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Una seducente intervista: Harmony Jolly
Una seducente intervista: Harmony Jolly
Una seducente intervista: Harmony Jolly
E-book147 pagine1 ora

Una seducente intervista: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Oliver Sullivan ha appena salvato un cane che stava per annegare! Questo è proprio il tipo di notizia che aspettava Sarah McDougall per poter spingere il piede sull'acceleratore dell'organizzazione del Summer Festival. Ora si tratta di convincere il bel tenebroso Oliver a fare un'intervista e una foto sul salvataggio del cane proprio insieme all'amico a quattro zampe! Sarah le prova tutte: l'amicizia che li lega, l'amore per i cani... Ma lui pare non cascarci. Cercare di persuaderlo con l'arma della seduzione? Perché no! Anche tra amici a volte scatta la scintilla. E il cagno-lino vivo per miracolo potrebbe darle una mano, anzi una zampa!
LinguaItaliano
Data di uscita9 mar 2018
ISBN9788858979921
Una seducente intervista: Harmony Jolly
Autore

Cara Colter

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Una seducente intervista - Cara Colter

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Cop, the Puppy and Me

    Harlequin Mills & Boon Romance

    © 2012 Cara Colter

    Traduzione di Alessandro Not

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HHarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-992-1

    1

    Oliver Sullivan, che tutti quanti chiamavano Sullivan da che lui potesse ricordare, disprezzava Sarah McDougall quasi più di chiunque altro avesse mai conosciuto.

    E incontrare persone orribili era uno dei tanti rischi di essere un poliziotto, anche se la signorina McDougall non era una criminale.

    «Ma ne ho incontrati di più simpatici...» mormorò tra sé e sé. Ovviamente, con i criminali aveva il vantaggio di essere in una posizione di potere.

    Doveva ancora incontrarla, perché al momento i loro contatti erano stati ridotti alla sua segreteria telefonica, e già non la sopportava.

    Fosse stato per lui, avrebbe continuato a evitarla, ma lei si era rivolta al suo capo, e la sua insistenza l’aveva irritato.

    Non che dai messaggi sembrasse sgradevole, ma le sue richieste erano un problema.

    «Mi richiami, per favore, è davvero importante, dobbiamo parlare. Signor Sullivan, è urgente.»

    Non sapeva se fosse peggio che lei lo avesse scavalcato, o che il suo capo gli avesse ordinato di assecondarla: «Almeno vai a parlarle. Nel caso tu non te ne fossi accorto, non sei più a Detroit».

    Oh, se n’era accorto.

    Essere un poliziotto in una piccola città del Wisconsin era quanto di più lontano ci fosse dall’essere un detective della squadra omicidi a Detroit.

    «Come mi è venuto in mente di trasferirmi a Kettle Bend?» si chiese a quel punto.

    Ma sapeva di averlo fatto per sua sorella maggiore, Della, che aveva scoperto quest’angolo nascosto dell’America e aveva deciso di trasferircisi insieme a suo marito, e poi aveva tentato di convincere Sullivan a seguirla da quando la sua vita era andata in pezzi.

    Sullivan si concentrò sulla città, e osservò la strada con occhio cinico.

    Sembrava appena uscita da un cartone di Walt Disney. Le strade erano ampie, poco trafficate e coperte da enormi alberi che lui, originario dei sobborghi di Detroit, non sapeva riconoscere.

    Tuttavia, era impossibile non notare le nuove foglie che crescevano di un verde delicato e primaverile, e il loro profumo che entrava dal finestrino abbassato dell’auto.

    All’ombra degli alberi si trovavano vecchie case, che dimostravano la loro età con lo stesso orgoglio con cui i padroni esponevano la bandiera americana. Erano quasi tutte uguali, bianche con le decorazioni giallo chiaro o viceversa, tranne qualche rara eccezione in verde o grigio.

    Avevano tutte ampie verande, e recinzioni bianche intorno a giardini da cartolina, colorati dalle aiuole che affiancavano i vialetti.

    Sullivan si rifiutava in modo categorico di lasciarsi affascinare; disprezzava le illusioni, e la più pericolosa di tutte era credere che esistessero ancora posti sicuri e semplici.

    Posti in cui le porte restavano aperte, dove i bambini andavano a scuola da soli in bicicletta, abitati da famiglie perfette, in cui l’innocenza non fosse stata intaccata, in cui tutto ricordava l’idea di casa. Aveva continuato ad ammonire Della che probabilmente le cose erano diverse da come apparivano.

    Era sicuro che dietro alle porte di tutte quelle case perfette ci fossero segreti in contrasto con quell’immagine. Probabilmente c’erano degli alcolici nascosti nel serbatoio del water, ragazzi con problemi di droga, o lividi senza spiegazioni.

    Era questo cinismo che lo rendeva decisamente fuori posto a Kettle Bend, e ancor più per i piani di Sarah McDougall.

    Il ricordo della sua richiesta lo fece trasalire. «Ci serve un eroe, signor Sullivan» aveva lasciato detto sulla sua segreteria telefonica.

    Lui non aveva la benché minima intenzione di essere un eroe, e di sicuro non era quello il modo in cui voleva passare il suo giorno libero. Stava per farle rimpiangere di aver disturbato l’orso nella sua tana.

    Finalmente trovò l’indirizzo che stava cercando, parcheggiò e scese, tentando di ignorare la pigra attrattiva della strada in cui si trovava. Per principio, alzò i finestrini e chiuse a chiave la macchina. Anche se gli abitanti di Kettle Bend volevano far finta che non vi succedesse mai niente di male, lui non voleva rischiare la sua nuova radio.

    Poi studiò la casa al 1716 di Lilac Lane. Non era molto diversa dalle altre. Era un bungalow su un solo piano, dipinto di bianco con le decorazioni in verde. L’edera, o almeno così credeva, dato che era l’unico nome di rampicante che conoscesse, stava crescendo, e per l’estate avrebbe fatto ombra a tutta la veranda.

    Sullivan superò un cancelletto rumoroso e passò sotto una loggia che in poche settimane, era sicuro, avrebbe profumato di rose.

    Ne fu sollevato, come se qualcosa in quella scenetta idilliaca stesse intaccando le sue difese, lentamente, come una goccia d’acqua sulla roccia.

    Notò che il vialetto era dissestato in alcuni punti, ma incorniciato da una strana varietà di fiori viola, con il cuore giallo.

    Se ne accorse solo perché era il suo mestiere.

    Notare ogni dettaglio era ciò che lo rendeva un ottimo poliziotto, anche se, fino a quel momento, non lo aveva aiutato a essere una persona migliore.

    Raggiunse la porta d’ingresso, ma prima di suonare il campanello osservò il mobilio della veranda. C’erano vecchie sedie a dondolo pitturate dello stesso verde dei particolari della casa, con morbidi cuscini colorati decorati da fiori rossi, gialli e arancioni. Come la città, anche quella veranda presentava un’immagine di comodità, sicurezza e pace.

    «Come no» borbottò, ma si rese conto che si stava preparando a resistere alla tentazione di provare a rifiutare la richiesta della donna in modo gentile. «Come no» ripeté. Fino a quel momento, non aveva funzionato.

    Quando qualcuno non si degnava di richiamarti neanche dopo sessantadue telefonate, non era un invito a rivolgersi al suo capo, ma a lasciar stare.

    Diede le spalle alla veranda, cercando di ignorare che per un breve momento era stato tentato dall’immagine di riposo che gli aveva offerto.

    Scosse la testa, trovò il campanello, un vecchio tipo a chiave, che doveva essere girato, e suonò.

    La porta esterna era formata solo da una zanzariera, con legno bianco intagliato a delimitarne l’ovale, mentre la porta interna, tutta di legno verde, era aperta.

    Nessuno rispose, ma Sullivan immaginò che lasciare una porta aperta equivalesse a un invito a ficcanasare, e lui lo accettò.

    La porta dava direttamente sul soggiorno, anche se uno zerbino fatto a mano delimitava una piccola area d’ingresso, suggerendo che la proprietaria di casa amava l’ordine e i piedi puliti.

    La luce del sole pomeridiano entrava dalla porta e dalle finestre, illuminando pavimenti di parquet dorato dall’età.

    Due divani, dello stesso giallo dell’interno dei fiori del vialetto, si fronteggiavano, separati da un vecchio tavolino da caffè, coperto da riviste impilate ordinatamente e da un vaso dei fiori del giardino.

    In quel momento Sullivan si fece un’immagine della sua persecutrice. Era single, perché non si vedevano segni di un uomo, e non aveva figli, perché non c’erano giocattoli nei paraggi. In corridoio, però, notò una serie di copertine della rivista Today’s Baby incorniciate.

    La sua idea non cambiò. Non aveva una vita.

    Sullivan era pronto a scommettere che l’inquilina di quella casa fosse leggermente sovrappeso, con capelli crespi e trucco dozzinale, impegnata a imbellire la sua casa, mentre lei era vittima della mezza età.

    Una volta finito con quella, aveva deciso di dedicarsi alla città, sicura di riuscire a convincerlo che Kettle Bend aveva bisogno di lui.

    Ma Kettle Bend aveva bisogno di Oliver Sullivan come lui aveva bisogno del mal di denti.

    Un odore dolce e penetrante arrivava dalla porta aperta, un profumino di cucina casalinga, e la malinconia lo assalì improvvisamente, e come un brivido lungo la schiena, il desiderio di riposare.

    Li ignorò ancora una volta. Si era riposato per un anno intero, dedicandosi alla pesca. Non faceva per lui, e gli lasciava troppo tempo per pensare.

    Suonò di nuovo il campanello con impazienza.

    Una palla di pelo grigio con maliziosi occhi verdi sbucò da un corridoio, si sistemò al sole e lo osservò con antipatia, prima di dedicarsi alla sua toeletta. Il gatto rientrava perfettamente nel quadro che si era prefigurato.

    E aveva capito che a Sullivan non piacevano gli animali, il che rendeva la storia che lo aveva portato lì ancor più irritante. Un eroe? Se nemmeno gli piacevano, i cani.

    Per questo non voleva spiegare perché aveva rischiato la vita per salvarne uno, né a lei, né agli altri giornalisti e reti televisive che lo perseguitavano.

    Provò ad aprire la porta esterna di qualche centimetro per richiuderla rumorosamente. Chi lasciava la porta aperta?

    Lo faceva sentire cupo e determinato.

    Quel mondo così confortevole sembrava aver bisogno di una buona dose del suo cinismo.

    Uscì dalla veranda e si fermò a guardare la casa.

    «È sul retro. Sarah ha aspettato un po’ troppo a cogliere il rabarbaro.»

    Sullivan sussultò. Si stava facendo contagiare. Aveva abbassato la guardia abbastanza da non accorgersi di essere osservato dalla vicina, una vecchietta rugosa sepolta in una vecchia sedia reclinabile.

    Sotto un ciuffo di capelli candidi, due occhi neri lo stavano osservando con divertita curiosità anziché con il sospetto che avrebbe dovuto essere rivolto a ogni estraneo.

    «Lei è il nuovo poliziotto» aggiunse lei.

    Quindi non era un estraneo. Mantenere l’anonimato in una piccola città era impossibile, nemmeno senza uniforme.

    Annuì, ancora sorpreso della fiducia che gli era accordata solo perché era un poliziotto.

    A Detroit, nove volte su dieci, la reazione era stata opposta, almeno nei quartieri in cui lavorava lui.

    «È stato bello quello che ha fatto per quel cane.»

    Iniziava a dubitare che qualcuno ancora non lo sapesse e a odiare quell’espressione adorante

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