Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

La battaglia finale: I Tempestari e le streghe della Bassa
La battaglia finale: I Tempestari e le streghe della Bassa
La battaglia finale: I Tempestari e le streghe della Bassa
E-book137 pagine2 ore

La battaglia finale: I Tempestari e le streghe della Bassa

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Inutile cercare i confini della Bassa sulle carte geografiche. Più facile trovarli in letteratura, quella dei libri dei grandi scrittori, quella tramandata oralmente ed ereditata dai cantastorie che qui erano di casa. Una terra bagnata dal Po e dai suoi affluenti, abitata da uomini e donne che sanno tenere i piedi ben piantati nella grassa terra, e la testa che sa arrivare fino alle nuvole. Infatti esiste una Bassa solare, cantata da Zavattini e da Guareschi, e anche una Bassa notturna, quella dall’Ariosto e di Tonna. Luca Marchesi si colloca a pieno titolo tra gli scrittori lunari che sanno vedere oltre la realtà della cronaca di tutti i giorni e narrano avventure con una fantasia che pesca nella storia, nella tradizione, nelle fole, nella mitologia popolare. In questo romanzo, l’ultimo della trilogia, ritroviamo i potenti e simpatici maghetti impegnati a salvare il loro piccolo mondo antico e moderno, i luoghi domati dal lavoro dell’uomo (ma dove basta un’alluvione per tornare al paesaggio di mille anni fa), i personaggi della fantasia dell’autore e della sua gente: draghi, sirene, streghe e perfino il grande Olmo Parlante di San Felice, ma imprevedibilmente, e fin dal prologo, anche un personaggio nato molto lontano: Rabbi Low, quello del Golem. Non ce ne stupiamo più di tanto perché Luca Marchesi, affabulatore e incantatore, rende tutto credibile. E compie così il sortilegio di trasformarci tutti in ragazzi che sanno sognare.
LinguaItaliano
Data di uscita24 ago 2017
ISBN9788863937381
La battaglia finale: I Tempestari e le streghe della Bassa

Leggi altro di Luca Marchesi

Correlato a La battaglia finale

Ebook correlati

Fantasy per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su La battaglia finale

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    La battaglia finale - Luca Marchesi

    Praga, settembre 1609

    Il rabbino si fermò a contemplare la Sinagoga Vecchia-Nuova per l’ultima volta.

    Dalla Moldava arrivava la tenue fragranza delle rose che crescevano nei giardini vicino a Ponte Carlo. La notte era distesa sulla città addormentata.

    «Devi proprio andare?» chiese l’uomo che gli stava di fianco.

    Rabbi Low attese un attimo prima di rispondere. Lasciò che la leggera brezza di settembre gli accarezzasse la lunga barba bianca.

    Sorrise all’imperatore Rodolfo II.

    Gli sarebbero mancate le lunghe notti passate lassù, all’ultimo piano della Sinagoga, a discutere con lui di magia, cabala, astronomia e scienza, sorbendo del buon vino di Boemia.

    «Caro amico» rispose il mago e cabalista «il mio tempo qui è finito. Devo partire…»

    «Ci rivedremo?» chiese l’imperatore.

    Rabbi Low scosse la testa. «Ti prego di ricordare il favore che ti ho chiesto» aggiunse «è l’ultimo.»

    «È stato tutto predisposto. Penseranno che sei sepolto nel cimitero ebraico. Ho scelto personalmente la tua lapide.»

    Un rapido sorriso attraversò il viso del rabbino. Tutti avrebbero visitato la sua tomba, lui invece avrebbe continuato a vivere lontano dalla città, molto lontano. Era quello l’ultimo favore che il cabalista aveva chiesto all’imperatore: far credere a tutti che fosse morto.

    I due uomini si strinsero commossi la mano. Non c’era altro da dire. Judah Loew ben Bezalel, detto Rabbi Low, si allontanò con la tristezza nel cuore. Stava lasciando la città in cui era vissuto, avrebbe perduto i suoi affetti, lasciato le dolci abitudini della sua vita di studioso.

    Un’enorme creatura sbucò dalle tenebre in cui era rimasta in attesa e seguì, silenziosa, il rabbino. Rodolfo II osservò ammirato il Golem, il gigante di fango creato dalla magia di Rabbi Low per proteggere gli ebrei del ghetto di Praga. Lo vide muoversi goffamente, seguendo, docile come un cagnolino, il suo creatore. La terra tremò, scossa dai possenti passi dell’essere. Poi Golem e rabbino svanirono nell’oscurità. Rodolfo ii d’Asburgo, imperatore del Sacro romano impero, re di Boemia, arciduca d’Austria e re d’Ungheria, rimase solo nel buio della notte praghese.

    I

    Bassa modenese oggi

    La barca scivolava sulle acque melmose delle Valli, un’infinita distesa piatta di dossi e stagni, che arrivava fino ai confini del mondo. Matteo Galavotti guardò con preoccupazione il fondale del macero illuminato da un’enorme luna indifferente. L’afa aveva prosciugato le profonde pozze d’acqua e lui temeva che la sua barchetta finisse incagliata nel fondale fangoso tra le bisce e le altre bestie acquatiche. Galavotti era un ranaro, come lo erano stati prima di lui suo padre e suo nonno. Conosceva ogni angolo della sconfinata pianura perché, da anni, tutte le notti d’estate, ne percorreva canali e stagni cacciando le rane. Si avvicinava remando con cautela, cercando di non fare rumore: quando era vicino alle rane addormentate, le abbagliava con una potente torcia e, approfittando del loro smarrimento, le tramortiva con un remo. Nel corso del tempo aveva dovuto ampliare l’offerta dei suoi servizi, poiché rane e rospi erano misteriosamente scomparsi dalle acque della Bassa. E così si era visto costretto a cacciare gamberetti e nutrie, che finivano nelle cucine di diversi ristoranti della zona. Per catturare le sue prede aveva attraversato le insidiose sabbie mobili, scoperto il cimitero dei draghi della Bassa, e si era spinto persino più in là dei Barchessoni, le cattedrali della pianura, originali costruzioni circolari un tempo destinate all’allevamento dei cavalli. Ne erano rimasti sette a ricordo di quando immense mandrie di splendidi purosangue vagavano libere per le Valli.

    Matteo Galavotti imprecò. La chiglia della barca aveva sfiorato il fondo, emettendo un suono sordo che aveva lacerato il silenzio della notte e messo in fuga parecchie prede. Aiutandosi con il remo riuscì a fatica a superare le secche, ritrovandosi in un tratto più profondo.

    Fu in quel momento che sentì il ronzio.

    Un rumore che aumentava di intensità, avvicinandosi. Il ronzio si fece più forte. All’improvviso, dall’oscurità, spuntò un grosso uccello che si diresse verso l’uomo.

    «Che diavolo è?» si chiese a voce alta. Conosceva tutte le creature che si aggiravano per le Valli, di giorno e di notte. Gli era persino capitato di vedere due tritoni alati e qualche sirena, dalla quale però si era sempre tenuto alla larga, conoscendone la pericolosità. Ma non aveva mai visto un essere come quello. Il ronzio crebbe ancora. Matteo socchiuse gli occhi, si concentrò e attese. Afferrò il remo con due mani, roteandolo lentamente. I ranari utilizzavano i remi come i samurai la spada, un’antica arte di combattimento che si tramandavano di padre in figlio.

    Quando la creatura gli fu vicina, la colpì con un movimento fluido e rapidissimo. L’uccello finì in acqua, privo di sensi.

    «Voglio proprio vedere cosa sei» disse a voce alta Matteo, soddisfatto per la precisione del colpo con cui aveva abbattuto il volatile.

    Il ranaro si avvicinò con la scialuppa e puntò la torcia contro la forma che galleggiava sull’acqua. Provò un senso di vertigine. Si stropicciò incredulo gli occhi: non era un uccello, ma sembrava piuttosto una enorme zanzara tigre!

    «Mai visto nulla del genere» pensò. Non era ubriaco, ne era sicuro. Per cena aveva bevuto solo un bicchiere di lambrusco, accompagnandolo ai tortellini acquistati a Mirandola, dalla Tonina Pizzetti, che faceva i cappelletti più buoni del mondo. Servendosi del remo raccolse lo zanzarone e lo depose con cura sulla barca.

    «Cavolo! Per una roba del genere mi faranno un articolo sul giornale» mormorò il ranaro esaltato. D’improvviso, si immobilizzò. Fiutò l’aria e avvertì un odore insolito, aspro e sgradevole, che non aveva mai sentito prima. Tentò invano di classificarlo, mentre si asciugava il sudore dalla fronte con un vecchio fazzoletto. Non c’era mai stato tanto caldo, di notte, nelle Valli. Qualcosa non andava. Prima la zanzara, adesso quelle intense, sconosciute zaffate…

    Gli sembrò di cogliere un movimento, là sulla riva, oltre le canne. Coprì lo zanzarone con il vecchio plaid che per ogni evenienza lasciava sempre sulla barca e si diresse verso la riva, remando con prudenza per evitare le secche. Quello era il suo territorio. E doveva capire cosa stava succedendo. Balzò a terra, guardandosi intorno con fare circospetto. Camminava roteando minacciosamente il remo, mentre il grosso coltello da caccia che portava alla cintura luccicava ai raggi della luna. L’odore si fece più forte. Qualcosa si mosse dietro di lui.

    «Dai andiamo a vedere cosa combinano le femmine» Sergio scosse Francesco che dormiva vicino a lui. Afferrò eccitato la torcia e uscì dalla tenda. Francesco si svegliò di soprassalto, in un lago di sudore. Stava sognando il granoturco. Il ragazzino si guardò intorno frastornato, non riuscendo a capire dove si trovava. Sbadigliò e seguì poco convinto l’amico. Gli sembrava di essersi appena addormentato quando Sergio l’aveva chiamato. Guardò l’orologio: erano le tre!

    Tutte le estati il centro estivo del Comune organizzava una notte in tenda per i ragazzi delle scuole medie. Il campo veniva allestito dietro la palestra, tra la campagna e il parchetto cittadino. Cinque canadesi disposte in circolo, minacciate dal granoturco che dalla parte dei campi arrivava a lambire le tende e nascondeva la visuale del vicino cimitero.

    Francesco e Sergio strisciarono furtivi sull’erba umida di rugiada, trovando un po’ di sollievo dal caldo che li aveva tormentati per tutto il giorno: una feroce cappa di afa opprimeva da settimane la Bassa. I due ragazzi passarono vicino alla tenda degli educatori. Attesero un attimo, non udirono nulla e proseguirono, avvicinandosi con cautela alla canadese delle ragazze.

    «Saltiamo dentro urlando» sussurrò Sergio che estrasse il telefono cellulare dalla tasca come se fosse una pistola. «E ovviamente filmiamo tutto» aggiunse.

    Il rumore li sorprese alle spalle. Veniva dal campo di granoturco. I due ragazzini si immobilizzarono, trattenendo il respiro.

    «C’è qualcuno che vuole farci paura?» mormorò alla fine Francesco.

    Sergio non rispose. Si sentiva a disagio, la baldanza di poco prima svanita nella notte. Puntò la torcia verso le piante del mais. La mano gli tremava leggermente e la luce oscillava su e giù.

    «Govoni e gli altri stavano dormendo…» osservò sempre più preoccupato Sergio. «Non possono essere stati loro.»

    Un’enorme luna tranquilla proiettava le lunghe ombre del granoturco sulle tende. A Sergio sembrarono minacciosi tentacoli che si allungavano verso di loro. Il rumore si ripeté, stavolta più vicino. I grilli si erano ammutoliti.

    «Torniamo in tenda» implorò Sergio.

    Francesco non lo ascoltava. Osservava il campo di granoturco, le piante più alte di un uomo adulto, immobili, in attesa. Per un attimo rischiò di scivolare nel sogno appiccicoso di poco prima, dove gli era sembrato che nel granoturco ci fosse qualcosa… «Magari è solo un cane» disse poi, per tranquillizzare l’amico e anche un po’ se stesso.

    «E magari no… Dai torniamo in tenda.»

    I fusti delle piante più vicine a loro cominciarono a oscillare. Una figura sbucò dal campo. Sergio urlò spaventato. Francesco si irrigidì e sentì la magia risvegliarsi in lui. Davide Annovi della seconda b, li guardò seccato. Stava ancora allacciandosi i pantaloni.

    «Ehi, che diavolo vi prende? Non si può nemmeno andare a fare pipì, adesso? Possibile che non ci sia un minimo di privacy in questo posto?»

    Sergio arrossì violentemente. Sperò che la notte nascondesse il suo rossore. Quell’urlo gli era proprio scappato.

    Francesco zittì Davide appoggiandosi l’indice al naso, poi con la testa indicò la tenda delle ragazze.

    Annovi capì che volevano fare uno scherzo e si unì a loro. Gli piaceva essere coinvolto, cosa che avveniva molto di rado. I grilli avevano ripreso il loro ritmico frinire.

    «Che avete in mente?» mormorò il nuovo arrivato con aria complice.

    «Saltiamo dentro urlando e gli facciamo prendere una paura boia» rispose Sergio mimando l’irruzione nella tenda.

    «A chi vuoi far prendere una paura boia?» la testa di Daniela spuntò fuori dalla canadese. I grandi occhi verdi da sirena fissavano beffardi i tre ragazzi. La luna le illuminava il viso. Per un attimo i maschi rimasero senza parole. Alla bellezza di Daniela non ci si abituava mai.

    «Ci avete sentiti!» esclamò deluso Sergio.

    «Certo! Il tuo urlo si è sentito fino a Mirandola» gli rinfacciò Davide Annovi.

    «E tu che vuoi? Non dovevi nemmeno venire. Piantala se no…» lo minacciò Sergio, toccato nel vivo. Non voleva fare una brutta

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1