L'abbazia di S.Maria d'Appenino: Un potente baluardo strategico sui luoghi di confine longobardo - bizantino
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Recensioni su L'abbazia di S.Maria d'Appenino
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Anteprima del libro
L'abbazia di S.Maria d'Appenino - Federico Uncini
DELL’AUTORE
PRESENTAZIONE
Caro lettore,
leggendo questo saggio storico sull'Abbazia di Santa Maria dell’Appennino potresti immaginare l’autore, il prof. Federico Uncini, come uno studioso da biblioteca. In effetti il libro è pieno di notizie storiche tratte da pergamene e documenti originali.
Testimonianze scritte trovate non solo a Fabriano, ma in ogni archivio e biblioteca del territorio dove la potente Abbazia aveva un qualche possedimento.
Tuttavia questo allargare
il campo della ricerca non è il solo, importante, elemento di novità dello studio. Federico Uncini, accanto alla ricerca storica e alla meticolosa verifica delle fonti, unisce una grande passione per la montagna, per l’esplorazione, per la natura.
Senza questa passione, che definisco cinestetica dei luoghi, non sarebbe stato possibile capire fino in fondo la grandezza di questa architettura monastica.
Una architettura che, al pari di altre opere che punteggiano i monti Appennini, è tanto possente quanto espressione concreta della simbiosi tra l’uomo e la natura che la circonda.
Lo so bene io che, chiamato da Federico, ho partecipato alla ricerca del sito scomparso della Rocca d’Appennino. Fortezza, tra le più munite e importanti dello scacchiere difensivo fabrianese, della quale già nel 1800 si erano perse le tracce.
Potente sentinella orientale del valico, posta a bilanciare il castello di Fossato (fortezza Bizantina sul versante occidentale degli Appennini, poi dalla Guelfa Perugia), e legata a filo doppio con l’Abbazia oggetto del presente libro.
Questo libro non solo aggiunge notizie storiche e nuove ricerche, ma inserisce una chiave di lettura della storia locale che va oltre quanto fino ad ora sapevamo (e non ci soddisfaceva fino in fondo).
Una necessità, che condivido insieme a Federico ed altri, di alzare lo sguardo da Fabriano verso l'orizzonte (storico e geografico) per capire e collegare.
La storia cammina con le gambe degli uomini ed eserciti, mercanti e pellegrini in viaggio per Roma o per la Terra Santa nel medioevo dovevano percorrere percorsi obbligati.
Non c'erano aerei, viadotti o gallerie che attraversavano le montagne. Queste dovevano essere superate a piedi o a dorso di animale, e non era facile. Nel territorio dell’Alta Valle dell’Esino si trovano i valichi e i passi montani più bassi e percorribili di tutta la lunga catena degli Appennini.
Scrive a tal proposito il cardinale Anglico de Grimoard, Vicario pontificio in Italia dal 1368 al 1371, in un rendiconto a favore del suo successore il cardinale Pierre d'Estaing, che Fabriano è clavis provinciae
della Marca Anconetana.
La terra di Fabriano e il suo territorio sono quindi considerati la chiave
per controllare i percorsi che, dal porto di Ancona e dalla pianura Padana, puntano ai facili passi Appenninici e conducono senza ostacoli verso la città di Roma e la costa tirrenica.
Chi controlla questi punti obbligati ha la possibilità di difendere o conquistare la Città Eterna e l'Italia. Lo sapevano i Romani, i Galli, gli Etruschi e gli Umbri prima, i Bizantini, i Goti, gli Ostrogoti e i Longobardi poi.
Noi gente moderna, più avvezza al cambio e all’acceleratore, abbiamo perso questa naturale sensibilità alla natura e ai suoi ostacoli. Non Federico, grande camminatore ed esploratore di antiche vie. Attraverso i suoi studi e il suo incedere costante lungo i crinali e i passi montani possiamo ancora sentire l'antica grandezza dei luoghi, delle rocche, delle abbazie. Nuovamente siamo in grado di sentire il battito cardiaco di questa architettura monastica.
Una pulsazione affaticata, un respiro lento e affannoso, vicino alla fine. Negli ultimi 50 anni Santa Maria d'Appennino ha subito molti crolli, spoliazioni, abbandono. E dire che L’abbazia in una bolla di Adriano IV del 1156 è riconosciuta un cenobio di particolare importanza e in una carta del 1296 viene posta sotto la protezione diretta della Sede apostolica, che gli accorda diritti, libertà di sepoltura e gli riconosce il possesso di ben trentadue chiese, oltre le curtes, i castelli, le terre. Anche gli imperatori Corrado III ed Enrico VI la favorirono con privilegi di franchigia e di immunità. Malgrado ciò oggi non sembra nemmeno tra gli edifici che meritano una tutela.
Se il corpo
è in gran parte perduto, grazie anche a questa opera di Federico Uncini, l’anima
della Abbazia, coperta dai rovi e dalla vegetazione, ancora trasmette una brusio che incute rispetto. Una sensazione di potenza, maggiore di quella ottenuta dalla forza delle armi, pervade l'animo del visitatore che ancora coglie la grandezza della utopia benedettina della Gerusalemme Celeste
edificata in terra.
Giampaolo Ballelli
1. STORIA E NOTIZIE DELL’ABBAZIA
1.1 Le abbazie tra Marche e Umbria
A seguito dell'invasione longobarda avvenuta nella seconda metà del secolo VI non tutti i cenobi benedettini, presenti nella regione umbra-marchigiana, furono soppressi o dispersi , ma a cominciare dalla seconda metà del secolo X si verificò una loro vera e propria rinascita.
La lenta e continua conversione al cristianesimo dei dominatori Longobardi sollecitò i signorotti feudatari a favorire la nascita di queste istituzioni, effettuando in loro favore assicurarsi la protezione di Dio e dei suoi santi attraverso le preghiere dei monaci.
Tuttavia non soltanto gli interessi spirituali animarono questi feudatari, a anche una politica intesa a salvaguardare i loro possedimenti, nel lento distaccarsi dal potere centrale in continuo decadimento dopo che Desiderio, re dei Longobardi, nel 774 era stato battuto da Carlo Magno.
In epoca ottoniana (X secolo), nei comitati di Nocera e Camerino, furono fondate molteplici abbazie come quella di S. Maria d'Appennino, S. Vittore delle Chiuse, S. Biagio in Caprile, S. Angelo d'infra ostia, S. Benedetto di Gualdo, S. Cassiano di Valbagnola, S. Emiliano in Congiuntoli, S. Maria di Sitria, S. Croce di Fonte Avellana, S. Croce di Tripozzo, S.Salvatore di Valdicastro, S. Elena, S.