Le Guerre Dei Comuni control L'Imero 1176-1266: Organizzazione, equipaggianmento e Tattiche
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Gabriele Esposito
Gabriele Esposito is a contract professor of Medieval, Modern and Contemporary History at the "Luigi Vanvitelli" University of Campania. Scholar of military history and uniformology with extensive international experience, for years he has worked as an author and freelance researcher with the most important publishers active in the field of history military. These include Osprey Publishing, Winged Hussar Publishing, Partizan Press and Pen and Sword. He writes regularly for the most important dedicated magazines in the world to military history.
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Anteprima del libro
Le Guerre Dei Comuni control L'Imero 1176-1266 - Gabriele Esposito
LE GUERRE
Storie di uomini, armi, atti di forza
84
Guerrieri e soldati d’Italia
Questo libro è dedicato ai miei fantastici genitori, Maria Rosaria e Benedetto: tutto ciò che sono e che faccio è possibile solo grazie a loro, che da sempre alimentano con immenso amore i miei sogni. Quantificare la mia riconoscenza nei loro confronti è possibile solo con il metro dell’amore, che per sempre continuerò a dare loro.
© 2017, LEG Edizioni Srl
Via Vittorio Veneto, 101 – Gorizia
www.leg.it – leg@leg.it
Tutti i diritti riservati
Grafica di
Ferruccio Montanari
Impaginazione
Auro Accurso – Alchimia
Copertina
DM+B Associati
Stampa
Tipografia Sartor – Pordenone
ISBN: 978-88-6102-414-4
INDICE
PREFAZIONE
Capitolo I
LEGNANO E LE CAMPAGNE ITALIANE DEL BARBAROSSA
Capitolo II
L’ESERCITO IMPERIALE DI FEDERICO BARBAROSSA
Capitolo III
LE MILIZIE COMUNALI DELLA I LEGA LOMBARDA
Capitolo IV
CORTENUOVA E LE CAMPAGNE ITALIANE DI FEDERICO II
Capitolo V
L’ESERCITO IMPERIALE DI FEDERICO II
Capitolo VI
LE MILIZIE COMUNALI DELLA II LEGA LOMBARDA
Capitolo VII
MONTAPERTI E LE CAMPAGNE TRA GUELFI E GHIBELLINI
Capitolo VIII
LE MILIZIE COMUNALI DI FIRENZE E SIENA
Capitolo IX
BENEVENTO E LE CAMPAGNE TRA SVEVI ED ANGIOINI
Capitolo X
GLI ESERCITI DI MANFREDI DI SVEVIA E CARLO D’ANGIÒ
ENGLISH SUMMARY
BIBLIOGRAFIA/BIBLIOGRAPHY
I GRUPPI DI RIEVOCAZIONE STORICA CHE HANNO COLLABORATO AL LIBRO
RINGRAZIAMENTI
PREFAZIONE
Quello che avete tra le mani è il primo libro di una nuova serie di monografie di storia militare all’interno della collana Le Guerre
, intitolata Guerrieri e soldati d’Italia
e interamente prodotta con materiali originali nel nostro paese. Questo primo volume, a cui si spera seguiranno tanti altri, contiene già tutte le caratteristiche salienti della nuova serie: un testo agile e molto informativo, adatto ad ogni tipo di lettore ed avulso dalle pesantezze di tipo accademico
; tavole a colori originali, realizzate appositamente a corredo del testo e raffiguranti i soldati descritti nel libro; un ampio apparato iconografico con foto ad alta definizione raffiguranti moderne ricostruzioni prodotte fedelmente dai migliori gruppi di reenactors italiani. Chi conosce almeno vagamente il campo editoriale della Storia Militare sa molto bene come esso sia ormai da anni appannaggio quasi esclusivo di case editrici straniere, prevalentemente inglesi: ciò ha portato nel tempo ad una progressiva marginalizzazione delle tematiche concernenti il nostro paese, che pure ha una delle storie militari più ricche ed interessanti del mondo. Scopo principale di questo nuovo progetto editoriale è appunto quello di realizzare una serie che nel tempo vada a creare una vera enciclopedia
di storia militare italiana, formata da tante monografie focalizzate su specifici argomenti. L’ambizione di Guerrieri e soldati d’Italia
è quella di coprire lo sviluppo della Storia Militare del nostro paese dai guerrieri italici dell’Antichità alla Seconda guerra mondiale, unendo sempre l’analisi degli eserciti dal punto di vista organizzativo a quella focalizzata su uniformologia ed equipaggiamento. La struttura stessa di questi volumi li rende appetibili ad un vasto pubblico, che va dal miniaturista al reenactor, passando per il docente di storia e lo studente universitario oltre che per il semplice appassionato di questioni storico-militari.
Passando ad analizzare in generale i contenuti del presente libro, prima di tutto sembra essere necessario esplicitare i limiti cronologici entro cui è stato deciso di limitare la trattazione. Benché datato 1176-1266, il volume analizzerà alcuni avvenimenti precedenti e successivi rispetto ai due eventi limite
che abbiamo selezionato, ovvero le battaglie di Legnano (1176) e di Benevento (1266). Saranno trattati, infatti, anche eventi precedenti la famosa sconfitta di Barbarossa (come le sue prime campagne italiane) e quelli successivi alla morte di Manfredi (fino alla battaglia di Tagliacozzo del 1268). La nostra narrazione, benché incentrata sugli eserciti e non sulle campagne militari, seguirà il filo conduttore di quattro grandi battaglie, esemplari per comprendere la panoramica degli eserciti descritti: Legnano (1176), Cortenuova (1237), Montaperti (1260) e Benevento (1266). Un viaggio lungo circa un secolo, in cui passeremo dal descrivere gli albori degli eserciti comunali allo spiegare l’inizio della supremazia guelfa in Italia. Questa struttura, adottata per lo snodarsi del testo, si rifletterà anche nei contenuti delle tavole: esse affiancheranno le armature dei grandi sovrani a quelle dei più umili guerrieri, rappresentando l’aspetto degli schieramenti contrapposti presenti nelle quattro battaglie descritte. I capitoli del libro sulle battaglie saranno seguiti da altri sugli eserciti che vi presero parte, articolati in tre paragrafi ricorrenti: organizzazione, equipaggiamento e tattiche. Nel paragrafo organizzazione
sarà descritta la struttura e la composizione dei vari eserciti; il paragrafo equipaggiamento
sarà invece dedicato al descrivere minuziosamente le armi e le armature adoperate dai guerrieri presi in esame (dalle nobili cavallerie pesanti ai più umili fanti cittadini come i frombolieri). Questa sezione sarà senza dubbio quella più tecnica, ma anche la più utile per modellisti e reenactors. L’ultimo paragrafo, quello dedicato alle tattiche, spiegherà l’impiego pratico degli equipaggiamenti descritti nella sezione precedente: vedremo come i vari eserciti erano soliti combattere in battaglia e in che modo utilizzavano al meglio le loro armi.
Capitolo I
LEGNANO E LE CAMPAGNE ITALIANE DEL BARBAROSSA
I venticinque anni in cui Federico Barbarossa condusse le campagne militari in Italia furono uno dei periodi storici più importanti e ricchi di novità nell’intera storia del nostro paese. Per comprenderli e giudicarli correttamente è assolutamente necessario, però, collocarli in un contesto più ampio (quello europeo) e analizzarli senza pregiudizi. La figura del Barbarossa va quindi interpretata e valutata come quella di uno dei più grandi sovrani del suo tempo, prendendo in considerazione anche la sua importante attività politico-militare svolta in Germania. Siamo di fronte ad un sovrano che nella maggior parte delle altre storiografie europee viene paragonato allo stesso fondatore del Sacro Romano Impero, ovvero Carlo Magno: infatti, dopo decenni di debolezza e di generale perdita di prestigio, Barbarossa seppe ridare slancio e dignità al sogno imperiale. Fin dai tempi di Ottone I (936-973), il divario culturale e materiale esistente tra le due maggiori componenti territoriali del Sacro Romano Impero era andato aumentando: la Germania, a nord, famosa per la potenza militare dei suoi cavalieri ma materialmente piuttosto povera; l’Italia, a sud, in piena espansione culturale ma soprattutto economica. Nella penisola, poi, c’era il papa: era lui ad incoronare ogni nuovo imperatore e ad avere un immenso peso politico su tutta l’Europa occidentale. Gli attriti esistenti tra impero e papato riguardo al potere dei vescovi erano ancora molto vivi, nonostante la soluzione di compromesso raggiunta alla fine della lotta per le investiture
: l’imperatore aveva un forte controllo sui grandi ecclesiastici di Germania, mentre in Italia le nomine erano appannaggio esclusivo del papa. Essendo l’autorità imperiale spesso debole per le continue lotte intestine della Germania, l’Italia centro-settentrionale con le sue fiorenti e ricche città si era resa sempre più autonoma; ovviamente il papato aveva fortemente contribuito al successo di questo processo, ambendo a diventare la potenza politica egemone nella penisola. Gli imperatori tedeschi, con la sola eccezione di Enrico IV, si era ormai quasi rassegnati
a questa situazione, rinunciando a scendere in Italia o facendolo solo con forze militari limitate. Diventato re di Germania nel 1152, Federico Barbarossa ebbe subito in mente di cambiare totalmente la situazione politica che gli si parava davanti: il Sacro Romano Impero doveva diventare una monarchia nazionale di tipo feudale, sul modello di Francia e Inghilterra. L’Italia doveva farne parte a tutti gli effetti, riconoscendo l’autorità politica dell’imperatore e mettendo da parte le sue nuove libertà.
GLI ANNI 1154-1160
La presenza del potere imperiale doveva tornare a farsi sentire viva nella penisola, recuperando la sovranità perduta a vantaggio delle città e del papa. Fu avendo in mente questo progetto che il Barbarossa discese in Italia per la prima volta nel 1154, per essere incoronato imperatore dal papa. Pur di sottomettere l’Italia e di condurre un’adeguata expeditio italica, Federico aveva fatto grandi concessioni ai maggiori principi tedeschi; primo fra tutti il suo ambizioso cugino Enrico il Leone, che aveva così potuto sommare nella sua persona il ducato di sassonia e quello di Baviera. Appoggiato in maniera incondizionata da tre grandi arcivescovi (di Magonza, Colonia e Magdeburgo), il Barbarossa scese in Italia per esporre le sue nuove linee politiche e per ascoltare le lamentele dei suoi sudditi italiani. Queste erano principalmente rivolte contro la città di Milano e i soprusi da essa commessi, una città che era già diventata di gran lunga la più potente ed importante di tutto il nord. La prima campagna italiana dell’imperatore ebbe principalmente una funzione dimostrativa e simbolica: Barbarossa non si impegnò in operazioni di grande rilevanza, ma condusse delle significative azioni dimostrative contro alcuni castelli collocati ai margini delle terre del comune di Milano. Poi si rivolse a conquistare la città di Asti, filomilanese, per consegnarla al suo più potente e fedele alleato in Italia: il marchese del Monferrato. Infine, su richiesta della filoimperiale Pavia (da sempre la città italiana più fedele all’impero), attaccò Tortona e la conquistò per sete dopo un assedio durato due mesi. Milano, alleata di Tortona, aveva inviato 100 cavalieri e 200 arcieri in aiuto alla città ma evidentemente questi non erano bastati. La città ambrosiana, comunque, non si diede per vinta: approfittando dell’assenza di Barbarossa (intanto disceso a Roma con il suo esercito per farsi incoronare) i milanesi accolsero i profughi di Tortona e li esortarono a ritornare sul sito della loro città per ricostruirla. Il territorio di Tortona era ora occupato dai pavesi, che evidentemente avrebbero impedito ai profughi di ricostruire la città: per questo i milanesi inviarono due porte (reparti militari) sotto il comando dei due consoli cittadini, affinché scortassero i tortonesi e affrontassero i soldati di Pavia. La spedizione milanese fu però un fallimento, probabilmente a causa di dissidi interni esistenti tra i due comandanti. Federico Barbarossa, intanto, era in marcia verso Roma. Si sarebbe trovato davanti una città completamente divisa e in subbuglio, sull’orlo della guerra civile: il papa, Adriano IV, aveva perso il controllo sulla città che intanto si era costituita in libero comune. Il capo di questa rivolta popolare era il carismatico Arnaldo da Brescia, chierico riformatore che ambiva a riportare la Chiesa alla purezza delle origini. Seguendo questa visione religiosa e politica i rivoltosi avevano espulso il pontefice da Roma e avevano assunto il controllo politico della città (ritenendo che il papa dovesse occuparsi solo di questioni spirituali, rinunciando a quelle temporali). All’approcciarsi di Barbarossa sia Adriano IV che Arnaldo si rivolsero all’imperatore per ricevere il suo appoggio: Federico scelse di appoggiare il papa, dato che era sceso in Italia soprattutto per essere incoronato, ma anche per la promessa di non interferire sulle nomine degli ecclesiastici tedeschi fattagli dal pontefice. Sbaragliate le truppe comunali romane e occupata la città, Barbarossa fu incoronato nel giugno del 1155 mentre le sue truppe ancora combattevano duramente per le strade contro i cittadini di Roma. Dopo questi eventi l’imperatore ritornò in Germania, pronto a stabilizzare il suo potere tra i grandi principi tedeschi e con l’obiettivo di guadagnare ulteriore prestigio ai loro occhi (cosa che fece conducendo una vittoriosa campana militare in Polonia nel 1157).
Nel 1158, ormai sicuro del suo potere in Germania, Federico ritornò in Italia alla testa di un esercito ancora più potente. Questa volta la sua expeditio italica aveva uno scopo ben preciso, ovvero saldare i conti con la ribelle Milano. Negli anni immediatamente precedenti i milanesi avevano riaffermato la loro egemonia sulla pianura padana e avevano costruito una nuova cerchia di mura intorno alla loro città. La breve campagna che precedette il primo assedio di Milano fu costellata di successi per il Barbarossa: le truppe milanesi, schierate a Cassano d’Adda per impedire il passaggio del fiume da parte degli imperiali, furono sorprese alle spalle e costrette a ritirarsi da un contingente di cavalieri tedeschi che era riuscito a guadare il fiume in piena e a sconfiggere una colonna di rinforzi comunali proveniente da Gorgonzola. Conquistato il castello di Trezzo, gli imperiali iniziarono l’assedio di Milano nell’agosto del 1158: inizialmente Barbarossa si limitò a saccheggiare le aree circostanti senza attaccare direttamente le difese cittadine, ma il fallimento di alcune sortite e il progressivo isolamento spinse i milanesi ad arrendersi piuttosto presto. L’imperatore fu clemente con gli sconfitti, limitandosi ad umiliarli e ad imporre la presenza di rappresentanti imperiali all’interno della città. Federico aveva ormai raggiunto il punto più alto del suo potere ed era pronto ad imporre a tutti i sudditi italiani la sua nuova visione di impero. Nel novembre del 1158, nella dieta imperiale convocata a Roncaglia, Barbarossa espose le sue intenzioni: prima fra tutte, riportare i proventi della tassazione pubblica italiana nelle casse imperiali (denaro necessario a Federico per finanziare le sue guerre intestine contro i principi tedeschi). Fin da subito il papato, nella persona del nuovo pontefice Alessandro III, si oppose duramente alle deliberazioni di Roncaglia; lo stesso fecero i comuni di Milano e Crema. Milano scacciò i delegati imperiali e si riappropriò del castello di Trezzo, mentre Crema si rifiutò di abbattere le sue mura. Nel 1160 il Barbarossa scatenò tutta la sua potenza proprio contro Crema, che si difese strenuamente con tutte le sue forze. In quello che divenne ben presto un assedio memorabile per via delle gigantesche macchine d’assedio che furono costruite ed adoperate, i soldati comunali italiani dimostrarono tutto il loro coraggio e il loro valore. Purtroppo gli aiuti di Milano non erano neppure riusciti ad avvicinarsi alla città assediata, che fu infine costretta ad arrendersi. Anche questa volta il Barbarossa si dimostrò piuttosto clemente nei confronti degli sconfitti. Nel