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Vanitas
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E-book179 pagine1 ora

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La vanità maschile è un tema che emerge chiaramente tra le maglie della storiografia e talvolta con implicazioni anche fatali come accadde per il Duca di Milano Galeazzo Maria Sforza pugnalato a morte il 26 dicembre 1476 senza aver indossato la corazzina protettiva 'per non sembrare troppo grasso'.

Non si può parlare e spiegare l'evoluzione della vanità e abbigliamento maschili in un secolo complesso quale il Quattrocento, senza 'isolare' con chiarezza cronologica le vicende e i motivi ispiratori di questa evoluzione.

In questo dettagliato ma agile testo, più che un insieme di nozioni (concentrate di fatto nei due elenchi ragionati e illustrati delle vesti della prima e seconda metà del Quattrocento), sono state evidenziate, scaglionando il secolo nei quattro quarti, alcune delle motivazioni fondanti che hanno dato vita o conclusione a mode registrate in ogni singolo venticinquennio del secolo. Dare una lettura cronologica e storicamente fondata alle 'apparenze di un secolo', può essere di grande aiuto a quanti, storici del Costume, storici dell' Arte, iconologi ma anche semplici cultori e studiosi a vario titolo della materia, sentano la necessità di comprendere sia visivamente che concettualmente il 'sapore di un'epoca', sia che si tratti di un intero secolo che di un decennio soltanto.
LinguaItaliano
Data di uscita20 dic 2022
ISBN9791221449679
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    Anteprima del libro

    Vanitas - Elisabetta Gnignera

    Elisabetta Gnignera

    Tavola I.

    Carta dell’ Italia con i principali Stati formati intorno al 1490.

    A causa di quelle che erano al tempo le cinque grandi ‘potenze’ossia: la Repubblica di Venezia, il Ducato di Milano, la Repubblica di Firenze, lo Stato della Chiesa e il Regno di Napoli, nella recente storiografia si parla di ‘policentrismo’ degli stati territoriali italiani su scala regionale.

    L’Italia del Quattrocento:

    Repubbliche, Signorie e Principati

    Non è possibile comprendere a mio avviso le ragioni che sottendono a quella ‘civiltà delle apparenze’ dispiegata nel Quattrocento, se non si tiene conto di quale fosse la situazione socio-politica della penisola italiana al tempo.

    Nei secoli XII e XIII in seguito a conflitti interni dovuti sia alla eterogeneità della compagine sociale che li componeva (suddivisa sostanzial-mente nelle classi della aristocrazia, del popolo grasso e del popolo minu-to), sia ai conflitti tra Papato e Impero che venivano supportati da fazioni opposte all’interno dello stesso Comune (‘guelfi’ se sostenitori del Papa e

    ‘ghibellini’ quando sostenitori dell’ Imperatore), i Comuni avevano assisti-to alla frammentazione delle loro risorse sociali ed economiche.

    Alla fine del XII secolo le città iniziarono a ricorrere al podestà che governava in autonomia per un periodo limitato di tempo che andava dai sei mesi ad un anno. Se, inizialmente, veniva scelto tra i cittadini, successivamente per avere una maggiore imparzialità, si ricorse a stranieri che divennero ben presto una sorta di ‘professionisti della politica’ prestando la propria opera e spostandosi da un comune all’altro assistiti da una squadra di notai, giuristi, giudici, segretari e uomini d’arme scelti e convocati dagli stessi podestà.

    Ben presto al podestà subentrò la figura del signore la cui ascesa poteva avvenire secondo delle casistiche sintetizzate come segue:

    - in quanto esponente di una potente famiglia dell’emergente nobiltà cittadina;

    - in quanto podestà che estendeva il proprio potere al di là dei termini del suo mandato;

    - in quanto condottiero che si era impadronito del potere con un colpo di mano.

    La successiva legittimazione del signore poteva avvenire sia dal basso, attraverso il conferimento del potere da parte degli organismi comunali, sia dall’ alto, ottenendo l’investitura dall’Imperatore o dal Papa, e guadagnan-do di fatto il riconoscimento della propria signoria che si tramuterà nel tempo in principato dove il potere assoluto del signore sarà trasmesso per via dinastica.

    Tra XIV e il XV secolo nella penisola italiana si assiste a un pro-cesso di accentramento del potere come contrappasso alla frammentazione e al particolarismo che avevano contraddistinto l’età comunale.

    Diversamente da altre realtà europee nelle quali l’accentramento del potere aveva portato alla costituzione di estese realtà statali governate da monarchie, in Italia vennero a costituirsi degli Stati regionali singolarmente privi della potenza necessaria per tentare una unificazione delle realtà politiche presenti nella penisola.

    La storiografia recente assegna a questo fenomeno la definizione di « policentrismo italiano» ossia un assetto territoriale definito dalla presenza di grandi centri di potere costituiti nello specifico dalla Repubblica di VeneX

    zia, dal Ducato di Milano, dalla Repubblica di Firenze, dallo Stato della Chiesa e dal Regno di Napoli.

    Le vicende storico-politiche del secolo ruotano di fatto intorno alle alleanze intessute da questi grandi stati con corti-satelliti o altri stati più o meno influenti, in grado di cambiare gli assetti in favore dell’uno piuttosto che dell’altro grande centro di potere.

    Nipote di Matteo I Visconti fondatore della dinastia, Gian Galeazzo Visconti (1351-1402), prima Signore e poi Duca di Milano (1395), aveva ingrandito consistentemente il proprio stato fino ad includere porzioni dell’

    attuale Veneto, Emilia, Umbria e Toscana. In seguito alla sua improvvisa morte per peste nel 1402, il ducato di Milano si ridusse di nuovo a pressap-poco la sola Lombardia fino a che nel 1450, il condottiero Francesco Sforza sposò la figlia di Gian Galeazzo, Bianca Maria Visconti. Lo Sforza, raccogliendo la ‘ideale eredità’ del suocero, si fece proclamare Signore di Milano inaugurando la ripresa della politica espansionistica ed aprendo un conflitto per il dominio della città che coinvolse anche la Repubblica di Venezia e il Regno di Napoli. Tale conflitto ebbe termine con la pace di Lodi del 1454 quando gli Sforza vennero riconosciuti Signori di Milano e si ristabilì un equilibrio tra i vari Stati territoriali presenti nella penisola che durò fino a fine Quattrocento.1

    1 Per la sintesi delle vicende storico-politiche contenute in questa parte della Premessa, si vedano i seguenti contribuiti del medesimo autore: Zandonà,V., I comuni nel Medioevo: nascita e sviluppo tra 1200 e 1300, edizione digitale disponibile in

    < https://www.studenti.it/eta-dei-comuni-nascita-e-sviluppo-tra-1200-e-1300.html> (data ultima consultazione 18 settembre 2019); L'Italia nel 400: storia, signorie e politica edizione digitale disponibile in

    ca.html?fbclid=IwAR3082p3rWGUR3AewXajD9LpJU_sG4pRs9MVoYPEn6RviAE8eapU

    eSbEcDE > (data ultima consultazione 18 settembre 2019), passim.

    E’ ora più agevole comprendere come mai ai vari Signori degli stati più importanti e di quelli alleati, fosse connaturata l’esigenza di esternare la propria magnificenza anche nelle apparenze del vestire proprie e della loro corte in funzione della autolegittimazione e amplificazione del potere sia per stupire il popolo a loro soggetto, sia per essere degni della grandez-za delle corti alleate e avversarie.

    Questa egemonistica suddivisione del potere signorile sembra pertanto dare avvio in Italia ad una sorta di competizione serrata che si gioca non soltanto sui campi di battaglia ma anche ad un livello più sottile che è quello delle apparenze e dove le migliori maestranze artigiane e i più raffinati prodotti suntuari disponibili sul mercato, diventano una componente importan-te nella costruzione dell’aura di potenza prima e ‘splendore’ poi che circonda il signore e i suoi alleati, ma, allo stesso modo, i suoi rivali.

    In questa ‘sottile battaglia delle apparenze’, il possesso di un tessuto o di un gioiello raro o, al contrario, il distinguersi per apparente negazione di sfarzo come nel caso di Alfonso d’Aragona il quale, pur avendo conquistato e riunito il Regno di Napoli a quello delle Sicilie, predilesse il colore ne-ro ai roboanti broccati d’oro, divennero oggetto di dettagliate cronache e spassosi aneddoti che ci consentono di tracciare un quadro, talvolta molto puntuale, delle apparenze di corti e città.

    Ecco perché occorre tenere conto delle articolate vicende storiche che hanno caratterizzato nel Quattrocento la nostra penisola per comprendere

    ‘la vanità degli uomini’ che vissero a più di cinquecento anni da noi e i quali furono animati dal desiderio di mostrare potenza e bellezza come in forse poche altre nazioni al mondo, secondo quanto scriveva Jacob Burckhardt (1818-1897) nella sua Civiltà del Rinascimento in Italia:

    In nessun luogo si tenne del vestire quel conto, che si teneva in Italia. La nazione era ed è vanitosa; ma, oltre e ciò, anche uomini molto gravi non esitavano a riconoscere in un vestito quanto più si potesse bello e ben fatto un ornamento non dispregevole aggiunto alla persona.2

    2 Burckhardt, J., La Civiltà del Rinascimento in Italia, (edizione di riferimento: La civiltà del Rinascimento in Italia, Firenze, Sansoni Editore, 1955), Torino, Einaudi s.d. (Storia d’Italia Einaudi), p.397.

    Figura 1

    Masolino Da Panicale, Guarigione dello storpio e resurrezione di Tabitha, 1426-27, particolare, Firenze, Chiesa di S. Maria del Carmine, Cappella Brancacci.

    I due uomini indossano delle lussuose cioppe ( termine con cui si designavano in Toscana le pellande) in velluto e panno rosato doppiate in pelliccia; in capo calcano degli elaborati chaperons façonnés.

    INTRODUZIONE

    La gentile eleganza del Quattrocento:

    le fogge ‘de li homini’

    Renaissance bodies were not mere flesh but rather

    social bodies constructed by the clothing and acces-

    sories that not only adorned but also constituted and reflected ideals of gender and class.

    I corpi del Rinascimento non furono mera carne ma,

    piuttosto, corpi ‘sociali’ costruiti da abbigliamento e accessori che non soltanto ornavano ma che costituivano e riflettevano ideali di genere e classe.

    Timothy McCall

    ( Brilliant Bodies:

    Material Culture and the Adornment of Men in North Italy’s Quattrocento Courts)

    La citazione da Timothy McCall, esprime bene il carattere di una civiltà che Jacob Burckhardt chiama ‘del Rinascimento’3 e di un secolo, il Quattrocento, in cui ciò che si mostra nelle apparenze è ancora, quasi sempre, quello che si è, in quanto codici civici e morali e leggi suntuarie, erano vòlti a preservare la ‘gerarchia sociale’ delle apparenze (per dirla con Maria Giuseppina Muzzarelli)4 attraverso quello che si indossava e spesso si ostentava in una minuziosa regolamentazione di tessuti e gioielli, per quan-3 Ci riferiamo al già citato testo: La Civiltà del Rinascimento in Italia (18601).

    4 Cfr. Muzzarelli, M.G., Gli inganni delle apparenze. Disciplina di vesti e ornamenti alla fine del Medioevo, Scriptorium, Torino 1996 (Gli Alambicchi IX), passim.

    to riguarda l’universo femminile, e di regole sociali quasi mai imposte a differenza di quanto accadeva per le donne, ma comunque note, per il pri-vilegiato universo maschile modellato intorno al proprio censo o professione.

    Nonostante il retaggio, dovuto al

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