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Rubare la lingua
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E-book222 pagine3 ore

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In questa raccolta di saggi, composti nell’arco di oltre un ventennio, il francesista Pasquale Di Palmo sviluppa un’idea di critica funzionale ai suoi interessi, tesi a privilegiare un’idea non convenzionale di poetica, spesso in aperta contrapposizione con quella accademica o recepita dal canone dominante. Tale idea presuppone un’esegesi nei confronti dell’opera di alcuni autori irregolari mai esente da una forte compromissione empatica. Si prende così in esame una linea di poeti e prosatori che, dalla fine dell’Ottocento ad oggi, ha indelebilmente marchiato il panorama letterario transalpino: dal controverso Huysmans, in bilico tra sacralità ed esoterismo, a Thierry Metz, emblematicamente suicida alle soglie del secondo millennio. Tra i due estremi una carrellata di «eretici» con i quali Di Palmo si è speso in un approfondimento capillare, volto al recupero del concetto, sempre più inattuale, di «autenticità», inviso al depauperamento esegetico dei nostri giorni. Si avvicendano così le figure di Artaud e Desnos, Daumal, Michaux e Genet, ma anche quelle meno conosciute di Gourmont, Milosz, Gilbert-Lecomte, la cui opera variegata è affrontata con l’ausilio di forti valenze comparatistiche. Spesso tale paziente lavoro di scavo, affine a quello dell’archeologo, è andato di pari passo con l’impegno del traduttore che si è misurato nel riportare in italiano testi inediti o rari di questi autori, in un corpo a corpo linguistico non disgiunto dalla definizione, coniata da Artaud, di «suppliziati del linguaggio», tesa a contrapporre la veracità insita in Poe e Baudelaire all’ambiguità di Lewis Carroll. Un simile tentativo di «rubare la lingua» richiama la disinvoltura con cui Prometeo sottraeva il fuoco agli dèi per donarlo agli uomini.
LinguaItaliano
Data di uscita11 lug 2023
ISBN9791259601483
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    Rubare la lingua - Pasquale Di Palmo

    Rubare la lingua

    Artaud, Desnos e altri eretici francesi

    Quello che non dovete mai fare è rubare la loro lingua

    Jean Genet

    Premessa

    Il presente lavoro raccoglie una selezione di scritti critici dedicati ad autori francesi e francofoni accomunati dal fatto di porsi lungo un’ideale linea poetica che tende a discostarsi rispetto a quella del cosiddetto canone. In realtà non si tratta di una linea consolidata, ma di una serie di opzioni che risente fortemente dei gusti del loro artefice, volti a trasgredire una norma che nel Novecento si pone come anti-norma. Un esempio calzante al riguardo potrebbe essere quello della rivista «Le Grand Jeu», qui esemplata sui modelli di Daumal e Gilbert-Lecomte , che diventa una sorta di devianza nella devianza, quest’ultima rappresentata dall’opera iconoclastica dei surrealisti. Una devianza al quadrato, dunque, che presuppone il recupero di certe suggestioni invise al credo dogmatico di Breton e dei suoi accoliti, come quella riguardante l’attenzione per il misticismo orientale filtrata dal magistero di Guénon. Sulla stessa istanza si possono considerare gli apporti di Artaud e Desnos, non a caso espulsi dal movimento surrealista per le loro posizioni considerate incompatibili con l’orientamento ideologico sviluppatosi nella seconda fase del surrealismo che porterà alla trasformazione della rivista «La Révolution surréaliste» in «Le Surréalisme au service de la révolution». In particolare risulta campale l’interesse per la figura di Artaud che qui si sviluppa analizzando tre diversi aspetti della sua opera: quello poco conosciuto dei reportage (reali o immaginari), della traduzione (in particolare da Lewis Carroll, con componenti terapeutiche legate al suo recupero psichiatrico) e delle lettere scritte durante il quasi decennale internamento nei manicomi, con particolare attenzione per i sorts . Sulla stessa falsariga si può inserire la ricerca linguistica di Desnos, qui investigata in tutte le sue variabili, che dall’automatismo degli esordi approderà al pathos civile, passando attraverso il divertissement delle filastrocche rivolte al mondo dell’infanzia. Tra il discrimine rappresentato dalla pluriennale esegesi su questi due autori, eretici par excellence , si inserisce il variegato succedersi di alcune propaggini tardo-ottocentesche (l’esoterismo di Huysmans, l’eccentrica lettura di Dante effettuata da Gourmont) e le testimonianze, più o meno marginali ma ancora molto attuali, che, in pieno Novecento, contraddistinguono i testi di Milosz, Michaux, Genet e Metz. Viene rivendicata soprattutto la funzione antiaccademica di questi contributi, basati su una compromissione di ordine empatico con gli autori scelti e le dinamiche sottese al loro linguaggio, non di rado connessa ad articolati lavori di traduzione. I tredici saggi contenuti in questo volume, al di là del loro ruolo estemporaneo (essendo stati originariamente concepiti alla stregua di prefazioni o postazioni di singoli libri pubblicati nell’arco di due decenni), si configurano quindi come una scelta di poetica, privilegiando tematiche che ricorrono insistentemente e che, nondimeno, presuppongono qualche inevitabile ripetizione. Tali tematiche si possono riscontrare nell’opera di quegli autori che, secondo Artaud, sono equiparabili a suppliziati del linguaggio, ponentisi in aperta contrapposizione con coloro che si atteggiano a perduti per ostentare meglio la loro coscienza e la loro scienza di cui, purtroppo, abbondano gli Elisi nostrani.

    Ca’ Noghera, 25 marzo 2022

    ​Huysmans tra satanismo e redenzione

    1. Da Là-bas a Gilles de Rais

    Vivere? Lo faranno per noi i nostri domestici. 1 Quest’inciso di Villiers de l’Isle-Adam potrebbe benissimo attagliarsi alla figura e all’opera di Joris-Karl Huysmans, il celebre autore di À rebours (1884), definito da Mario Praz il libro cardinale del decadentismo. 2 E un altro outsider come Barbey d’Aurevilly osservava profeticamente come a Huysmans non rimanesse, dopo la pubblicazione di quel romanzo, che scegliere tra la canna di una pistola e i piedi della croce. 3 La critica ha suddiviso in tre periodi distinti la produzione del narratore francese: a una prima parte, caratterizzata dall’influenza del naturalismo e dall’impronta di Zola, subentrerà il momento decadente, inaugurato appunto con À rebours, cui seguirà una fase in cui più marcato appare l’influsso mistico e religioso, contrassegnato da libri apologetici come quelli dedicati alle figure di Don Bosco o di santa Lydwine di Schiedam. Non bisogna dimenticare inoltre l’esordio avvenuto all’insegna del simbolismo con le prose di Le drageoir à épices (1874).

    I protagonisti dei romanzi di Huysmans si possono considerare alter ego del loro creatore. A cominciare proprio da Jean des Esseintes, eccentrico personaggio in preda alla nevrosi del secolo, degno del sanatorio di Charcot, 4 che cadenza le pagine di À rebours. A lui si ispireranno autori del calibro di Wilde e D’Annunzio, anche se la sua fisionomia reca tracce di quell’inimitabile modello che fu Robert de Montesquiou, identificatosi con il tempo nel barone di Charlus proustiano. Ma altri personaggi sembrano rifarsi al prototipo del loro ideatore, a cominciare da Folantin, melanconico impiegatuccio descritto in À vau-l’eau (1882), il quale esibisce le frustrazioni dello stesso Huysmans, costretto a rivestire i panni di un oscuro funzionario ministeriale. D’altro canto il taedium vitae di Folantin sembra prefigurare lo snobismo dandistico di des Esseintes (Maupassant parlò, al riguardo, di nauseati), anche se l’interprete che più di ogni altro impersona le vicissitudini religiose che caratterizzano gli ultimi anni di Huysmans è senz’altro Durtal che, non a caso, è il protagonista della cosiddetta trilogia cattolica, comprendente i romanzi En route (1895), La cathédrale (1898) e L’ oblat (1903).

    Dall’iniziale conversione avvenuta in seguito alla frequentazione di Léon Bloy e dell’abate Mugnier, oltre a un fondamentale soggiorno intrapreso presso un convento di Trappisti, si passerà a un’adesione sempre più orientata verso i precetti monastici che sfocerà nel suo ordinamento come oblato nell’abbazia benedettina di Ligugé, poco prima che il governo laicista sopprimesse le congregazioni religiose nel 1901. Lo scrittore stesso dette disposizione di farsi seppellire vestito da oblato. Se la trilogia cattolica si sofferma ad investigare, con estrema dovizia di particolari, il processo che porterà Durtal alla sua tormentata conversione, non si può non rilevare come in questi tre romanzi sia presente la tendenza a dissertare, in maniera insistente, sistematica, rischiando spesso la monomania, intorno ai diversi aspetti del rito (anche se molto intense appaiono le pagine sul canto fermo o le descrizioni di certi luoghi di culto, in primis la cattedrale di Chartres). Sembra paradossalmente che l’estetismo presente in À rebours si sia riversato sugli esiti esteriori dei vari ordini religiosi o della liturgia. Huysmans si dilunga a tratteggiare le sfumature cromatiche di un paramento sacro, l’atmosfera incantata di un chiostro, taluni particolari di carattere agiografico (con la spiccata predilezione per alcuni santi: Maddalena de’ Pazzi, Giovanni da Copertino, Katharina Emmerich ecc.).

    Il primo libro che vide come protagonista Durtal fu tuttavia Là-bas, anticipato in feuilleton su «L’Écho de Paris» nel febbraio 1891 e uscito in volume nello stesso anno da Tresse & Stock. Si tratta di uno dei libri più belli e controversi di Huysmans, in cui vengono affrontate tematiche che, nella Francia fin-de-siècle, erano considerate tabù. Il riferimento è al satanismo, argomento approfondito da Durtal al fine di documentarsi sulla figura di Gilles de Rais alias Barbablù, considerato il des Esseintes del XV secolo, 5 sul quale deve scrivere una biografia.

    In Là-bas si legge che tra un misticismo esasperato e un esaltato satanismo non c’è che un passo. 6 E non è un caso che, proprio con questo libro, inizi il Bildungsroman di Durtal, pervaso di un non troppo velato autobiografismo ricalcato sulla tradizione risalente a des Esseintes e proseguito attraverso la trilogia cattolica dianzi ricordata. Nella sua prima apparizione Durtal è descritto come uno studioso di Gilles de Rais del quale si rilevano le vicissitudini, creando una sorta di mise en abyme ricorrente in tutto l’intreccio narrativo. Dopo aver sostenuto l’operato di Giovanna d’Arco, Gilles de Rais dedica la propria vita ai crimini più aberranti, tra cui lo stupro e l’uccisione di uno stuolo di bambini innocenti. Tali descrizioni, spesso efferate, risentono emblematicamente dell’opera blasfema di Sade, preannunciando l’erotismo di taglio speculativo di un surrealista sui generis come Bataille. Inoltre si favoleggia intorno a un medioevo che viene polemicamente contrapposto all’inerzia della civiltà borghese.

    Quest’essere satanico, raffinato ed artista, il più crudele e scellerato degli uomini 7 diviene così il pretesto per addentrarsi nei meandri di certo esoterismo spicciolo da parte di Durtal e dei suoi amici: il medico Des Hermies e il campanaro Carhaix. Molto interessanti le descrizioni dell’abitazione di quest’ultimo, arroccata all’interno del campanile di Saint-Sulpice, nonché la sua anacronistica passione per le campane. Si arriverà a descrivere, in termini quanto mai realistici, una messa nera, alla quale il protagonista assiste tramite l’intercessione di Madame Chantelouve, nella quale si adombra la figura di Berthe de Courrière. Non mancano inoltre riferimenti all’alchimia, praticata dallo stesso Gilles de Rais attraverso l’intermediazione di Francesco Prelati.

    E proprio dal singolare connubio tra cattolicesimo e satanismo, tra devozione e occultismo nasce la peculiarità di Là-bas, che sembra dare abbrivio a una serie di narrazioni sospese tra orrore e sensualità: si pensi, per esempio, a Le Jardin des supplices di Octave Mirbeau che vide la luce qualche anno più tardi, nel 1899.

    Ma, in germe, è già presente quell’afflato religioso che contraddistinguerà la fase estrema della produzione di Huysmans. Si pensi, in tal senso, alla descrizione della crocifissione di Grünewald, artista a cui dedicò un’apprezzabile esegesi in Trois primitifs (1905):

    Slogate, quasi strappate dal tronco, le braccia del Cristo sembravano impastoiate per tutta la loro lunghezza dalle corregge dei muscoli tesi. L’ascella contorta scricchiolava. Le mani spalancate terminavano in dita contorte e tuttavia benedicenti, in un confuso gesto di preghiera e di rimprovero. I pettorali, madidi di sudore, tremavano. Il torace era circondato dalle doghe delle costole dilatate, la carne si gonfiava, ammaccata e contusa, chiazzata da morsicature d’insetti, macchiettata dalle punte di spine che le verghe avevano lasciato sotto la pelle. 8

    È sintomatico d’altro canto che Huysmans sia stato inserito da André Breton nella sua celebre Anthologie de l’humour noir e che lo stesso capostipite del surrealismo considerasse l’autore di À rebours alla stregua di un precursore del movimento, come si evince da queste parole: Il suo eccedere nei colori cupi, la sua abituale esasperazione, al di là di un certo punto critico, delle situazioni abbiette, la prefigurazione minuziosa, insistita, delle delusioni che ogni specie di scelta, sia pure nelle alternative più banali, comporta ai suoi occhi, lo portano al risultato paradossale di liberare in noi il principio del piacere. 9 Breton dichiara che l’interesse nutrito per Huysmans arriva fino alla pubblicazione del romanzo En route. Dopo tale libro infatti si accentua il suo coinvolgimento per il mondo cattolico, avversato da Breton in virtù dello spiccato anticlericalismo professato dai surrealisti e che produrrà pagine mirabili come quelle di Les foules de Lourdes (1906). Quest’ultima è una singolare ricognizione fatta in loco da Huysmans intorno al tema del miracolo e della fede, considerata come la risposta spiritualista al romanzo su Lourdes licenziato dal suo vecchio maestro Émile Zola, dove la lezione positivista prende il sopravvento anche nei casi in cui era conclamata la guarigione di tipo miracoloso.

    2. Gilles de Rais

    Se la narrazione su Gilles de Rais si dipana lungo la trama di Là-bas come un romanzo incastrato nel romanzo, molto particolare è la vicenda relativa al volumetto che ne ricavò Gustave Boucher (1863-1932). La figura di questo singolare studioso era piuttosto equivoca: oltre a fare il libraio in quai Voltaire sembra fosse un informatore della polizia parigina. Maurice Garçon lo descrive amante dei libri, curioso del soprannaturale e incline a introdursi in ambienti un po’ sospetti. 10 Con Huysmans passa serate allegre e movimentate in un locale di malaffare chiamato Château Rouge, spesso in compagnia di squisite principesse dai cervelli veramente nobili. 11

    Boucher effettuò una conferenza il 6 giugno 1896 a Niort, sua città natale, nell’ambito di un congresso organizzato dalla Société d’ethnografie nationale et d’art populaire di cui era il delegato regionale del Poitou-Charentes. Il tema era quello dei due antieroi Gilles de Rais e Urbain Grandier e si basava, per quel che concerne il primo personaggio, sulle turpitudini descritte in Là-bas. Boucher aveva compiuto l’operazione diametralmente opposta rispetto a quella intrapresa dall’amico Huysmans, estrapolando le parti relative a Gilles de Rais al fine di comporle in un’unica, stringente narrazione. Si tratta tuttavia di una versione edulcorata, in quanto Boucher provvede a censurare le parti in cui le descrizioni delle malefatte del condottiero sono più aberranti, in considerazione del fatto che il pubblico, oltre che di matrice cattolica, era composto da provinciali. Vengono soprattutto eliminati i passaggi in cui si fa riferimento alle pratiche omosessuali di Gilles de Rais laddove sono riportati in maniera troppo esplicita: le orrende delizie, i godimenti fecali e altri abominevoli giochi 12 scomparvero sia dalla conferenza sia dalle relative pubblicazioni che ne scaturirono. Si tratta perciò di un testo che, nonostante porti la firma di Huysmans, è stato vagliato e assemblato in maniera arbitraria da Boucher.

    Presentando il tema della conferenza, Boucher asserirà:

    Alcuni anni fa, due eventi hanno messo in luce la fisionomia, fino ad allora piuttosto deformata dalla leggenda, di Gilles de Rais: una tesi di grande risonanza sostenuta dall’abate Bossard, e la pubblicazione di un’opera d’arte da parte della penna più originale tra gli scrittori del nostro tempo: J.-K. Huysmans. Costui, volendo effettuare un’utile incursione nel satanismo, scrisse il superbo e perturbante Là-bas, che ha messo tante coscienze sulla strada del cattolicesimo, e che contiene, disseminata lungo le pagine, la più commovente e veritiera storia di Gilles de Rais pubblicata finora. 13

    Il riferimento è al testo Gilles de Rais, maréchal de France, dit Barbe-Bleu (1885) dell’abate Eugène Bossard che costituì la principale fonte documentaria per il lavoro di Huysmans. Nel 1897 Boucher diede alle stampe il volume collettaneo La tradition en Poitou et Charente, dal quale verrà ricavato, con il consenso dell’autore, l’estratto a nome di Huysmans Gilles de Rais: la sorcellerie en Poitu. Nel 1899 apparve infine l’opuscolo Gilles de Rais: la magie e n Poitou, in una versione che riprende la lezione precedente, licenziata con minime varianti e accompagnata da cinque fototipie di J. Robuchon riproducenti il villaggio di Tiffauges e il castello del condottiero. Entrambi gli opuscoli furono stampati in una tiratura di cento esemplari presso la stamperia di Ligugé diretta da Don Bluté e diffusi fuori commercio. Mentre dell’opuscolo più antico è rimasta solo qualche flebile traccia (rarissimi gli esemplari apparsi sul mercato antiquario), non essendo nemmeno menzionato nelle varie bibliografie su Huysmans, del successivo sono apparse varie ristampe.

    Boucher condividerà con Huysmans l’interesse per l’esoterismo e le scienze occulte. Direttore della rivista di stampo regionalista «Le Pays potevin», Boucher risiedeva presso Villa Sainte-Hilaire, situata in prossimità dell’abbazia di Ligugé, dove Huysmans acquistò un terreno. Entrambi gli amici diventarono oblati in data 21 marzo 1901, prima di perdersi definitivamente di vista dopo la loro partenza nell’ottobre dello stesso anno in seguito alla chiusura del convento. Un anno più tardi Boucher, che nel frattempo ha preso le distanze rispetto alla sua conversione, annuncia all’amico il suo matrimonio; Huysmans decide, però, di non rispondergli e interrompe con lui ogni tipo di rapporto.

    Sappiamo che, oltre ad intraprendere una ricca messe di studi su Gilles de Rais, Huysmans rimane a tal punto affascinato dal personaggio storico da recarsi, tra il 2 e il 12 settembre 1889, un paio di mesi prima di intraprendere la stesura di Là-bas, a visitare le rovine del castello di Tiffauges. Secondo un passaggio del diario di Edmond de Goncourt riportato da Robert Baldick nella sua biografia, lo scrittore si avventura negli anfratti del castello in rovina con il fine di trovare le ossa dei bambini giustiziati. 14 È singolare come l’interesse nei confronti dell’esoterismo e delle scienze occulte si manifesti in forma duplice, quasi speculare: le descrizioni particolareggiate sulle efferatezze compiute da Gilles de Rais si cadenzano intorno a quelle sulla messa nera a cui assiste il protagonista, con il loro carico di dissacrazioni a buon mercato che sembrano idealmente contrapporre il mondo rutilante del medioevo a quello, meschino e depravato, di una modernità dai tratti avvilenti (ancora il dégoût di des Esseintes o dei meschini funzionari ministeriali che permeano tante pagine della fase naturalistica che sembrano derivare dal modello, patetico e irriverente, di Bouvard et Pécuchet).

    Figurano soltanto pochi accenni, e non particolarmente significativi, all’opera di Huysmans nella ricostruzione storica effettuata da Georges Bataille, coadiuvato da Klossowski, di Le procès de Gilles de Rais, sfaccettato resoconto di una galleria degli orrori composta dai crimini gratuiti effettuati da colui che nell’immaginario collettivo sarà associato a Barbablù (si pensi alla favola di Perrault che stravolge completamente l’operato del condottiero, edulcorandolo in funzione dell’uccisione in forma seriale delle mogli al posto delle sevizie compiute sui corpicini dei bimbi).

    3. L’ abate Boullan e il satanismo

    Molto intense furono le ricerche che Huysmans effettuò al fine di documentarsi su un argomento controverso quale quello del satanismo. In tal senso fu fondamentale l’apporto dato da Joseph-Antoine Boullan (1824-1893), singolare figura di prete occultista che operava a Lione e venne a più riprese sconfessato dalle autorità ecclesiastiche per il suo comportamento eretico, volto a sondare

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