bernardini
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E-book258 pagine2 ore

Il codice binario: La nuova indagine di Crema e Bernardini

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Info su questo ebook

Il commissario Crema e il critico cinematografico Bernardini sono di nuovo alle prese con un omicidio apparentemente già risolto. Gabriele Balestri, un amministratore di condominio, è stato assassinato, in un’afosa sera di luglio, all’interno del suo ufficio. Una vittima e un solo potenziale colpevole su cui investigare. Tutto troppo scontato anche per la vedova che non crede a una sentenza già scritta, in cui i pregiudizi si trasformano, anche a causa del magistrato Giulia Bonamico, in giudizi. I due investigatori scopriranno, invece, che tutti i protagonisti di quella vicenda hanno qualcosa da nascondere e si muoveranno tra Torino e Genova alla ricerca di una verità in grado di collegare i segreti del passato al sangue del presente. Entrambi ostaggi di un’esistenza governata da un codice binario dove ogni singola scelta può rivelarsi, nel bene o nel male, quella decisiva.

Rocco Ballacchino è laureato in Scienze della comunicazione. È autore dei gialli, editi da Il Punto - Piemonte in Bancarella, Crisantemi a Ferragosto (2009), Appello mortale (2010) e Favola Nera (2012), quest’ultimo scritto a quattro mani con il giornalista Andrea Monticone. Dopo Trappola a Porta Nuova, edito da Fratelli Frilli Editori, ha pubblicato Scena del crimine-Torino piazza Vittorio, Trama imperfetta-Torino piazza Carlo Alberto, Torino Obiettivo Finale e Tredici giorni a Natale in cui al centro della scena c’è il duo investigativo composto dal commissario Sergio Crema e dal critico cinematografico Mario Bernardini (Fratelli Frilli Editori 2013-2017). Dal 2018 è il curatore della collana di gialli per ragazzi I Frillini, per la quale ha pubblicato I gemelli Misteri e l’invasione zombie. È tra i fondatori del collettivo di scrittori ToriNoir.
LinguaItaliano
Data di uscita1 ott 2018
ISBN9788869432972
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    Anteprima del libro

    Il codice binario - Rocco Ballacchino

    12 maggio 1998

    Bello vederti tra le mie braccia e poterti cullare.

    Non pensavo fosse così speciale. Fai tanti preparativi, ma non sei mai davvero pronta per un evento del genere perché, anche se te lo raccontano dettagliatamente, la realtà non è mai come la fantasia.

    Eppure da quando, qualche mese fa, sei entrato nella mia vita tutto è cambiato.

    Ogni gesto, ogni scelta, ogni comportamento adesso assume un’importanza diversa, nuova.

    L’attesa è stata lunga, piena di difficoltà e paure che adesso mi sono lasciata alle spalle.

    Superate!

    Ho deciso di mettere nero su bianco la nostra storia perché vorrei che da grande tu la leggessi.

    Lo so, arrossirò quando ciò accadrà perché vorrà dire che saranno passati degli anni, per me dei secoli.

    Adesso ti lascio riposare, mentre indossi la tua tutina preferita, quella con gli orsetti marroni.

    So già che tra qualche ora ti sveglierai e avrai bisogno di me.

    Non abbiamo la necessità di dircelo con le parole.

    Basta l’istinto.

    Ci unisce un filo invisibile, speciale…

    Buonanotte amore…

    I

    Luisa arrivò con la sua auto di fronte alla clinica Major, nel pieno centro di Torino, qualche minuto prima delle dieci.

    Sapeva che sarebbe stato un giorno double face, allegro e triste allo stesso tempo.

    Era contenta perché poteva finalmente riportare Mario Bernardini a casa, ma sapeva che per lui sarebbe iniziata una nuova tormentata fase esistenziale.

    La donna, dopo aver parcheggiato a pochi metri dall’ingresso della clinica, entrò in quella struttura, attese con il cuore in gola l’ascensore e raggiunse la camera in cui il critico aveva trascorso gli ultimi mesi.

    Mario era già pronto e la stava attendendo seduto sulla carrozzina che era diventata un’ingombrante protesi corporea.

    Quell’uomo non avrebbe più camminato a causa di una lesione midollare conseguente al conflitto a fuoco in cui era rimasto coinvolto qualche mese prima.

    Era il carissimo prezzo che aveva dovuto pagare per salvare la vita del commissario Sergio Crema, appropriandosi di quel proiettile a lui destinato.

    Già pronto?, domandò Luisa prima di baciarlo sulla bocca.

    Sì, gli infermieri mi hanno impedito di aspettarti giù.

    Hanno fatto bene. Cosa ti è saltato in mente?.

    Volevo solo accelerare i tempi.

    Sei il solito testone, amore. Hai preso anche tutti i libri?.

    Luisa pose quella domanda pur sapendo che sarebbe stato più facile per Mario dimenticare una parte del suo corpo piuttosto che i testi che aveva letto durante la lunga degenza, all’interno della clinica riabilitativa.

    Certo, sono nel borsone nero. Ho messo dentro anche la cartella delle dimissioni.

    I due sospesero il dialogo per qualche attimo. Fu una specie di tregua emozionale che si concessero prima di affrontare il momento più delicato di quella mattina, inaugurato dalla richiesta di Luisa:

    Andiamo, allora?.

    Ok, non aspettavo altro.

    Nonostante il pessimo carattere, Mario non riuscì a trattenere un sorriso che la sua compagna duplicò qualche attimo dopo.

    Era stato un periodo difficile per entrambi, aveva messo a dura prova la loro resistenza di coppia.

    Se lei era riuscita a sopportare i borbottii e le lamentele del critico in quei mesi più nulla avrebbe potuto separarli.

    Luisa iniziò a spingere la sedia a rotelle con forza anche se Mario avrebbe voluto fare tutto da solo.

    Per una volta preferì non dirglielo.

    La sensazione provocata dall’aria in faccia fu per il critico la più piacevole delle riscoperte.

    Come se fosse nato una seconda volta.

    Giunti in prossimità della loro auto, fu Luisa, dopo aver fatto scattare l’apertura porte, la prima a parlare.

    Eccoci qua.

    E la tua vecchia macchina?, chiese il critico appena comprese cosa stava avvenendo.

    Con questa ci muoveremo meglio. Ha il portellone che scorre lateralmente ed è più spaziosa.

    Non era il caso, amore, provò a protestare Mario, ma la donna non gli rispose nemmeno.

    Dai forza, è arrivato il momento di ripartire.

    Questo giorno sembrava non dovesse arrivare mai, commentò l’uomo, mentre, aiutato dalla compagna, abbandonava la carrozzina e si posizionava sul sedile anteriore.

    Durante la lungodegenza aveva rinforzato i suoi arti superiori perché li avrebbe utilizzati di più.

    Luisa, dopo aver messo via la carrozzina, raggiunse il posto di guida.

    Andiamo?, chiese al suo compagno di vita cercando di non guardarlo in faccia. Era riuscita a trattenere le lacrime sino a quell’istante e non si sarebbe arresa alla commozione proprio in quel momento.

    Andiamo, capitano mio capitano, replicò il critico per deformazione professionale.

    La donna mise in moto e premette il pedale dell’acceleratore.

    Si lasciarono alle spalle, in un amen, il momento più buio della loro vita.

    II

    Hai sentito Mario?, domandò il commissario Sergio Crema alla moglie quando si ritrovarono, finalmente, soli in camera da letto.

    La consegna dei figli a Morfeo era da sempre un’operazione piuttosto farraginosa perché occorrevano diverse letture prima di abbattere la loro resistenza.

    Sì, è tornato a casa stamattina. Ho chiamato Luisa.

    Bene, replicò il poliziotto senza riuscire ad aggiungere nulla.

    Da qualche mese era ostaggio dei sensi di colpa per ciò che era accaduto e, nonostante il sollievo per la salvezza del critico, non riusciva a darsi pace. Anche lui non era più la stessa persona di prima, come se su quella sedia a rotelle ci fossero finiti in due.

    Sembra che stia reagendo bene, aggiunse Maria nel tentativo di aiutare il marito a uscire da quel tunnel.

    Il commissario stava per aggiungere qualcosa di poco interessante quando il suo telefono vibrò prima di squillare.

    Era l’ispettore Quadrini.

    Dimmi, Marco.

    C’è un cadavere appena sfornato in largo Tirreno, esordì l’amico.

    Me l’hanno mandato a domicilio?, replicò Sergio che, nonostante il tenore della notizia, sorrise per quella coincidenza. Lui abitava proprio nel quartiere di Santa Rita, a poche centinaia di metri dal luogo del delitto.

    Non penso tu sia così famoso.

    Dobbiamo andarci noi?, domandò il commissario, ben sapendo quale sarebbe stata la risposta del collega. Dal giorno del conflitto a fuoco in cui era rimasto ferito Bernardini quello era il caso più impegnativo che avrebbe dovuto affrontare.

    No, no, se vuoi ci vanno quelli dell’Antidroga e noi della Omicidi andiamo a cercare i tossici nei parchi.

    Ok, arrivo. Ci vediamo lì, dammi l’indirizzo.

    Sergio annotò mentalmente quell’informazione e concluse la telefonata senza nemmeno salutare il collega.

    Cosa succede, amore?, domandò Maria mentre il marito si allontanava dal letto coniugale.

    Devo andare qui in largo Tirreno: omicidio.

    O mio Dio, a poche centinaia di metri da noi, commentò la donna portandosi le mani alla bocca.

    Non penso ci sia da preoccuparsi, l’assassino non girerà di certo nei paraggi in attesa di essere arrestato, la tranquillizzò Sergio mentre abbottonava con difficoltà i pantaloni, taglia 54, che trattenevano a stento la sua voluminosa pancia.

    Forse dovresti metterti di nuovo a dieta.

    Mi dedicherò alla dieta nella prossima vita, credo nella reincarnazione, replicò il commissario quando finì di vestirsi.

    Fai quello che vuoi. Sappi che se ti verrà un infarto io non ci sarò. Buonanotte!.

    Maria spense la luce e si girò dall’altra parte. Il poliziotto non disse più nulla. Lasciò in fretta quella stanza, dopo aver recuperato dal comò il portafogli e le chiavi di casa, per non fare ulteriori danni.

    Per il commissario Crema era giunto, nonostante i patimenti degli ultimi mesi e il disagio psicologico ancora presente, il momento di ritornare in campo.

    III

    Alle 23.05 di quell’afoso 13 luglio 2017 il commissario arrivò sul luogo del delitto. Il condominio in cui era avvenuto il misfatto si trovava di fronte a un distributore di benzina e il suo portone d’ingresso confinava con la vetrina di un bartavola calda aperto 24 ore su 24.

    Ottima circostanza per noi, pensò, ma non disse il poliziotto mentre si avvicinava ai colleghi in divisa che fermavano chiunque cercasse di superare quello sbarramento senza un valido motivo.

    Buonasera commissario, lo accolse uno degli agenti.

    L’ispettore Quadrini c’è già?.

    Sì, terzo piano.

    Ok, grazie.

    I poliziotti si spostarono per permettere alla star della Mobile di raggiungere il set dell’omicidio.

    Sergio ebbe la malaugurata idea di farsela a piedi e quando arrivò sul pianerottolo incriminato trovò ad accoglierlo la facile ironia del più fidato tra i suoi colleghi.

    Hai bisogno di un defibrillatore?.

    Fottiti Marco, cos’è successo?, domandò Crema per accelerare i tempi.

    Si tratta di un amministratore di condomìni. Gli hanno sparato, probabilmente, mentre era girato di spalle.

    Da vigliacchi, commentò il commissario.

    Evidentemente il suo nemico non lo spaventava, almeno in apparenza, aggiunse l’ispettore.

    Con il lavoro che fa penso potrebbero esserci centinaia di potenziali killer sparsi per Torino. Ci sono già quelli della Scientifica?.

    Sì, stanno già facendo i rilievi del cazzo, scusa, del caso.

    Ma era il suo studio?, domandò Crema indicando la targhetta in ottone posizionata alla destra della porta blindata.

    Sì, certo.

    Quando pensi sia accaduto?.

    Non abbiamo certezze, ma almeno un’ora fa. Il cadavere è stato scoperto dal ragazzo del bar. Ha portato su due caffè che Gabriele Balestri aveva ordinato qualche minuto prima.

    Quindi sarà possibile circoscrivere, indipendentemente dai riscontri del medico legale, l’ora del delitto.

    In che senso?, domandò stupidamente Marco.

    L’amministratore deve essere stato ucciso nel periodo di tempo intercorso tra la telefonata e la consegna dei caffè. A meno che non sia stata la sua anima a chiamare il bar. Mi sembra lapalissiano.

    Certo, certo. Non avevo capito, replicò Quadrini mentre si dava del coglione per quella esitazione.

    Entriamo?, domandò finalmente Crema.

    Ok.

    I due poliziotti indossarono guanti e calzari per non inquinare la scena del crimine ed entrarono nell’appartamento.

    Si trattava di un bilocale con una piccola sala d’attesa e una stanza più ampia in cui si trovava, ai piedi di una scrivania, il corpo, in posizione prona, di Gabriele. Il commissario si tenne a debita distanza per non ostacolare il lavoro dei colleghi della Scientifica, ma ne approfittò per osservare la fisionomia di quella stanza. Poco distante dalla scrivania si erigeva un voluminoso armadietto semiaperto che lasciava intravedere numerosi dossier e un appendiabiti disabitato. Nella parte opposta della stanza c’era una seconda scrivania. A terra si trovava ancora il vassoio con i due caffè rovesciati. Il cameriere, ancora sotto choc, attendeva, nell’altro locale, l’arrivo del magistrato per essere interrogato.

    Frammenti di una storia che stava prendendo forma nella mente del commissario.

    Sergio stava per dirigersi proprio verso quella stanza quando il telefono della vittima squillò.

    È la moglie. Sarà la quarta volta che chiama, disse uno degli uomini, vestito in total white, che circondava il cadavere dell’amministratore.

    Rispondo io, intervenne Crema, pronto ad assumersi quella delicata responsabilità.

    Dopo che l’agente lo recuperò dal piano in vetro della scrivania, il cellulare passò di mano in mano sino a raggiungere i paffuti polpastrelli del commissario che lo afferrò

    Pronto?.

    Gabriele?, domandò la voce esitando.

    Non sono Gabriele, signora.

    Cosa ci fa lei con il cellulare di mio marito?.

    Sta parlando con il commissario Crema, Sergio Crema, della squadra Mobile di Torino.

    È successo qualcosa a mio marito?, la donna manifestò, innalzando il tono di voce, tutta la sua preoccupazione.

    Dove si trova signora…, Sergio si fermò perché non ricordava il cognome della vittima.

    Balestri, gli suggerì, sottovoce, Quadrini, mentre mimava di imbracciare una balestra.

    ...Balestri. Preferirei parlarle di persona.

    Mi passi mio marito, prima!, insistette la donna, non rendendosi conto di quale fosse la situazione. Era in atto un chiaro meccanismo di autodifesa.

    Non mi metta in difficoltà, signora. Sarò più chiaro dal vivo.

    Ok, io sto rientrando a casa. Ho avuto un lieve incidente domestico e sono stata al Pronto Soccorso del Mauriziano. Volevo avvertire mio marito, ma lei mi sta facendo preoccupare.

    Ci vediamo a casa sua, allora. Mi dica dove abita.

    In corso Duca d’Aosta 6.

    Arriviamo subito.

    Appena terminata la conversazione il commissario si rivolse al suo collega sottoponendogli il primo quesito che balenò nella sua mente:

    Ma dove cazzo è corso Duca d’Aosta a Torino?.

    Boh..., replicò Quadrini, allargando poi le braccia.

    Andiamo Marco, voglio parlare con la moglie di Balestri a cadavere ancora caldo.

    Ok, e qui?.

    Qui ci penserà la Bonamico. Senti Ansaldi e Marini e digli che appena arrivano devono interrogare i vicini della vittima. Dobbiamo muoverci su più fronti.

    L’ispettore non se la sentì di contraddire il suo superiore. Lo conosceva bene e sapeva che era appena entrato in uno stato di trance agonistica in cui considerava le sue parole Vangelo.

    I due poliziotti scesero le scale a velocità doppia rispetto alla salita. Quando furono in strada il commissario si guardò intorno nella speranza di incrociare lo sguardo della dottoressa Bonamico, il suo punto debole. Comportamento inutile perché del magistrato non c’era alcuna traccia.

    Sei il solito coglione, Marco, disse Crema mentre si avvicinavano alla vettura del suo sottoposto.

    Perché?, domandò innocentemente l’ispettore pur sapendo a cosa si riferisse l’amico.

    Quando hai mimato l’atto di impugnare una balestra per farmi capire quale fosse il cognome della vittima per poco non scoppiavo a ridere in faccia alla moglie. Sarebbe stata una figura di merda colossale.

    Il commissario era abituato alle uscite spesso fuori luogo di Quadrini, ma in quell’occasione preferì non infierire. Stava pensando al modo con cui avrebbe dovuto spiegare alla signora Balestri quanto era accaduto. Anche se aveva ormai una lunga esperienza alle spalle, costituiva la parte più difficile del suo mestiere quella di riferire al parente stretto di un morto assassinato dettagli e circostanze di una notizia che avrebbe rivoluzionato l’esistenza di chi aveva di fronte.

    Qualche secondo dopo la loro partenza da largo Tirreno arrivò la dottoressa Bonamico.

    Le loro traiettorie si erano solo sfiorate. Un attimo prima lei o un attimo dopo lui e si sarebbero visti.

    Niente di nuovo sotto il cielo di Torino…

    IV

    Durante il tragitto i due compagni di viaggio ebbero modo di scoprire, grazie all’onnisciente Google, che corso Duca d’Aosta si trovava all’interno dell’area pedonale, per soli ricchi, situata di fronte al Politecnico di Torino. Un intreccio di viali ordinati separava l’una dall’altra diverse villette a più piani, spesso nascoste alla vista da alberi ad alto fusto e da piante rampicanti che ornavano le mura di cinta difensive.

    Sulle placchette dei citofoni anziché i cognomi dei proprietari spiccavano codici alfanumerici che solo amici e conoscenti dei facoltosi residenti potevano identificare.

    Chi abitava in quella specie di lussuosa isola preferiva non farlo sapere in giro.

    Meglio evitare l’invidia degli altri, di coloro che vivevano accatastati in alti edifici dalle rissose assemblee condominiali.

    Questi hanno i soldi, non c’è dubbio, sentenziò Quadrini appena si trovò al cospetto della villa, in mattoni rossi, in cui risiedeva il fu amministratore.

    Evidentemente la sua professione era piuttosto redditizia, sintetizzò il commissario.

    Quello è sicuro. Sono dei farabutti quei tipi lì.

    Quando Sergio si fermò le sue orecchie trasferirono la frase appena ascoltata al cervello.

    Cerchiamo di non fare figure di merda, Marco. Mi raccomando. Se hai avuto problemi in passato con gli amministratori di condominio non è il caso di tirarlo fuori proprio adesso.

    Ok, messaggio ricevuto.

    Dopo aver

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