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nightswimming/daydreaming
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E-book180 pagine2 ore

nightswimming/daydreaming

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Info su questo ebook

La vita in una piccola cittadina può sembrare insostenibile per alcuni adolescenti, anche se ciò che la rende così difficile può essere molto diverso anche per ragazzi nati e cresciuti a pochi metri di distanza. È il caso dei nostri due protagonisti, N. che vive da solo dopo che i genitori sono partiti per l'Europa, ha abbandonato la scuola e passa le giornate a poltrire in attesa che arrivi il buio per uscire in cerca di avventure, ed L. che vive invece vittima delle costrizioni di una famiglia super religiosa e che si limita ad una vita monotona fatta solo di scuola e preghiera. Entrambi si scopriranno egualmente insoddisfatti delle loro vite, in un susseguirsi di piccoli eventi che posso apparire insignificanti ad un occhio esterno, ma che si spera li porteranno pian piano a trovare il proprio posto nel mondo.
LinguaItaliano
Data di uscita30 gen 2023
ISBN9791221454413
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    Anteprima del libro

    nightswimming/daydreaming - Carmelo Cammalleri

    PARTE PRIMA

    1N

    Non era tanto diversa dalle altre strade della sua cittadina, e se per questo nemmeno dalle innumerevoli strade anonime che si dipanano per le migliaia di città americane, con la sola – sostanziale – differenza che N. conosceva Dean Street alla perfezione. L’aveva vista mutare lentamente negli anni, da quando l’aveva attraversata per la prima volta 17 anni prima, in auto con i suoi genitori, al ritorno dall’ospedale in cui era nato. L’aveva percorsa in bici svariate volte durante le estati caldissime della sua infanzia, dapprima con le rotelle e poi finalmente libero con la sua nuova mountain bike fiammante; aveva fatto quello stesso identico percorso andando e tornando da scuola, avanti e indietro due volte al giorno, con la neve e con il sole, per quasi 10 anni.

    Conosceva a memoria la disposizione di ogni singolo lampione, al momento per lo più guasti, che costellavano il percorso dall’incrocio con la statale 12 fino a casa sua, ultima in fondo alla via, quasi a volersi distinguere dal resto delle abitazioni. Molti dei proprietari della zona erano cambiati negli anni, ma non l’aspetto delle loro proprietà, che erano rimaste inspiegabilmente uguali a se stesse nonostante fossero appartenute a persone del tutto diverse. Dean Street sembrava mostrare un’estrema resistenza ai cambiamenti, una letargica avversione all’evoluzione, e questo aveva iniziato a disturbarlo sempre di più con il passare degli anni e l’ingresso nell’adolescenza.

    Forse era proprio questo il motivo per il quale N. usciva sempre meno di casa negli ultimi tempi, e sempre più di frequente solo quando la strada veniva abbracciata dall’oscurità. Sembrava essersi stancato di dover osservare continuamente lo stesso paesaggio, mentre con il buio i contorni degli oggetti che conosceva a memoria risultavano offuscati, confusi e poco definiti, e tutto si amalgamava in un’uniforme chiazza nerastra che lo metteva in qualche modo a suo agio. Ma forse erano tutte solo delle scuse, elaborate per giustificare questo suo comportamento. Qualunque fosse la motivazione, N. si ritrovava spesso ad ammirare dalle finestre di casa il buio che si estendeva a perdita d’occhio lungo la strada rendendo Dean Street quasi un tutt’uno con il cielo notturno, ed osservando come la sola cosa a frapporsi tra lui ed il suo desiderio di una completa oscurità erano le deboli luci che si diffondevano dalle finestre di quelle poche case che a quell’ora davano ancora segni di attività, luci che in qualche modo macchiavano quell’equilibrio per lui consolatorio.

    Per contrasto, la casa di N. rimaneva perennemente al buio, giorno e notte, con gli infissi sbarrati e le tende chiuse. Ad uno sguardo distratto quella casa sarebbe potuta sembrare persino abbandonata. I suoi genitori l’avevano acquistata 5 anni prima che lui nascesse, quando ancora il quartiere era praticamente disabitato, e quella villa doveva apparire quanto meno come un’insolita visione a chiunque passasse per quella zona ai tempi ancora quasi deserta. Da lì a poco, altre case l’avevano raggiunta lungo tutta Dean Street, in un’ordinata sequenza di fabbricati tutti uguali a se stessi, che poco avevano però da rivaleggiare con la sontuosa abitazione che li aveva preceduti, costruita nel classico stile gotico americano che già allora rappresentava un’insolita anomalia temporale.

    N. non aveva molti ricordi legati a quella casa ed alla sua vita insieme ai genitori, nonostante abitasse lì da sempre. Il fatto era che N. non credeva di avere molti ricordi della sua infanzia in generale, dato che per qualche motivo sembrava che avesse involontariamente rinnegato quella parte della sua esistenza; ricordava vagamente alcune lezioni il sabato mattina con suo padre per imparare ad andare in bici, e qualche cena a tavola con entrambi i genitori, ma per il resto gli sembrava di vivere da solo da sempre, anche se in realtà era solo poco più di un anno. I suoi genitori erano andati a vivere in Europa per lavoro, e non sembravano aver preso male la sua scelta di non seguirli (almeno fino alla fine delle superiori, aveva detto). Anche se viveva da solo, i soldi non sembravano essere un problema, dato che i genitori si occupavano a distanza delle bollette e delle spese varie, ed una donna delle pulizie si occupava una volta a settimana delle faccende di casa. Il giardino esterno era preservato nel suo stato da un vicino appassionato di giardinaggio, e l’unica cosa che dava un senso di abbandono (oltre alla perenne oscurità che aleggiava nella casa) era la piscina che giaceva inutilizzata nel retro della casa.

    N. non si creava alcun problema a ricevere soldi dai genitori per le sue spese giornaliere, che comunque non erano certamente eccessive, e non si era mai posto nessun dilemma morale legato alla ricchezza dei suoi. Tuttavia, gli era sempre sembrata fuori luogo la loro decisione di far costruire quello status symbol che, nei fatti, avevano solo raramente utilizzato. Sin da piccolo, lo avevano spesso esortato ad invitare i suoi compagnetti per un bagno, e sin da allora N. aveva subito una repulsione naturale nei confronti di quella piscina. Ad oggi, nonostante la trascuratezza con cui abitava la casa dei genitori, non si era mai mostrato irrispettoso verso di essa, ad eccezione proprio di quella struttura che occupava buona parte del giardino sul retro. Più di una volta aveva fortemente contestato il desiderio dei genitori di affidare a qualcuno la sua manutenzione, ed aveva osservato con gioia il lento declino del suo stato fino al completo abbandono in cui giaceva al momento.

    Proprio in quest’instate N. stava osservando la piscina da dietro le tende della finestra sul retro, lo sguardo fisso su di una crepa che da qualche tempo era apparsa sul bordo esterno, e dalla quale stavano iniziando ad emergere piccoli ciuffetti d’erba, sbarazzini e selvaggi, che contrastavano apertamente con il prato ben curato che invece copriva la quasi totalità del resto del giardino. Da quando era comparsa, quella frattura era stata usata da N. come metro di misura del successo del suo piano, nonché come il primo segno tangibile di risposta della piscina al suo sistematico ignorarne le necessità.

    Sarebbe facile individuare in queste azioni un embrione della disapprovazione di N. nei confronti delle scelte di vita dei suoi genitori, ma in realtà la vista del lento degradarsi di quella struttura, da luogo di ricreazione simbolo di felicità familiare ad unico angolo degradato dell’intero quartiere, rappresentava per lui semplicemente la manifestazione fisica della sua disaffezione verso la strada in cui era cresciuto, e di conseguenza di una cittadina intera in cui non si trovava più a suo agio già da un po’.

    1L

    Ogni giorno, il suono della campanella alla fine delle lezioni scatenava il passaggio dalla silenziosa attesa al concitato flusso di studenti che andava ad inondare i corridoi della scuola, in un crescente brusio di indistinti chiacchiericci. Tutti i ragazzi sembravano non vedere l’ora di raggiungere l’uscita, accalcandosi verso di essa e scambiandosi le ultime parole di saluto prima del percorso verso casa. Tutti, ad eccezione di L., che invece si attardava sistematicamente in classe con la scusa di dover mettere ben in ordine i libri nello zaino prima di avviarsi lentamente verso l’uscita.

    Non è che L. fosse avverso al rituale dei saluti con i compagni, o che non sopportasse la vista del cielo dopo diverse ore piegato sui banchi di scuola, ma semplicemente il suo elaborato rituale di preparazione gli permetteva di prolungare, anche se solo di poco, la sua permanenza al di fuori di casa. Sapeva benissimo che una volta uscito dalla scuola si sarebbe dovuto dirigere direttamente verso casa, dove il pranzo preparato con cura da sua madre per lui, suo padre e sua sorella lo attendeva con impazienza alle due in punto. La lentezza dei sui preparativi rappresentava per lui un piccolo gesto di ribellione verso la routine impostagli dalla sua famiglia. Tuttavia, non si sarebbe mai sognato di arrivare effettivamente in ritardo e di perdersi anche solo l’inizio della preghiera prima del pasto.

    Per recuperare dunque il tempo (artificiosamente) perduto all’uscita dalla classe, L. aveva escogitato negli anni un percorso ottimale fino a casa, che prevedeva il passaggio attraverso il campo di baseball della scuola, lungo il parcheggio del cinema estivo e fin dietro il cortile della villa dei Robertson in fondo alla strada di casa sua. Mentre tutti i ragazzi che abitavano come lui in Dean Street preferivano arrivare dall’incrocio con la statale 12, ed a poco a poco disperdersi lungo il percorso una volta raggiunta la propria abitazione, L. percorreva la strada in senso contrario fino a raggiungere il porticato di casa senza mai incrociare nessuno dei suoi vicini.

    Sebbene ogni tanto fantasticasse dell’idea di percorrere lo stesso itinerario scuola-casa degli altri ragazzi, intrattenendosi magari insieme a loro presso la sala giochi appena fuori il suo quartiere, sentiva ormai preclusa questa possibilità dalla sua scelta, fatta tempo addietro, di incamminarsi in un percorso alternativo e solitario. L. si sarebbe sentito a disagio a modificare tutto ad un tratto le sue abitudini, ed immaginava una possibile diffidenza nei suoi confronti da parte degli altri ragazzi nel caso di un improvviso cambio nel suo atteggiamento.

    L. non aveva alcun tipo di conflitto con gli altri ragazzi (anche perché questo avrebbe di certo addolorato fortemente sua madre), ed era sostanzialmente ben voluto dai suoi compagni di classe. Nonostante ciò, aveva ormai instaurato da tempo un rapporto di socializzazione limitato alle pareti scolastiche nel quale sia lui che i suoi compagni avevano trovato un certo equilibrio. Lui era il compagno a cui chiedere suggerimenti per i compiti, ma non di certo quello da invitare per un pomeriggio in sala giochi o per una serata fuori.

    In questo non l’aiutava di certo la scelta conservatrice dei suoi genitori di dedicare la totalità del loro tempo libero alle attività proposte dalla chiesa locale, atteggiamento al quale anche i loro figli erano costretti ad allinearsi; di fatto l’alternarsi di scuola, pasti e visite alla chiesa scandiva rigorosamente le giornate di L. sin dalla più tenera età, una rutine della quale L. non era affatto felice, principalmente perché non era frutto di una sua scelta consapevole, ma solo di una imposizione contro la quale non credeva di avere altra scelta se non quella di subirla.

    Erano questi i pensieri che affollavano la mente di L. proprio mentre il professore di storia sembrava aver concluso la sua lezione, in anticipo rispetto alla campanella, e si apprestava a sistemare il libro di testo all’interno di una borsa in pelle logorata da anni di uso quotidiano. Il resto della classe aveva accolto con sollievo quella fine anticipata, ed attendeva, già pronta a scattare, il segnale che li avrebbe liberati, permettendogli di raggiungere all’esterno quel debole sole primaverile che sembrava non aspettare altro che il loro arrivo. Al suono delle campanella, in pochi secondi la classe si ritrovò quasi vuota, lasciando il solo L. al centro, ancora seduto al suo posto, con la mano destra chiusa in un pugno a sorreggere la tempia, lo sguardo vuoto diretto verso un punto imprecisato fuori dalla finestra, con la consapevolezza di conoscere alla perfezione cosa lo attendeva nel futuro prossimo, e per nulla eccitato all’idea di corrergli incontro.

    2N

    Il frastuono che si diffondeva per strada era tale da attirare l’attenzione di tutto il vicinato, e ci volle poco prima che una piccola folla si radunasse intorno al camion dei lavori stradali, che trasportava festoni e luminarie. Il baccano dei lavori ed il fitto chiacchierare della gente sarebbe stato sufficiente a giustificare le lamentele di chiunque fosse nel pieno del sonno, e tali lamentele sarebbero state giustificate se non fossero state solo le 6 del pomeriggio, un orario alquanto insolito per dormire. Non insolito per N., che si ritrovava appisolato con la testa appoggiata ad un bracciolo del divano, e i piedi sul tavolino in radica di fronte alla tv, la quale trasmetteva uno dei classici quiz pomeridiani ad un volume talmente basso da mettere in pratica a tacere il logorroico presentatore.

    Si era addormentato da almeno un paio d’ore, subito dopo un pranzo veloce proprio davanti alla tv quasi muta. Gli orari dei pasti erano sempre un po’ casuali per N. da quando non c’era più la scuola a scandire i ritmi delle sue giornate, uno dei tanti dettagli che il ragazzo aveva sistematicamente omesso nelle fugaci telefonate settimanali con i genitori. N. non disdegnava cucinare, ma aveva una certa avversione per rimettere in ordine successivamente, e quindi era compito della donna delle pulizie raccogliere i piatti e le stoviglie lasciati in giro per i vari angoli della casa durante la settimana. Inoltre, N. non faceva distinzioni tra piatti di plastica e servizio buono in porcellana, e non era insolito vederlo mangiare un hamburger riscaldato al microonde con delle posate d’argento.

    Nonostante il suo livello d’attenzione per le attività della comunità di quartiere fosse minimo, il rumore all’esterno e il conseguente brusco risveglio destarono in lui una certa curiosità. Alzatosi controvoglia dal divano, e spenta distrattamente la televisione con il telecomando, N. si avviò alla finestra più vicina, guidato più dal rumore esterno che dalla vista, che era ancora parzialmente annebbiata dal sonno.

    Sbirciando appena tra le fessure delle veneziane semi chiuse, N. notò la folla accalcata proprio davanti al cancelletto di casa, ed il camion del comune dal quale un paio di operai stavano scaricando un gigantesco striscione. La reazione a quella vista fu più di fastidio che di stupore, come se qualsiasi evento fosse in programma per quel giorno non potesse giustificare il disturbo arrecatogli. N. non poteva tuttavia resistere alla curiosità di scoprire la ragione di quei lavori, e anche se inizialmente non sembrasse avere alcuna idea, ad un tratto gli venne in mente una notizia letta qualche giorno prima, e che riuscì immediatamente a ritrovare dopo aver scavato nel mezzo della catasta di giornali e volantini ammassati sul tavolino del soggiorno; era un lungo articolo sull’imminente visita alla sua città da parte del vice-presidente, che si

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