Cosa mi tiene sveglio
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Anteprima del libro
Cosa mi tiene sveglio - Massimiliano Pietroforte
Presentazione di un personaggio
A venticinque anni è facile fare delle scelte, ti porti dentro un po’ di immortalità, ma si sa come vanno le cose del mondo: il loro divenire ci è completamente sconosciuto o forse qualcuno si è divertito a cambiare le carte in tavola e ci fissa nel vederci fallire.
Con me deve essersi divertito parecchio, considerando la caterva di fallimenti che ho accumulato e messo sotto il cuscino, nell’armadio, in garage. Alla fine però sono fatto così: in modo un po’ strano, accumulo delusioni e le metto da parte; sono parecchio pratico in materia e non perché sia sfortunato, molto più semplicemente perché ci provo gusto a sentirmi a pezzi.
Quello che segue non è un fallimento, una storia di amanti, corpi caldi, non è niente di riconducibile a una prospettiva reale, ma chiedo di essere preso sul serio, chiedo soltanto che non si confonda ciò che scrivo per finzione o fantasia. Non potrei accettare di essere considerato pazzo, mi sono dato questo appellativo per quasi tutta la mia vita.
I miei modi di fare erano folli, squilibrati, poco normali, mi odiava parecchia gente per la mia sfacciataggine, per la mia superbia, per la naturalezza con cui sbeffeggiavo tutti; la stessa naturalezza che mi portò un giorno d’estate in Kenya, quando avevo ventidue anni, e mi ci fece restare per ben otto mesi.
Tornai per la noia, il caldo, l’umidità, la troppa luce. Mi stanco subito delle cose, ma questa è un’altra questione.
Ora come ora, non potrei accettare di essere considerato un visionario, impasticcato, uno che fa uso smodato di alcolici o sostanze stupefacenti, perché tutto quello che vedo è reale, tutto quello che tocco ha un suo odore, questa camera non è mai stata così reale e non mi ha mai fatto così paura.
Sono incollato a questa sedia, come fosse inscritta in una zona sicura, ma qui, di sicuro, non c’è più niente, se non la mia penna sulla carta, e anche questa finisce per spaventarmi.
Quando decisi di prendere questo appartamento mi sembrava la prima cosa giusta che facevo nella vita, entrava una luce dalle finestre in soggiorno che riscaldava la stanza, e a volte, in inverno, non era neanche necessario il riscaldamento.
Mi sembra sia passata una vita, il sudiciume ora gronda dalle pareti, mi chiedo se si tratti dello stesso luogo. Ci avevo speso un sacco di soldi per sistemarlo e adesso vorrei dargli fuoco, farla finita con questo grigio… Dove sono le finestre?
Ho bisogno di bere qualcosa, di riscaldarmi un po’, comincio a sentire freddo e fuori c’è un gran silenzio, deve essere molto tardi.
Le mie ambizioni sono di terminare questa notte, scrivere tutto quanto proprio come mi frulla nella testa, senza badare troppo alle forme; non sono uno scrittore, non più.
Vi offro una panoramica, un contesto, uno sfondo di quello che ho intorno senza sforzarmi troppo, non c’è niente di aulico in tutto questo. Mi sento avvolto da un tutto che ha una tinta unica difficile da catalogare, un marrone scuro tendente al nero con macchie chiare di grigio, e credetemi se non riesco a distinguere altro. Il pavimento sembra essere in sintonia con le pareti, sembrano essersi messi d’accordo per farmi impazzire, nessun confine.
Vedo le cose spente, non vedo più un cuore nelle persone, solo pezzi di carne e tessuti che si muovono; non so dove sia il problema se considero che questo mondo è lo stesso da sempre, che la gente non è mai cambiata, che l’essere umano segue degli schemi che sono inevitabilmente gli stessi, commette sempre gli stessi errori e si fa perdonare sempre nello stesso modo, senza avere il coraggio di prendere decisioni, e prima o poi ne paga le conseguenze. In due parti di mondo opposte l’una all’altra ci sono due persone che si pensano tutte le notti e continueranno a farlo di sicuro, ma nessuno dei due chiamerà. Siamo fatti così, tendiamo ad accontentarci, abbiamo bisogno di certezze, di trovare qualcuno a casa, non importa chi sia, cosa faccia, come faccia l’amore con noi, questo non è mai stato importante, vogliamo solo qualcuno che ci aspetti, che ci dia la buonanotte. Non importa che due persone si pensino al calar del sole, ha vinto chi si infila sotto le coperte con qualcun altro. Inevitabilmente ci sentiremo soli, ma sentiremo il caldo di qualcuno sotto il piumone.
Avrei voluto scrivere nella vita, cercare di darmi delle spiegazioni, avrei voluto trovare risposte e cambiare il mio modo di vedere le cose; perché non mi sono mai andato bene, non mi vado bene quando non riesco a credere in niente, non mi vado bene quando non ho paura, vorrei aver il terrore di perdere le persone e invece resto fermo, lascio che gli altri mi fottano, mi ripuliscano, si prendano tutto, come se non si trattasse di me, come se stessi vivendo una vita che non è mia.
Diavolo!
Questa sensazione di distacco mi ha portato ai confini della disperazione, ma queste sono le mie conclusioni, ci metto quello che mi pare dalla prima all’ultima scintilla che mi porto dentro, poi mi lascerò spegnere lentamente.
Dovrò pur cominciare da un punto.
Mason
Il signor Mason abitava nell’appartamento accanto al mio, le porte dei nostri appartamenti erano molto vicine e quando lui entrava o usciva, io sentivo il legno della porta sbattere contro gli stipiti.
Non avevamo mai parlato più di tanto. Lui era un tipo riservato che si limitava a concederti il saluto, e io sono un tipo troppo timido per instaurare altri metodi di conversazione. Siamo stati vicini di casa per quindici anni e l’unica cosa che sapevo fino a qualche tempo fa è che usciva tutte le mattine