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Lo Yoga Bio Energetico: La via dell'acqua: un ponte fra la psicologia occidentale e lo yoga classico
Lo Yoga Bio Energetico: La via dell'acqua: un ponte fra la psicologia occidentale e lo yoga classico
Lo Yoga Bio Energetico: La via dell'acqua: un ponte fra la psicologia occidentale e lo yoga classico
E-book567 pagine6 ore

Lo Yoga Bio Energetico: La via dell'acqua: un ponte fra la psicologia occidentale e lo yoga classico

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Info su questo ebook

Lo Y.B.E. – la Via dell’Acqua – è una via evolutiva morbida che predilige il piacere, l’ascolto, il rispetto e la dolcezza con se stessi. L’immagine simbolica che lo rappresenta è quella di un fiume poderoso che scorre fluidamente nel suo letto. È una via al femminile, delicata e potente al contempo, proprio come l’acqua di un fiume che fluisce placidamente, ma può essere anche impetuosa e possente. Il suo percorso è costituito da varie tecniche integrate armonicamente in una visione olistica.

Lo Y.B.E. si propone come una chiave di accesso all’interiorità, che partendo dal corpo e dal sentire, permette di conoscersi meglio e accettarsi, riconoscendo le proprie spinte vitali genuine. Questo cammino pone l’accento sulla consapevolezza dell’esperienza del momento presente, dando spazio e risonanza alle sensazioni fisiche, alle emozioni e ai bisogni e permettendo, in questo modo, di creare un rapporto autentico con se stessi, con gli altri e con la vita.
LinguaItaliano
Data di uscita25 mar 2024
ISBN9788871835594
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    Anteprima del libro

    Lo Yoga Bio Energetico - Michele Picerni

    PREFAZIONE

    Lo Yoga è una luce che una volta accesa non si spegne mai. Più intensa è la tua pratica, più luminosa è la luce.

    B.K.S. Iyengar

    Essere pieni di vita significa respirare profondamente, muoversi liberamente e sentire con intensità.

    A. Lowen

    Avevo circa 20 anni quando una notte, senza apparente motivo, mi svegliai di soprassalto con il cuore che batteva forte, il respiro affannoso e la netta e terribile sensazione che stavo per morire.

    Sudavo freddo, le mie mani tremavano e sentivo che qualcosa di sconosciuto, ma anche di tremendamente negativo stava accadendo. Tuttavia, malgrado quella paura totalizzante si fosse ormai impossessata di me, continuavo ad essere lucido nel mio terrore e riuscivo a sentire il mio corpo in ogni singolo spasmo e la mente in allerta come di fronte ad un grosso pericolo.

    La minaccia però non veniva da fuori: veniva da dentro, dalle mie viscere, che percepivo come ammantate da uno strano e viscoso, denso fumo nero, una cappa che mi avvolgeva in ogni parte del mio essere. Non capivo, non mi ero mai sentito in quel modo; qualcosa di enorme e di oscuro mi era entrato dentro. Solo in seguito compresi che avevo vissuto una crisi di panico.

    Al tempo ero uno studente universitario, giunto a Roma dal mio paese di origine, Calvello, situato tra le montagne, nel cuore dell’entroterra lucano. Non ero avvezzo allo stress che comportava la vita di una città tanto complicata e caotica come Roma e il mio disagio e le mie paure cominciarono ben presto a manifestarsi con varie somatizzazioni quali il mal di stomaco, la tachicardia, la dispnea. Mi sottoposi a numerose ed approfondite ricerche, analisi e visite mediche nel tentativo di individuare la causa del mio malessere ma non riuscii a trovare nessuna presunta ‘malattia’; dopo ogni (l’ennesimo) elettrocardiogramma o visita specialistica, mi tranquillizzavo ma solo temporaneamente. Poi, però, passata qualche settimana, le paure si ripresentavano e ricominciava il bisogno di rassicurazione.

    Questo disagio è stato l’inizio del mio percorso evolutivo; è stato la spinta che mi ha portato a ricercare le soluzioni e successivamente a proseguire il cammino, anche da un punto di vista professionale. Dopo circa un anno, cominciai a frequentare un gruppo di terapia analitica per studenti all’università e contemporaneamente cominciai ad avvicinarmi allo Yoga classico, leggendo molti libri e frequentando l’Accademia Yoga di Roma diretta dal Maestro Giorgio Furlan. Mi laureai in Biologia e poco dopo mi iscrissi al corso di formazione in Psicoterapia Psicosomatica all’Istituto Riza di Milano, diretto dal Prof. Raffaele Morelli. I quattro anni di corso mi fornirono un quadro ampio delle varie tecniche di psicoterapia relative a problematiche di origine psicosomatica. Nel frattempo avevo iniziato anche una terapia individuale perché, malgrado quella di gruppo avesse reso meno intensi i miei stati di ansia, mi sentivo ancora poco vitale e molto timoroso. Mi rendevo sempre più conto che il corpo era il punto centrale, il fulcro del mio malessere. In quel periodo, parallelamente alla formazione e alle sedute individuali, partecipai anche ad un interessante seminario tenuto dal prof. Piero Parietti sulle tecniche di rilassamento e sulla distensione immaginativa, durante il quale non feci altro che rafforzare la convinzione di quanto fosse importante il corpo nel processo terapeutico. Intanto frequentavo assiduamente l’Accademia Yoga e praticavo giornalmente la respirazione e gli asanas (le posture). Lo Yoga rappresentava per me il ritorno a casa; rispondeva a quel mio bisogno di ricerca interiore, di espansione. La ricerca di un senso da dare alla mia vita.

    Quando si intraprende un cammino evolutivo, si comincia a percepire che dentro di noi esiste un mondo affascinante da scoprire e proprio questo, forse, ci porta ad andare avanti nel percorso che la nostra anima, incarnandosi, si è scelto. Il lavoro di analisi ed il lavoro sul corpo di quel periodo mi hanno permesso di sentire le ferite profonde che c’erano nel mio animo, protette e seppellite dai miei blocchi corporei: cominciavo a sentirmi diverso, ero più vivo e vitale, soprattutto più consapevole di me e della mia vita. La pratica dello Yoga accompagnava e sosteneva il mio cammino, determinando effetti benefici sia a livello fisico, che psicologico. Era un momento entusiasmante di ricerca personale e professionale. In quel periodo leggevo molto, la mia sete di conoscenza mi portava ad esplorare strade nuove, frequentando workshop e seminari di ogni tipo, che riguardassero lo Yoga, la Meditazione o le terapie psicocorporee occidentali. Stavo sviluppando una nuova percezione di me e un senso di espansione della coscienza. Contemporaneamente procedevo sul mio percorso di formazione: mi iscrissi al Corso di Specializzazione in Analisi Bioenergetica diretto dal Prof. Luigi De Marchi, fondatore della scuola Wilhelm Reich Italia e autore della prima e più ampia biografia su Reich apparsa al mondo.¹

    Il percorso comprendeva, oltre alla didattica, anche un’analisi personale che feci per circa tre anni direttamente con Gigi (cosi chiamavamo Luigi De Marchi noi allievi); quest’esperienza per me fu illuminante e mi fece entrare pienamente in contatto con la terapia psicocorporea. Alla fine della specializzazione, completando l’iter formativo, mi iscrissi all’Albo degli Psicologi con l’abilitazione alla Psicoterapia e cominciai a trattare i primi pazienti come psicoterapeuta e contemporaneamente a condurre corsi di Yoga.

    Durante l’ultimo anno di formazione, mi iscrissi anche ad un master biennale di Psicoterapia della Gestalt; qualche anno dopo scoprii la Corenergetica, partecipando ad un seminario di dieci giorni condotto dal suo fondatore, John Pierrakos, in un paesino a sud della Francia vicino a Cannes. Fu un’esperienza molto toccante che mi indusse, qualche mese dopo, ad iscrivermi alla scuola di formazione che John aveva aperto in Italia. Quel periodo ha rappresentato per me un reale momento d’integrazione tra la visione orientale e quella occidentale dell’essere umano. Fino ad allora il mio percorso evolutivo aveva viaggiato, infatti, su due binari separati: da un lato lo Yoga e dall’altro la Psicoterapia. La Corenergetica mi ha permesso di avvicinare questi due mondi. I miei studi e le mie esperienze sul corpo con i metodi della Bioenergetica mi avevano dato molto, ma sentivo che mi mancava qualcosa; mi mancava l’afflato della spiritualità e una visione olistica dell’essere umano. La ricerca approfondita della Core mi portava, di fatto, ad avvicinarmi di più a me stesso, integrando tutti gli aspetti del mio essere, compresi quelli inerenti a momenti di trascendenza e di elevazione. Il mio travaglio interiore si stava placando e il mio livello di consapevolezza era più espanso. Durante il mio training di Corenergetica durato 5 anni, mi si aprirono molte porte verso una maggiore centratura e verso l’apertura del cuore. John, nelle sue lezioni, spesso ci ricordava che ogni cammino interiore profondo deve passare attraverso il lavoro sul cuore. Era solito dire: Non ci può essere una vera spiritualità se non si apre il proprio cuore all’amore e anche: Il lavoro di ricerca interiore ha come obiettivo quello di permettere alle persone di guarire le ferite del cuore subìte nella loro storia, specialmente quelle della prima infanzia. Sottolineo che non si tratta delle ferite sentimentali che possiamo subire da adulti, ma di quelle di un bambino piccolo, con il cuore aperto che viene rifiutato, manipolato, abusato, abbandonato, non rispettato, non considerato nei suoi bisogni e nella sua vulnerabilità. Possiamo dire che da piccoli ogni ferita che subiamo è una lesione del cuore; ogni sopruso, piccolo o grande che sia, porta ad una sua chiusura.

    Esprimo tutta la mia gratitudine al maestro John; il suo insegnamento mi ha portato a guardare con rispetto, amore e comprensione me stesso e gli altri e a vederne la bellezza profonda.

    Tutti questi percorsi mi hanno condotto, pian piano negli anni, ad elaborare lo Yoga Bio Energetico (Y.B.E.) – la via dell’acqua. Per quanto attiene alla terminologia ufficiale, questa definizione è stata coniata da circa dieci anni ma la sua nascita non ha una data precisa; essa si è concretizzata man mano nel tempo, subendo continue trasformazioni e riformulazioni e rappresenta lo sviluppo naturale del mio cammino di conoscenza e di esperienza, fatto con tante persone che hanno condiviso con me il loro dolore, le loro paure e la loro umanità.

    Questo mio scritto sicuramente non è esauriente ma attinge a tante fonti diverse, ognuna delle quali è a sua volta una via evolutiva ed ogni argomento trattato spalanca nuove porte: non basterebbe una biblioteca per esaurire tutti i temi. Spero comunque di riuscire a fornire un’idea di come è concepito lo Y.B.E., dei suoi punti basilari e fondanti, in modo da porre le basi per una teoria organica, chiara e completa. L’impianto del libro si basa su un tema centrale presente in tutta la stesura ed è il ciclo naturale o ciclo vitale; la pratica di una sessione Y.B.E. con i vari passaggi chiave segue questo ciclo. La sua impostazione è quella di un viaggio, un’esplorazione della nostra dimensione interiore che ha come punto di riferimento il corpo e il sentire.

    Possiamo considerare questo libro una sorta di mappa, una guida che passo dopo passo ci conduce alla comprensione dello Y.B.E. anche se, naturalmente, la mappa non è il territorio. La conoscenza di quest’ultimo richiede, infatti, una pratica continua, una predisposizione alla ricerca interiore e tanta costanza.

    Nella sua stesura, sono partito dalle radici: quelle orientali, Yoga classico e meditazione (secondo capitolo) e quelle occidentali, la Bioenergetica e la Corenergetica (quarto capitolo). Nei capitoli, terzo e quinto, invece, vengono trattati i due argomenti fondamentali per la comprensione dello Y.B.E., rispettivamente quello sull’energia vitale e i chakra e quello sul ciclo naturale. Questi due argomenti, apparentemente distanti tra loro, sono la base che sostiene i fondamenti teorici del percorso. Il capitolo successivo (capitolo sesto) tratta della ricerca interiore e dello sviluppo delle tre saggezze nello Y.B.E., queste ultime come frutti del cammino stesso. Gli altri capitoli in sequenza, iniziando con la spiegazione della pratica (settimo) seguono i passi di una sessione con considerazioni dettagliate per ogni punto trattato e la descrizione di esercizi che il lettore può praticare. La sequenza di questi capitoli non è casuale, ma segue il ciclo naturale; questo è un punto fondamentale dello Y.B.E. dove ogni esercizio è legato a quello precedente ed è, a sua volta, precursore di quello successivo, in una concatenazione sinergica dei vari passaggi. Consiglio di comprendere bene i capitoli iniziali prima di cominciare la pratica, al fine di avere una visione d’insieme della teoria alla base della tecnica per poter scegliere, di volta in volta, come svolgerla al meglio.

    Nel testo ho riportato anche citazioni prive di indicazioni riguardo all’autore: si tratta di citazioni che ho raccolto e annotato nel tempo, oppure di frasi scritte di mio pugno, lasciate libere di essere e veicolare significati, trovando, ogni volta, nel contesto scelto, la loro nuova pertinenza.

    I passaggi relativi agli esercizi guidati sono scritti in corsivo, con termini che normalmente uso nella conduzione di una sessione. Le barre / indicano le pause: una (/) per le pause brevi (3/5 secondi), due (//) per quelle più lunghe (5/15 secondi) e tre (///) per le pause prolungate (oltre i 15 secondi).

    Sottolineo che lo Y.B.E. è fondamentalmente un lavoro individuale che si può svolgere anche in gruppo e vi consiglio, se ne avrete la possibilità, di seguire un corso con un insegnante abilitato: il lavoro amplifica i benefici e accellera il processo evolutivo.

    Buona lettura!

    Michele Picerni

    1)De Marchi L., Wilhelm Reich: biografia di un’idea, Sugarco, Milano 1970.

    PRIMA PARTE

    1

    LO YOGA BIO ENERGETICO

    Essere luminosi nei pensieri e negli atti, essere in pace con il nostro vivere, senza desiderare questa o quella cosa, imparare a conoscersi e ad agire nel movimento della vita, queste sono le regole di vita che propone lo Yoga.

    Patanyali

    Gli uomini pensano di risolvere tutto con la mente invece di sentire. Ma il sentire non ha a che fare con l’intelligenza o con la forza. Solo lavorando su noi stessi, sul nostro corpo – grazie al quale sentiamo – possiamo curarci e aspirare, come è sacrosanto, ad una vita sana, libera, felice. Ed essere in grado di amare veramente.

    A. Lowen

    Le malattie psicosomatiche sono in forte aumento tanto che gli ansiolitici sono i farmaci più venduti nel mondo e lo stress viene definito il male del secolo. Siamo sottoposti a ritmi di vita e tensioni spesso innaturali e l’uso di tranquillanti, di sonniferi e di altre sostanze (che sono spesso sintomatici, creano dipendenza e ulteriore malessere, senza risolvere il problema alla radice) è un vano tentativo di tacitare l’ansia attraverso un intervento esterno.

    Lo Yoga, una via antica di duemila anni, è passato indenne al vaglio dei secoli, portandoci un messaggio di verità che può essere molto positivo per noi Occidentali, sia dal punto di vista evolutivo, che del benessere. "A causa dello sviluppo della tecnologia la vita moderna è divenuta infinitamente competitiva provocando una crescente tensione negli uomini e nelle donne. È difficile mantenere una vita equilibrata. Le ansie e le malattie che colpiscono il sistema nervoso e l’apparato cardiocircolatorio si sono moltiplicate. Per disperazione molti cercano sollievo nelle droghe psichedeliche, nel fumo, nell’alcool e nel sesso indiscriminato. Queste attività permettono di dimenticare temporaneamente sé stessi: ma le cause permangono irrisolte e i problemi si ripresentano. Soltanto lo yoga apporta un vero sollievo. Non può venire appreso mediante dibattiti e discussioni ma deve essere acquisito con un impegno cauto e paziente. Incomincia arrecando sollievo a coloro che soffrono di disturbi come il comune raffreddore, il mal di testa e la disarmonia mentale. Il suo nadir è l’elisir di vita."²

    Nel tempo lo Yoga ha registrato numerose evoluzioni grazie ai tanti maestri che gli hanno dedicato la vita con lo scopo di elevarsi e di espandere i confini della propria mente. Pur mantenendo i principi di base che caratterizzano la disciplina, hanno apportato inevitabilmente un contributo personale, adeguando lo Yoga, con il loro punto di vista, alle esigenze attuali dell’umanità.

    Nel panorama yogico attuale, lo Y.B.E. rappresenta una via moderna di crescita interiore che, basandosi sull’integrazione di tecniche derivate dallo Yoga classico, dalla Meditazione, dalla Bioenergetica e dalla Corenergetica, riesce a coniugare tradizioni evolutive orientali e terapie psicocorporee occidentali. Il tutto contestualizzato in anni di studi, di pratica personale, conduzione di gruppi e formazione di allievi.

    Come ho accennato nella Prefazione, lo Y.B.E. può essere considerato lo sviluppo naturale del mio cammino evolutivo: quasi un crescere insieme, in cui le esperienze fatte costituiscono un tassello importante nella solida impalcatura dello Yoga Bio Energetico.

    Alcuni aspetti fondanti derivano, infatti, proprio dallo Yoga (l’importanza del livello energetico e la connessione con la natura e lo spirito) mentre altri (come la centralità del corpo e le sue influenze sulla psiche) sono concetti di estrazione occidentale. Ho cercato di non separare mai il percorso personale da quello professionale, essendo convinto che uno psicoterapeuta debba essere per forza anche una persona con una buona dose di maturità e che egli non possa non aver fatto almeno i conti con le proprie ferite, i dolori, i risentimenti, le rabbie.

    Sono giunto a concludere che lo Y.B.E. rappresenta proprio una sintesi, una summa, come la confluenza di tanti canali, ruscelli e torrenti che si uniscono e danno vita ad un fiume. Lo Y.B.E. è il fiume! È diverso da ciascuna delle fonti da cui nasce, ma sempre e comunque in grado di portare l’essenza /acqua di ognuna.

    Il suo cammino evolutivo pone l’accento sulla consapevolezza dell’esperienza del momento presente, dando spazio e risonanza al sentire corporeo ed energetico. La consapevolezza dei bisogni, delle emozioni e del corpo, aiuta a creare un rapporto autentico con sé stessi e con le proprie spinte vitali. Nelle sessioni di pratica vengono contattati i blocchi energetici e psicosomatici che ci impediscono di essere fluidi e spontanei; si impara ad affrontare lo stress, a sciogliere le tensioni, le rigidità muscolari e ad allentare i blocchi interiori (spesso alla base di tali rigidità).

    Lo Y.B.E. si propone come una chiave di accesso all’interiorità, che parte dal corpo e dal sentire, per conoscersi meglio e accettarsi, riconoscendo le proprie spinte evolutive e seguendo criteri di responsabilità personale nei confronti di sé stessi, degli altri e della vita.

    Man mano che si prosegue nel percorso si sviluppa il contatto con la propria saggezza interiore.³ Il presupposto di base è che ogni persona ha, nella sua unicità organismica, le risorse necessarie per la risoluzione dei problemi, per sostenere la crescita personale e trasformare costruttivamente la propria vita. Questa mia fiducia nella capacità umana di autoguarigione e di autorealizzazione è supportata da tanti anni di esperienza e pratica terapeutica in cui ho visto tante persone sbocciare nel momento in cui hanno consapevolizzato e sciolto i loro blocchi psicocorporei, gli automatismi e gli schemi disfunzionali. Credo fermamente che in ognuno di noi ci siano spinte vitali evolutive sempre in azione che portano l’essere umano e, di conseguenza l’umanità intera, verso un’espansione della coscienza. Queste spinte sono spesso frenate da tensioni croniche del corpo, da convinzioni ed immagini antiche, da pregiudizi e paure che non permettono loro di manifestarsi a fondo. Sono rari i momenti di pienezza, di bellezza e di apertura e quando si manifestano, ci colpiscono per la loro forza e vividezza, s’imprimono marcatamente dentro il nostro psicosoma lasciando un segno indelebile nella nostra coscienza.

    IO PENSO, IO SENTO

    Uno dei fattori principali dello stress che l’essere umano vive oggi è la condizione di separazione da sé stesso, dagli altri e dalla natura che lo circonda; egli, allontanandosi dal suo centro, ha perso di vista il senso dell’esistenza, immergendosi sempre più in una sorta di anestesia psicoemozionale; passa la maggior parte del tempo vincolato ai suoi automatismi, tic mentali e schemi. Questi condizionamenti esprimono una mancanza di legame tra i vari livelli dell’essere e l’assenza di un coordinamento tra vita organica e vita psichica. Anche la sessualità, che dovrebbe essere un incontro di anime attraverso il corpo, è spesso vissuta come merce di scambio tra persone che non riescono ad entrare in un rapporto profondo con se stesse e con l’altro. Compensazione di un vuoto, dell’impotenza e della fragilità esistenziale. Anestetizzarsi nel piacere dei sensi, nel divertimento a tutti i costi, nel frastuono del fare, ci allontana dalla nostra essenza, creando un circolo vizioso in cui la pienezza esteriore aumenta la distanza da noi stessi e amplifica il vuoto interiore. Più siamo divisi, lontani da noi stessi, più siamo infelici, tristi e depressi; ci ammaliamo, somatizziamo e siamo insoddisfatti. Solo quando il volume del sentire si alza, come ad esempio negli eventi dolorosi, sperimentiamo manifestazioni di presenza sensibile del nostro essere.

    Questa separazione, nel mondo occidentale, ha radici culturali antiche, riconducibili a una concezione meccanicistica del mondo formulata nell’ambito del pensiero scientifico del XVII secolo da Galileo, Newton, Bacone e diversi altri filosofi. Anche Cartesio (René Descartes 1596-1650) ha contribuito ampiamente a determinarne le fondamenta con il suo pensiero condensato nel motto "Ego cogito, ergo sum, sive existo ovvero Io penso, quindi sono, ossia esisto, cioè io so di essere in quanto penso, se non pensassi non sarei o non saprei di essere". Egli propose una netta separazione tra il mondo corporeo e materiale, di dominio della scienza (res extensa), e l’anima (psyche), di pertinenza religiosa (res cogitans) e arrivò a paragonare l’organismo umano ad un orologio: "Io considero il corpo umano come una macchina" e "il mio pensiero mette a confronto un uomo malato e un orologio mal costruito con la mia idea di un uomo sano e di un orologio ben costruito."⁴ La visione del corpo umano si ridusse così a mera materia, dando inizio alla concezione meccanicistica della vita terrena e delegando alla religione gli aspetti alti e spirituali.

    Il pensiero meccanicistico, in sintesi, consiste in un insieme di idee e valori, tra i quali, la convinzione che l’Universo sia un sistema meccanico, costituito di componenti materiali; la concezione del corpo umano come macchina; la visione della vita sociale come lotta competitiva per l’esistenza; una fiducia cieca nel progresso materiale illimitato da conseguire mediante la crescita economica e tecnologica.

    Nei secoli successivi questo paradigma ha avuto uno straordinario successo e ha dominato interamente il pensiero scientifico e la cultura, specialmente quella occidentale. La scienza si è così focalizzata sulla realtà materiale, studiandola con attitudine razionale e riduttiva, ignorando e rimuovendo da ogni suo studio ed interpretazione tutti quei fenomeni inspiegabili, come ad esempio la coscienza, la fede, il libero arbitrio, l’amore, l’esperienza estetica ed estatica. Molte caratteristiche della teoria e della pratica medica corrente possono essere ricondotte alla visione meccanicistica. La salute è spesso definita come assenza di malessere e la malattia è vista come una disfunzione di meccanismi biologici, studiati dal punto di vista della biologia cellulare e molecolare.⁵ Il ruolo del medico consiste nell’intervenire e correggere, usando la tecnologia e i farmaci, la disfunzione di uno specifico meccanismo. Si creano così le specializzazioni mediche e parti differenti del corpo di una stessa persona sono trattate da medici diversi. Nella visione della medicina contemporanea l’organismo umano viene generalmente estrapolato dalle cause ambientali, psicologiche e relazionali in cui è immerso; la vasta rete di fenomeni che influenza la salute è ridotta ai soli aspetti fisiologici e biochimici. La terapia implica interventi mirati ai sintomi, mentre il potenziale di auto-organizzazione e autoguarigione del paziente non viene preso in considerazione. Il problema concettuale al centro di questa tematica è la confusione su cosa sia la malattia, perché un corpo si ammala, quali ne sono le cause e in che modo il carattere, le tensioni emotive giornaliere incidono sul problema. Anziché chiedersi perché una malattia si verifica e tentare di rimuovere le condizioni che la generano, la ricerca medica tenta di comprendere i meccanismi attraverso i quali la malattia si instaura in modo da poter interferire nel processo e sulla sintomatologia. Molto spesso tale ricerca è guidata dall’idea di un unico meccanismo che domina tutti gli altri e che può essere corretto con un intervento dall’esterno.

    Oggi, sempre più, si avverte il limite di questa visione ed è necessario, a mio parere, un cambio di paradigma, cioè una nuova visione del mondo: il passaggio da una concezione meccanicistica della realtà ad una olistica ed ecologica. Cambiare questa situazione è ora assolutamente vitale per il nostro benessere e per la sopravvivenza della nostra specie su questo pianeta; il cambiamento sarà possibile solo se saremo capaci di passare a un nuovo modo di vedere noi stessi, gli altri e la vita.

    L’uomo non è solo mente e materia, è tante altre cose; la vita organismica non si dimostra col solo pensare ma, anche e soprattutto, con il sentire: un computer ragiona ma non è un essere umano, perché non avverte sensazioni, emozioni e sentimenti; un neonato, invece, non pensa eppure è, perché sente. Abbiamo un corpo che vive a prescindere dal pensiero; proviamo infinite sensazioni, siano esse di piacere o di dolore; avvertiamo il freddo, il caldo, il ruvido, il morbido e così via. Ci esprimiamo e ci muoviamo, ci arrabbiamo, gioiamo, ci addoloriamo, siamo impauriti. Viviamo di sentimenti come l’amore, la compassione e l’accoglienza e possediamo la capacità di sognare, di fantasticare e di visualizzare. Nel nostro nucleo più profondo risiedono un anelito spirituale e la capacità di connetterci con qualcosa di più alto e più grande di noi. Tutto questo è l’uomo. Il pensiero è un aspetto importantissimo, ma non è il solo ed è, comunque, influenzato dai nostri stati d’animo.

    Gli esseri umani adulti hanno a disposizione la facoltà di sentire e quella di pensare, entrambe utili e necessarie al loro benessere psicofisico e al buon andamento della vita sociale. Esiste un io penso ma anche un io sento; se sono arrabbiato la mia rabbia la sento, non la penso; l’amore per un figlio, lo si sente, non lo si pensa ed è così per tutti i nostri vissuti. Il sentire è ciò che percepiamo direttamente di una situazione, di un oggetto, di una persona con cui siamo in contatto: sensazioni fisiche, emozioni e sentimenti. Il pensare è, invece, il risultato di come la nostra mente razionale interpreta tali situazioni o esperienze. Appartengono al mondo del sentire, ad esempio, la piacevole sensazione di dolce che avvertiamo in bocca nel mangiare un cioccolatino, la tenerezza che proviamo nel vedere un bambino o la sensazione fisica di piacere prodotta da una carezza o da un abbraccio. Appartengono al mondo del pensiero, invece, tutte le analisi e le speculazioni che facciamo rispetto a noi stessi, agli altri e alla vita, quando, ad esempio, diciamo: È meglio non mangiare la pasta altrimenti ingrasso o anche: Meglio non accarezzare quel gatto perché potrebbe graffiarmi, oppure: Se abbraccio quella persona chissà cosa penserà di me.

    Mentre il sentire è sempre immediato e spontaneo, il pensare è inevitabilmente influenzato dagli schemi mentali, dai pregiudizi, dalle abitudini sociali e culturali e, soprattutto, dalla nostra storia, durante la quale siamo pervenuti alla conclusione che le nostre convinzioni sono valide

    La mente, abituata a lavorare con gli strumenti che le sono propri, molto spesso tende a razionalizzare ma, nei contesti relazionali, purtroppo, possiamo rischiare di impoverire il portato delle emozioni e dei vissuti e di allontanarci dal sentire e dalla nostra verità. Buona parte delle incomprensioni in ambito familiare, coniugale, lavorativo o amicale, va fatta risalire proprio alle spiegazioni che ci diamo e che proponiamo agli altri: le parole, diretta manifestazione del pensiero, possono spesso ingannare, a differenza del corpo che, invece, non mente mai.

    A questo proposito vale la pena di raccontare la storiella dei due giovani frati che camminavano per il convento recitando i loro salmi. Ad un tratto l’uno (Padre Antonio), fermandosi, si accende una sigaretta e, subito, l’altro (Padre Angelo), tra l’infastidito ed il preoccupato, lo redarguisce dicendogli: Ma sei stolto? Se ti vedesse Padre Giuseppe – l’Abate – si arrabbierebbe! L’altro giorno, incontrandolo, io gli ho chiesto ‘Padre posso fumare mentre prego?’ e lui, con fare irritato, mi ha risposto categoricamente di no!. Allora Padre Antonio, furbescamente divertito, accenna un sorriso e risponde: Non ti preoccupare Fratello Angelo, anche io ho parlato con l’Abate e gli ho chiesto ‘Padre, posso pregare mentre fumo?’ e lui, quasi commosso, mi ha risposto ‘Certo figliolo, puoi pregare in ogni momento della giornata. Dio è sempre con te!’

    Questa storiella, molto acuta e divertente, fa comprendere come le parole possano avere significati diversi, addirittura opposti, a seconda di come vengono usate. La relazione verbale è inevitabilmente condizionata dal modo di essere della persona. Un contatto vero con l’altro passa attraverso il corpo, le emozioni e il sentire.

    Sentire è essere in contatto diretto con sé stessi nel qui e ora e con la realtà del momento, mentre pensare è sovente un focalizzarsi sulle speranze, le paure e le aspettative inerenti ad una certa situazione, vedendola, non già come realmente si presenta, ma intorbidita da idee preesistenti: si rimane legati a eventi passati che non sono stati elaborati e che alterano la percezione della realtà. Ne sono causa esperienze pregresse e convinzioni acquisite nell’infanzia, che hanno creato nella mente un insieme di concetti e idee su noi stessi, sugli altri e sulla vita, che ci allontanano dal sentire e che ci fanno vivere spesso in modo stereotipato, come degli automi.

    È importante rivalutare il sentire, sia perché esso è una chiave necessaria per liberarci dai condizionamenti, sia perché è solo sentendo che possiamo veramente affermare di esistere: quando arriveremo al momento di dire addio alla nostra vita e faremo l’ultimo bilancio di come abbiamo vissuto, non lo faremo certo in base a cosa e a quanto abbiamo pensato, ma a cosa e a quanto abbiamo sentito, a quanta soddisfazione la nostra vita ci ha elargito, a quanto piacere o a quanto dolore abbiamo dato e ricevuto, a quanto ci siamo aperti o chiusi all’amore, a quanto ci siamo concessi di esprimere il nostro vero essere. Il pensare si spiega bene a parole, giacché di parole è costituito, invece è molto difficile illustrare il sentire e, per quanti sforzi io faccia, non sarò mai in grado di comunicare, per esempio la bontà di un certo cibo, l’effetto inebriante di un certo profumo o il contatto degli occhi con la persona amata: il sentire si può afferrare pienamento solo con l’esperienza diretta a livello sensoriale, emozionale ed affettivo.

    Lo Y.B.E. è un lavoro su sé stessi che ci permette di integrare il piano del pensare con quello del sentire. Attraverso il contatto continuo con la propria interiorità nel momento presente, come processo esperienziale, permette di espandere il sentire, lascia poco spazio al verbale e nulla all’interpretazione e alla razionalizzazione. Attraverso questa via si apprende a vivere con consapevolezza nel qui e ora; essa ci offre degli strumenti per accrescere la personalità in termini creativi e di benessere, sperimentando un contatto pieno, vibrante e soddisfacente con il mondo. I benefici sulla salute fisica e mentale, sull’umore e sulla qualità della vita che ne conseguono sono evidenti.

    La pratica regolare consente di sviluppare una maggiore integrazione di sé, di migliorare la gestione delle emozioni e di modulare i ritmi vitali; espande il senso di compassione verso sé stessi e verso gli altri e fa emergere le parti più elevate dell’essere. Il cammino, che va dalla terra al cielo, dalle parti basse alle vette spirituali, non va capito ma compreso proprio nel valore etimologico del termine di prendere dentro (dal lat. cum prehendere), di fare proprio e questo può avvenire solo attraverso la pratica. Non potremo comprendere la sua essenza semplicemente leggendo questo libro, ma ne dovremo fare esperienza. Ogni percorso interiore, infatti, passa attraverso una conoscenza diretta, per cui vale il detto degli antichi maestri secondo i quali è meglio una goccia di pratica che un otre di teoria.

    LA VIA DELL’ACQUA

    Il cammino evolutivo dello Y.B.E., che io chiamo via dell’acqua, è costituito da varie tecniche integrate armonicamente in una visione olistica. In ogni sessione di pratica si segue il ciclo naturale⁶ che, per definizione, è una modalità dolce e rispettosa dei tempi di ognuno e che previlegia sempre un senso di fluidità e di morbidezza. Allo stato liquido, l’acqua è fluida e cambia forma, si adatta alle circostanze aggirando gli ostacoli che incontra sul suo cammino; grazie alla sua fluidità, riempie tutto lo spazio che ha a disposizione. La sua essenza ci parla di leggerezza, di continuità e trasmette e amplifica il senso di una potenza creativa incessante. È la libertà del fluire, del lasciar andare, dello scorrere: dalla sorgente in cui nasce, l’acqua piano piano giunge al mare, diventa prima torrente e poi fiume in un processo di continua trasformazione che è la sua vera forza.

    Il modo di procedere nello Y.B.E. si rifà al simbolismo e all’essenza dell’acqua: un elemento di primaria importanza, riconosciuto universalmente dai vari popoli della terra e che ha dato origine a numerose tradizioni spirituali. Uno dei quattro elementi fondamentali secondo le cosmogonie occidentali e le tradizioni ermetiche-sapienziali dell’antichità, che ha dato vita ad un ricco e variegato mondo popolato di miti, leggende e luoghi di culto (spazi sacri con divinità di riferimento a cui gli uomini, da sempre, si rivolgono con preghiere ed offerte propiziatorie). Nella tradizione ebraica e cristiana, ad esempio tramite l’acqua si ha l’iniziazione primordiale, la purificazione, sotto la forma rituale del battesimo che, mediante l’immersione in acqua, rigenera, lava i peccati e opera una rinascita. Essa in natura scorre nelle profondità della terra, attraversa la materia oscura e densa e ritorna in superficie, portando con sé energie nuove. Diventa, così, simbolo di purezza e di rinnovamento spirituale, libera l’anima dalle macchie terrene, purifica il corpo e lo libera da infezioni e malattie.

    L’acqua, in forma di liquido amniotico e primordiale, è la sorgente, la matrice che fa da origine e veicolo ad ogni forma di vita, preservandola poi nel tempo. Ogni uomo naviga nel mare uterino della madre e l’acqua lo ricollega ad uno stato in cui egli non si sentiva ancora separato dal tutto; adesso, da adulto, viene chiamato a fare il percorso inverso, deve ritornare a sentirsi parte di un tutto più grande, a risperimentare l’unità.

    Il significato dell’acqua non si esaurisce nella mitologia o nella religione, perché questi contenuti simbolici appartengono alla struttura più profonda della nostra psiche e ancora oggi si manifestano attraverso i sogni e l’immaginario. La simbologia dell’acqua induce a un viaggio nelle profondità dell’essere, probabilmente senza eguali negli altri elementi: i suoi significati archetipici sono indissolubilmente legati ai temi della nascita, della morte e della rinascita. Il mare, con tutti gli esseri che vivono nelle sue profondità, è il simbolo dell’inconscio per eccellenza; il fiume rappresenta il corso dell’esistenza umana con tutte le fluttuazioni dei desideri e dei sentimenti; l’acqua ferma, fangosa, è segno di perversione e di oscuramento dell’anima; quella trasformata in ghiaccio ne indica la stagnazione completa, la morte; viceversa, trasformata in vapore, indica l’elevazione spirituale e l’espansione della coscienza.

    Lo Y.B.E., la via dell’acqua, è una via morbida che predilige il piacere, l’ascolto, il rispetto e la dolcezza con se stessi; l’immagine simbolica che la rappresenta è quella di un fiume poderoso che scorre fluidamente nel suo letto. È una via al femminile, delicata e potente al contempo, proprio come l’acqua di un fiume che fluisce placidamente, ma che può essere anche impetuosa e possente. Lo Y.B.E. possiede entrambe le caratteristiche,

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