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Itinerari farnesiani in Tuscia
Itinerari farnesiani in Tuscia
Itinerari farnesiani in Tuscia
E-book259 pagine2 ore

Itinerari farnesiani in Tuscia

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La Tuscia farnesiana è uno scrigno prezioso di tesori ancora da scoprire. I Farnese, per oltre due secoli signori di queste terre, da qui iniziarono la favolosa ascesa che da capitani di ventura e signorotti di campagna li porterà a occupare i ranghi più elevati delle aristocrazie europee. Qui edificarono meravigliosi palazzi come a Caprarola, Gradoli, Capodimonte e Carbognano; qui eressero poderose rocche come a Valentano, Ischia di Castro, Farnese e Latera; qui fortificarono città con ciclopiche mura e bastioni come a Nepi; delinearono e razionalizzarono l’urbanistica di centri come Viterbo, Ronciglione e Valentano; esercitarono il loro mecenatismo costruendo chiese o assumendone il patronato come a Montefiascone e Viterbo; abbellirono e ingentilirono borghi con rigogliosi giardini come a Caprarola e Farnese; dotarono le città di artistiche fontane come a Ronciglione, Canino, Corchiano e Latera. Qui fondarono uno stato, il Ducato di Castro. Ovunque lasciarono una traccia della loro presenza, fosse anche un affresco, un portale o uno stemma, a documentare il loro profondo legame col territorio. La Tuscia farnesiana fu un grande cantiere di opere pubbliche e private, spesso progettate e realizzate dai più grandi architetti dell’epoca come Sangallo e Vignola. In questi paesi e città sono nati e vissuti personaggi affascinanti e controversi come Giulia la Bella, Pier Luigi, il gran cardinale Alessandro e papa Paolo III, che furono protagonisti della storia e che ancor oggi suscitano interesse, sdegno o ammirazione. Questo libro è un omaggio a una famiglia e a un territorio che sono indissolubilmente legati, attraverso la descrizione accurata di ben quarantatré località suddivise territorialmente, con introduzioni di carattere storico e artistico. Costituisce una guida completa, aggiornata e soprattutto unica. Gli autori, con un linguaggio agile e chiaro, raccontano gesta eroiche, crudeltà e passioni, vicende storiche e umane avvincenti come i capitoli di un romanzo; e ci accompagnano in itinerari ricchi di fascino che certamente lasceranno il segno nell’animo dei lettori.
LinguaItaliano
Data di uscita29 feb 2024
ISBN9791280099303
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    Anteprima del libro

    Itinerari farnesiani in Tuscia - Giuseppe Moscatelli

    I SIGNORI DELLA TUSCIA

    Profilo storico della famiglia Farnese

    Stemma papale di Paolo III Farnese. Marta, palazzo comunale

    I Farnese sono stati gli unici, veri, grandi signori della Tuscia. Al culmine di una plurisecolare rincorsa storica arrivarono a controllare quasi tutto l’Alto Lazio, dominando su territori che si estendevano dai confini con la Toscana fin quasi alle porte di Roma.

    Rocche, palazzi, fontane, giardini, chiese, porte d’accesso alle città, mura e bastioni, strade e piazze spuntarono in ogni città e paese: in età rinascimentale la «Tuscia farnesiana» fu un grande cantiere di opere pubbliche e private, spesso disegnate e realizzate dai più importanti artisti dell’epoca, soprattutto nel periodo di vigenza del ducato di Castro, dal 1537 al 1649.

    Le radici storiche della stirpe però affondano lontano: nel tardo Medioevo, periodo in cui si origina e sviluppa quella ricchezza e potenza che porterà la famiglia a occupare un posto di rilievo tra le grandi dinastie della nobiltà italiana ed europea.

    Le continue guerre feudali e il papato, arroccato nella strenua difesa del proprio potere temporale, offrirono ai Farnese delle origini l’opportunità di dimostrare non comuni vocazione e attitudine militare, unitamente a una indefettibile fedeltà alla Chiesa: furono guelfi nei secoli.

    L’irresistibile ascesa familiare culminò nel 1534 con l’elezione al soglio pontificio di Alessandro Farnese col nome di Paolo III e con la successiva espansione territoriale sul suolo padano attraverso l’erezione nel 1545 del ducato di Parma e Piacenza.

    Nonostante le numerose e ben documentate testimonianze giunte fino a noi, l’origine dei Farnese è tutt’oggi oggetto di discussione tra gli studiosi, anche se in questi ultimi anni si va sempre più imponendo l’ipotesi di una provenienza longobarda. Insediatisi nel territorio di Farnese (da cui probabilmente mutuarono il nome) rileviamo che le prime fonti scritte li segnalano a Orvieto quali «Signori de Farneto» già nel XII secolo. Qui rivestirono importanti incarichi in ambito civile, militare e religioso. La prima pietra dello stupendo Duomo della città fu posta nel 1322 proprio da un vescovo Farnese, Guido (o Guitto), che all’epoca reggeva la diocesi.

    Si può quindi ritenere che la famiglia si sia insediata in origine nell’antica terra di Farnetum, l’attuale Farnese. La denominazione del territorio sarebbe legata all’abbondanza di farnie, le grandi querce ombrose che lo caratterizzavano.

    Esemplare di farnia (Quercus robur)

    Non si può comunque escludere, in virtù dell’origine longobarda della famiglia, che il sito di Farnese derivi il suo nome dal termine «fara», che presso i longobardi indicava la principale cellula di nucleo abitato. Da qui i Farnese avrebbero raggiunto Orvieto, tappa iniziale della loro ascesa sociale, per poi fare successivamente ritorno nella terra delle origini, ricchi di risorse, esperienze e determinazione.

    All’inizio del XIV secolo li ritroviamo infatti ben insediati nella Tuscia, quali signori di Ischia e Farnese e altre località minori. Verso la metà del secolo aggiungono Valentano ai loro possedimenti, per concessione del cardinale Albornoz, grato dell’aiuto militare ricevuto nella sua opera di ripristino del potere papale sulle terre del Patrimonio di San Pietro, preda delle ambizioni dei potentati locali ai tempi dell’esilio papale ad Avignone.

    Il secolo successivo fu di ulteriore e decisiva espansione, tanto che l’influenza della famiglia si estese fino a comprendere la sponda occidentale del lago di Bolsena, con le due isole Bisentina e Martana, e l’ampia fascia territoriale compresa fra i colli Vulsini e il Tirreno, fino a Montalto di Castro.

    Ed è proprio all’inizio del Quattrocento che assistiamo a quella rinascita urbanistica che investì tutti i paesi assoggettati al dominio farnesiano: furono edificate o ristrutturate le rocche di Valentano, Capodimonte, Ischia, Canino, Gradoli, Cellere e la torre di Marta.

    Nella prima metà di questo secolo si impone la figura storica di Ranuccio «il Vecchio», il capostipite, primo vero protagonista di spicco delle vicende farnesiane. Ranuccio fu molto legato alla Tuscia, tanto da voler essere sepolto sull’isola Bisentina, dove ancor oggi possiamo ammirare il suo monumento funebre, realizzato da Isaia da Pisa nel 1449, all’interno della chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo, che divenne per le generazioni successive il sacrario di famiglia.

    Merito di Ranuccio fu quello di guardare oltre le sponde del lago di Bolsena: infatti non solo ampliò e consolidò il potere della famiglia sulle tradizionali aree di influenza, ma lavorò strategicamente in vista di un futuro approdo a Roma, intessendo buoni rapporti con la nobiltà dell’epoca. Il matrimonio del figlio Pier Luigi (che sarà detto «senior») con Giovannella Caetani, discendente di Bonifacio VIII, rappresentò il coronamento dei suoi sforzi e un tassello importante nell’ascesa sociale di una famiglia da molti ritenuta ancora provinciale.

    Particolare del sepolcro di Ranuccio il Vecchio posto all’interno della chiesa dei santi Giacomo e Cristoforo sull’isola Bisentina

    Da Giovannella e Pier Luigi nacque Alessandro che nel 1534 divenne Paolo III, il grande papa del Concilio di Trento e della Riforma della Chiesa Cattolica; il mecenate per cui lavorarono Raffaello, Michelangelo e Tiziano; ma anche il fondatore di due stati creati per assicurare gloria alla propria discendenza. Nel corso del suo pontificato fu in effetti raggiunto il culmine della potenza della dinastia farnesiana.

    Nel 1537 Paolo III istituì il ducato di Castro, nominando come primo duca il figlio prediletto Pier Luigi (che sarà detto «junior»), riunendo sotto il suo dominio gli antichi possedimenti familiari compresi fra il lago di Bolsena e il mare (Castro, Montalto, Musignano, Ponte della Badia, Canino, Cellere, Pianiano, Arlena, Tessennano, Piansano, Valentano, Ischia, Gradoli, Grotte, Borghetto, Bisenzio, Capodimonte, Marta, le isole Bisentina e Martana e in seguito anche Castiglione in Teverina) e quelli più recenti della Contea di Ronciglione (Ronciglione, Caprarola, Borgo San Leonardo, Fabrica di Roma, Canepina, Vallerano, Corchiano, Castel Sant’ Elia). Sempre nel 1537 Paolo III donò al figlio Pier Luigi anche la città di Nepi, di cui analogamente divenne duca.

    L’erezione del ducato di Castro rappresentò per la Tuscia, al di là del suo carattere inequivocabilmente nepotistico, l’inizio di uno sviluppo che ha interessato non solo l’aspetto urbanistico e monumentale del territorio ma anche quello economico e politico.

    Pochi anni dopo l’istituzione del ducato di Castro, Paolo III ritenne di poter dare maggiore consistenza e prestigio al potere familiare attraverso l’erezione del ben più prestigioso ducato padano di Parma e Piacenza, di cui ugualmente investì il figlio Pier Luigi. Quest’ultimo fu un personaggio assai controverso, per quanto dotato di grande personalità e carisma: la sua tragica fine, per mano di un gruppo di congiurati a Piacenza, nel 1547, rischiò di rappresentare una brusca battuta di arresto per le ambizioni di espansione territoriale dei Farnese. Pur tra alterne vicende la famiglia riuscì comunque a conservare il potere sul ducato di Parma e Piacenza fino al 1731, anno in cui con la morte del duca Antonio la stirpe si estinse.

    Ritratto di Paolo III, Tiziano, 1543. Museo nazionale di Capodimonte, Napoli

    Nonostante le sofferenze che la vita non gli risparmiò (tutti i suoi quattro figli gli premorirono) e gli acciacchi dell’età (spirò più che ottuagenario) Paolo III si prodigò fino agli ultimi giorni per condurre a buon fine i suoi progetti. La sua opera fu continuata dal nipote prediletto Alessandro, figlio di Pier Luigi, che nominò cardinale a soli quattordici anni. Personalità di elevatissimo spicco, accorto diplomatico e protettore delle arti, nacque a Valentano nel 1520 e per i suoi indiscussi meriti è passato alla storia come il «gran cardinale». Colto, ricchissimo e influente ebbe un solo grande cruccio nella sua vita: non esser diventato a sua volta papa.

    Il cardinale Alessandro (che sarà detto «junior») portò a termine molte delle opere iniziate dal nonno e ne intraprese di nuove e grandiose. Grazie agli interventi da entrambi promossi, Castro fu rifondata e edificata ex-novo su progetto del Sangallo, divenendo la degna capitale del ducato; le antiche rocche di Gradoli, Ischia e Capodimonte vennero trasformate in eleganti residenze rinascimentali; sull’isola Bisentina furono edificate la chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo e la chiesetta della Rocchina; a Viterbo si aprì porta Faul e si realizzarono la via Farnesiana (oggi via Cavour) e la strada che conduce a La Quercia con l’elegante fontana posta a mezza via; sempre a Viterbo si ristrutturò la rocca Albornoz con l’apertura della splendida loggia che dà su piazza della Rocca, dove fu realizzata l’imponente fontana; e senza voler dimenticare l’elegante quattrocentesco palazzo Farnese sul colle del Duomo dove Alessandro (futuro Paolo III) visse per un certo periodo di tempo con la sorella Giulia; a Nepi si innalzarono i grandi bastioni e la porta Romana; a Ronciglione fu edificata la bellissima fontana degli Unicorni; a Caprarola fu costruito il meraviglioso palazzo che divenne il buon retiro del cardinale Alessandro jr. Per suo merito fu anche portato a termine, a Roma, l’imponente palazzo Farnese, oggi sede dell’ambasciata di Francia e fu costruita la chiesa del Gesù; così pure venne interamente ricostruita la cappella di Scala Coeli alle Tre Fontane e furono realizzati gli Orti farnesiani sul Palatino.

    Ritratto del cardinale Alessandro Farnese, Tiziano. Museo nazionale di Capodimonte, Napoli

    La morte del cardinale Alessandro, avvenuta nel 1589, segnò il declino della Tuscia farnesiana. Il centro degli interessi per i discendenti di Pier Luigi si era ormai spostato nel ducato padano, dove risiedevano e conducevano una vita di grande sfarzo. I duchi di Parma e Piacenza, formalmente anche duchi di Castro e Ronciglione, preferivano di gran lunga dedicarsi ai prestigiosi possedimenti del nord piuttosto che occuparsi delle terre degli avi, da cui si limitavano ad attingere risorse per sostenere il fasto delle loro corti.

    Ebbe così inizio anche la parabola discendente della dinastia, che finì per indebitarsi enormemente con le grandi famiglie romane per sostenere la sontuosità del ducato padano.

    Non solo, la camera apostolica aveva sempre considerato come una spina nel fianco l’esistenza del ducato di Castro all’interno dello Stato Pontificio, e ora che non c’era più un papa e nemmeno autorevoli esponenti del collegio cardinalizio a sostenere questa anomalia, il rischio di addivenire alla resa dei conti si faceva molto alto.

    L’epilogo, catastrofico, si consumò nel 1649 allorché Castro fu assediata, conquistata e completamente distrutta dall’esercito pontificio inviato dal papa Innocenzo X. Pretesto fu il pur odioso assassinio del vescovo Cristoforo Giarda, ucciso dai sicari del duca Ranuccio II mentre si recava a prender possesso della diocesi.

    Fu in seguito a questi eventi che tutti i possedimenti farnesiani della Tuscia tornarono alla camera apostolica.

    «Qui fu Castro». Ricostruzione della pietra che fu posta come monito dopo la distruzione della città

    IL DUCATO DI LATERA E FARNESE

    Profilo storico

    Veduta di Latera

    L’esistenza e l’esatta configurazione del ducato di Latera e Farnese ha sempre costituito un problema per storici e studiosi.

    Si dice comunemente che alla stessa data di nascita del ducato di Castro (bolla papale del 31 ottobre 1537) Paolo III avrebbe istituito anche il ducato di Latera e Farnese, a favore del ramo cadetto della famiglia. Ciò tuttavia non ci convince, e per ben fondate ragioni. I ducati nello Stato Pontificio venivano eretti in virtù di una bolla papale e per Latera e Farnese questa bolla non è stata mai trovata, al punto che si può ragionevolmente sostenere che tale documento non esista. D’altronde contrasti sanguinosi tra esponenti del casato sono documentati fin dal XIV secolo con agguati, uccisioni, sottomissioni, rivincite. Questo stato di cose portò inevitabilmente a una frattura – mai più risanata – dell’unità famigliare e alla divisione dei feudi.

    È quindi probabile che Paolo III, di cui è nota la prudenza e la diplomazia, abbia deciso – in quel momento di passaggio così delicato e risolutivo per le sorti del casato – di non urtare i parenti del «ramo di Latera» (come verranno d’ora in poi chiamati) e non farsi così nemici in casa, oltre quelli sui quali la famiglia Farnese poteva già contare per il disinvolto nepotismo del pontefice. Nasce così un dominio del ramo cadetto su Latera e Farnese. Il ducato, che comprendeva anche il castello di Sala, ebbe quindi un’esistenza di

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