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Un amante qualunque
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E-book90 pagine1 ora

Un amante qualunque

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Info su questo ebook

Diverse storie amorose sono concatenate l’una all’altra, in una struttura a chiocciola che ricorda il Gioco dell’Oca. Il primo amante diviene l’amante del secondo, il secondo del terzo, il terzo del quarto e così via fino a che il «gioco» non torna all’ultima casa, che si scoprirà essere poi quella stessa di partenza. È una galleria di tradimenti e di amori perduti, che inanella sentimenti sempre più cupi, dallo smarrimento alla gelosia più violenta, i quali però lasciano il tempo agli amanti di riscattarsi in qualche modo, di ravvedersi, e probabilmente di decidere essi stessi in che direzione andare dopo la delusione ricevuta. Il racconto ha una struttura originale, che lega i personaggi tra loro in una lunga catena di eventi e di relazioni.
LinguaItaliano
EditoreNextBook
Data di uscita27 dic 2017
ISBN9788885949034
Un amante qualunque

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    Un amante qualunque - Giuseppe De Renzi

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    Giuseppe De Renzi

    UN AMANTE QUALUNQUE

    ROMANZO

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    Giuseppe De Renzi

    Un amante qualunque

    ISBN 978-88-85949-03-4

    © 2017 NextBook, Milano

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi narrati sono il frutto della fantasia dell’autore o sono usati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte, eventi o luoghi esistenti è da ritenersi puramente casuale.

    UN AMANTE QUALUNQUE

    Quel giorno andai ad attenderla fuori della sua scuola. Mi addossai a un albero dall’altra parte della strada e aspettai che finisse la sua ora di lezione. Ormai erano trascorse due settimane dal nostro ultimo incontro, durante le quali non avevo avuto più nessuna notizia di lei. Sapevo che insegnava lì come supplente di inglese, ma non conoscevo bene i suoi orari. 

    Verso la tarda mattina la vidi uscire dal portone principale e scendere le larghe scale del vecchio edificio aggiustandosi la gonna, che con il movimento delle gambe tendeva ad alzarsi denudandole un po’ le cosce. Mi raddrizzai, facendo un mezzo passo avanti, ma lei non mi degnò di uno sguardo, forse non accorgendosi affatto di me. Si involò a passo svelto attraverso il cortile, svoltò in strada alla sua sinistra e si allontanò decisa lungo il viale di pioppi che costeggiava il muro di cinta, fino poi a scantonare di nuovo nella prima traversa e sparire così al mio sguardo.

    Pensai a lungo, prima di decidermi sul da farsi. Avrei potuto seguirla, per sapere da chi stesse andando, oppure potevo tornarmene da dove ero venuto rinunciando definitivamente a scoprire il vero tipo di vita che conduceva.

    «È inutile inseguirla. Una donna così è solo da lasciar perdere. Tanto una vale l’altra» dissi a me stesso.

    Abbassai il capo, quasi intenzionato a desistere, quando all’improvviso ripensai a quello che le avevo detto pochi giorni prima: «Non te ne andare. Non voglio che tu vada via».

    E così decisi di restare lì ad attenderla.

    Mi guardai intorno, alzando lo sguardo ai palazzi da cui ero circondato, per vedere se scorgevo una qualche insegna che indicasse un albergo, una pensione o qualcosa del genere.

    Fui fortunato, perché a pochi metri da me, nello stesso viale di fronte la scuola, proprio davanti l’ingresso, c’era un piccolo hotel a tre stelle; più che sufficienti, oserei dire. Né in fondo speravo di meglio.

    Quando ci siamo incontrati per la prima volta eri molto triste. Cioè: in apparenza eri simpatico, scherzavi quasi su tutto facendo ridere tutti; eri aperto, gioviale, istruito, intelligente. Avevi tutte le qualità per essere un amico di cui potersi fidare: eri sensibile, fedele e sembravi conoscere le regole del mondo. Ma a me non la dai a bere: tu avevi un segreto, che tenevi gelosamente custodito da qualche parte della tua mente. Lo capii al secondo sguardo, uno sguardo prolungato e aggressivo. Io ti stavo scrutando per un qualche motivo che non ricordo, ma tu mi opponesti un lungo sguardo a braccia abbassate, come a dirmi che non avevi paura di me.

    Ma perché avresti dovuto aver paura di me?

    Alla fine fui io a battere in ritirata e ad abbassare gli occhi, ma non ho mai dimenticato quella specie di linciaggio privato che mi desti. L’immagine che ho di quel momento è di una muraglia cinese innalzata a dismisura e all’improvviso verso di me. o per meglio dire: contro di me. Nei miei occhi devi aver visto una minaccia immane, ma anziché evitarmi e nasconderti, hai alzato di più il mento, hai gonfiato il torace ispirando lentamente, sicuro di te, e poi hai indurito lo sguardo puntandolo dentro di me. Ho quasi veduto il fondo oscuro della tua retina che si contraeva per offrire il minor campo possibile dove io potessi colpirti. Ti sei offerto a me, nudo negli occhi, pronto a difendere con le unghie e con i denti il tuo mistero.

    Io, smarrito, non ho saputo cosa fare, non ho saputo interpretare il tuo segnale di minaccia, e per un lungo istante ho retto il tuo sguardo. Sembravi un animale ferito che stava proteggendo la sua tana, pronto a caricare se avessi osato fare uno solo passo falso.

    Ma quale terribile segreto poteva avere un uomo buono come te?

    Nonostante quella volta diventammo molto amici. Non so perché. Le cose accadono per caso, forse, senza un perché, o per lo meno è inutile chiederselo. Ci sono cose a cui si sa rispondere, altre no. L’affetto che ho provato immediatamente per te appartiene a quest’ultime: non gli so dare una spiegazione.

    Qualcosa però proprio non quadrava.

    Così come eri spigliato e divertente quando eravamo in compagnia di altri, altrettanto eri cupo, serio e triste quando eri solo insieme a me. Parlavamo di tutto, tu e io, e quasi non mi nascondevi nulla, finché un giorno non reggesti più il peso del tuo dolore e mi confidasti di aver avuto una relazione con una donna più grande di te, sposa e madre. Mi confessasti tutto, o almeno ciò che potevi confessare. Tenesti nascosto solo ciò che riguardava la parte più intima della tua amante. Quelle cose era inutile raccontarmele, e non sarebbe stato onesto verso di lei. Tu l’amavi per davvero, era evidente, anche se sapevi che era una storia che non poteva durare troppo a lungo. Quella donna non avrebbe mai e poi mai lasciato suo marito per te, e poi c’era la differenza di età, lo stato sociale, il suo lavoro, i suoi genitori… E c’era sua figlia. È stato quel piccolo insignificante particolare a fermarti. Sua figlia, che tu conoscevi appena per averla vista di lontano salire in macchina della madre uscendo da scuola, è stato il granello di sabbia che ha arrestato all’istante tutto l’immenso ingranaggio che aveva mosso la vostra passione.   

    Gli incidenti capitano, nella vita, ma quello occorso alla giovane figlia della tua amante squarciò il cielo in due, spalancando come una folgore un orizzonte insospettabile, e tu perdesti di colpo tutta la tua importanza. Anzi, ora eri diventato quasi un nemico, un imperdonabile intruso, e non te ne capacitavi. Quella donna evoluta, matura, dalla pelle sensibilissima che si abbandonava completamente a te ubbidendoti senza fiatare, ora ti giudicava crudelmente un essere inutile e dannoso. 

    Tu hai pensato subito che fosse dovuto allo shock, e lo capivi: sei rimasto infatti in disparte per giorni e settimane, comprendevi di non poter fare molto, ma eri sicuro che non appena le cose si fossero messe per il meglio, tutto sarebbe tornato come prima, o forse addirittura meglio. 

    Non conoscevi ancora bene le donne, mio caro amico, e non serve proteggere il loro ricordo dietro la tua muraglia; quella muraglia si sgretola con un niente, basta aspettare che il sole sciolga la neve che ricopre il dolore come un manto: il tuo, quella della tua perduta amante e il mio.

    A me per esempio è bastato attendere che tu le scrivessi la tua ultima lettera disperata. Poi il nulla ingoiò anche quella, come in un buco nero da cui non esce più neanche la luce.

    Piangesti come un bambino tutte le tue lacrime, quella volta, me lo ricordo bene. Avevi perduto tutto, ti sembrava, eri come un cieco che barcollava in mezzo a un vortice di luce

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