IL PODESTA' - Ritratto di Fortunato Tommaso Arnoni e del suo tempo
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Recensioni su IL PODESTA' - Ritratto di Fortunato Tommaso Arnoni e del suo tempo
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Anteprima del libro
IL PODESTA' - Ritratto di Fortunato Tommaso Arnoni e del suo tempo - Michele Arnoni
I
Il fragile tessuto socio politico calabrese non sempre ha consentito la conservazione di memorie familiari e collettive, per il ben noto alternarsi di governi portatori di lotte intestine ed emigrazioni tali da frustrare quel valore identitario che, nella continuità, ha rappresentato altrove punto di forza.
Nel caso degli Arnone – o Arnoni, correttamente declinato da Arnonus - il cui ramo principale e più antico alcuni storici danno per estinto, altri per dimenticato o confinato a causa di repressioni, si ha traccia in Cosenza sin dalla seconda metà del sedicesimo secolo, pur potendosi avere certezze sulla genealogia a partire dai primi del '700.
Gli Arnone, nel corso del '500, erano infatti presenti tra i membri del Sedile (l'antico consiglio dei nobili cittadini, più o meno allargato in alcuni momenti) e annoverati tra i patrizi della città.
In alcuni testi di fine '600 viene citato Auripio Arnone, governatore della città durante il regno di Alfonso d'Aragona, il Magnanimo
che, asceso al potere dopo la chiamata della vedova di Guglielmo d'Asburgo e la morte, in Cosenza, di Luigi III d'Angiò, inaugurava la fase di ristabilimento di prerogative di potere centralizzato rispetto alle influenze destabilizzanti dei baroni.
L'importanza di Cosenza, città non infeudata, teatro affascinante di un delicato equilibrio tra poteri imperiali, nobiliari ed ecclesiastici, era dovuta in gran parte alla presenza di uomini di notevole spessore culturale, non funzionali a una gestione angusta e deprimente di rapporti economici e militari.
Ascanio Arnoni, fratello del notaio Bartolo, fu illustre giureconsulto e Regio Tesoriere della Calabria Citra; insieme realizzarono il magnifico Palazzo oggi sede della Galleria Nazionale, costruito dapprima con finalità residenziali, poi venduto al Fisco in circostanze ancora oggi controverse, con atto notarile del 3 marzo 1558, per rimanere sede di organi giurisdizionali e del carcere fino al 1980. Nel Palazzo è ben visibile una grande lapide con l'iscrizione che ricorda i due fratelli.
Hyeronimus (Girolamo) Arnonus - Girolamo Arnoni, fu invece frate dell'Ordine dei Minimi di San Francesco di Paola: aveva partecipato al XI Capitolo generale di Bologna nel 1538 come Provinciale di Genova, per essere poi eletto Padre Generale nel XVII Capitolo Generale svoltosi a ForoJiuli (Frejus, Provence) nel 1556.
Fu il 19° Padre Generale dell’Ordine, terzo italiano (15561559), dopo il P. Gaspare Del Fosso e P. Marcello Palmieri, entrambi della Provincia Calabra.
Di Girolamo scrive il padre de Montoya nelle antiche Cronache Generali dell’Ordine, pubblicate nel 1619, evidenziando che fu uomo di grande cultura umanistica e di naturale ed equilibrata retorica, dotato di saggia accortezza e prudenza nelle cose di governo.
La figura di Girolamo rimane legata al santuario di San Francesco in Cosenza, dove un suo ritratto affrescato è ritornato alla luce nei lavori di recupero di pochi decenni addietro.
Di un altro Bartolo si ha notizia in Celico nella metà del '600 e così di un notaio Antonio Arnone. Thomas Arnoni fu invece sindaco di Celico nei primi anni del '700 e viene ricordato in una epigrafe posta nella chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo (come evidenziato anche in alcune preziose pubblicazioni dello storico Gustavo Valente).
Su antichi atti notarili riguardanti il trasferimento di diritti reali, è citato un Tommaso Arnoni, nato intorno al 1680, che con la moglie Rosa De Luca ebbe tre figli, tra cui il futuro nonno dell'avvocato Michele Arnoni, di cui si accennerà più avanti.
Affresco nel chiostro della chiesa
di San Francesco di Paola a Cosenza
Palazzo Arnone a Cosenza agli inizi del '900
Le ipotesi e la fantasia sulla radice di questo cognome ci consentono di risalire al medioevo, fino al Regno dei Franchi Orientali, in Sassonia, dove operò Arno, eletto vescovo nel 792 e nominato da Carlo Magno Principe dell'Imperio, con autorità secolare. Arno è ricordato con una grande lapide posta all'interno della Cattedrale di Salisburgo, avendo egli svolto rilevante attività missionaria e di fondazione, soprattutto in Carinzia.
Nel 788, da studioso e collezionista di antichi codici, si occupò della catalogazione delle proprietà ecclesiastiche in
Baviera (nelle fonti richiamata come Indiculus Arnonis). Nell'anno 800, l'Arcivescovo Arno è nel gruppo di fedeli consiglieri di Carlo Magno a Roma per l'incoronazione papale e, nel diradarsi le notizie su di lui, non possiamo escludere una sua discendenza, caso frequente per i principi arcivescovi di nomina imperiale.
Tracce di questo cognome conducono anche tra le comunità dei valdesi, nelle nostra provincia perseguitati con grande zelo dal Vicerè Marino Caracciolo. Nel giugno 1561 un Michele Arnone è tra i giustiziati in piazza a Montalto, dopo che alcune decine di altri sventurati di quella fede furono portati nelle carceri di Cosenza (già site nel grande palazzo da poco acquisito, appunto dal governo spagnolo) per incapienza delle prigioni approntate tra San Sisto e Guardia.
Le divagazioni sull'origine di questo cognome ricalcano alcuni vecchi appunti di Tommaso Arnoni a cui poi non riuscì – o non ne ebbe il tempo – di fissare una provenienza familiare certa, risalendo oltre una certa data. Alcuni libri e manoscritti sopravvissuti all'umidità e ai tarli delle cantine avevano forse alimentato curiosità e desiderio di collocare le proprie radici, di ritrovare negli antenati un comune sentire. Lo spirito era - si può esser certi - non del presuntuoso ricercatore di titoli nobiliari; egli sapeva bene, come i suoi antenati, quanti duchi, marchesi e baroni erano figli di compravendite e scambi politici coi potenti di turno. Avrà invece trovato qualche conferma di quanto fosse necessaria una concreta aderenza tra l'attività personale, i titoli e il servizio reso alla propria comunità.
Il contesto in cui nasce Fortunato Tommaso Arnoni, il 24 dicembre del 1877, è quello di una famiglia certamente radicatasi a Celico e, in virtù del matrimonio del padre Gerardo (nato nel 1843) con Maria Rosa Papaianni di Cirò, con diramazioni e interessi anche in quel fertile territorio della costa ionica.
A Celico, tra zii e cugini ferveva attivismo politico sin dagli anni precedenti, anche in opposte fazioni, per contendersi la rappresentanza comunale.
Da atti notarili, dalle doti costituite per i matrimoni e dai testamenti, alcuni dei quali Tommaso Arnoni ebbe modo di esaminare e custodire, desumiamo anche l'origine della proprietà dei terreni e di alcune interessanti costruzioni nella zona di Longobucco.
Un grande casolare in pietra, appartenuto alla famiglia Arnoni sin dalla fine del '700, ancora oggi rimane a testimoniare una lunga storia, con gli essenziali interni e i solai migliorati agli inizi del '900, incastonato tra le alture di una delle più belle zone del Parco Nazionale della Sila, sulla sponda orientale del Lago Cecita.
Sul grande portone di ingresso, quasi al tetto, si può osservare una zona che mantiene a vista antiche pietre che racchiudono un foro destinato ai versamenti di olio bollente e una feritoria per le armi da fuoco, a protezione da interventi sgraditi di brigantaggio.
Un atto stilato su un rotolo di pergamena sembra confermare il passaggio di fabbricato e terreno dai domenicani (che probabilmente vi avevano realizzato una grangia) ai successivi proprietari, fino ai nonni di Fortunato Tommaso. Anche in alcune descrizioni dei Regii Demanii della Sila, viene indicata la proprietà della caratteristica difesa in capo al Convento dei