Grigio
5/5
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Info su questo ebook
All'anziano signore quella appena iniziata sembrava un giornata qualunque identica a migliaia di altre nel mondo grigio che lo circondava da anni. I colori sembravano spariti per sempre. Fermatosi però sulla sua solita panchina ad osservare quello che gli accadeva intorno, si accorse però di essere di nuovo in grado di percepire i colori ormai dimenticati...
Questo racconto è stato scritto contemporaneamente e parallelamente a "IL CERCHIO", col quale condivide in parte alcuni personaggi e situazioni, anche se usati con finalità diverse.
Francesca Verginella
Scrivo dall'età di 19 anni: il mio primo romanzo (il mio preferito) è stato un fantasy, pur non essendo io una grande lettrice di questo genere. Poi sono venuti i corti ed altri romanzi che si ispirano alla vita contemporanea. Ho partecipato a qualche concorso letterario, ma non ne ho vinto nessuno. Ho cercato allora di farmi conoscere dalle case editrici (grandi e piccole), anche passando per le agenzie letterarie. Le valutazioni erano solitamente buone, ma ho sempre rifiutato di pagare per essere pubblicata. Negli anni ho capito un paio di cose sull'editoria e così ho rinunciato. Poi ho letto di Smashwords su un giornale ed ora sono qui, grazie anche a mio marito (perchè io e i computer veniamo da due Universi diversi, paralleli, che mai si incontreranno). Ho altri romanzi che aspettano di essere completati ed ora ho trovato un nuovo stimolo per proseguire il mio lavoro. Spero vi piaceranno.
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Anteprima del libro
Grigio - Francesca Verginella
INDICE
PROLOGO
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5
EPILOGO
PROLOGO
L'uomo si alzò dal letto appena il timer collegato alla radio che teneva sul comodino scattò all'orario prestabilito. Aveva ottant'anni e per tutta la vita si era svegliato sempre molto presto; appena neonato era lui che, con i suoi vagiti, la mattina svegliava tutta la famiglia.
Quando frequentava la scuola invece era sua madre che lo destava in largo anticipo per fargli finire i compiti che durante il pomeriggio precedente aveva trascurato per giocare con i suoi amici. La mamma entrava nella camera che divideva con gli altri suoi fratelli ed apriva le finestre per lasciare che l'aria frizzante del nuovo giorno invadesse lo spazio riscaldato dai loro fiati. Quelli erano inverni davvero freddi e le coperte non bastavano a riscaldare il corpo poco vestito, perciò tutti e tre i fratelli erano costretti ad alzarsi bruscamente dal letto e a vestirsi il più velocemente possibile. Sua madre adottava un metodo tanto sicuro quanto brutale, ma poi si faceva subito perdonare accogliendo i suoi tre ometti nella cucina riscaldata dall'odore del pane che finiva di cuocersi nel forno e del latte che già si stava raffreddando nelle tazze.
Diventato ormai uomo era stata la sveglia di solido metallo, regalo di nozze di suo zio di terzo grado, a trillare nervosamente appena il sole nasceva e svegliava lui, la moglie e i bambini che, a diverse età e per i più svariati motivi, ottenevano il permesso di dormire nel lettone dei genitori. Ricaricare la sveglia ogni sera, prima di andare a dormire, era il rito che concludeva ogni suo giorno di vita.
Ora era un vecchio e continuava ad alzarsi di buon'ora. Da anni possedeva una nuova radio-sveglia, ma non si era mai abituato a quella diavoleria moderna; uno dei suoi nipoti gliela aveva regalata per sostituire il vecchio orologio che nessun orologiaio ormai sapeva riparare. Il nipote gli aveva spiegato che poteva scegliere tra diverse suonerie oppure poteva optare di destarsi con la radio. Il giovanotto era entusiasta del regalo che gli aveva fatto e così non ebbe proprio il cuore di dirgli che non ci si trovava con pulsanti e lucine; lui era della generazione delle leve e degli ingranaggi. Alla fine della lettura del semplice manuale di istruzioni
il caro ragazzo aveva esordito: Te la imposto io, nonno!
. Ma una mattina di qualche mese addietro, senza volere, oltre al tasto che spegneva l'ordigno
il vecchio signore aveva anche toccato uno di quei dannati pulsanti ed era riuscito a far perdere la sintonia della stazione radio che il nipote aveva così amorevolmente cercato per lui. Da allora, ogni giorno, veniva svegliato da suoni gracchianti e da fruscii sibilanti: aveva paura che se avesse tentato di toccare ancora uno di quei tasti (tutti ugualmente neri e incomprensibili), le cose sarebbero potute peggiorare.
Finito di fare colazione si lavò e, con cura, si vestì. Dopo aver stretto con movimenti sicuri il nodo della cravatta completò il suo abbigliamento infilando il cappello di feltro.
Fece girare due volte la chiave nella serratura della porta. Con due dita della mano sinistra infilate nel taschino del panciotto e con la destra serrata fermamente al manico del bastone di legno si allontanò lentamente dal condominio in cui viveva. Ad ogni passo la luce del giorno si faceva più coraggiosa, ma ciò nonostante non riusciva ad illuminare nulla. Tutto rimaneva confuso, come offuscato; tutto appariva reale ma incomprensibile, come le strutture edificate e non ancora completate che da qualche mese si stagliavano contro il cielo ad est del suo quartiere. Forse era la stagione che annebbiava tutto il paesaggio, o forse la colpa era dello smog che dipingeva una patina grigiastra su ogni cosa. Non sapeva spiegare tale fenomeno, l'unica cosa certa era che non vedeva più i colori. Il grigio che lo circondava gli era entrato così profondamente attraverso gli occhi, il naso, le orecchie, che ormai sembrava facesse parte del suo essere. Se si soffermava a pensare ai suoi ricordi, come spesso fanno gli anziani, gli riusciva difficile ricordare l'ultimo giorno in cui aveva visto l'azzurro del cielo, il verde del prato, il rosa del