Il piccolo Paride
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Info su questo ebook
Flora si ritrova, suo malgrado, a lasciare ancora giovanissima il paese in cui è nata per aiutare economicamente la propria famiglia, numerosa e di umili origini. Parte così alla volta di Milano, dove lavorerà a servizio per un’agiata famiglia. Lei, che ha sempre
vissuto in campagna conoscendo anche le difficoltà della guerra, si ritroverà a vivere un’esistenza diversa che le potrà offrire migliori condizioni di vita.
Paride e Flora hanno due personalità che necessitano inconsapevolmente l’una dell’altra, pronte ad affrontare una comune sfida con i propri limiti e il loro grande desiderio di riscatto. Sarà una serata in pizzeria e una tenera e inaspettata dichiarazione d’amore a suggellare la loro unione.
Daniela Ghidini è nata a Milano, dove vive attualmente. Collabora con un’agenzia di viaggi in qualità di consulente. Ama viaggiare e conoscere il mondo. La vita quotidiana fornisce gli spunti alle sue storie, storie di tutti i giorni alle quali si ispira per dare forma ai suoi personaggi, cercando di trasmettere emozioni e sentimenti imprescindibili dalla nostra esistenza.
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Anteprima del libro
Il piccolo Paride - Daniela Ghidini
Daniela Ghidini
Il piccolo Paride
© 2023 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-7725-8
I edizione aprile 2023
Finito di stampare nel mese di aprile 2023
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
Il piccolo Paride
Capitolo 1
Quella mattina Nora si svegliò molto presto per riassettare la casa o, meglio, più che una casa un casale ubicato nella campagna mantovana dove i lavori da svolgere nella giornata non finivano mai. Oltre alle faccende domestiche c’erano da accudire le due mucche da latte, Nerina e Bianchina, alcune galline ruspanti, il coniglietto Lollo, e da non dimenticare poi anche il piccolo orto dove la donna coltivava con cura i suoi ortaggi.
Voleva guadagnare tempo per poi dedicarsi al suo frugoletto, Paride, un cucciolo d’uomo di appena quattro anni, forte e robusto, con dei capelli e occhi nerissimi, il suo bell’ometto
come amava chiamarlo lei.
Stava crescendo a vista d’occhio, pretendeva tutte le attenzioni e quando lei e suo marito, Raimondo, erano impegnati nelle faccende quotidiane si avvicinava tirando loro i vestiti per attirarne l’attenzione fino a quando si sentiva finalmente considerato, e allora scoppiava in una risata argentina con uno sguardo furbetto come a dire eccomi, sono qua, giochiamo insieme!
e loro che lo amavano infinitamente lo stringevano in un abbraccio forte coprendolo di baci, era impossibile arrabbiarsi.
Il giorno prima era stata impegnata con delle questioni burocratiche, carte e scartoffie a non finire, e non era riuscita a stare con lui come avrebbe voluto, col suo amorino
.
Non fece in tempo a vestirsi che lo sentì piangere, trasalì e subito corse da lui. Strano si fosse svegliato così presto, solitamente era un bimbo dormiglione… lo osservò e subito si accorse che qualcosa non andava: il suo visino era rosso paonazzo e gli occhi erano lucidi. Appoggiò delicatamente il palmo della mano sulla sua fronte e la sentì caldissima.
Deve essere un po’ di influenza
pensò e andò a prendere un termometro, ma si sentiva stranamente inquieta, non l’aveva mai visto così sofferente, nemmeno l’inverno passato quando era stato male per una febbre altissima, e adesso non era nemmeno finito l’autunno.
Sentì assalirle l’angoscia e chiamò Raimondo, qualcuno con cui condividere e magari allontanare quella paura che si era impossessata di lei.
«Raimondo, scendi, Paride sta male!». E Raimondo le fu subito accanto.
La temperatura era altissima e i due giovani non riuscivano a staccare gli occhi dalla loro creatura, si sentivano impotenti, impauriti. «Non è la solita febbre» continuavano a ripetersi.
Si prodigarono subito con le consuete cure, lo sciroppo, qualche impacco freddo sulla fronte… ma il tempo passava e loro lì, davanti a quel bimbo così indifeso, non sapevano raccapezzarsi.
«Chiamo il dottore, non posso aspettare ancora» decise Raimondo «la febbre non scende neanche di una linea. Ho paura per Paride, non vorrei che avesse contratto qualcosa di serio». Si guardarono per un istante, smarriti. Sapevano che in quel periodo stava circolando il virus della polio ma vollero scacciare quel pensiero dalle loro menti.
Il Dr. Carlini arrivò subito, era un po’ preoccupato perché in quell’ultimo periodo molti bambini avevano manifestato purtroppo lo stesso malessere e si erano ammalati gravemente di poliomielite; temeva per il piccolo Paride, un bimbo paffutello, vivace, con una tale parlantina che ad ogni sua visita lo riempiva di domande: «Sono ammalato? Quando guarirò? Mi dai una buona medicina?» Solo il pensiero di vederlo inerme nel suo lettino lo faceva stare male.
Era medico da anni ormai ma non riusciva ad abituarsi alle sofferenze, soprattutto se riguardavano i bambini.
Suonò al portone e subito Nora corse ad aprirgli, seguita da Raimondo. I loro visi esprimevano tutta l’ansia che avevano nel cuore. Carlini cercò di rincuorarli ma non appena vide Paride febbricitante e stranamente tranquillo si sentì pervadere da una grande inquietudine. Il bimbo lo guardò tristemente, impaurito da quanto stava succedendogli, non riusciva nemmeno a muoversi, sentiva le sue gambe molli.
«Dottore» gli chiese soltanto a mezza voce «sono tanto ammalato, vero?»
Il medico lo visitò accuratamente e purtroppo quel dubbio che lo aveva pervaso fin dall’inizio della telefonata si stava rivelando una triste realtà.
«È poliomielite dottore?» chiese Nora con un fil di voce ma non ci fu bisogno di alcuna risposta, l’espressione addolorata del Dr. Carlini fu più che eloquente.
Lesse la disperazione negli occhi dei due genitori e vide due grosse lacrime scendere lungo le guance della donna.
E adesso?
Subito la corsa in ospedale per vedere come intervenire per minimizzare gli effetti della malattia.
I due genitori non volevano lasciare niente di intentato per aiutare Paride.
Parliamo degli anni Trenta e, purtroppo, a quei tempi non esisteva ancora il vaccino. La poliomielite è una malattia infettiva, grave, che colpisce il sistema nervoso centrale provocando paralisi che possono essere irreversibili, in alcuni casi fino alla morte.
I due giovani non riuscivano a capacitarsi di come Paride avesse contratto il virus. Sapevano che si trasmetteva attraverso l’ingestione di acqua o cibi contaminati, oppure tramite la saliva o goccioline emesse con colpi di tosse e starnuti da soggetti ammalati o portatori sani, ma come fare a risalire a chi lo avesse infettato e dove quella terribile malattia l’avesse contagiato visto che il bimbo frequentava da sempre i suoi coetanei, gli ambienti esterni, confrontandosi anche con adulti quando usciva con loro per una passeggiata o a fare la spesa? E loro avevano fatto attenzione a non frequentare persone ammalate o perlomeno dichiaratesi tali…
Ma poi, a cosa sarebbe servito?
I medici li avevano già informati che non esistevano cure contro la malattia, si potevano solo trattare i sintomi per contenerne gli effetti e curarne le deformità ma non la paralisi.
Avevano spiegato loro che i più fortunati sviluppavano paralisi localizzate solo a qualche muscolo, magari a un piede, altri a una gamba o a un braccio, ma talvolta anche a entrambe le gambe. Gli arti paralizzati rimanevano piccoli e le articolazioni si deformavano. Forme più gravi interessavano i muscoli innervati dei nervi craniali riducendo la capacità respiratoria, di ingestione e di parola.
Il periodo che seguì fu davvero terribile per Nora e Raimondo. Quante notti trascorsero vicino al lettino di Paride.
Tanti gli interventi ai quali il bimbo venne sottoposto, seguiti da lunghi ricoveri, apparecchi gessati, poi ancora altri interventi e altri gessi subìti da quel piccolo uomo
, così piccolo eppure tanto coraggioso.
I bambini colpiti dal virus della poliomielite passavano l’infanzia tra i reparti di ortopedia e riabilitazione, e questo fino alla guarigione che significava riuscire a indossare un tutore di sostegno perché la paralisi era irreversibile.
All’inizio Paride non riusciva a capire cosa gli stesse succedendo, guardava i suoi genitori con occhi increduli e non si capacitava del motivo per cui la sua gamba destra non rispondesse più ai suoi comandi e fosse come assente… non riusciva più a correre come faceva prima, quando giocava coi bambini dell’asilo.
E poi, dentro e fuori da quella clinica ortopedica di Bologna che il Dr. Carlini aveva suggerito loro perché specializzata a trattare i casi di poliomielite: perché non poteva rimanere nella sua casa e giocare coi suoi giochi, i suoi amici di sempre?
Uno, due, tre anni, il tempo sembrava non passare mai.
Erano sempre più presenti, invece, il dolore di una triste e inevitabile realtà e il peso di una guarigione che non lasciava margini alla normalità.
Furono anni dolorosi per lui e per i suoi genitori che non si davano pace nel vedere quel loro adorato figlio così sfortunato; gli era stata negata la normalità fisica destinandolo ad una situazione di diverso
.
Non erano tempi facili, quelli, in cui una minima difformità fisica veniva additata.
Fu difficile per Nora e Raimondo spiegare a Paride una verità di cui nemmeno loro riuscivano a capacitarsi. Difficile trovare le parole più adatte a un bimbo così piccolo che si era appena affacciato alla vita e che li martellava di domande vedendo giorno dopo giorno le sue difficoltà a camminare.
Agli inizi cercarono faticosamente di tergiversare rispondendogli evasivamente anche se sul suo visino leggevano tante perplessità ma inevitabilmente arrivò il giorno in cui, insieme, stringendosi la mano e sostenendosi l’un l’altra, decisero di parlagli. D’altra parte di lì a pochi giorni sarebbero tornati definitivamente a casa e volevano che Paride fosse consapevole della sua situazione. Non avrebbe più camminato e corso come lui ricordava e avrebbe dovuto portare per tutta la sua vita un tutore, un apparecchio di metallo che avrebbe sostenuto la sua gamba destinata a rimanere piccola. Ma quali parole avrebbero mai potuto essere adatte a spiegare a un bimbo di sette anni quella realtà?
I due giovani non avrebbero più dimenticato quel momento della loro esistenza. Sforzandosi di trattenere le emozioni e accarezzando con amore le sue piccole manine Nora iniziò a parlargli guardandolo negli occhi con un dolce sorriso.
«Sai, Paride, è arrivato il momento di tornare finalmente a casa fra i tuoi giocattoli che sono lì ad aspettarti. Anche il coniglietto Lollo non vede l’ora di rivederti. Da quando sei partito l’ultima volta continua a gironzolare per casa come un’anima in pena, prima però io e papà vorremmo spiegarti una cosa importante. Vedi questo apparecchio che metti prima di camminare? Lo dovrai portare sempre perché ti aiuterà a non cadere e a non farti male» sfiorò il tutore e un attimo di commozione le incrinò la voce ma subito Raimondo riprese: «Purtroppo un virus cattivo, senza che tu avessi nessuna colpa, ha deciso di colpire la tua gamba e piede destro che rimarranno per sempre così, deboli. Avrebbe potuto farti ancora più male… ma siamo