Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Dieci Giorni di Luglio
Dieci Giorni di Luglio
Dieci Giorni di Luglio
E-book232 pagine2 ore

Dieci Giorni di Luglio

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

L'ispettore Simón Leira, trasferito da poco al commissariato di Santa Margarita, si ritrova temporaneamente a capo della centrale per coprire le ferie del resto dei funzionari. Nella prima notte di servizio succede qualcosa di inaspettato: una prostituta arrestata quello stesso pomeriggio muore in cella. Durante le indagini si susseguono le scoperte più stravaganti, le quali, invece di chiarire gli eventi, li complicano ulteriormente. Per l'ispettore saranno senza dubbio i dieci giorni di luglio peggiori della sua vita.

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita9 nov 2023
ISBN9781667465708
Dieci Giorni di Luglio

Leggi altro di Esteban Navarro Soriano

Correlato a Dieci Giorni di Luglio

Ebook correlati

Thriller criminale per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Dieci Giorni di Luglio

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Dieci Giorni di Luglio - Esteban Navarro Soriano

    A Ester

    A Raúl

    A te

    Capitolo 1

    Il vecchio e panciuto agente correva da una parte all'altra del lungo corridoio delle celle. Gridava disperato, scuotendo le mani in aria.

    —Dove sono le chiavi?! Dove sono le chiavi?!

    La porta d'entrata della cella era sempre rimasta chiusa da quando la pattuglia vi aveva introdotto la detenuta. Lei se ne restò tranquillamente seduta sul letto. Uno degli agenti ricorda di averla vista alzare un po' la testa, e che i suoi occhi, pieni di lacrime, si erano posati sull'entrata della cella. Sembrava voler dire qualcosa, ma nessuno la stava ascoltando.

    Era passata solo un'ora quando, dal vetro dell'oblò sulla porta, l'agente vide la detenuta sdraiata a pancia in sotto sul letto con un rivolo di sangue scorrendo dalla sua bocca. Notò che c'erano macchie di sangue anche sulle pareti, come se l'avesse sputato ovunque.

    —Dove cazzo sono le chiavi? —domandava senza tregua.

    L'agente aveva la radiotrasmittente in mano, rivolgendo la domanda alla pattuglia che l'aveva arrestata. Ma era così nervoso che dimenticava di premere il bottone, e loro non potevano sentirlo.

    Capitolo 2

    Un'ora prima, verso le otto di sera, Vanessa si trovava all'angolo di calle Avellaneda, di fronte al bar Arcadia. L'unica pattuglia di tutta Santa Margarita le passò davanti e, vedendola lì, ferma impalata, dedusse che doveva star esercitando prostituzione. Detennero il veicolo e si disposero a identificarla. Sapevano che se nel bar dovesse esserci stato qualche potenziale cliente della ragazza, vedendo la polizia gli sarebbe passata la voglia di uscire.

    —Svuota la borsa e lascia tutto il contenuto sul tettuccio dell'auto —le disse uno degli agenti, cosa che obbligò la ragazza ad attaccare il telefono. A quanto pare, stava parlando con qualcuno.

    La ragazza obbedì ed iniziò a tirare fuori tutti i suoi beni, uno ad uno, lasciandoli, facendo attenzione a che non cadessero, dove le aveva indicato il poliziotto.

    —E questo cos'è? —le domandò l'agente.

    —È per consumo personale —rispose senza abbassare lo sguardo.

    Uno dei poliziotti tirò fuori la bustina dall'interno del portamonete in pelle marrone, e la mostrò alla ragazza.

    —Coca?

    —Non lo so —mormorò—. Non è mia.

    —Certo —schioccò la lingua l'agente—. E ti si è infilata in borsa per magia, no?

    Lei sapeva, per esperienza, che i poliziotti gliela avrebbero confiscata, e che in un paio di settimane le sarebbe arrivata la multa.

    —Ve la dovete prendere per forza? —domandò con la paura dipinta negli occhi.

    Gli agenti guardarono verso la vetrata del bar Arcadia, alla ricerca di qualche sguardo complice tra la scarsa clientela presente in quel momento. Ma non c'era nessuno a guardar fuori.

    —Dammi un documento —le ordinò uno mentre prendeva dall'auto una cartellina e la lasciava appoggiata sul tettuccio, accanto alla borsa della ragazza.

    —Non ne ho. Mi è scaduto il mese scorso e non ho avuto tempo per andare a rinnovarlo.

    —Allora dovrai accompagnarci in questura.

    —Non ho fatto niente, e quella coca non è mia —insistette.

    —Forza, basta con la recita, sali in auto. Sai perfettamente che se non hai un documento dobbiamo identificarti in questura.

    —Sto aspettando una persona —disse Vanessa in castigliano perfetto, ma con accento russo.

    —Sali in auto, se non vuoi essere arrestata per disobbedienza.

    —Arrestata? E perché?

    —Sufficiente —protestò uno degli agenti—. Sei in arresto per possesso di sostanze stupefacenti.

    E le ammanettò le mani dietro la schiena.

    Capitolo 3

    Adesso non posso andare lì. No, finché non se ne va la polizia. Se dovessero vedermi, sospetterebbero di me. Perché cazzo la stanno identificando? Non vedono che è solo una povera prostituta? Lasciatela in pace, pezzi di merda. Sì, forza, adesso dovete pure perquisirla? Ecco. Hanno trovato la coca. Sapevo che l'avrebbero trovata.

    Per favore, che non se la prendano, che non se la prendano loro.

    Bastardi! Lo sapete perfettamente che per una bustina di coca non potete arrestare nessuno.

    A chi chiama adesso? No, Vanessa, non usare il telefono. Se chiami, la polizia scoprirà chi sono.

    D'accordo. Non fa niente, è solo una fottuta casualità che ti abbia dovuto intercettare la pattuglia, ma non ti preoccupare, Vanessa. Non ti preoccupare, che ormai ti resta poco da vivere.

    Capitolo 4

    Quella mattina la sveglia suonò alle sette, mentre normalmente lo faceva alle otto. Ma la notte precedente l'ispettore Leira, per errore, aveva messo la sveglia un'ora prima. Si alzò, si sedette ad un angolo del letto e si stropicciò gli occhi, cercando di svegliarsi. In quell'istante ripensò a Guillermina, che non sopportava che si sfregasse gli occhi al mattino.

    —Smettila —lo rimproverava continuamente.

    Era già un anno che Guillermina l'aveva lasciato per un collega del consolato francese di Barcellona, dove, a quanto pare, condividevano qualcosa di più di semplici colazioni di lavoro. Ma l'ispettore non riusciva a dimenticarla.

    Andò in cucina e preparò la caffettiera, versando i chicchi di caffè appena macinati. Preferiva macinarsi da solo il proprio caffè, ma il rumore del macinino infastidiva la vicina del piano di sopra. Quando accadeva, l'anziana signora si affacciava dal lucernario e colpiva con il manico della scopa la finestra della cucina.

    —Che succede? —le domandò Simón la prima volta.

    —Fa molto rumore la mattina —gli disse affacciandosi dall'alto.

    —È il macinacaffè —si scusò.

    —Lo compri già macinato, come tutte le persone normali.

    Simón iniziò a non sopportare la vicina del piano di sopra. Gli saltavano i nervi ogni volta che batteva contro la finestra con il manico della scopa. Pensava di poter fare tutto il rumore che voleva di notte, quando si alzava per andare in bagno o in cucina, ma lui non poteva macinare un po' di caffè al mattino. Era vedova, e sbucava dalla finestra sempre con i capelli pieni di bigodini. Simón non sapeva che età potesse avere, ma calcolò che doveva averte intorno ai novant'anni.

    Spalmò il burro su due fette di pane congelato che aveva appena tostato. Poi, dopo colazione, col caffè dissolvendosi nel suo stomaco, si diresse verso la questura, dove da pochi mesi esercitava la sua professione di detective.

    —Santa Margarita, bellissima —commentò Guillermina quando Simón le disse che era stato destinato lì.

    Suppose che la ragazza volesse spingerlo ad allontanarsi da lei. La loro relazione si era raffreddata già da qualche mese. E quando Simón scoprì la sua storiella con quello sfacciato del suo collega, fu la ciliegina sulla torta.

    Il suo ufficio si trovava al secondo piano dei tre della questura. Era piccolo, con un computer ed un armadietto a tre cassetti. Nel primo riponeva i fascicoli dei casi chiusi; nel secondo, gli aperti in attesa di soluzione; nel terzo, quelli impossibili da risolvere. Il terzo cassetto era sempre vuoto. Nonostante questo, Santa Margarita era una cittadina di poco più di cinquantamila abitanti, dove l'immigrazione non aveva radicato e la maggior parte dei cittadini erano nati lì, così come i loro genitori ed i genitori dei loro genitori.

    Come ogni mattina, Simón si riunì con il capo: il commissario Alberto Mendoza. Mendoza era nato a Santa Margarita e manteneva una stretta amicizia con gli amici d'infanzia: il sindaco ed il governatore. L'oligarchia.

    —Passa, Simón —gli disse mentre chiudeva, non senza sforzo, le enormi finestre del suo ufficio, indicandogli di sedersi con la mano nella quale reggeva un enorme sigaro cubano.

    —Buongiorno, Alberto —salutò, restando in piedi accanto alla porta.

    Al commissario piaceva che i detective si dessero del tu. Fin dai primi giorni fu una delle sue esigenze. Il rapporto amichevole, secondo lui, influenzava nell'ottenere buoni risultati dal resto degli ispettori. Simón si trovò d'accordo, trovandolo un segno di fiducia reciproca.

    —Questa maledetta finestra finirà per uccidermi —affermò, cercando di farne scattare la chiusura—. Accendi l'aria condizionata —ordinò a Simón, puntando il sigaro contro il pannello di controllo della parete accanto all'entrata, proprio alla sua destra.

    Dopo pochi minuti arrivarono gli altri detective. L'argomento di quel venerdì di metà luglio era lo stesso di tutti i venerdì: la chiusura del bilancio settimanale. Tutti gli ispettori facevano slittare sulla scrivania del commissario un rapporto con il riassunto della settimana. Il dossier includeva i reati denunciati ed i delitti risolti. Per quanto riguardava il sindaco ed il governatore, l'unica cosa che importava davvero era il risultato della sottrazione tra quei due fattori. Ovvero, che fossero stati risolti tanti reati quanti ne erano stati denunciati.

    —Chi si incarica di coprire i turni questo fine settimana? —domandò il capo mentre sfogliava i dossier consegnati da ogni ispettore.

    —Me ne occupo io —rispose Simón, alzando la mano come se si trovasse in una classe delle elementari.

    Il commissario si voltò e lanciò uno sguardo al calendario affisso sulla parete del suo ufficio.

    —Ma come sei fortunato, Simón —disse sorridendo—. Sono i turni più lunghi dell'anno.

    Dato che Simón si trovava lì solo da pochi mesi, non sapeva a cosa si stesse riferendo. Si rese conto che, durante i mesi estivi, i turni di copertura, per incartarsi con le ferie di almeno un terzo dell'organigramma, si facevano ogni dieci giorni, invece che settimanali. Ciò significava che sarebbe stato di guardia fino al 25 luglio.

    Lì, seduti intorno ad un tavolo rettangolare, si trovavano i quattro detective del commissariato di Santa Margarita: Ernesto Frégolas, Carmen Mateo, Carlos Salinas e Simón Leira.

    —Bene, signori —concluse il capo dopo aver letto i dossier—. Ci vediamo il 25 luglio.

    Capitolo 5

    —Aspetta —le dissi prima che uscisse.

    —Cosa c'è?

    —Te ne vai senza darmi nemmeno un bacio?

    Mi guardò con un'espressione confusa.

    —Pensavo fossi arrabbiato con me.

    —Per favore, Vanessa. Come puoi anche solo pensarlo? Non mi arrabbierei mai con te.

    —Scusa, sono un po' rintronata.

    —È per colpa di quella merda che ti prendi.

    —Ti prometto che smetterò.

    —Prima o poi.

    —Sì. Prima o poi lo farò.

    Capitolo 6

    Simón aveva un appuntamento con Carmen al Rincón del Gato, una vecchia osteria convertita in ristorante. Carmen era una delle ispettrici più giovani del suo corso, ed aveva abbandonato gli studi in medicina per dedicarsi alla vocazione della sua vita: l'investigazione criminale.

    —Ciao —salutò quando Simón entrò nel ristorante.

    L'ispettrice lo stava aspettando seduta al bancone, sorseggiando un'acqua tonica.

    —Sei in ritardo —aggiunse.

    —Quando abbiamo finito la riunione col commissario, sono rimasto a parlare con lui. Non sapeva che la copertura dei turni del 15 luglio si prolungasse fino al 25.

    —Pensavo di avertelo detto —affermò Carmen—. Adesso inizia la stagione forte delle ferie, con un terzo del personale in spiaggia la copertura si rinnova ogni dieci giorni.

    —Sì, ormai l'ho capito.

    —Se devi andartene a Barcellona qualche giorno, me lo dici e ti faccio supplenza —si offrì Carmen.

    —Non ti preoccupare. Non ho più nulla a Barcellona.

    —Mi dispiace.

    —Tranquilla. Quando una relazione va male, lasciarsi è la cosa migliore. Pensavo che venendo qui, con la distanza, la nostra relazione si sarebbe rafforzata. Ma in questi mesi mi sono reso conto che non è così. Non ci riconcilieremo mai.

    —Stare lontano dalle persone che amiamo è una delle cose più tristi che esistano al mondo. In polizia ci allenano a tante cose, ma non a sopportare la solitudine.

    —Come va con Pedro?

    —Abbiamo qualche problema —rispose lei, giochicchiando con il porta-stuzzicadenti.

    Restarono in silenzio mezzo minuto. Simón evitò di chiedere che tipo di problemi stessero avendo, pensando fosse meglio che ne parlasse lei. Se ne aveva intenzione.

    —E tu? Come stai?

    Simón capì che Carmen non avrebbe spiegato quali problemi avesse con il fidanzato.

    —Insomma. Coprendo turni fino al 25 luglio —si sforzò di sorridere.

    —Non ti preoccupare. Se qua non succede nulla d'inverno, immagina in estate, quando la maggior parte della gente se ne va al mare.

    —E tu, te ne andrai in questi giorni?

    —Sì, voglio andare a vedere Pedro. Però hai il mio numero, nel caso tu abbia bisogno di qualcosa.

    Capitolo 7

    Poco prima delle otto di sera, mentre Simón si trovava in ufficio, il suo cellulare squillò. Non sapeva chi fosse, chiamavano con il numero nascosto.

    —Chi è?

    —Simón.

    —Sì, sono io. Chi sei? —domandò, non riconoscendo l'interlocutrice.

    Lei attaccò.

    —Ah, sei qua —gli disse il commissario, affacciandosi dalla porta.

    —Sì —rispose l'ispettore—. Sto ripassando le denunce della settimana.

    —Me ne vado —si congedò il capo—. Resterò a Santa Margarita, chiamami se hai bisogno di qualcosa. Questo fine settimana non vado da nessuna parte.

    —Non ti preoccupare, Alberto —gli disse cercando di toglierselo di dosso—. Sicuramente non succederà nulla.

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1