La nascita del mito dell'eroe
Di Otto Rank
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Questo testo è unanimemente considerato uno degli studi più profondi e completi sul tema della nascita del mito dell’eroe secondo un’interpretazione piscoanalitica. Presentando il metodo interpretativo adottato, Rank fonda la legittimità della psicoanalisi come strumento di indagine della mitologia assumendola quale "proiezione" del "Mondo Interno" dell'Uomo. Dopo aver passato in rassegna alcuni tra i principali miti a partire da Sargon per arrivare a Lohengrin, viene presentata la sua tesi che vede l’identificazione dell'Io del bambino con l'eroe del mito. "Ricordiamoci - scrive Rank - che il mito rivela normalmente il tentativo di emanciparsi dai genitori e che tale desiderio si risveglia anche nella fantasia del bambino nel periodo in cui cerca di conseguire la propria indipendenza ed autonomia. Nel fare ciò l'Io del bambino si comporta come l'eroe della leggenda: in effetti l'eroe si deve interpretare come un "Io" collettivo dotato delle più alte qualità".
Nella "rivolta contro il padre" Rank vede la giustificazione del mito della nascita dell'eroe: il mito sembra quindi fornire una soluzione culturale ad una contraddizione interna tra sentimenti antitetici di ostilità e di sfida, di tenerezza e di bisogno verso il padre.
Il testo è così uno dei saggi più importanti per comprendere i riferimenti simbolici e psciologici della mitologia.
L’autore: Nato in una famiglia ebrea modesta, Otto Rank (1884-1939) segue una formazione secondaria tecnica e lavora in un’officina di meccanica. Appassionato di letteratura, di teatro e di storia, scopre la psicoanalisi e conosce Freud. L'amicizia e la collaborazione tra i due uomini dureranno quasi vent'anni. Rank è aiutato finanziariamente da Freud durante i suoi studi di filosofia e di letteratura che termina nel 1912. Diventa segretario della Società psicoanalitica di Vienna. È a lui che dobbiamo i verbali preziosi delle riunioni del mercoledì.
La sua cultura prodigiosa orienterà le sue ricerche verso la psicoanalisi applicata all'arte, alla mitologia ed alle scienze umane.
Otto Rank
Otto Rank, Sohn des jüdischen Kunsthandwerkers Simon Rosenfeld, studierte 1908 Germanistik und klassische Philologie an der Universität Wien, wurde 1912 mit der Arbeit Die Lohengrinsage zum Dr. phil. promoviert und befasste sich mit vergleichender Kulturgeschichte und Mythologie. Er war einer der engsten Vertrauten Sigmund Freuds und Förderer der Psychoanalyse. Rank wurde Sekretär der Wiener Psychoanalytischen Vereinigung und war von 1912 bis 1924 Mitherausgeber der internationalen Zeitschrift Imago. Im Jahre 1919 gründete er in Wien den Internationalen Psychoanalytischen Verlag, den er bis 1924 leitete. Sein Hauptwerk Das Trauma der Geburt und seine Bedeutung für die Psychoanalyse (1924) führte zur Entfremdung von Freud. Rank ging 1926 nach Paris und 1933 in die USA; er ließ sich 1936 als Psychotherapeut in New York nieder. Er war seit 1918 mit der Kinderanalytikerin Beata Minzer verheiratet, sie hatten eine Tochter.[1] 1934 wurde die Ehe geschieden. In den 1930er-Jahren unterhielt er eine intensive Beziehung mit der Schriftstellerin Anaïs Nin, die sich auch in deren Tagebüchern niederschlug. Rank begründete die Casework-Schule, die die Therapie zeitlich begrenzte. Ende Oktober 1939 starb Otto Rank im Alter von 55 Jahren in New York City.
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Anteprima del libro
La nascita del mito dell'eroe - Otto Rank
Otto Rank
Il mito della nascita dell’eroe
Psicologie
KKIEN Publishing International
info@kkienpublishing.it
www.kkienpublishing.it
Titolo originale: Der Mythus von der Geburt des Helden, Versuch einer psychologischen Mythendeutung, 1909.
Traduzione dal tedesco di Stefania Quadri.
In copertina: Eracle alle Olimpiadi
Prima edizione digitale: 2018
ISBN 9788833260266
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Table Of Contents
CAPITOLO I
CAPITOLO II
SARGON
MOSÈ
KARNA
EDIPO
PARIDE
TELEFO
PERSEO
GILGAMESH
CIRO
ROMOLO
ERACLE
GESÙ
SIGFRIDO
LOHENGRIN
CAPITOLO III
CAPITOLO I
Quasi tutti i principali popoli civili, come i Babilonesi, gli Egizi, gli Ebrei, gli Indiani, gli Iranici, i Persiani, i Greci, i Romani, i Germani, ed altri, fin da tempi remoti hanno celebrato nella poesia e nella leggenda i loro campioni, re e principi mitici, fondatori di religioni, di dinastie, di imperi, di città, in breve i loro eroi nazionali. In particolar modo la storia della nascita e dei primi anni di queste persone fu arricchita di peculiarità fantastiche, la cui stupefacente somiglianza, talvolta raccordo letterale, in popoli diversi, separati da grandi distanze e totalmente indipendenti tra loro, è nota da tempo e ha colpito molti studiosi. Rintracciare la causa di queste vaste analogie dei tratti fondamentali delle narrazioni mitologiche (analogie che ancor più enigmaticamente si manifestano attraverso concordanze di arti dettagli e che compaiono in quasi tutti i gruppi di miti), è divenuto, e tale rimane, un problema essenziale delle ricerche sul mito. Le teorie mitologiche, che hanno cercato di dare una spiegazione a questi singolari fenomeni, si possono raggruppare grosso modo sotto tre punti di vista principali{1}:
1) Le «idee dei popoli», una teoria di idee elementari formulata da Adolf Bastian{2}, in base alla quale la concordanza dei miti risulta necessariamente dalla uniformi me disposizione dello spirito umano e del suo modo di operare, identica in ogni tempo e luogo, entro certi limiti. Una concezione che è stata vigorosamente sostenuta da Adolf Bauer per spiegare la grande diffusioni del nostro mito dell’eroe{3};
2) il principio di una comunità primitiva enunciato per primo da Theodor Benfey{4}, per spiegare le formi parallele di racconti largamente diffuse; secondo quel sto punto di vista le narrazioni mitologiche, sorte ih un punto privilegiato della terra (le Indie), riprese dapprima dai popoli originariamente imparentati tra loro (gli Indoeuropei), si sarebbero poi sviluppate conservando i tratti primitivi comuni per diffondersi infine su tutta la terra. L’applicazione di questo tipo di spiegazione afe l’ampia diffusione dei miti dell’eroe è stata condotte da Rudolf Schubert{5};
3) la moderna teoria della migrazione o della appropriazione, secondo la quale alcuni miti derivano da certi popoli, soprattutto dai Babilonesi, e sono ripresi poi da altri popoli attraverso la tradizione orale (scambi commerciali ecc. ), o attraverso l’influenza letteraria{6}.
È facile dimostrare come la teoria moderna della migrazione e della appropriazione sia solamente una modificazione della teoria di Benfey, modificazione divenuta necessaria a causa del rinvenimento di nuovi materiali in contrasto con essa. Ricerche estese, approfondite e recenti hanno dimostrato con certezza che non le Indie, bensì Babilonia dev’essere considerata la culla dei miti, e che del resto le narrazioni mitiche non devono essersi irradiate da un solo punto ma essersi propagate in lungo e in largo tra tutti i popoli della terra. Ciò pone dunque in risalto l’idea di un’interdipendenza delle creazioni mitiche (idea da Braun{7} generalizzata in «legge fondamentale della natura spirituale dell’uomo», secondo la quale «mai si può inventare qualcosa fintantoché la si può copiare»); è invece stata del tutto accantonata la teoria delle idee elementari sostenuta con forza da più di 25 anni da Bauer. Non solo Schubert, a quanto sembra avversario personale di Bauer, ma anche i più moderni ricercatori, quali in modo particolare Winckler{8} e Stucken, l’hanno respinta senza riserve e si sono attenuti alla teoria della migrazione e della appropriazione.
Per quanto ci riguarda, non possiamo riconoscere in nessun modo il netto contrasto esistente tra le diverse teorie ed i loro sostenitori, poiché accanto alla teoria delle idee elementari possono stare a pieno diritto i punti di vista del comune e primitivo possesso e della migrazione. Del resto il problema non è sapere da dove e in che modo il materiale abbia potuto pervenire ad un determinato popolo, bensì scoprire soprattutto l’origine di questo materiale. Con le suddette teorie si potrebbero spiegare solo la varietà e la diffusione del mito, non la sua origine. Lo stesso Schubert, acerrimo oppositore del punto di vista di Bauer, non può rifiutare di riconoscere quanto il principio fondamentale e il risultato della sua opera dimostrano, e cioè che tutte queste molteplici leggende risalgono ad un unico modello arcaico. Tuttavia dell’origine di questo modello egli non sa dirci nulla. Così pure Bauer, che replicò{9} aspramente alla teoria di Schubert, propende per questa concezione intermedia del problema, facendo più volte notare che, nonostante la molteplice formazione di narrazioni indipendenti, non si può negare fondatezza sia alle molte e ramificatissime appropriazioni, sia alla comunità primitiva delle rappresentazioni presso popoli tra loro imparentati.
Recentemente anche Lessmann ha adottato questo punto di vista intermedio (con l’esclusione severa però dell’ipotesi delle idee elementari), in uno scritto programmatico: Aufgaben und der Ziele der vergleichenden Mythenforschung{10}, nel quale riconosce che l’origine comune e l’appropriazione non si escludono tra loro.
Vogliamo però tralasciare per il momento la questione inerente il modo di diffusione dei miti (che gli studiosi qui citati hanno tentato di risolvere in vari modi) e ci limiteremo come compito principale a spiegare l’origine del mito della nascita dell’eroe. In molti casi l’appropriazione o la migrazione saranno dimostrate chiaramente e con una certa sicurezza; ma dove ciò non riuscirà, si dovranno ammettere, almeno provvisoriamente, anche altri punti di vista senza sbarrare la strada ad un’altra ricerca, quella di Winckler, per altri versi famoso ma a questo riguardo poco scientifico, il quale afferma: «Se troviamo, in punti della terra tra loro lontani, uomini e loro produzioni che corrispondono esattamente, dobbiamo da ciò desumere che sono colà migrati. Conoscere il come e il quando è indipendente dall’accettazione del fatto stesso»{11}. Ma, essendo attuale questa questione, il nostro procedimento riceve legittimità anche solo dall’incontestabile fatto secondo cui, pur accettando la migrazione dei miti, rimane tuttavia ancora senza spiegazione la provenienza del primo di essi.
Una tale ricerca però dovrà necessariamente essere anche in grado di dare spiegazioni più profonde sul contenuto di questi miti{12}.
Quasi tutti gli autori, che hanno intrapreso la ricerca dell’interpretazione della nascita mitica dell’eroe (fedeli in questo all’interpretazione naturalistica del mito tuttora predominante), trovano personificati nei miti fenomeni della natura. L’eroe che nasce è simile al giovane sole che emerge dall’acqua, al cui levarsi si oppongono nubi ostili, ma che alla fine supera vittorioso tutti gli ostacoli (secondo Brodbeck){13}.
Che si proceda prendendo in considerazione{14} tutti i fenomeni naturali (come fecero soprattutto i primi rappresentanti di questo metodo interpretativo), oppure (come fanno ricercatori più recenti), che si intendano i miti in un senso più stretto, come miti astrali (cfr. Stucken, Winckler ecc.), contrariamente a quanto sostengono i rappresentanti di questi distinti indirizzi, la differenza che ne risulta non è così essenziale. Un passo avanti su questa via si compie solo non accettando più la succitata interpretazione solare, ma ammettendo anche, come G. Hüsing stabilisce nei suoi Beiträgen zur Kyrossage (1906), secondo il punto di vista avviato già da Siecke, che tutti i miti sono stati in origine miti lunari; concezione che Siecke{15} nel suo recente lavoro{16} ha presentato come Punica legittima ed evidente concezione per interpretare anche il mito della nascita dell’eroe (e che sta per diventare popolare){17}.
Ci risparmiamo una critica a simili interpretazioni, quantunque significative e per certi riguardi esatte, tuttavia unilaterali e solo in parte soddisfacenti, dal momento che più avanti ci occuperemo dettagliatamente proprio dell’interpretazione dei miti. Per il momento prescindiamo dal fatto che la teoria astrale non offra alcun lume sulle cause della formazione dei miti, desiderando provvisoriamente sollevare la seguente questione: il ricondurre a processi astronomici corrisponde pienamente al contenuto di questi miti, o un altro tipo di interpretazione non rivelerebbe forse condizioni assai più chiare e naturali? Ed ecco che la tanto osteggiata teoria delle idee elementari ci spinge, in un certo senso, verso una direzione della ricerca mitologica finora quasi del tutto trascurata. Bauer dall’inizio alla fine del suo lavoro avanza l’ipotesi secondo cui sarebbe più verosimile e ovvio ricercare la causa della sottesa concordanza di questi miti nei tratti comuni della vita psichica dell’uomo e non tanto nella comunità primitiva o nella migrazione. La sua idea ci sembra tanto più fondata in quanto siffatti impulsi psichici dell’uomo sono attivi, e come tali dimostrabili, anche in altre forme e in altri campi. Si delinea per noi la possibilità di riallacciarci a quest’idea. Se ci si chiedesse