Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

La via dell’Immortale
La via dell’Immortale
La via dell’Immortale
E-book206 pagine2 ore

La via dell’Immortale

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Angela, donna determinata e testarda, fa parte del progetto PEGASO che non si limita a studiare le onde gravitazionali bensì anche i buchi neri. Durante un esperimento, però, succede qualcosa di insolito… “Ai piedi della macchina si ergevano sette individui ammantati di nero, e nessuno poteva immaginare da dove potessero essere usciti. Possibile che invece di aprire un buco nero avessero aperto un qualche portale?”
Gli immortali sono esseri dai poteri sconfinati, capaci di frantumare montagne e resistere a qualsiasi arma umana. Sono loro che possono plasmare la natura e rigenerare le proprie ferite in pochi secondi.
E così eccola Angela, alla ricerca di un professore studioso di questi esseri, e poi incaricata in una missione in Nepal, in una spedizione militare, per cercare un fantomatico saggio che vive da ottocento anni all’interno di una montagna. Un’avventura incalzante, un avvicendarsi di situazioni che travolgerà il lettore tra le  lotte, scontri e sguardi amorevoli.


Andrea Berardi vive e lavora a San Marino. Per la collana Nuove Voci ha già pubblicato Echoes of Light e Dipingere un Sogno.
 
LinguaItaliano
Data di uscita31 ott 2022
ISBN9788830671744
La via dell’Immortale

Correlato a La via dell’Immortale

Ebook correlati

Narrativa generale per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su La via dell’Immortale

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    La via dell’Immortale - Andrea Berardi

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Capitolo 1

    I suoi passi riecheggiavano sul pavimento in acciaio, rimbombando per tutto lo stretto corridoio pressurizzato. Era un passo piccolo, ma veloce, quasi nervoso, che rifletteva le grandi emozioni che in quel momento attraversavano la responsabile di quei passi.

    Angela Cesarini era il nome di quella figura snella di media statura, che stava attraversando così in fretta quel corridoio. Di corporatura esile, sembrava debole basandosi sul suo solo aspetto fisico, ma i suoi occhi e il suo viso dicevano tutt’altro. Incorniciato da crespi capelli castano scuro, il suo volto aveva zigomi alti, un nasino a punta, labbra e sopracciglia sottili, quasi sempre increspate in quei giorni pieni di lavoro. Due grandi occhi neri, in quel momento impegnati a rileggere per l’ennesima volta il programma del giorno, il giorno in cui il progetto PEGASO avrebbe finalmente avuto inizio, dominavano quel suo bel viso.

    Concentrata sul proprio foglio, non guardava dove metteva i piedi finendo così a sbattere contro un pilastro d’acciaio. Colta di sorpresa, lasciò cadere i fogli mentre lanciava una muta imprecazione a quel cumulo di ferri e pali presenti un po’ dappertutto. Massaggiandosi la spalla che aveva colpito il pilastro, s’inchinò per riprendere i fogli gettando uno sguardo all’oblò alla sua destra. Oltre di esso, scorgeva solo un’oscurità bluastra. La cosa le dava una po’ i brividi, nonostante sapesse che la struttura era ben solida, il trovarsi a trecento metri sotto l’acqua continuava a turbarla.

    La struttura in cui si trovava, infatti, era situata nelle profondità del lago di Garda. Era quello il centro sperimentale del progetto Pegaso. Un progetto europeo di cui ben pochi erano a conoscenza, di certo non riempiva le pagine dei giornali come il CERN o il VIRGO, quest’ultimo di sua personale conoscenza, ma forse era ancora più importante. Il progetto era segreto e per questo era nascosto nelle profondità del lago. Ufficialmente la struttura esisteva per studiare la biofisica del lago, ma nessuno lì dentro ne sapeva niente al riguardo. Erano tutti fisici, esperti di matematica, di fisica quantistica o nucleare. Un gruppo di scienziati molto variegati cui lei aveva la fortuna di appartenere.

    Laureata in scienze matematiche al politecnico di Milano, era dottoressa in Scienze Applicate e, nonostante la giovane età, era una delle più brillanti matematiche d’Italia.

    Dopo la laurea aveva presto lasciato il paese trasferendosi prima in Inghilterra e poi in America, alla ricerca di luoghi in cui poter sviluppare meglio le sue ricerche: gli studi sulle onde gravitazionali, uno dei grandi misteri della relatività generale. Ciò l’aveva riportata in Europa e poi in Italia, dove aveva partecipato per un breve periodo al progetto VIRGO, appunto uno dei pochi centri specializzati sulla ricerca di queste onde. Situato vicino a Pisa, grazie al suo interferometro di ultima generazione, il centro sembrava fatto apposta per lei, ma poi le si era presentata un’opportunità più grande e così era finita dentro il progetto segreto denominato PEGASO che andava ben oltre gli studi sulle onde gravitazionali. Il progetto studiava i buchi neri.

    Svoltato l’angolo, s’imbatté in un collega che sperava di non incontrare almeno per quel giorno. Come se fosse possibile in una struttura piccola e chiusa come quella.

    «Angela» la chiamò l’uomo con un tono misto fra l’ilare e il sorpreso, un tono che usava spesso con lei e che Angela non sopportava. «Sempre di corsa e con dei fogli in mano, eh!» scherzò esibendosi in un largo sorriso.

    Angela distolse lo sguardo, decisa a non dargli corda. «Spostati Massimo, non ho tempo ora» tagliò corto cercando di passargli oltre ma lui le si parò nuovamente contro.

    «Andiamo Angela» la incalzò. «Tanto andiamo nella stessa direzione, potremmo anche fare la strada insieme, non credi?» propose sempre sorridente.

    Angela continuò a non guardarlo e tirò dritto, purtroppo seguita dal collega.

    Massimo era lo scienziato più vicino alla sua età. Ventinove anni sono pochi a fronte di una media di cinquanta, e Massimo con i suoi trentasette anni era il più giovane dopo di lei. Questo, insieme al fatto che erano entrambi italiani, lo portava ad essere anche troppo insistente nei suoi confronti, con continui inviti ad uscire e tentativi di passare insieme più tempo possibile, ma Angela non era per nulla interessata. Lei si trovava lì per lavoro, non certo per procurarsi un uomo. E non avrebbe mai voluto uno come Massimo al suo fianco. Le risultava così antipatico con quel sorriso sempre stampato in faccia e una strafottenza che veniva fuori sempre di più mano a mano che il lavoro aumentava. Non c’era niente in lui che poteva interessarle, nemmeno fisicamente.

    Senza contare che non era mai stata molto interessata all’altro sesso, o meglio, per molto tempo l’altro sesso non era stato molto interessato a lei. Aveva passato tutta la pubertà senza uno straccio di ragazzo, tutti la evitavano se non sbeffeggiavano, tanto da farla sentire brutta e indesiderata e a spingerla sempre di più a interessarsi agli studi. Solo una volta all’università aveva trovato qualcuno che si interessasse a lei, si chiamava Mirko Lepri. Era di un anno avanti a lei e frequentava i suoi stessi corsi, dai capelli riccioluti e lo sguardo vispo, le si era avvicinato fin da subito e lei, dopo un po’ di riluttanza, lo aveva ricambiato. Si erano frequentati per tre mesi, mesi in cui lei aveva sperimentato le gioie di una relazione fino in fondo, gettandosi così tanto in essa da scottarsi. Perché dopo tre mesi lui scomparve. Aveva accettato un corso di sei mesi negli Stati Uniti e l’aveva lasciata con un SMS dicendole che si era divertito.

    Angela ci era rimasta malissimo e da allora aveva giurato che non avrebbe più avuto nessuna relazione con nessun’altro uomo, specialmente con tipi come Massimo che si capiva fin da subito che di lei gli interessava una cosa sola.

    Proseguì, pertanto, dritta per la sua strada, ignorando il passo pesante del suo collega alle sue spalle. Quel giorno non avrebbe ceduto alle sue provocazioni, non si sarebbe fatta distrarre, perché quello era un giorno importantissimo, il giorno in cui, dopo molti studi ed esperimenti, avrebbero tentato di ricreare un buco nero.

    Dopo diversi passaggi in corridoi sempre più stretti, di porte pressurizzate e di freddo metallo, giunsero alla loro meta; la sala di controllo, il luogo da cui avrebbero fatto partire il progetto ed osservato i suoi effetti.

    La sala non era molto grande, solo sei metri per quattro. Vista l’importanza del progetto e il numero di postazioni, ben dodici, ci si sarebbe aspettati qualcosa di più ampio. Tuttavia lo spazio era giusto per le dodici scrivanie, con annessi un computer, a volte con due monitor, e gli scienziati seduti davanti ad essi. Si sacrificava giusto lo spazio fra una scrivania e l’altra, non che gli scienziati si muovessero molto dalle loro postazioni. Erano sempre al loro posto, tesi e chini davanti ai monitor, in una posa che Angela avrebbe presto imitato.

    Prima di giungere al suo posto gettò uno sguardo alla vetrata di fronte alla sala. Da lì poteva vedere il piano sottostante, dove si trovava l’enorme marchingegno che avrebbe tentato ciò che molti ritenevano impossibile, generare un buco nero in miniatura. La macchina, che gli scienziati avevano soprannominato cilindro per la sua forma, si trovava quattro metri sotto la sala computer. Aveva un aspetto austero, con i suoi colori di freddo acciaio e aveva un aspetto quasi minaccioso vista la sua grandezza. Occupava, infatti, tutta la visuale dell’ampia vetrata.

    Angela non conosceva il lato tecnico della macchina, di certo era sofisticata e pericolosa a giudicare dalle due dozzine di tecnici che ci stavano lavorando in quel momento, o dai militari armati di mitra che la sorvegliavano. Era la loro presenza a inquietarla un po’. Non capiva il perché dovessero esserci dei militari armati in mezzo a loro. Potevano esserci rischi di attentati o di intrusi, ma allora perché non erano stati presenti fin dall’inizio? Da quel che aveva potuto notare, erano arrivati solo da pochi giorni, in quei cruciali giorni in cui il progetto stava per dare i suoi frutti, ma il perché veramente si trovavano lì continuava ad essere un mistero. Un mistero che le dava un certo senso di disagio, sebbene non avesse molto tempo da dedicarci visto tutto il lavoro in cui era impegnata.

    Un sospiro la tirò fuori da questi pensieri.

    «Mette soggezione, non è vero?» le disse all’orecchio Massimo indicando l’enorme macchina.

    «Dieci metri d’altezza, cinque di diametro e venti di profondità» continuò descrivendola. «La struttura è stata costruita attorno ad essa. Ti senti quasi inutile a suo confronto, vero?» la incalzò girandosi verso di lei.

    Angela continuò ad ignorarlo, mantenendo lo sguardo fisso sulla struttura. Non era molto interessata alla descrizione della macchina, anzi, a dirla tutta non aveva nemmeno idea di come funzionasse.

    In parte le era stato spiegato, ma non ci aveva capito molto, sapeva però come nella teoria si formano i buchi neri.

    Una stella, al termine del proprio ciclo vitale, dopo aver consumato, tramite fusione nucleare, la maggior parte del proprio idrogeno trasformandolo in elio, cessa le attività all’interno del proprio nucleo. Così, la forza gravitazionale, che prima era in equilibrio con la pressione generata dalle reazioni di fusione nucleare, prevale e comprime la massa della stella verso il suo centro.

    Quando la densità diventa sufficientemente elevata può innescarsi la fusione nucleare dell’elio. Durante questa fase la stella si espande e si contrae violentemente più volte espellendo parte della propria massa. Le stelle più piccole si fermano ad un certo punto della catena e si spengono, raffreddandosi e contraendosi lentamente.

    Se invece il nucleo della stella supera una certa massa critica, le reazioni possono arrivare fino alla sintesi del ferro. Questa reazione richiede energia invece che emetterne, quindi il nucleo della stella diventa una massa inerte di ferro e non presentando più reazioni nucleari non c’è più nulla in grado di opporsi al collasso gravitazionale. A questo punto la stella subisce una contrazione fortissima che in alcuni casi può provocare una gigantesca esplosione.

    Durante l’esplosione quel che resta della stella espelle gran parte della propria massa, che va a disperdersi nell’universo circostante. Quello che rimane è un nucleo estremamente denso e massiccio.

    Se la massa è abbastanza grande, non c’è più niente che possa contrastare la forza gravitazionale, che spinge così verso l’interno portando inevitabilmente a un collasso infinito.

    A questo punto la densità della stella morente, ormai diventata un buco nero, raggiunge velocemente valori tali da creare un campo gravitazionale talmente intenso da non permettere a nulla di sfuggire alla sua attrazione, neppure alla luce. Si ha una curvatura infinita dello spazio-tempo che può far nascere dei cunicoli all’interno di buchi neri in rotazione. Questo ha fatto supporre diverse teorie come i viaggi nel tempo, ma Angela non era interessata a questo. Ciò che la interessava era studiare una tale concezione naturale, ancora in forma di teoria dato che i buchi neri, per loro definizione, sono invisibili alla vista, pertanto sono solo ipotizzati in via matematica o per fenomeni fisici come l’attrazione della materia o della luce stessa nelle vicinanze dei buchi.

    Questo l’affascinava, senza contare che il suo studio avrebbe potuto portare a un’infinita varietà di nuove scoperte, come nuove fonti di energia, suo obiettivo primario.

    Essendo la formazione dei buchi neri un fenomeno sconosciuto e difficilissimo da ricreare, quel giorno avrebbero tentato la via di una teoria minore secondo cui anche una quantità arbitrariamente piccola di materia, se

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1