Ti voglio ancora: Harmony Jolly
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Info su questo ebook
Non può essere, quella è Sandy. Che cosa ci fa a Dolphin Bay? Lui non l'ha mai dimenticata, come non ha mai dimenticato il loro amore e la passione che li divorava quando erano insieme. Però ora tutto è cambiato, non è più possibile mandare indietro le lancette dell'orologio o forse sì.
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Anteprima del libro
Ti voglio ancora - Kandy Shepherd
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Summer They Never Forgot
Harlequin Mills & Boon Romance
© 2014 Kandy Shepherd
Traduzione di Silvia Paci
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-871-7
1
Il giorno del suo trentesimo compleanno – lo stesso giorno in cui l’uomo con il quale per due anni aveva convissuto avrebbe sposato un’altra donna – Sandy Adams decise di fuggire.
No. Non fuggire. Cercare una nuova prospettiva.
Sì. Così suonava bene. Positivo. Risoluto. Entusiasmante.
Non avrebbe più lasciato spazio a un’altra delusione amorosa neanche per sogno.
Il primo passo era stato abbandonare Sydney per dirigersi a sud. Destinazione: Melbourne, a quasi mille chilometri di distanza. Aveva scelto il percorso più lento e scenografico, la vecchia Princes Highway. C’era tempo, e attraversava alcune tra le più belle zone del Galles del Sud.
Da sola è bello, continuava a ripetersi mentre guidava.
A ripeterlo più volte, avrebbe anche finito per crederci.
Da qualche parte tra la cittadina di Kiama e il suggestivo villaggio di Berry, accostò il suo Maggiolino verde lime in una piazzola di sosta. Ma si concesse solo una breve pausa per sgranchirsi le gambe e ammirare le verdi e sinuose colline e la distesa mozzafiato dell’oceano Pacifico. Il caldo di febbraio non permetteva di restare all’aperto troppo a lungo.
Prese dalla borsa il suo nuovo taccuino, un regalo di compleanno della sua nipotina. Sulla copertina aveva una fatina rosa, e i brillantini delle ali si erano sparpagliati ovunque. Era coordinato a una penna rosa shocking. Mordicchiò la penna per un po’.
Poi, con un bel ghirigoro, intitolò la pagina Propositi del Trentesimo Compleanno
, aggiunse una cornicetta e cominciò a scrivere in modo quasi illeggibile:
Lontano da Sydney il più possibile, sempre a portata di un buon latte macchiato.
Trovare nuovo lavoro. Indipendente.
Sottolineò la parola indipendente tre volte, tanto forte che quasi strappò la carta.
Trovare uomo gentile, interessante, senza impegni che mi ami per come sono e voglia sposarsi e avere dei figli.
Cancellò dei figli e scrisse invece tre figli. Quando si trattava di scrivere propositi non c’era nulla di male a essere precisi. Così aggiunse: Neanche lontanamente simile a Jason l’Idiota.
Ripassò due volte la parola idiota e finì aggiungendo data e una stravagante cornicetta. Fatto.
Le piaceva fare elenchi. Sentiva di avere comunque il controllo su una vita che era andata inaspettatamente a rotoli. Ma tre obiettivi erano il massimo che poteva gestire in quel momento. I propositi potevano essere rivisti una volta giunta a destinazione.
Rimise il taccuino nella borsa, e s’immise nuovamente in autostrada.
Circa un’ora dopo, la campagna aveva lasciato il posto agli arbusti, e i lati della strada erano affiancati da foreste di eucalipto. A forza di guidare le facevano male le spalle, e il pensiero di fermarsi per mangiare qualcosa la assillava. Quando vide l’indicazione per Dolphin Bay, le ci volle un secondo per decidere di svoltare a sinistra.
Fu un’azione puramente riflessa. Aveva deciso di fermarsi in uno dei paesi sulla costa per pranzare e farsi una nuotata. Ma erano anni che non pensava alla sonnolenta Dolphin Bay. Da bambina adorava la costa del sud, dove in un paio di occasioni aveva trascorso delle vacanze da sogno insieme alla sua famiglia, godendo della libertà di non doversi attenere al rigoroso piano di studi che suo padre le imponeva durante l’anno scolastico. Ma un’estate era stata a Dolphin Bay, e tutto era cambiato.
A diciotto anni si era innamorata di Ben. Alto, biondo, Ben il surfista, col sorriso tranquillo e muscoli da morirci. Era stato eccitazione, trasgressione e divertimento. Allo stesso tempo era stato un amico vero: le aveva offerto sostegno e incoraggiamento, tutte le cose che non si sarebbe mai sognata di trovare in un ragazzo.
Poi c’erano stati i baci. Gli appassionati ed emozionanti primi baci che in seguito, per anni, si erano intrufolati nei suoi sogni.
Sandy tolse il piede dall’acceleratore e si preparò a frenare e tornare indietro. Aveva chiuso la porta a così tanti ricordi dolceamari di quell’estate. Era prudente riaprire anche solo uno spiraglio?
Ma che male c’era a fare un salto a Dolphin Bay? Era il suo compleanno, dopotutto, e non ricordava quando era stata l’ultima volta che aveva mangiato come si deve. Poteva addirittura prenotare alla Pensione Morgan e restarci per la notte.
Rimise il piede sull’acceleratore, troppo emozionata al pensiero di rivedere Dolphin Bay per rimandare oltre.
Mentre percorreva la via principale, che scorreva tra una fila di negozi e il lungomare, l’emozione si mescolò a un improvviso senso di delusione. Aveva fatto un grande errore. Il classico errore di chi si aspetta di trovare le cose immutate. Non era tornata a Dolphin Bay per dodici anni. E ora la riconosceva a malapena.
Decisa a non indugiare in sentimenti deprimenti, parcheggiò non lontano da dove una volta c’era il chiosco delle informazioni, uscì dall’auto e fece un giro, cercando di orientarsi.
L’estremità sud della baia era circondata da scogli che formavano un piccolo e tranquillo porto. Sembrava quasi uguale, con una varietà di barche da diporto e pescherecci che galleggiavano sull’acqua. Anche il pub in tipico stile australiano con i suoi balconi in ferro battuto era lo stesso.
Ma il vecchio e malandato molo era sparito, rimpiazzato da uno nuovo ed elegante, un porto turistico e un’attività di noleggio barche. Il negozio di fish and chips dove aveva litigato con sua sorella su chi avrebbe dovuto mangiare l’ultima patatina era stato abbattuto per far posto a un caffè alla moda. Il polveroso negozio di alimentari era ora un’elegante boutique.
E, anche se era febbraio e le vacanze erano finite, c’era gente che passeggiava, curiosava in giro, mangiava gelati, più di quanta ricordava di averne mai vista a Dolphin Bay.
Per un momento fu quasi vinta dalla delusione. Ma rise forte quando notò i bidoni della spazzatura lungo il marciapiede. A forma di delfino, con la bocca aperta. Erano kitsch allo stato puro, ma se ne innamorò di nuovo.
E avrebbe scommesso che la pensione Morgan all’estremità nord della baia non era cambiata. Il vecchio edificio dalla planimetria irregolare risalente agli anni Venti, doveva di certo essere protetto da qualche ordinanza di conservazione del patrimonio. Era parte della storia della città.
Riusciva ancora a vederla così com’era durante quella magica estate. Le imposte, le file di ortensie viola e blu che a sua madre erano piaciute tanto, il vecchio campo da tennis in terra dove tra una risata e l’altra aveva giocato con Ben. Sperava di non trovarla troppo cambiata.
Mentre si avvicinava al chiosco delle informazioni, esitò. Che bisogno aveva di trovare inalterata la pensione?
Aveva forse a che fare con quei ricordi di Ben Morgan che erano ritornati alla mente così in fretta? Diciannove anni Ben, diciotto lei, il surfista da urlo per cui tutte le ragazze avevano perso la testa.
Nella baia, raggiungibile da una passerella, c’era un’ottima spiaggia per surfisti. Quando Ben cavalcava la sua tavola, sfruttando il potere delle onde come un giovane dio, a riva c’era sempre una combriccola di ragazze adoranti che ridacchiavano.
Non era mai stata una di loro. No, lei era rimasta ai margini, senza mai osare sognare che lui potesse vederla come qualcosa di più dell’ospite che soggiornava nella pensione dei suoi genitori.
Ma, con sua grande meraviglia e gioia, Ben aveva scelto lei. E allora il sole aveva iniziato davvero a splendere, quell’estate di tanto tempo fa.
«Pensione Morgan?» disse la donna al chiosco. «Mi spiace, tesoro, non l’ho mai sentita.»
«Il vecchio edificio di legno all’estremità nord della baia» suggerì Sandy.
«Lì c’è solo l’hotel Harbourside» disse la donna. «È un posto moderno, sempre stato lì.»
Sandy ringraziò e se ne andò, un po’ confusa.
Ma ebbe un sussulto quando vide la struttura spoglia e moderna del lussuoso hotel che aveva preso il posto della vecchia e incantevole pensione. L’hotel aveva mantenuto l’impronta dell’edificio originale e dei giardini, ed era più alto di diversi piani.
Hotel Harbourside? Avrebbe detto Hotel Orrendo.
Inspirò profondamente, cercando di calmarsi. E si sforzò di pensare positivo. Il nuovo hotel poteva non avere il fascino della vecchia pensione, ma di sicuro aveva aria condizionata e quasi certamente un buon ristorante. Il posto ideale per il pranzo solitario del suo trentesimo compleanno.
E quando, ferma sugli scalini che dalla spiaggia conducevano all’hotel, chiuse gli occhi, inalando l’aria salmastra, sentendo il calore emanare dalla sabbia, e udì il suono dell’acqua infrangersi a riva, riuscì quasi a immaginare che tutto fosse com’era allora.
Quasi.
L’interno del ristorante era tutto vetro, acciaio e design alla moda. Che differenza dalla sala da pranzo della vecchia pensione, con le sedie di legno scompagnate, vecchi tavoli consumati e pile di giochi da tavolo per gli spietati tornei del dopo cena. Ma le finestre che davano sulla baia incorniciavano una veduta che era rimasta pressoché la stessa.
Trovò un tavolo all’angolo più distante dal bar e si sedette. Si tolse il cappello e lo schiacciò dentro la borsa, ma tenne gli occhiali da sole. Si sentiva più al sicuro, lì dietro. Protetta. Meno vulnerabile, dovette ammettere.
Non permise neppure a una minima dose di autocommiserazione di intromettersi mentre lei celebrava tutta sola il suo compleanno e il suo ex si preparava a percorrere la navata.
Gettando uno sguardo al menu, fu colta di sorpresa da uno scoppio di risa mascoline che coprì il chiacchiericcio proveniente dal bar. Il cuore le si riempì di gioia quando dalla memoria ripescò quel suono. Nessun altro uomo poteva avere una simile risata.
Ricca. Calda. Indimenticabile.
Ben.
Non era al bar quando era entrata. L’avrebbe giurato. A meno che non fosse cambiato tanto da essere irriconoscibile.
Aveva paura di alzare lo sguardo. Paura di restare delusa. Paura di cosa avrebbe potuto dire, fare, con l’uomo che per primo le aveva spezzato il cuore.
Doveva alzarsi e salutare? O rimettere il cappello e cercare di sgattaiolare fuori senza che la vedesse?
Nonostante le sue paure, si tolse gli occhiali con mano incerta, e sollevò lentamente la testa.
Smise di respirare, si sentì mancare. Le stava di fronte di profilo, ma era decisamente Ben Morgan: le spalle larghe, torreggiava sugli altri uomini, e parlava animatamente con un gruppo di persone.
Da quel che poteva vedere, era bello come il giorno in cui si erano detti addio. Aveva i capelli più corti. Era più muscoloso. Decisamente più adulto.
Ma era sempre Ben.
Disse qualcosa al tipo che gli