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La strada verso Jonestown: Jim Jones e il Tempio del popolo
La strada verso Jonestown: Jim Jones e il Tempio del popolo
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E-book839 pagine12 ore

La strada verso Jonestown: Jim Jones e il Tempio del popolo

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Info su questo ebook

La strada verso Jonestown è il libro definitivo su Jim Jones e sugli eventi che hanno portato alla tragedia di Jonestown.


Negli anni Cinquanta, un giovane ministro di Indianapolis di nome Jim Jones predicava una curiosa miscela di Vangelo e marxismo. La sua congregazione era integrata dal punto di vista razziale e lui era un leader molto apprezzato nel movimento per i diritti civili. A un certo punto, Jones trasferì la sua chiesa, il Tempio del popolo, nel nord della California. Si impegnò nella politica elettorale e presto divenne un leader di spicco della Bay Area.
In questa avvincente narrazione, Jeff Guinn esamina la vita di Jones, dalle sue relazioni extraconiugali, all'uso di droghe e ai modi in cui esercitava finte guarigioni ispirate dalla fede, fino alla difficile decisione di trasferire quasi mille dei suoi seguaci in un insediamento nella giungla della Guyana, in Sud America. Guinn fornisce nuovi sorprendenti dettagli sugli eventi che portarono al giorno fatale del novembre 1978, quando più di novecento persone morirono – tra cui quasi trecento neonati e bambini – dopo aver ricevuto l'ordine di ingerire una bevanda al cianuro.
Guinn ha analizzato migliaia di pagine di fascicoli dell'FBI sul caso, compreso il materiale reso disponibile nel corso della sua ricerca. Si è recato nella città natale di Jones, nell'Indiana, dove ha parlato con persone mai intervistate prima e ha scoperto nuove informazioni dai sopravvissuti. Ha persino visitato il sito di Jonestown con lo stesso pilota che vi volò il giorno in cui il deputato Leo Ryan fu assassinato per ordine di Jones.
LinguaItaliano
Data di uscita21 lug 2023
ISBN9791281026070
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    La strada verso Jonestown - Jeff Guinn

    PARTE I

    INDIANA

    1

    LYNETTA E JIM

    Per come Lynetta Putnam Jones scelse di ricordarla, la sua vita iniziò in circostanze privilegiate, si sposò una sola volta con un veterano disabile della Prima guerra mondiale, fu terribilmente maltrattata da lui e dalla sua crudele famiglia, rimase incinta di un bambino dopo aver avuto una visione mistica che per poco non la condusse alla morte, affrontò i banchieri dell’epoca della Depressione e i ciarlatani religiosi delle zone rurali, riformò il sistema carcerario dello Stato, fondò un sindacato per gli operai bistrattati delle fabbriche e crebbe l’uomo migliore del mondo, che grazie alle costanti premure della sua devota madre aveva sviluppato tratti più divini che umani.

    Niente di tutto ciò era vero, a cominciare dal suo nome.

    Lunett Putnam nacque da Jesse e Mary Putnam il 16 aprile del 1902 o del 1904. Non è possibile trovare i suoi documenti anagrafici, e in seguito menzionò entrambi gli anni di nascita, aggiungendo occasionalmente il 1908. Anche il luogo in cui nacque è controverso. Il più delle volte si presume che sia Princeton, nell’angolo sud-occidentale dell’Indiana, ma alcuni ricercatori ritengono che sia nata a Mount Carmel, una cittadina dell’Ohio alle porte di Cincinnati. Ovunque e in qualunque momento abbia visto la luce, la ragazza cambiò spesso nome, diventando, secondo vari censimenti e documenti legali, Lunette, poi Lynette, prima di scegliere Lynetta.

    Nei suoi ricordi in tarda età, Lynetta descrisse se stessa durante l’infanzia come bella come la prima alba… e forte come una tigre. A causa del suo colorito scuro, la gente la scambiava spesso per un’indiana: da adulta, rivendicò di frequente di avere sangue indiano, sebbene non risulti che fosse così. I suoi genitori volevano che si comportasse come una bambola di porcellana, ma lei li sconcertava andandosene in giro nei boschi, a studiare gli animali. Se fosse vero, quello sarebbe un primo esempio della sua inclinazione a sfidare le altrui aspettative.

    In una contorta autobiografia parziale dettata a Jonestown, descrisse Lewis Parker, a suo dire il padre adottivo di suo padre, come un facoltoso proprietario di legname dell’Indiana che aveva contribuito alla sua educazione. Parker, disse, aveva il controllo di ciò che accadeva nell’Indiana meridionale. Secondo Lynetta, era famoso per la gentilezza nei confronti dei suoi numerosi dipendenti, a cui pagava salari equi, e per il modo in cui tentava di migliorare in maniera costante le condizioni di lavoro. In particolare, dava sempre qualcosa da fare ai disoccupati di passaggio. Purtroppo i suoi affari subirono delle battute d’arresto, dovute sia al declino dell’industria del legname sia alla sua insistenza nell’anteporre il benessere degli altri al proprio.

    Sebbene la propensione di Lynetta all’esagerazione renda discutibile la maggior parte dei racconti sulla sua infanzia e su Lewis Parker, è cosa certa che, negli anni dell’adolescenza, la ragazza si trovò in difficoltà economiche. Brillante e ambiziosa, Lynetta fu sostenuta in quei tempi difficili dalla sua solida fede negli spiriti e nella reincarnazione: giurava di essere stata una grande donna nelle vite precedenti ed era certa che, in qualche modo, lo sarebbe stata anche in quella attuale. Ma lo spiritismo non poteva pagare le spese. Le giovani donne attraenti che si trovavano in quelle condizioni avevano un’opzione ovvia, e nel 1920 Lynetta adottò un approccio tradizionale alla sopravvivenza femminile sposando Cecil Dickson. Aveva sedici o diciotto anni. Il matrimonio ne durò circa due. Lynetta si iscrisse al Jonesboro Agricultural College in Arkansas, ma lo abbandonò dopo il divorzio. Imperterrita, l’anno successivo sposò Elmer Stephens: l’unione durò esattamente tre giorni, dal 12 al 14 marzo 1923, anche se il divorzio fu finalizzato solo in agosto. (Non si sa nulla né di Dickson né di Stephens). Lynetta provò a frequentare una scuola di economia, ma senza un marito che la sostenesse finanziariamente dovette cercarsi un impiego. Sebbene fosse brava a scrivere e cose del genere, e in matematica, il massimo che riuscì a fare fu trovare un lavoro in fabbrica, che nel Midwest degli anni Venti pagava forse un dollaro al giorno.

    Suo padre era morto; non specificò mai la causa del decesso né la data. Sua madre, Mary Putman, visse con lei durante il suo matrimonio con Cecil Dickson. Non molto tempo dopo il divorzio dal secondo marito ed essersi ritrovata sola, però, sua madre si ammalò, forse di tubercolosi, e morì nel dicembre del 1925.

    Un anno dopo, Lynetta si sposò di nuovo. Il suo approccio al terzo matrimonio fu pragmatico. Sebbene desiderasse essere una gran signora, al momento lavorava per un’azienda di Evansville, in Indiana. Com’era tipico di lei, in seguito si vantò di aver iniziato come segretaria e di essere diventata in un anno un’assistente di punta, ma la realtà era che si trovava bloccata in un altro lavoro mal pagato e senza prospettive. Anche la sua salute ne risentì. In seguito ammise di avere una specie di problema ai polmoni. La storica Joyce Overman Bowman trovò prove secondo le quali Lynetta fu curata, probabilmente per la tubercolosi, in un sanatorio dell’Illinois. Lynetta voleva sicurezza e una vita piuttosto agiata, così da poter mettere a frutto le sue doti intellettuali e spirituali e realizzare il suo pieno potenziale. La soluzione più ovvia era quella di puntare a un buon matrimonio, scegliendo un uomo con un patrimonio che le permettesse di vivere in modo agiato e non di mera sussistenza. Nel 1926, Lynetta fu certa di averlo trovato.

    John Henry Jones era un personaggio di spicco nella contea di Randolph, in Indiana, sia per le sue vaste proprietà agricole che per le sue idee politiche. Si proclamava orgogliosamente democratico in una regione in cui quasi tutti erano ferventi repubblicani. John Henry, quacchero devoto, era a capo di una famiglia numerosa: dai suoi due matrimoni erano nati tredici figli. Il padre si aspettava che si realizzassero, e perlopiù lo fecero. La maggior parte di essi, sia le femmine che i maschi, terminò il college: John Henry vendette parte dei terreni per pagare le tasse scolastiche. Da adulti, molti si stabilirono nella stessa zona in cui erano cresciuti. La contea di Randolph era situata vicino al confine con l’Ohio. I figli di Jones lavoravano come dirigenti per la ferrovia, facevano i contadini, insegnavano a scuola o possedevano e gestivano attività locali (tra cui una stazione di servizio e una birreria). Uno di loro gestiva l’orfanotrofio della contea. Solo due non ebbero successo. Billy prese a frequentare una brutta compagnia e cadde vittima dell’alcol e del gioco d’azzardo. Suo padre si rammaricò dei suoi modi dissoluti, ma non lo ripudiò. E poi c’era Jim, nato nell’ottobre del 1887 e battezzato James Thurman Jones, che partì per la guerra e tornò fisicamente distrutto.

    Jim aveva deluso il suo esigente padre sin dalla nascita. Pur essendo un bravo ragazzo, non aveva vere ambizioni. Aveva ricevuto un’istruzione elementare di base, ma non era interessato a proseguire gli studi. Come suo padre e i suoi fratelli, era abile con gli attrezzi e con ogni tipo di macchinario, così finì per lavorare nelle squadre che si occupavano di manutenzioni stradali in tutto lo Stato. Poiché le automobili stavano iniziando a proliferare, c’era sempre molto lavoro. Si trattava di un impiego stabile, anche se non entusiasmante, che si adattava in modo perfetto al tranquillo Jim.

    È sorprendente che non si sia sposato presto. La maggior parte dei suoi coetanei della contea di Randolph si fidanzava spesso già al liceo, e metteva su famiglia. Ma lui no, forse perché aveva la stessa mancanza di ambizione in campo sentimentale che aveva negli altri aspetti della vita. Aveva trent’anni la prima volta che mostrò una qualche forma di coraggio. Quando l’America entrò nella Prima guerra mondiale, si arruolò nell’esercito e fu mandato a combattere in prima linea in Francia. Lì fu sorpreso da un attacco con il gas perpetrato dai tedeschi; i vapori insidiosi bruciarono in profondità nei suoi polmoni. Fu rispedito a casa, ed era l’ombra di se stesso. Aveva difficoltà a respirare a fondo e il suo sistema respiratorio continuò a deteriorarsi per il resto della sua vita. La voce era ridotta a un gracchiare rauco. Non parlava molto, e quando lo faceva era difficile da comprendere.

    In quanto veterano disabile, nonché uno dei circa settantamila americani rimasti vittime del gas durante la Prima guerra mondiale, Jim aveva diritto a una pensione militare, anche se era probabile che non ammontasse a più di 30 dollari al mese. Non era abbastanza per vivere, quindi tornò a lavorare nei cantieri stradali. Pur facendo del suo meglio, non era più in grado di sopportare il lavoro fisico. Inoltre, sviluppò dei reumatismi che lo costringevano a prendere periodicamente dei giorni di ferie. Single, in un costante stato di malessere e vicino alla mezza età, Jim conduceva una vita solitaria. Poi, durante un turno di lavoro con una squadra stradale nei dintorni di Evansville, conobbe una donna estroversa di nome Lynette, anche se lei si faceva chiamare Lynetta. Aveva quindici o diciassette anni in meno di lui. Con grande stupore della famiglia dello sposo, che pensava che Jim sarebbe rimasto scapolo per sempre, i due si sposarono il 20 dicembre 1926, quasi un anno dopo la morte della madre della sposa.

    Anche se ora si ritrovava con un marito disabile abbastanza vecchio da essere quasi suo padre, Lynetta era comunque contenta di essersi sposata ed essersi unita a una famiglia importante. Si aspettava anche di assumere una posizione più appropriata, persino privilegiata, nella vita.

    Si sbagliava.

    I novelli sposi avevano bisogno di un posto dove vivere e il nuovo suocero di Lynetta glielo diede, versando un anticipo per una piccola fattoria a Crete, poco a nord di Lynn, dove viveva la maggior parte della famiglia Jones. Ma John Henry Jones non concesse nulla di più, anche se aveva i mezzi finanziari per dare loro la terra a titolo definitivo. Grazie a lui, il figlio e la nuora avevano ora una proprietà e l’opportunità di ricavarne qualcosa. Il resto dipendeva da loro.

    Fin dall’inizio, si trovarono in difficoltà. C’erano mais e soia da piantare e coltivare, e maiali da allevare, macellare e vendere. Nonostante le sue affermazioni su un’infanzia trascorsa a vagabondare per i boschi e a catturare animali, Lynetta in realtà non aveva alcuna esperienza nell’allevamento, né tantomeno sapeva come arare i solchi e poi provvedere alla raccolta. Suo marito, Jim, aveva più familiarità con le esigenze quotidiane dell’agricoltura, ma spesso non era presente. Serviva il denaro per le sementi, gli attrezzi e il mangime per il bestiame, quindi di tanto in tanto lavorava sulle strade in giro per lo Stato. Ciò lo teneva lontano per giorni o addirittura settimane, e Lynetta veniva lasciata sola. Il lavoro sarebbe stato più facile con i nuovi macchinari agricoli, ma lei e Jim non potevano permetterseli.

    Quando Jim era a casa e cercava di dare una mano nelle infinite faccende domestiche, si stancava in fretta e doveva sedersi o addirittura mettersi a letto. Lynetta non riusciva ad avere conversazioni prolungate con lui a causa dei suoi problemi respiratori. In un altro luogo avrebbe potuto rivolgersi ai vicini per socializzare, ma lì non ce n’erano molti. Crete era un agglomerato di una mezza dozzina di fattorie e un impianto per la produzione di cereali. Gli abitanti erano ventotto in tutto. I treni passavano quattro volte al giorno, due tiravano dritto con i passeggeri a bordo e gli altri due si fermavano per caricare il grano portato al silo dagli agricoltori della zona. Nel linguaggio locale, ciò rendeva Crete non un villaggio ma un luogo di sosta. I treni merci trasportavano anche carbone e, non appena si allontanavano, gli abitanti interrompevano qualunque cosa stessero facendo e si precipitavano sui binari per raccogliere i pezzi caduti dai vagoni. Anche se Lynn, con i suoi negozi e le sue drogherie, si trovava nelle vicinanze, tutti coloro che vivevano a Crete facevano del loro meglio per campare di ciò che offriva la terra, coltivando il proprio cibo e integrando la dieta con la raccolta di fragole e lamponi che crescevano spontaneamente vicino ai binari. Lo chiamavano vivere in modo intelligente. Jim non era in grado di raccogliere le bacche e Lynetta, anche lei esausta, di solito non lo faceva. I loro pasti erano scarsi e poco appetibili. Tutto ciò che andava oltre la cucina di base richiedeva un’energia che lei non aveva. Le poche altre famiglie di Crete erano dispiaciute per loro – Jim era un veterano di guerra invalido, dopotutto – ma non potevano fare altro che lasciare che si arrangiassero da soli. Tutti diffidavano di Lynetta, che sfidava le usanze locali delle donne fumando in pubblico, anziché solo in casa. Inoltre, imprecava quando ne aveva voglia, senza curarsi di chi la sentiva. Si godeva gli sguardi che provocava. Se non poteva essere felice, almeno poteva essere diversa.

    Ai raduni del fine settimana del clan Jones a Lynn, invece di approfittare delle occasioni di socializzazione, Lynetta vedeva donne con belle case e belle cose e ardeva di risentimento. Odiava la sua vita nella fattoria di Crete e desiderava modi molto più redditizi per raggiungere gli obiettivi tremendamente alti che mi ero prefissata.

    Per quanto all’inizio le cose andassero male, negli anni successivi peggiorarono. La salute di Jim continuò a deteriorarsi. Dovette abbandonare il lavoro con le squadre stradali e il reddito della famiglia diminuì di conseguenza. Jim non poteva fare molto per aiutare Lynetta nella fattoria e quello che cercava di fare, spesso, si rivelava inutile. Se in passato Lynetta aveva nutrito un po’ di rispetto per lui, ora l’aveva perso. Quell’uomo non sapeva nulla di allevamento o di agricoltura. Non potevano permettersi le sementi, tantomeno l’aiuto di qualcuno. Le bollette si accumulavano. Il mutuo era una sfida mensile. Sarebbe stata felice di fuggire da quella che considerava una specie di schiavitù, ma non aveva un posto dove andare.

    Nella fattoria, perlomeno, c’era di che mangiare, ma se non fosse avvenuto un miracolo, Lynetta e Jim non avrebbero potuto tenerla ancora per molto. Un aiuto economico da parte di John Henry, il suocero di Lynetta, sarebbe stata la soluzione più ovvia, ma anche lui aveva subito delle perdite economiche per via della Depressione, e ora viveva talvolta con la famiglia del figlio a Lynn, e talvolta nella sua rimanente proprietà terriera a Crete. Però era ancora ragionevolmente benestante, così come il resto della famiglia. Forse avrebbero accolto Jim, se avesse perso la fattoria, ma Lynetta era convinta che sarebbero stati felici di vedere lei senza casa e ridotta alla fame. Era certa che la disprezzassero, ma non era vero. La sua personalità eccentrica poteva risultare fastidiosa, ma la maggior parte dei parenti di suo marito ammirava la sua grinta. Lasciare che Lynetta e Jim lottassero per farcela da soli era un segno di rispetto. Lei, però, non la vedeva allo stesso modo e credeva di dover fare qualcosa per conquistarli, per renderli più inclini a dar loro una mano.

    Lynetta non aveva alcun istinto materno. Non aveva mai voluto diventare madre, né l’aveva previsto. Più tardi, avrebbe raccontato di essersi sentita male e di essere caduta in uno stato febbrile mentre si avvicinava al fiume egiziano della morte. Quando era stata sul punto di attraversarlo, passando quindi a miglior vita, lo spirito di sua madre le era apparso e le aveva detto che non poteva morire, perché era suo destino dare alla luce un figlio che sarebbe diventato un grande uomo.

    Che sia stato per destino o per disperazione, nell’autunno del 1930 Lynetta annunciò di essere incinta. Il 13 maggio 1931 partorì nella fattoria di Crete James Warren Jones. Ma l’arrivo del bambino, oltre a caricare Lynetta di ulteriori responsabilità, non cambiò nulla.

    Jim, il padre del piccolo, non espresse mai la frustrazione che di certo provava per l’aggravarsi dei suoi problemi fisici e per le continue lamentele di una moglie infelice che criticava sempre lui e il resto della famiglia. Poco dopo la nascita del figlio, però, crollò sotto il peso dello stress, candendo vittima di un esaurimento che richiese mesi di ricovero nella vicina Oxford, in Ohio. Un medico curante lo descrisse come inquieto, emotivo, irritabile; sistema nervoso e condizioni fisiche generali al di sotto della norma. Anche dopo essere stato rimandato a casa, necessitò di visite e cure periodiche. Non riusciva a concentrarsi sui problemi che la moglie era costretta a fronteggiare, in particolar modo per mantenere la proprietà. Lynetta non era comprensiva: che razza di uomo si sarebbe arreso all’ansia? Più tardi, a Jonestown, scriverà sprezzante: Mio marito, dopo aver pianto lacrime di delusione, si era rassegnato a lasciare che il creditore ipotecario si prendesse la fattoria.

    Lynetta raccontò di un confronto avvenuto nel 1934 tra lei e un rappresentante della banca, a cui sarebbe stato ordinato di cacciare la sua famiglia dalla casa e dalla terra. Nel suo racconto, disse di essersi rifiutata di andarsene finché non le fosse stata garantita una casa a Lynn: Voglio che mio figlio abbia un tetto sulla testa, costi quel che costi […]. [Dica al suo capo] che non so interpretare il ruolo di ‘verme’ e non ho intenzione di imparare. In realtà a sistemare le cose intervennero gli altri Jones, che trovarono una casa a Lynn, non lussuosa ma perfettamente adeguata, per Jim, Lynetta e Jimmy Warren, come la famiglia chiamava il piccolo. Si trovava in Grant Street, dove vivevano già due dei fratelli di Jim. La pensione che lui percepiva dall’Esercito avrebbe dovuto essere utilizzata per l’affitto e così anche il salario occasionale che avrebbe potuto guadagnare nel caso in cui la sua salute gli avesse permesso di tornare al lavoro. Il padre e i fratelli si sarebbero assunti i restanti oneri finanziari. Lynetta si dichiarò favorevole a quella soluzione, almeno sino a quando i Jones non chiarirono cosa si aspettavano da lei: finché il figlio era piccolo, sarebbe potuta restare a casa a crescerlo, ma una volta che il bambino avesse iniziato la scuola, avrebbero continuato ad aiutarla finanziariamente solo se lei avesse trovato un lavoro e guadagnato a sufficienza da contribuire in gran parte al reddito familiare.

    Non aveva scelta.

    Jim, Lynetta e Jimmy Warren si trasferirono a Lynn.

    2

    LYNN

    Lynn, Indiana, era una città crocevia. Vi si intersecavano le strade statali 27 e 36 e le ferrovie New York Central e Pennsylvania. La maggior parte dei circa 950 abitanti apparteneva a famiglie che da generazioni vivevano nella contea di Randolph o nei dintorni. Tutti conoscevano tutti. Era praticamente impossibile mantenere dei segreti. Vivere lì comportava l’obbligo, non dichiarato ma sottinteso, di adattarsi. Il conformismo era il fondamento della buona cittadinanza. In parte, Lynn esisteva per soddisfare le esigenze degli agricoltori i cui terreni circondavano la città. La gente di campagna arrivava il sabato per barattare beni – latte, burro, uova, carne fresca e pollame – con cose che non potevano coltivare o produrre da soli. Lynn offriva loro i servizi di un medico, un dentista e un veterinario, che spesso venivano pagati in polli o in torte fatte in casa.

    C’erano alcuni negozi di alimentari, un barbiere, uno o due caffè, una farmacia, un giornale locale, una sala da biliardo e diverse chiese che riflettevano il ruolo fondamentale della religione all’interno della comunità. Come nel resto dello Stato, tradizionalmente conservatore, regnava il protestantesimo evangelico. A Lynn c’erano piccole chiese metodiste, dei Discepoli di Cristo, del Nazareno e quacchere, ma nessuna cattolica. Se a Lynn vivevano dei cattolici, tacevano la loro fede e andavano a messa altrove.

    Era un luogo accogliente. Le persone che ci vivevano lavoravano duramente per mantenerlo tale. Chi stava meglio non lo ostentava. Tutti si vestivano allo stesso modo, con abiti puliti ma non ricercati. I genitori tenevano d’occhio i propri figli e quelli degli altri. Non si chiudeva a chiave la porta quando si usciva, sicuri che nessuno dei locali avrebbe rubato e che i vicini sarebbero stati attenti a eventuali estranei sospetti. C’era un confortante senso di condivisione degli orari: il mercoledì sera, quando il tempo era bello, tutti si riunivano in centro per guardare film gratuiti proiettati su un telo appeso al lato di un edificio. I western, con le loro inevitabili trame di buoni e cattivi, erano sempre i più popolari.

    Il sabato era il giorno dello shopping. La domenica era dedicata alla Chiesa. Tutti in città ci andavano. Non c’erano rivalità tra predicatori o congregazioni. Spesso, in occasione delle festività più importanti, i ministri di Lynn riunivano i loro greggi per una funzione comune. Ogni venerdì, durante l’ultima ora di lezione, i liceali si radunavano in palestra, dove i predicatori della città tenevano a turno discorsi di un’ora su come vivere e crescere bene.

    Gli uomini di Lynn aderivano a circoli sociali: l’organizzazione degli Odd Fellows e quella dei Red Men erano popolari, e negli anni Trenta presero piede i massoni, mentre negli anni Dieci e Venti era stato il Ku Klux Klan a raccogliere il maggior numero di adepti. In quel periodo, la base di potere del Klan si era spostata a nord, in Indiana, divenendo la più grande organizzazione dello Stato. In un solo anno, dal luglio 1922 al 1923, i suoi membri registrati lì passarono da 445 a quasi 118.000. A differenza di quanto avveniva nel Sud, in Indiana il Klan dedicò poco tempo alla promozione dell’odio razziale. Lì la popolazione nera era troppo ridotta (meno del 3%) per rendere quell’aspetto di primaria importanza, sebbene il mantenimento della supremazia bianca e della purezza razziale fossero sempre parte di qualsiasi programma del Klan. Invece, l’organizzazione pose l’accento sul miglioramento dell’istruzione pubblica e sul proibizionismo, due temi che riscontrarono un forte interesse in tutto lo Stato, in particolare nelle aree rurali. I leader insinuarono abilmente il loro gruppo nelle piccole città, sponsorizzando picnic e parate comunitarie, pagando tutto e lasciando l’impressione che anche loro fossero persone perbene, con valori cristiani conservatori simili a quelli della gente del luogo.

    Il proibizionismo in America, imposto dal diciottesimo emendamento nel 1920, fu abrogato nel 1933, ma ciò non fece alcuna differenza nella contea di Randolph o a Lynn, che rimasero orgogliosamente a secco. I predicatori di Lynn tuonavano contro gli alcolici; in un luogo così piccolo e isolato era impossibile bere di nascosto senza che tutti lo scoprissero. Per procurarsi le bevande alcoliche bisognava prendere l’autobus e attraversare i confini dello Stato per andare in Ohio. I pochi contrabbandieri della zona sapevano bene che non dovevano spacciare la loro merce a Lynn. La sala da biliardo della città, considerata peccaminosa da alcuni perché ci si giocava anche a carte scommettendo soldi, non serviva alcolici. Ancora oggi, la gente del posto si scusa per i negozi di alcolici delle città vicine. Si sentono contaminati anche solo dalla loro prossimità.

    La scuola pubblica di Lynn si distinse nel modo migliore possibile. Per decenni, i bambini delle campagne dell’Indiana avevano ricevuto un’istruzione minima in edifici scolastici composti da una sola aula, con studenti di tutte le età riuniti insieme e spesso istruiti da insegnanti che non avevano conseguito il diploma di scuola superiore. Ma intorno al 1910, la contea di Randolph assunse il dottor Lee Driver per riformare il sistema scolastico pubblico. Driver era una persona energica che accorpò tutte le aule singole in vere e proprie scuole cittadine, una delle quali ebbe sede a Lynn. Vennero forniti i mezzi di trasporto. Invece di percorrere lunghe distanze a piedi per andare e tornare, i bambini delle fattorie venivano prelevati e riportati a casa con gli autobus e, per la prima volta, frequentavano regolarmente le lezioni. Driver insistette su programmi di studio strutturati e utilizzò i fondi delle sovvenzioni per assumere insegnanti qualificati. Il numero dei diplomati alle scuole superiori schizzò al 70%, e quei ragazzi impararono abbastanza da poter ottenere un buon lavoro o addirittura da essere ammessi all’università. Alla fine, Driver fu chiamato in Pennsylvania per compiere quegli stessi miracoli nelle scuole pubbliche locali; a quel punto, la reputazione di quelle della contea di Randolph era tale che delegazioni dal Canada e dalla Cina, oltre che da altri Stati americani, arrivarono per studiare il suo sistema scolastico e adattarlo ai propri. Gli studenti della contea di Randolph erano fortunati, soprattutto a Lynn, dove erano disponibili corsi di lingue straniere (compreso il latino), matematica avanzata e scienze. Per la prima volta da sempre, i Bulldog di Lynn avevano potenziali sbocchi nella loro carriera che andavano oltre l’agricoltura o il lavoro in fabbrica. Alcuni divennero architetti, medici o addirittura educatori.

    La Depressione portò un cambiamento importante nella popolazione: si fece più giovane. In precedenza, la maggior parte dei residenti era costituita da persone anziane, sposate con figli e fattorie di proprietà. Quando i genitori raggiungevano i cinquanta o i sessant’anni e non erano più in grado di sostenere il duro lavoro fisico richiesto in campagna, cedevano il terreno ai figli e si trasferivano in città. All’inizio degli anni Trenta, però, il terribile momento economico costrinse molte delle coppie più giovani a lasciare le fattorie e a trasferirsi a Lynn con i figli. La città li assimilò abbastanza facilmente. La maggior parte aveva parenti o amici che vivevano già lì. I mariti appena arrivati andarono a lavorare in fabbrica a Winchester o a Richmond, le grandi città più vicine. Le giovani madri accudivano la casa e allevavano i bambini. I nuovi arrivati si inserirono in tutte le abitudini familiari di Lynn. Ci si aspettava che Jim, Lynetta e Jimmy Warren Jones, appartenenti allo stimato clan dei Jones, facessero lo stesso.

    Non fu così.

    Gli abitanti della città erano pronti ad accogliere Jim, Lynetta Jones e il loro bambino. Tutti conoscevano già Jim; era cresciuto lì e a Crete. Era sempre stato considerato un tipo simpatico e la gente provava compassione e rispetto per la sua disabilità postbellica. La maggior parte dei residenti di Lynn nutriva dei dubbi sul governo, ma amava il proprio Paese. Da bravi patrioti, onoravano Jim per il suo servizio e volevano fare il possibile per lui. Gli fu trovato un impiego part-time in uno degli uffici della ferrovia, con semplici mansioni da scrivania, dato che non era in grado di svolgere lavori fisici.

    La famiglia e i vicini generosi aiutarono i Jones a sistemare la loro nuova casa in Grant Street. Non era né lussuosa né fatiscente, solo una semplice struttura a telaio con un bel portico sotto cui Jim amava sedersi la sera. C’era anche un garage: Jim e Lynetta avevano un’auto di seconda mano, regalo di un fratello o qualcosa di simile, ma pur sempre un mezzo di trasporto. Molte famiglie di Lynn non ne possedevano una e dovevano affidarsi agli autobus per recarsi in qualsiasi luogo che non fosse raggiungibile a piedi. Sopra il garage c’era un soppalco, utile come magazzino. Ma Jim e Lynetta non avevano molto da conservare. La casa di Grant Street era scarsamente arredata, con mobili usati trasportati dalla fattoria perduta a Crete o donati dai membri della famiglia allargata di Jim. Avevano l’essenziale: un tavolo da pranzo, qualche sedia, un letto per Jim e Lynetta e una culla per il piccolo Jimmy. Si sarebbero potute fare molte cose per rendere la casa più accogliente, ma quella era una responsabilità della moglie, e Lynetta non aveva alcuna attitudine o interesse per l’arredamento.

    Lynn non condannava una gestione della casa così minimalista. In quella comunità senza segreti, tutti sapevano che erano gli altri Jones a sovvenzionare Jim e Lynetta. La mancanza di mobili, di servizi domestici e pasti tradizionali poteva essere attribuita all’orgoglio. Jim e Lynetta forse non volevano prendere dai parenti un centesimo in più del dovuto.

    Ma Lynetta sognava una vita più bella. Si sentiva una scrittrice e pensava di esserlo stata in vite precedenti. Voleva parlare di cose grandiose, di reincarnazione e politiche progressiste, non era interessata a noiose chiacchiere su tendaggi e ricette di torte. Ecco perché rifiutava gli inviti delle altre donne e non le invitava mai a casa sua. Anche in pubblico, mentre faceva spese o andava al cinema del mercoledì sera, Lynetta parlava di rado con qualcuno e, quando lo faceva, la conversazione era ridotta ai minimi termini. Molti pensavano che si desse delle arie senza motivo: in fondo era una donna che non riusciva nemmeno a occuparsi in modo decente della propria casa. La verità era che non aveva nulla di cui discutere con i suoi compaesani e sentiva che non c’erano le basi per creare con loro un rapporto di amicizia.

    Lynetta, però, non poteva evitare di passare del tempo con il resto della famiglia del marito. Senza di loro, lei, Jim e il figlio non avrebbero avuto di che vivere. Ma era sensibile alle voci che giravano sul suo conto, aspettandosi sempre degli insulti. Trovava piuttosto irritante che la chiamassero Lynette anziché Lynetta. Quando l’avevano conosciuta, per la maggior parte del tempo si faceva chiamare ancora Lynette e loro continuavano a rivolgersi a lei in quel modo. Non intendevano offenderla e di certo l’avrebbero accontentata se lei avesse chiesto di essere chiamata Lynetta. Lei però non lo fece, preferendo pensare a un affronto deliberato. Era sempre frustrata, incapace di realizzare concretamente la sua ambizione di essere una grande signora, e passava le sue tristi giornate nutrendo risentimento e immaginando scontri in cui trionfava sui nemici grazie all’arguzia e al coraggio. In seguito, scrisse resoconti coloriti di quelle fantasie, sostituendo ai fatti la finzione autocelebrativa. Ma durante i primi anni a Lynn, il suo unico pubblico era il figlio piccolo. I due primi e più duraturi insegnamenti che Jimmy ricevette da sua madre furono i seguenti: c’era sempre qualcuno pronto a screditarti e la realtà era qualsiasi cosa tu credessi.

    Anche dopo il trasferimento a Lynn, la salute di Jim continuò a peggiorare. Soffriva periodicamente di problemi fisici e psicologici. Oltre alle visite programmate all’ospedale di Oxford, Ohio, a volte uno dei suoi fratelli lo accompagnava all’ospedale militare di Dayton per le cure d’emergenza. Jim tossiva in continuazione. I suoi problemi respiratori non erano aiutati dal fatto che fumava molto. Una sigaretta gli penzolava sempre dalla bocca. La sua postura si incurvò e lui smise di lavorare per la ferrovia. Al mattino si trascinava in veranda e a volte vi rimaneva seduto tutto il giorno. La gente era dispiaciuta per lui. Quando passavano, lo salutavano con la mano. Jim rispondeva come poteva. Alcuni giorni riusciva a parlare meglio di altri. Era sempre amichevole. Ai bambini della città piaceva perché, a differenza di molti adulti, li chiamava sempre per nome. Da vicino, il suo aspetto era sconcertante. Sebbene avesse una quarantina d’anni, il viso era diventato una massa di rughe e di pelle cadente. Prima era conosciuto in città come Big Jim, per distinguerlo dal figlio Jimmy, ma ora alcuni abitanti di Lynn avevano iniziato a chiamarlo Old Jim, vecchio Jim.

    Lynetta continuò a starsene per conto suo. Quando si avventurava nella parte principale della città, dava spettacolo fumando e indossando pantaloni al posto dei vestiti. La gente la fissava e lei ricambiava lo sguardo. Quando parlava con i negozianti o con i passanti che doveva assolutamente salutare, condiva la conversazione con parolacce. A Lynn, dannazione e diavolo non dovevano uscire dalle labbra di una signora. Lynetta le usava sempre, con un occasionale stronzate. Non aveva mai capito perché le parolacce facessero arrabbiare così tante persone: erano solo parole. Si divertiva ogni volta che le sue imprecazioni infastidivano qualcuno.

    In un certo senso, tutti gli altri a Lynn potevano accettare anche quell’eccentricità, ma c’era una cosa in Jim e Lynetta Jones che li distingueva in modo determinante. In una città in cui tutti andavano in chiesa la domenica, loro non lo facevano mai. Per quel motivo, avrebbero potuto essere ostracizzati da molti cittadini devoti. Se ciò non accadeva era dovuto soprattutto al rispetto per il resto della famiglia Jones, che ogni domenica partecipava doverosamente alle funzioni quacchere, e anche all’apprezzamento per il servizio in guerra del vecchio Jim. Ma quella assenza era preoccupante.

    Nell’autunno del 1936 arrivò finalmente il momento in cui Jimmy fu abbastanza grande per iniziare la prima elementare. Lynetta doveva trovarsi un lavoro. Le fabbriche della zona stavano assumendo. Si trattava soprattutto di decidere dove lavorare. Più tardi, Lynetta inventò una storia di persecuzione da parte dei suoceri. Secondo lei, erano infastiditi dal fatto che molti potenziali datori di lavoro chiedessero a gran voce di assumerla, mentre in realtà non volevano affatto che andasse a lavorare. La famiglia di mio marito riteneva che una casalinga fosse sminuita dal fatto di lavorare fuori casa, soprattutto se era così abile e se i suoi servizi erano richiesti come i miei.

    Lynetta fu assunta in una fabbrica di vetro a Winchester. Ogni mattina si alzava e prendeva l’autobus per andare al lavoro. Prima di partire, dava a Jimmy un panino in un sacchetto e lo mandava a scuola. Lasciò il marito a se stesso. Il vecchio Jim passava il tempo andando in centro alla sala da biliardo. L’alternativa, del resto, era starsene da solo in una casa desolata. Quando ci arrivava, giocava a carte e beveva caffè o soda: il proprietario del locale rispettava le usanze di Lynn e non serviva alcolici.

    La sera e nei fine settimana, quando tutti e tre i Jones erano in casa, ricevevano pochi visitatori, ed erano perlopiù membri della famiglia che portavano del cibo, visto che Lynetta di solito era troppo stanca o agitata per cucinare, oppure bambini del vicinato che andavano a giocare con Jimmy ma se ne andavano subito dopo, spaventati dall’atmosfera minacciosa. Sembrava che nessuno in quella casa parlasse a eccezione della signora Jones, e i suoi discorsi, in genere, tendevano ad assumere la forma di un’invettiva piuttosto che di una conversazione. Urlava contro il signor Jones o Jimmy, oppure imprecava contro quei meschini figli di puttana al lavoro che facevano faticare una donna fino a condurla alla morte. Non le importava chi potesse sentirla. Nessun’altra donna a Lynn si sarebbe comportata così; nessun altro marito l’avrebbe tollerato.

    Tuttavia, dopo due anni e mezzo, la gente di Lynn si era abituata al vecchio Jim e a Lynetta. La coppia era strana, non c’era dubbio. Ma ora, per la prima volta, il piccolo Jimmy Jones era libero di vagare per le strade della città, e divenne presto evidente che, rispetto al ragazzino, i suoi genitori erano quasi normali.

    3

    JIMMY

    Una mattina di un fine settimana, il dodicenne Max Knight e suo padre si diressero verso il centro di Lynn. Il signor Knight gestiva un piccolo aeroporto appena fuori città. Aveva sempre dei lavori da fare nel fine settimana, e a Max piaceva andare con lui. Guardare gli aerei, che erano perlopiù velivoli agricoli, decollare e atterrare era divertente.

    Mentre si avvicinavano al centro della città, Max vide un bambino molto più piccolo – doveva avere più o meno sei anni – che camminava sul ciglio della strada, e dietro di lui un beagle. Il beagle assomigliava molto al cane di Max, Queenie. Il signor Knight convenne che la somiglianza era sorprendente e accostò l’auto in modo che suo figlio potesse scendere e vedere meglio. Appena Max lo fece, il bimbo più piccolo scappò via, con il beagle alle calcagna. Max non voleva che il bambino avesse paura. Gli corse dietro, urlandogli di fermarsi. L’inseguimento durò circa un isolato e mezzo prima che il bimbo cercasse di nascondersi dietro un albero. Max non si lasciò ingannare. Si avvicinò e fu sorpreso di vedere che tremava. Quasi ottant’anni dopo, Max dichiarò che per qualche motivo era pietrificato, spaventato a morte. Quando si presentò, l’altro disse di chiamarsi Jimmy. Max disse: Ho un cane che assomiglia al tuo. Jimmy sembrò pensare di essere stato accusato di furto di animali domestici, perché rispose sulla difensiva: Non è il mio cane. È di un vicino e mi ha seguito.

    Max si sentì in colpa. Non aveva intenzione di turbare nessuno, voleva solo vedere meglio il beagle che assomigliava a Queenie. Così cambiò argomento e spiegò che era in giro con suo padre, che gestiva l’aeroporto. Gli occhi di Jimmy s’illuminarono. Disse che amava gli aeroplani. Max allora gli propose di andarlo a trovare, così avrebbe potuto vedere gli aerei da vicino.

    Max e suo padre si ritrovarono Jimmy all’aeroporto tutti i fine settimana. Il bambino fece amicizia con Max e rivelò al signor Knight che un giorno avrebbe voluto diventare un pilota di aerei. L’uomo ne fu compiaciuto. A molti ragazzi del posto piaceva guardare gli aerei, ma il signor Knight era rimasto colpito da lui, e quindi Jimmy aveva dei privilegi speciali. Gli fu permesso di avvicinarsi ai mezzi, di toccarli e di parlare con i piloti mentre preparavano i velivoli. Ben presto il signor Knight non ebbe più dubbi: Jimmy Jones amava gli aeroplani più di ogni altra cosa al mondo ed era serio quando diceva che, grazie a lui, da grande sarebbe diventato un pilota. Max Knight iniziò a pensare a Jimmy come a un fratello minore. La differenza d’età impedì loro di diventare amici per la pelle, ma ogni volta che si recava a Lynn, Max si preoccupava di cercare il suo piccolo amico per vedere come stava. Jimmy accennava a una vita familiare difficile, soprattutto a causa di un padre cattivo che gli faceva paura. Era così evidente che si trovasse in una situazione di bisogno che Max non poté fare a meno di sentire l’impulso di volerlo proteggere.

    Jimmy Jones aveva già trascorso molto tempo a scorrazzare per le strade di Lynn prima di iniziare la scuola elementare. Non c’era nulla di insolito in questo. Fin da quando imparavano a camminare, i bambini della città correvano dappertutto. Era considerato parte del ciclo naturale della crescita. All’inizio si limitavano a uno o due isolati intorno a casa, poi iniziavano a curiosare nel quartiere, e infine, quando erano abbastanza grandi per la prima elementare, andavano e tornavano da scuola a piedi. Poi si passava ai campi e ai boschi intorno alla città, sempre a piedi fino al decimo o undicesimo compleanno, quando il regalo di una bicicletta ampliava in maniera notevole il raggio d’azione. I genitori non si preoccupavano, perché tutti gli adulti della città sorvegliavano i ragazzi. Le ragazze rimanevano molto più vicine a casa. Mentre i maschi erano incoraggiati a uscire e a giocare, le femmine, fin dalla più tenera età, dovevano aiutare le madri nelle faccende domestiche e in cucina. Ovunque andassero in città, i bambini di Lynn non erano mai privi di sorveglianza. La presenza di adulti estranei veniva sempre notata. Erano al sicuro.

    La particolarità di Jimmy nel periodo dell’asilo era che i suoi genitori non si erano uniti alla supervisione generale. Ma Jimmy aveva comunque molti adulti che vegliavano su di lui. In Grant Street vivevano anche due coppie di zii e zie: le zie gli facevano da madre quando Lynetta era chiusa in casa, cosa che accadeva spesso. La maggior parte dei giorni le zie Jones gli davano la merenda quando aveva fame e lo soccorrevano quando si sbucciava un gomito o un ginocchio. I suoi primi compagni di gioco furono i cugini. C’erano decine di altri piccoli Jones a Lynn o nelle fattorie di famiglia. Dal punto di vista dell’età, Jimmy si collocava più o meno nel mezzo. Non gli mancava mai la compagnia. E, come tutti gli altri bambini, tornava a casa al tramonto.

    Ma la situazione cambiò quando iniziò la prima elementare. Sua madre era al lavoro tutto il giorno, e suo padre continuava a frequentare la sala da biliardo. Da quando aveva cominciato a lavorare alla fabbrica di vetro Winchester, Lynetta aveva stabilito una regola: Jimmy non sarebbe dovuto entrare in casa finché lei non fosse tornata. Quell’editto divenne presto noto in tutta la città. Nessuno ne capiva il motivo, né era abbastanza amico di Lynetta da chiederglielo, ma suscitò una notevole compassione nei confronti di Jimmy, che però era sempre il benvenuto nelle case dei parenti.

    Tuttavia, Jimmy ci andava di rado. Invece, vagava per le strade di Lynn dando l’idea di essere solo e indifeso. La situazione del piccolo sembrava ovvia e le signore della città, al di fuori della famiglia Jones, facevano la cosa più naturale e lo invitavano in casa per uno spuntino o addirittura per un pasto completo quando lui diceva di avere molta fame. Giurava a ognuna di loro che il suo era il cibo più delizioso che avesse mai assaggiato. Era un bambino educato, grato per ogni minima gentilezza. Quasi tutte le signore finirono per sentire di avere un legame con lui: il ragazzino sembrava trovare qualcosa in comune con ognuna di loro, un interesse condiviso per i fiori, gli animali o l’artigianato. Ciò si rivelò particolarmente vero per Myrtle Kennedy.

    Myrtle era uno spaventapasseri di donna, alta un metro e ottanta e consapevole di esserlo. In una piccola città dove tutti erano religiosi, lei portò la sua fede agli estremi. Orville, suo marito, presiedeva la Chiesa Nazarena di Lynn. I nazareni erano conservatori in termini di comportamento sociale: niente balli, alcol o parolacce. Le donne non indossavano mai abiti corti o senza maniche, per paura di infiammare la lussuria degli uomini. A Lynn nessuno cercava di corteggiare il membro di un’altra Chiesa, ma Myrtle fu un’eccezione. Per lei si trattava di unirsi ai nazareni o di andare all’inferno. Erano le uniche opzioni. La domenica pomeriggio, era nota per attaccare bottone con le persone per strada, a cui chiedeva se fossero state in chiesa quel giorno se non le aveva viste alla funzione. Non c’era niente che la deliziasse di più di un battesimo per immersione dei convertiti in un fiume vicino.

    La gente le perdonava il suo zelo, perché in tutti gli altri aspetti era una persona adorabile. Nessuno in città era più generoso di lei con i bisognosi. Poiché il treno e un paio di autostrade passavano per Lynn, nei depressi anni Trenta c’erano sempre dei barboni in città, tutti attentamente monitorati dai residenti. Quelli discutibili venivano cacciati via, ma gli innocui indigenti che non avevano fortuna venivano di solito sfamati. Nessuno era più caritatevole di Myrtle con i senzatetto. Era famosa per le dozzine di torte che cucinava e perché metteva delle fette calde sul davanzale di una finestra aperta, in modo che i passanti potessero servirsi da soli. Insieme al cibo c’era anche l’obbligo di ascoltarla per un po’ mentre propagandava la fede nazarena. Sosteneva che unirsi alla sua Chiesa garantiva la gloria nell’altra vita, se non in questa. Era una prova della bontà di Myrtle il fatto che continuasse a distribuire torte anche se nessuno dei barboni si era mai convertito.

    Nel piccolo Jimmy Jones, però, Myrtle intuì un potenziale nazareno. Dopotutto, il bambino non apparteneva ad alcuna Chiesa. I suoi genitori non lo portavano mai alle funzioni domenicali, quindi stava crescendo senza Dio. Inoltre, era un bel bambino, con i capelli e gli occhi scuri come la madre, ma senza la sua freddezza. I Kennedy abitavano proprio di fronte al vecchio Jim e a Lynetta su Grant Street. Ogni giorno Myrtle vedeva il povero Jimmy vagare per strada. Fu naturale per lei invitarlo in casa e rimpinzarlo di torta quando aveva fame, il che accadeva sempre. Si supponeva che la madre gli desse un panino per fargli superare la giornata, ma ogni volta che Myrtle gli chiedeva se avesse mangiato qualcosa, Jimmy rispondeva di no, e quel prezioso bambino non avrebbe mai mentito.

    Una volta consumata la torta, Myrtle coglieva l’occasione per condividere con lui la buona parola di Gesù, il quale voleva che tutti fossero nazareni. Le persone non illuminate pensavano che le regole nazarene fossero troppo restrittive, ma in realtà servivano solo a far rispettare a tutti gli standard stabiliti nella Bibbia. Myrtle leggeva a Jimmy il Buon Libro. Lui si attaccava a ogni parola e ricordava quello che sentiva. Ben presto le citò le Scritture. Era emozionante.

    Da lì, il passo successivo di Myrtle fu quello di portare Jimmy in chiesa con lei la domenica. A Lynetta non importava. Era sempre stanca per il lavoro della settimana, e se quella vicina impicciona voleva portarsi via Jimmy di mattina, beh, era una cosa in meno di cui doveva preoccuparsi nel suo giorno libero. Così ogni domenica Jimmy andava alla Chiesa nazarena con la signora Kennedy e ascoltava il signor Kennedy che parlava del Signore e di tutte le cose che non voleva si facessero.

    Dopo un po’, iniziò a passare occasionalmente le notti con loro. Anche sua madre era d’accordo. Lynetta non provava altro che disprezzo per coloro che credevano in un semplice Dio, su in cielo, che alla fine stabiliva chi destinare al paradiso o all’inferno, a seconda dei casi. Il suo spiritualismo era molto più ricco, e comprendeva la reincarnazione, una vita dopo l’altra, il destino. A volte, in una vita che non era l’unica, il destino grandioso di una persona veniva ostacolato da chi non apprezzava o era geloso della superiorità altrui. Era ciò che stava accadendo a lei. Ma suo figlio, nell’attuale incarnazione, sarebbe stato grande. Ne era certa. E la grandezza non avrebbe permesso che si lasciasse ingannare dalle sciocchezze nazarene di Myrtle Kennedy. Lynetta probabilmente lo accennava a Jimmy di tanto in tanto, solo per essere certa che il ragazzo non venisse plagiato. A parte ciò, gli permise di passare del tempo con la vecchia signora Kennedy, di andare in chiesa con lei. In quel modo Jimmy si toglieva dai piedi e, inoltre, nel grande schema cosmico delle cose, Lynetta non pensava che facesse alcuna differenza.

    Ma quando Myrtle portava Jimmy in chiesa, lui l’adorava. Il bambino dimostrò un’incredibile capacità di ricordare tutto ciò che ascoltava, soprattutto le letture delle Scritture. Nel giro di poche settimane, fu in grado di ripetere alla lettera lunghi passi biblici. Non vedeva l’ora che arrivasse la domenica per poter andare in chiesa con la signora Kennedy. In privato, cominciò a chiamarla mamma. Myrtle era estasiata. Aveva salvato un’anima per Gesù. Ora avrebbe raccolto la sua meritata ricompensa, osservando il ragazzo crescere nella grazia di Dio secondo le regole bibliche del Nazareno.

    Poi le cose presero una piega inaspettata. A Jimmy piaceva il servizio nazareno, ma era curioso di conoscere anche le altre chiese. Iniziò a partecipare ad alcuni revival religiosi che si tenevano regolarmente nella zona. Tutte le fedi locali li organizzavano e capitava anche che ce ne fossero alcuni tenuti da predicatori non affiliati. In seguito, ogni tanto, si poteva trovare Jimmy la domenica nella chiesa metodista di Lynn, o con i quaccheri o i Discepoli di Cristo. Negli anni successivi si unì a tutte, facendosi battezzare da quelle che lo richiedevano e giurando altre forme di fedeltà a quelle che non lo richiedevano. Jimmy studiò tutto. C’erano domeniche in cui trascorreva parte della mattinata in una chiesa e poi sgattaiolava fuori per sentire il termine di un’altra funzione. Quello attirò l’attenzione di tutti a Lynn. Si scoprì che il piccolo Jones era strano proprio come i suoi genitori, anche se in modo positivo. Si sperava che prima o poi si sarebbe sistemato e avrebbe scelto una Chiesa una volta per tutte. Nel frattempo, almeno ci andava, il che era più di quanto si potesse dire della mamma e del papà.

    Da Lynetta, Jimmy apprese la tendenza a isolarsi. La capacità di far credere agli altri di avere convinzioni e speranze in comune, invece, era un dono tutto suo. E già da piccolo aveva un talento nel giustificare le azioni che apparentemente contraddicevano le sue parole. Ciò divenne evidente anche nel suo rapporto con Myrtle Kennedy quando iniziò a frequentare altre chiese oltre a quella nazarena. Con chiunque altro, Myrtle si sarebbe sentita ferita, persino tradita. Aveva messo il bambino sulla strada giusta e lui se ne era allontanato. Jimmy però riuscì in qualche modo a mantenere l’affetto della donna. Qualunque scusa avesse accampato – forse che frequentava altre chiese per vedere di persona come sbagliavano a esprimere la fede – funzionò. Myrtle continuò a coccolarlo.

    In seguito, di Jim Jones si sarebbe detto spesso che usava gli altri senza scrupoli, che si faceva strada a tradimento per ottenere ciò che voleva e che non si curava mai davvero di nessuno, nemmeno di coloro che lo avevano più aiutato. In molti casi c’erano prove a sostegno di questa tesi, ma non riguardo al suo rapporto con Myrtle Kennedy. Dopo che Jimmy lasciò Lynn e la sua vita prese molte pieghe sorprendenti, non perse mai i contatti con la nazarena che lo aveva accolto. Dalla grande città di Indianapolis, alla California dove divenne un uomo famoso, fino alle giungle della Guyana, ogni settimana o due si sedeva e scribacchiava un biglietto a Myrtle Kennedy, condividendo con lei versioni asettiche di ciò che stava facendo ed esprimendo la speranza che lei stesse bene. Non c’era altro dietro quell’atto, se non la volontà di assicurarsi che Myrtle sapesse che non l’aveva mai dimenticata e che le era sempre grato per la sua gentilezza.

    Nel settembre 1977, in un’intervista destinata a far parte di un libro di memorie, Jim Jones affermò di non aver mai creduto in Dio. Aveva visto la religione come un’opportunità per infiltrarsi nella Chiesa e indirizzare i cristiani verso il socialismo. È possibile che dicesse il vero. Non c’è modo di guardare nel cuore di qualcuno e conoscere la verità sulla sua fede, o sulla sua mancanza. È anche possibile credere con fervore da bambini, perdere la fede da adulti e affermare di non aver mai creduto. Ma sulla precoce attrazione del giovane Jimmy per la religione non ci sono dubbi. A un bambino che, per ammissione dello stesso Jones, cercava disperatamente l’approvazione, la Chiesa offriva un obiettivo di vita perfetto.

    Max Knight viveva nella vicina Spartanburg, ma ogni volta che si trovava a Lynn passava da casa di Jimmy per controllare il suo giovane amico. Una volta bussò alla porta ma non rispose nessuno. Allora cercò Jimmy dall’altra parte della strada, a casa della signora Kennedy. Pensava che fosse la nonna, perché il suo amico era spesso lì e tra loro c’era un affetto evidente. La signora Kennedy disse che forse Jimmy stava giocando nel bosco vicino. Max aveva un po’ di tempo a disposizione, così ci andò, curiosando in giro finché non sentì una voce forte tra gli alberi. S’incamminò in quella direzione e s’imbatté in Jimmy. Il bambino non notò Max perché gli dava le spalle. Era in piedi su un ceppo, con la mano premuta sul cuore, e predicava. Max lo ricorda come un vero e proprio spettacolo, su come Gesù ti ama e devi credere in Lui se vuoi essere salvato e andare in Paradiso. Max gridò: Ehi, Jimmy si girò e lo vide, quasi cadde dal ceppo e si mise a piangere, proprio come aveva fatto la prima volta che Max lo aveva incontrato mentre camminava con il beagle. Max non riuscì a capire quella reazione: conosceva Jimmy da un po’, non era un estraneo. Pensò che forse temesse di essere stato colto in fallo: aveva detto più volte a lui e al signor Knight che da grande voleva fare il pilota, e ora era stato sorpreso a fare quello.

    Ma Max non era arrabbiato. Se vuoi predicare, okay. Fallo, se ti fa sentire bene. Nei mesi successivi, Max dichiarò che lo trovai altre due o tre volte nel bosco a fare la stessa cosa. Jimmy confessò che voleva diventare un predicatore, ma cosa sarebbe successo se gli altri lo avessero preso in giro o gli avessero detto che non poteva? Max raccontò: Gli dissi ‘fa’ quello che vuoi. Non lasciare che la gente ti fermi. Sii padrone di te stesso’. Quando ci siamo incontrati di nuovo da adulti, Jim me ne ha parlato. Mi ha detto: ‘Ero un ragazzino spaventato’ e mi ha ringraziato per averlo incoraggiato.

    4

    GLI ANNI DELLA CRESCITA

    Così come i loro genitori, se non di più, i bambini di Lynn enfatizzavano l’importanza dell’obbedienza. Credevano nelle stesse regole e le seguivano, rispettando soprattutto i genitori e gli insegnanti. Secondo lo storico statale James H. Madison, quello era tipico di tutto l’Indiana: la moderazione è insita nell’Indiana, una moderazione saldamente ancorata al rispetto della tradizione. Tra le rivoluzioni che non si sono verificate in Indiana c’è la rivolta generazionale.

    I bambini di Lynn condividevano giocattoli e dolcetti. Le ragazze imparavano a cucinare e a fare le faccende domestiche. I ragazzi praticavano sport, si aggiravano per i boschi e nei campi e non si sottraevano mai alle loro incombenze. Di solito crescevano proprio come i genitori, il che andava bene a tutti.

    In una certa misura, Jimmy Jones si adattò, almeno all’inizio. Girava per strada come tutti gli altri, amava i film del mercoledì e l’anguria. Aveva un certo feeling con gli animali. I randagi lo seguivano ovunque. Se fosse venuto a giocare a casa vostra, dopo, probabilmente, vostra madre si sarebbe complimentata per il suo comportamento educato.

    Aveva spesso giocattoli fantastici. Tutti sapevano che la madre doveva lavorare perché il padre non poteva, e che il nonno e gli zii li aiutavano economicamente. Ma Jimmy aveva comunque molte cose. Tipo un proiettore cinematografico giocattolo. Si vantava di poterci mettere la pellicola e di poter proiettare un film contro il muro di casa, proprio come quelli del mercoledì sera in città. Tutti volevano vederlo, ma sua madre non permetteva nemmeno a lui di entrare in casa se lei o il padre non c’erano, figuriamoci portarci degli amici. Chuck e Johnny Willmore erano molto interessati, così un giorno, dopo la scuola, Jimmy li fece entrare di nascosto – suo padre era alla sala da biliardo, come al solito – poi tirò le tende per rendere tutto buio e proiettò il film sul muro. Fu molto divertente, finché sua madre non tornò a casa all’improvviso. Si tolse la cintura, inseguì Jimmy e lo picchiò. Per tutto il tempo lui continuò a gridare: Non volevo farlo, non volevo farlo, il che non aveva senso perché era ovvio che fosse il contrario. Johnny e Chuck corsero via e raccontarono agli altri ragazzi quello che era successo. Tutti si dispiacquero per lui.

    Era inoltre evidente che Jimmy avesse dei problemi anche con il padre. A Lynn, padri e figli non legavano grazie a lunghe chiacchierate e abbracci. Piuttosto, i ragazzi seguivano i padri, osservando e imparando mentre gli uomini facevano le riparazioni in casa, lavoravano sulle auto e svolgevano le altre faccende di routine che i figli avrebbero dovuto padroneggiare nella vita. Il vecchio Jim non faceva nulla di tutto ciò perché non poteva, e Jimmy non sembrava rispettarlo poi molto. Le uniche volte che li si vedeva interagire era quando Jimmy entrava nella sala da biliardo e chiedeva al padre qualche spicciolo. Era triste.

    Ma la compassione arrivava solo fino a un certo punto. Jimmy poteva essere perdonato perché aveva una madre cattiva e un padre malato, ma c’erano altre cose in lui che lo distinguevano, e non in senso positivo. Piangeva molto, cosa che i ragazzi non avrebbero mai dovuto fare, e diceva sempre parolacce. Gli altri si chiedevano dove le avesse imparate. Jimmy non lo diceva. Si limitava a sorridere e a godere del fatto che mettevano la gente a disagio. Tutti gli altri si divertivano a fare la lotta, a volte in modo anche troppo zelante e tirando pugni o calci. A tutti era capitato di procurarsi un naso sanguinante o un labbro spaccato di tanto in tanto, tranne a Jimmy. Aveva paura di fare a botte e scappava via ogni volta che c’era una rissa.

    Poi c’erano le barrette di cioccolato, rare prelibatezze. Jimmy le mangiava in continuazione, agguantandole dagli scaffali dei negozi ogni volta che ne aveva voglia. I commercianti glielo permettevano perché, tutti i sabati, Lynetta Jones andava a pagarle. Qualsiasi altra madre di Lynn avrebbe dato una bella bacchettata al figlio per un simile comportamento, ma Lynetta era orgogliosa dell’audacia di Jimmy. Come lei, anche lui trovava il modo di sfidare le convenzioni.

    Ma erano le questioni religiose a far sì che Jimmy si distinguesse dai suoi coetanei. Tutti i ragazzi di Lynn credevano in Dio e andavano doverosamente in chiesa la domenica. Faceva parte della vita. Jimmy però la portò a estremi sconcertanti. Frequentare tutte le chiese della città invece di limitarsi a una specifica era l’ultimo dei problemi.

    Le vere stranezze religiose iniziarono con ciò che diceva. Un giorno lui e i fratelli Willmore stavano giocando nella soffitta sopra il garage dei Jones. C’era una serie di travi vicino al tetto del secondo piano; i ragazzi pensarono che sarebbe stato divertente provare a camminarci sopra, in equilibrio come i funamboli di un circo. Era pericoloso. Si trattava di un salto di circa tre metri fino al pavimento sottostante. Chuck e Johnny Willmore andarono per primi, in fila indiana perché le travi erano molto strette. Jimmy era subito dietro di loro. Dopo circa un minuto, Johnny si agitò temendo di cadere. Ma quando cercò di scendere dalla trave, Jimmy non si mosse, bloccando la strada verso la salvezza. Johnny urlò: Spostati!. Jimmy, con un’espressione strana, sbottò: Non posso muovermi, l’angelo della morte mi tiene!. Tutti e tre rimasero in bilico sulla trave finché Jimmy disse che l’Angelo lo aveva lasciato andare. Chuck Willmore ricorda: Anche a sei anni o giù di lì, pensavo che fosse matto.

    Un produttore di bare immagazzinava i suoi prodotti a Lynn. Jimmy parlava molto della morte e della sua inevitabilità. I responsabili di quell’azienda, come tutti gli altri a Lynn, non chiudevano mai le porte. Una sera, Jimmy condusse un gruppo di ragazzi nel magazzino e disse a tutti di entrare nelle bare e di rimanere sdraiati; in quel modo avrebbero potuto scoprire cosa si provava a essere morti, farsi un’idea di cosa sarebbe successo dopo. Alcuni ragazzi si spaventarono; altri, dopo un po’ si stufarono del gioco. Jimmy invece continuò a tornare, ma non riuscì più a convincere nessun altro ad andare con lui.

    Per un breve periodo, sostenne che gli erano stati conferiti poteri speciali dall’Onnipotente. Quando gli fu chiesto di dimostrarlo, fece un mantello, probabilmente con un asciugamano, salì sul tetto del garage e urlò a tutti di guardarlo volare. Gli altri bambini non credevano che avrebbe avuto sul serio il coraggio di saltare, ma lui lo fece. Invece di volare, si schiantò a terra, rompendosi un braccio, ma la cosa non sembrò turbarlo. A quanto pareva, credeva ancora nei suoi nuovi poteri, anche se nessuno condivideva quella convinzione, però non ne parlò più.

    Nello stesso periodo arrivarono i funerali degli animali.

    A Lynn e dintorni c’erano sempre animali morti di ogni tipo: scoiattoli e conigli investiti per strada, topi e ratti imprigionati nelle trappole, talvolta cani e gatti, e spesso e volentieri uccelli. Erano accettati come parte dell’ambiente naturale, come le foglie cadute in autunno. Venivano lasciati a decomporsi oppure raccattati e gettati nella spazzatura. Jimmy Jones, invece, iniziò a raccogliere con riverenza le creature morte, a chiamare a raccolta gli altri bambini e a celebrare elaborati servizi funebri, pregando sui cadaveri e facendo un sermone su come Dio amasse tutte le sue creature allo stesso modo, per poi seppellirli in scatole di fiammiferi o in scatole di cartone più grandi, a seconda delle dimensioni. All’inizio era divertente, ma ben presto i suoi coetanei si rifiutarono di partecipare. Quello non lo scoraggiò. Radunò i bambini più piccoli, molti dei quali erano lusingati che qualcuno più grande volesse giocare con loro. Quando scoprivano che, anziché giocare, ciò che veniva richiesto era una ferma obbedienza e volevano andarsene, di solito Jimmy li spaventava inducendoli a rimanere. Quando non riusciva a radunare una congregazione, conduceva da solo le esequie degli animali, anche durante la ricreazione nel cortile della scuola, dove gli altri bambini non avevano altra scelta che guardare, pur non partecipando.

    Quando aveva dieci anni, l’ingresso dell’America nella Seconda Guerra Mondiale gli procurò una nuova ossessione. Tutti a Lynn erano presi dalla febbre della guerra. Era una città patriottica. I ragazzi giocavano a fare i soldati appena potevano, fuori da scuola o dalla chiesa, tutti soldati, marinai o marines statunitensi che combattevano battaglie contro l’Asse e vincevano sempre.

    Ma non Jimmy Jones. Fin dall’inizio, fu affascinato dai nazisti, innamorato del loro sfarzo, ipnotizzato dalle orde obbedienti di combattenti che facevano il passo dell’oca all’unisono.

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