Del femminile e del maschile... e di altri generi Il mito di Elettra
Di Mauro Manica
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Da Jung in poi, il complesso di Elettra diventa il corrispettivo femminile dell’Edipo, ma il nostro Autore supera questa definizione per addentrarsi in una riflessione più ampia sul femminile e sul maschile fino, ad affrontare il delicato tema dell’identità di genere.
E così che la storia di Agnese, una diciottenne che riesce a far adottare al suo liceo un protocollo che riconosce il diritto di dotarsi di un’identità alias, diventa un nuovo punto di partenza per interrogarsi sui concetti di “identità di genere” e “modalità dell’essere”.
Se il concetto di genere è meramente biologico, l’essere umano non va appiattito su questa dimensione, ma gli va riconosciuta la possibilità di diventare la persona che autenticamente è. Un percorso complesso che viene paragonato al viaggio di Ulisse per ritrovare sé stesso e la sua Itaca.
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Del femminile e del maschile... e di altri generi Il mito di Elettra - Mauro Manica
Mauro Manica
Del femminile e del maschile... e di altri generi
Il mito di Elettra
Con un saggio conclusivo di Anna Bassetti e Sandro Panizza
© 2022 Europa Edizioni s.r.l. | Roma
www.europaedizioni.it - info@europaedizioni.it
ISBN 979-12-201-3312-8
I edizione dicembre 2022
Finito di stampare nel mese di dicembre 2022
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distributore per le librerie Messaggerie Libri S.p.A.
Del femminile e del maschile... e di altri generi
Il mito di Elettra
Introduzione
Del femminile e del maschile... è un testo particolare. Sin dal primo momento, ho avuto la sensazione di scriverlo in una condizione di attenzione liberamente sospesa
(Freud, 1912) o addirittura in uno stato di rêverie
(Bion, 1962). È come se si fosse composto da solo, quasi disordinatamente, mentre mi ero trovato a rileggere alcuni classici della letteratura greca: le tragedie di Sofocle, di Eschilo, di Euripide, l’Iliade e l’Odissea di Omero. E contemporaneamente, mi ero imbattuto nell’Odissea di Nikos Kazantzakis, un poema dedicato all’eterna lotta tra il bene e il male:
Sole, grande astro orientale, berretto d’oro della mente,
che amo portare di traverso, ho voglia di giocare,
perché giocano i cuori finché siamo entrambi vivi.
È buona questa terra, ci piace, come l’uva riccia
che pende nell’aria azzurra e oscilla nel piovasco,
Dio, la beccano gli spiriti e gli uccelli del vento;
pilucchiamola anche noi, che ci rinfreschi la mente!
(Proemio, 1-7)¹
Forse avevo voglia di giocare
e nella mia mente hanno incominciato a formarsi delle immagini, grappoli di uva riccia
; e queste immagini sembravano via via comporre dei sogni della veglia, sempre più ricorrenti e in qualche modo collegati gli uni agli altri. Ho allora avvertito il desiderio, quasi la necessità, di affidare alla scrittura quanto accadeva dentro di me. Una delle impressioni più forti si era generata in relazione al personaggio di Elettra. Ma per comprendere Elettra sono stato attirato dalle Genealogie: questi alberi familiari di cui mi sentivo spinto a cercare le radici, le ramificazioni, e gli intrecci. Era come se cercassi dei sentieri per orientarmi in questa piccola foresta di alberi scheletriti; e così mi è apparso, lungo il percorso, il tema dei complessi: quello dei complessi, in generale, e quello del complesso di Elettra, in particolare.
Inevitabilmente, al personaggio di Elettra si è affiancata la figura di Edipo, ma invece di intraprendere la via della metapsicologia, il mio pensiero è stato calamitato dalle questioni del femminile e del maschile: anima e animus, nella prospettiva junghiana; contenitore ( ) e contenuto ( ) nella riflessione di Bion; e, più specificamente, il femminile come essere e il maschile come fare nel pensiero di Winnicott.
Così sognando il personaggio di Elettra, attraverso le tragedie di Eschilo, Euripide e Sofocle, mi sono trovato a considerare quanto potrebbe esserci di Elettra in ciascuno di noi e quanto siamo confrontati, e le nostre identità sono confrontate, con una dimensione traumatica che può trasmettersi attraverso le generazioni.
La riflessione sul femminile e sul maschile si è poi intrecciata con il tema dell’identità di genere. Identità di genere o modalità dell’essere?
Se scegliamo la prospettiva che privilegia la modalità dell’essere
, siamo immediatamente coinvolti nel compito di tutelare il diritto, inviolabile per ciascuno di noi, di scoprire e di diventare ciò che veramente è.
E, mentre mi dibattevo tra questi pensieri, il disegno del caso mi ha fatto imbattere in un articolo di giornale dedicato al diritto di dotarsi di un’identità alias, cioè, al diritto di assumere un’identità anagrafica divergente da quella associata al genere sessuale di nascita. Così, attraverso la breve storia di Agnese, protagonista di quell’articolo di giornale, sono arrivato a immaginare un incontro con l’altro che rispettasse la verità della sua esperienza emotiva e identitaria, qualunque essa fosse.
È senza dubbio faticoso e periglioso il viaggio che conduce ciascun essere umano a tentare di diventare chi
(quella persona che) autenticamente è. Allora, il tema del viaggio mi ha portato a ripercorrere il vagare di Odisseo, alla ricerca di se stesso, sul dorso del mare
. E mi si è presentato come la metafora dello sviluppo di una mente, dell’evoluzione da un funzionamento mentale caotico e disorganizzato alla capacità di sognare e di pensare. Di nuovo, allora, un testo classico, il sogno di Penelope nel Libro diciannovesimo dell’Odissea, mi ha offerto lo spunto per un’ulteriore riflessione a proposito dell’essere e del fare e sulle condizioni che possono favorire lo sviluppo di una mente libera e creativa. Perché, come ha scritto Kazantzakis:
La grande mente balza sulla vetta del suo riscatto;
un ultimo frullo di ali vuote, poi, ritta nel vento,
si alza in volo, esce dall’ultima gabbia, la libertà.
(Odissea, Canto XXIV, 1391-1393)
1 KAZANTZAKIS, N. (1957), Odissea, tr. it. Crocetti Editore, Cles (TN) 2020
Premessa
Disponiamo di tre versioni del mito di Elettra: quella di Eschilo, quella di Sofocle e quella di Euripide. È una triade che rimanda al mito di Edipo: il figlio, la madre, il padre.
Allora possiamo considerare la tragedia di Elettra come la versione al femminile di una triangolazione che nel mito di Edipo riguarda il maschile?
In effetti, Jung aveva pensato al complesso di Elettra come al corrispettivo femminile dell’Edipo: la figlia che uccide la madre, Clitemnestra, per vendicare l’assassinio del padre amato, Agamennone. Senza dubbio la prospettiva junghiana, per altro non accolta da Freud, introduce una significativa simmetria nei due sessi nell’atteggiamento che viene assunto nei confronti delle figure dell’ambiente primario.
Come già abbiamo accennato, Jung restituisce ad Elettra un ruolo simmetrico a quello di Edipo nella triangolazione familiare originaria e riconosce al femminile una dimensione paritaria, un valore e una dignità che, pur esprimendosi in forme diverse, non hanno nulla da invidiare al maschile.
Se Edipo, e il maschile, recano in sé il marchio della stirpe generata da Cadmo e Armonia, il femminile di Elettra discende dalla progenie di Tantalo e le loro ascendenze si intrecciano quando Laio, pronipote di Cadmo, viene inviato bambino alla corte di Pelope, figlio di Tantalo. E tanto nella genealogia di Edipo quanto in quella di Elettra si giocheranno atroci destini, ma il primo finirà mendico e cieco perché, nonostante abbia sconfitto e ucciso il mostro – la Sfinge – non lo ha mai toccato. E come sostiene Roberto Calasso (1988): Il mostro può perdonare chi lo ha ucciso. Ma non perdonerà mai chi non ha voluto toccarlo
. Così Edipo è inconsapevole del fatto di aver ucciso il proprio padre in una rissa fra viaggiatori e solo successivamente se ne renderà conto scoprendo di essere il responsabile della pestilenza