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Il Segreto Di Moriah
Il Segreto Di Moriah
Il Segreto Di Moriah
E-book219 pagine3 ore

Il Segreto Di Moriah

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Info su questo ebook

Restare potrebbe mettere a rischio la vita di entrambi. Scappare significherebbe lasciarsi dietro il cuore...

In fuga da poliziotti corrotti e spietati spacciatori, Moriah scappa di città in città, da uno Stato all'altro, cercando di restare viva e di seminare le persone che la stanno inseguendo.

KC ha due settimane di licenza dalla Marina; quando arriva alla casa al mare di suo zio, trova una bella donna che gli punta una pistola al petto.

Con molta riluttanza, i due diventano coinquilini temporanei e KC si offre di addestrare Moriah all'auto-difesa. Ma quando il passato della ragazza riesce a raggiungerla, riuscirà KC ad accettare la tela di menzogne che si dipana intorno a lei? E Moriah si fiderà abbastanza di lui da affidargli la propria vita?
LinguaItaliano
EditoreTektime
Data di uscita1 gen 2024
ISBN9788835465874
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    Anteprima del libro

    Il Segreto Di Moriah - Samantha Cole

    Capitolo Uno

    Dalla vetrina del minimarket, Moriah Jensen osservava l'Escalade nera con targa dell'Illinois che percorreva la strada principale di quella graziosa cittadina. Tirando giù il berretto da baseball, si assicurò di avere il volto ben coperto, mentre si nascondeva dietro il portariviste a sinistra della porta d'ingresso. L’autista e i due passeggeri del veicolo avevano i finestrini abbassati e giravano la testa in ogni direzione. Era evidente che stavano cercando qualcuno... beh, non una persona qualsiasi: stavano cercando lei.

    Merda. Come avevano fatto a trovarla di nuovo? Si trovava nel bel mezzo dell'Ohio, in una città troppo piccola per avere un proprio Walmart. Era ben lontana dalla vivace metropoli di Chicago. Come mai avevano scelto proprio quella città per cercarla? Non era possibile. Era stata molto attenta a non farsi notare, servendosi di uno pseudonimo ed evitando di usare il bancomat. Aveva scelto un nome simile al suo, Maura Jennings, per non rischiare di non rispondere al nome fittizio.

    La patente di guida! Cazzo! Il giorno prima aveva dato la sua vera patente all'agente di polizia, quando le ragazze del college che le avevano dato un passaggio erano state coinvolte in un tamponamento sulla strada per la città. Moriah non era riuscita a scappare dalla scena, perché era successo proprio davanti a una pattuglia. Dopo che l'agente le aveva restituito la patente, le era stato permesso di andarsene e lei aveva pensato che la cosa fosse finita lì. Ma doveva essere così che gli uomini dell’Escalade l'avevano trovata.

    Maledizione! Doveva stare più attenta e, alla prima occasione, avrebbe dovuto trovare il modo di procurarsi una patente falsa con lo pseudonimo... qualcosa che potesse superare l'ispezionedi un poliziotto. Sarebbe stato meglio se non fosse mai stata fermata, ma succedeva di avere sfiga. Ed errori come quello avrebbero potuto farla arrestare o, peggio ancora, uccidere.

    Diede un'occhiata in giro per il negozio, grata di vedere che nessuno le stava prestando attenzione. Con i suoi jeans e la sua maglietta anonima, non indossava nulla che potesse farla notare. Sperava che nessuno si sarebbe ricordato di averla vista, se gli uomini fossero entrati a fare domande. Dopo aver tirato su la cinghia del borsone sulla spalla, osservò il veicolo che girava a sinistra a un semaforo due isolati più avanti. Quando scomparve, si abbassò ulteriormente il cappello, uscì dal negozio e attraversò di corsa il parcheggio nella direzione opposta.

    Il borsone e lo zaino si facevano più pesanti a ogni passo e le impedivano di correre veloce come avrebbe voluto. Ma non poteva lasciare indietro nessuno dei due: le servivano i soldi, la pistola e i pochi vestiti che aveva preso quando aveva lasciato Chicago.

    La sera prima, le ragazze che le avevano dato un passaggio mentre faceva l'autostop l'avevano lasciata in un vecchio motel a pochi isolati di distanza. Con la stazione degli autobus vicina, era perfetto per riposare prima di prendere un biglietto per un posto lontano da lì... e da Chicago. Si incamminò subito in quella direzione e, non volendo essere vista, si assicurò di restare dietro agli edifici e tutto quello che poteva nasconderla. Il cuore le batteva forte nel petto ogni volta che doveva stare all'aperto e pregava di riuscire a uscire viva da quella fottuta città. Sapeva che quegli uomini non si sarebbero fatti problemi a ucciderla per ottenere ciò che volevano.

    Venti minuti dopo, Moriah era rannicchiata sul retro di un pullman diretto a Pittsburgh, in Pennsylvania, e da lì avrebbe preso un altro biglietto per Dio-solo-sa-dove. Purché la portasse lontano, non le importava. Non aveva più nulla di cui preoccuparsi, se non la sua stessa vita.

    L’uomo avanzava in silenzio, con il volto dipinto di marrone chiaro e scuro, gli stessi colori della tuta mimetica, diventando quasi invisibile nel terreno che circondava un piccolo villaggio a sud di Mosul, in Iraq. Il tenente della Marina degli Stati Uniti KC Malone era steso a soli quaranta metri da una struttura fatiscente dove erano tenuti prigionieri due piloti dell'esercito americano. L'edificio, poco più grande di una capanna tiki, era uno degli otto ancora in piedi nel villaggio altrimenti distrutto e abbandonato, ormai occupato dalle forze dell'ISIS. Gli uomini erano stati presi in ostaggio dopo che il loro elicottero AH-64 Apache era stato abbattuto sei settimane prima, ma la loro posizione attuale era lontana dal luogo dell'incidente, poiché erano stati spostati più volte dalle forze ribelli. Tuttavia, meno di trentasei ore prima, l'intelligence della CIA era finalmente riuscita a individuare la loro posizione. I membri del SEAL Team Six erano stati inviati a recuperare gli uomini prima che venissero spostati di nuovo o uccisi come punizione per la recente eliminazione di un eminente leader dell'ISIS.

    Mancavano due minuti all'ora zero e l'intero accampamento di ventitré terroristi dormiva, tranne tre guardie che sembravano voler disperatamente raggiungere i compagni. KC e la sua squadra si erano paracadutati in una zona di atterraggio a circa tre miglia di distanza e si erano avvicinati al villaggio di soppiatto. Avevano trascorso quelle ultime due ore nascosti, aspettando che le guardie cedessero alla stanchezza del primo mattino e si mettessero a sonnecchiare. Gli altri quindici membri della squadra erano distribuiti strategicamente intorno al villaggio e aspettavano l'ordine di avanzare da parte di KC. Il capo Tobias Anderson III era alla sua sinistra, pronto a recuperare gli ostaggi con lui. Il resto della squadra avrebbe fornito copertura e distrazione. A due minuti di distanza si trovava una squadra di supporto con l'elicottero, nel caso in cui le cose fossero andate male. Anche l'elicottero Blackhawk originale era rimasto nelle vicinanze, in attesa di scendere in picchiata per portare via la squadra con il carico recuperato.

    KC scrutò ancora una volta l’area attraverso gli occhiali per la visione notturna, controllò l'ora e poi picchiettò il microfono della cuffia di comunicazione. Si parte.

    Dovette trattenersi dal ridacchiare quando sentì una voce sommessa rispondere attraverso l'auricolare. Arrivano i guai!

    Mezzo secondo dopo, un deposito di munizioni sul lato opposto del campo esplose in un fragoroso muro di fiamme. I terroristi, noto nel gergo militare come tangos, si sparpagliarono nel complesso in stato confusionale e caddero a terra, mentre da ogni parte venivano sparati colpi d’arma da fuoco automatica nella loro direzione. KC e il suo capo raggiunsero rapidamente il retro dell'edificio che ospitava gli ostaggi e si diressero furtivamente verso l'ingresso principale.

    I ribelli dell'ISIS cercavano disperatamente di rispondere al fuoco del nemico invisibile e ben nascosto nel buio della notte. Quelli che erano ancora vivi erano troppo impegnati a correre al riparo per notare i due uomini che entravano nella semplice struttura di legno e mattoni. KC si precipitò verso l'uomo più vicino, che giaceva prono a terra. Anche se il pilota era coperto di sporcizia e sudiciume, il tenente riusciva ancora a distinguere i resti della tuta di volo dell'esercito americano. L'uomo appariva debole ma vigile. Capitano Nichols? Quando l'altro annuì, spalancando gli occhi per l'incredulità e la speranza, il SEAL continuò con ironia. Marina degli Stati Uniti, qui per salvare le sue fottute chiappe, signore. È in grado di correre?

    Il capitano emaciato annuì di nuovo e si mise in piedi con l'aiuto del suo soccorritore. Credo di sì.

    Dov’è il tenente Fisher?

    Laggiù, rispose Nichols, indicando l’angolo sud-ovest del pavimento sterrato. Ieri è stato picchiato di brutto. Ha continuato a svenire e rinvenire per tutta la notte.

    KC allungò il braccio dietro di sé, dove c’erano un paio di stivali da combattimento e calzini neri agganciati alla cintura, e li porse a Nichols. Ecco, presto. Indossi questi. Ho pensato che le sarebbero serviti. Ne ho portato un paio per Fischer, ma dubito che possa correre.

    KC si fiondò verso l'uomo svenuto che giaceva vicino alla parete di fondo e fece una rapida valutazione. Ringraziò Dio quando scoprì che l'uomo respirava e aveva un debole battito. Non riuscendo a risvegliare il giovane pilota, lo sollevò e se lo caricò sulle spalle come se fosse un sacco di patate da cinque chili. Fece cenno a Nichols di raggiungere il capo Anderson, nel punto in cui il pezzo grosso era in piedi davanti alla porta, con gli occhi e l'arma puntati all'esterno, per fornire copertura. Parlando al microfono, Malone informò il resto della squadra che gli ostaggi erano stati recuperati e che erano pronti a raggiungere il punto di recupero. Datevi una mossa, ragazzi, così possiamo sgattaiolare via da qui e partire in vantaggio.

    Il rumore degli spari aumentò immediatamente nell'oscurità che circondava l'accampamento. Anderson, Nichols e poi KC, che trasportava Fisher, uscirono in fila dal rifugio, scomparendo il più velocemente possibile oltre una collina vicina, nel silenzio più assoluto. KC non aveva problemi a trasportare l'uomo privo di sensi sulle spalle sul terreno insidioso. Il tenente pesava appena sessanta chili, dopo quel calvario. I quattro uomini furono raggiunti da altri due SEAL mimetizzati a circa cinquanta metri di distanza. Uno di loro si mise in posizione di comando, guidando il gruppo, mentre l'altro uomo e Anderson coprivano le retrovie per assicurarsi di non essere seguiti. Anche se era ancora buio, l'umidità incombeva sugli uomini come una coperta bagnata e, sebbene la squadra SEAL fosse abituata a quelle dure condizioni, gli ostaggi erano deboli a causa degli abusi e della malnutrizione. Anderson dovette afferrare Nichols più volte, quando il capitano inciampava.

    Tre minuti dopo aver liberato la prima collina, la squadra di KC diede il via libera, che lui trasmise al personale di supporto dell'esercito alla base. Contò per trenta secondi nella mente, poi i tangos rimasti e il villaggio saltarono in aria sotto un attacco aereo americano. Nello stesso momento, l'ultimo membro della squadra raggiunse gli altri. Pochi istanti dopo, l'elicottero che li avrebbe portati via da quell'inferno fece la sua comparsa e atterrò a mezzo campo di calcio di distanza. Abbassandosi mentre si avvicinava, la squadra salì a bordo con i due soldati salvati, poi il grande uccello militare si sollevò da terra. L'atterraggio e il decollo, ben collaudati, erano durati meno di novanta secondi.

    KC si guardò intorno e controllò la squadra: erano tutti presenti e a posto, senza segni di ferite. Gli ostaggi erano vivi e al sicuro. Il tenente Fisher era già stato curato dal medico della squadra e mostrava segni di risveglio. Grazie a Dio. Era stata un'altra missione di successo. Avrebbe voluto che andassero tutte così bene, ma era come pregare che il cielo cadesse. Non c'erano garanzie nel suo lavoro. Più invecchiava, più quella triste realtà veniva dimostrata.

    Il capitano Nichols, che era seduto accanto a KC, gli diede un colpetto sull’avambraccio. Non che non vi sia grato per averci salvati, ma l'Esercito farà comunque il culo alla Marina alla prossima partita di football.

    "Non credo, signore. Urrà!"

    La cabina dell'elicottero esplose in un coro di urrà, seguito da risate di sollievo mentre tutti si rilassavano e si sistemavano per il lungo viaggio di ritorno alla base. KC chiuse gli occhi, impaziente di tornare a casa per quattro settimane di meritata licenza.

    Che cazzo vuol dire che non riesci a trovarla? E' un buco di città, senza un cazzo di Walmart. Quanto cazzo può essere grande questo posto?

    Leo Simmons si fece piccolo mentre ascoltava la strigliata attraverso il cellulare. Aveva fatto una stronzata e Hernandez gli stava dando la possibilità di rimediare. Se non trovava la puttana e i soldi, sarebbe stato nei guai quando lo spacciatore gli avesse messo le mani addosso. Scappare sarebbe stato inutile, dato che quell'uomo aveva contatti in tutti gli Stati Uniti. Forse sarebbe riuscito a superare il confine canadese o a scendere in Messico prima che lo raggiungessero. Ma preferiva trovare la sorella di Susan e piantarle una pallottola nel cervello per essersi presa quello che era suo... beh, non proprio suo, ma del suo capo.

    Quando Hernandez interruppe la sfuriata per prendere fiato, Simmons cercò di placarlo. Il tizio del motel ha detto che era già partita. Abbiamo controllato il deposito degli autobus e poi abbiamo guidato su e giù per la strada principale. Non c'è traccia di lei, ma continueremo a cercarla.

    Sarà meglio per te, cazzo. Questo è il tuo fottuto casino. Risolvilo!

    La chiamata si interruppe e a lui venne voglia di lanciare il telefono contro il muro di mattoni del minimarket accanto al quale erano parcheggiati. Quella puttana doveva essere lì da qualche parte. La sera precedente, sul tardi, un poliziotto aveva controllato la sua patente da qualche parte in quella città di provincia. A quanto pareva, aveva avuto un incidente insieme a un gruppo di ragazze. Simmons e due tirapiedi di Hernandez avevano guidato tutta la notte per arrivare lì, ma quella fottuta troia non si trovava da nessuna parte. Non erano nemmeno riusciti a rintracciare l'auto in cui si trovavano le ragazze, per chiedere di lei.

    In preda alla frustrazione, tirò un calcio a una bottiglia nel parcheggio, poi tornò verso la Cadillac, dove lo aspettavano i suoi compagni di viaggio. Sbatté la portiera, salendo sul sedile posteriore. Facciamo un altro giro. Quella puttana deve essere qui da qualche parte.

    Capitolo Due

    KC lasciò uscire un respiro profondo e spense il motore dell'auto nel vialetto della casa al mare di suo zio. Il piccolo cottage azzurro, adagiato appena oltre le dune del litorale incontaminato, era decorato di bianco e sfoggiava una pittoresca terrazza sul tetto. Affacciata sull'Oceano Atlantico, sugli Outer Banks, la casa con tre camere da letto si trovava ai margini di una sonnolenta cittadina chiamata Whisper, nel North Carolina. La città era più una piccola e ristretta comunità in cui tutti si conoscevano, che una vivace zona turistica. Non che a KC importasse, in ogni caso. Aveva solo bisogno di un posto dove collassare quando era in licenza dopo aver salvato il mondo, come diceva a tutti lo zio Dan con orgoglio.

    Whisper, novanta minuti circa a sud di Little Creek, in Virginia, dove era di stanza la sua squadra SEAL, era il luogo perfetto per riposare e ricaricare il corpo e la mente. KC era talmente esausto che non sapeva nemmeno se avrebbe avuto la forza di arrivare dal veicolo alla porta posteriore e alla camera da letto, prima di addormentarsi rapidamente. Traendo un respiro profondo e purificante, si costrinse ad aprire la portiera dell'auto, a prendere il borsone di tela e a trascinarsi verso il portico. Amava l'odore fresco e frizzante dell'acqua salata. Era parte del motivo per cui si era arruolato in Marina invece che in uno degli altri rami dell’esercito.

    L'altro motivo era l'impressione che aveva fatto molti anni prima un Navy SEAL in pensione durante la giornata della carriera scolastica di KC. Aveva visto il fiero sguardo d'acciaio di quell'uomo, mentre descriveva l'intenso addestramento e l'impegno richiesto a tutti i SEAL, e KC aveva capito subito che voleva provarlo in prima persona. Con l’incoraggiamento di suo zio, si era arruolato appena diplomato e cinque anni dopo era sopravvissuto all'estenuante programma di addestramento SEAL BUD/s (Basic Underwater Demolition/SEAL) di sei mesi. Da allora aveva servito con orgoglio la Marina.

    Quando inserì la chiave nella serratura della porta sul retro, sentì che le settimane di tensione accumulata cominciavano a spurgare dal suo corpo. Quel posto era la sua comfort zone, il suo Eden. Il cottage e l'area circostante lo avevano sempre fortificato e non ci avrebbe messo molto a sentirsi di nuovo una persona normale. Si sarebbe liberato temporaneamente della sensazione di camminare su una corda lunghissima, preoccupandosi che la missione in corso fosse quella in cui lui o uno dei suoi compagni di squadra non sarebbero tornati a casa vivi.

    KC non riusciva a identificare il momento in cui il lavoro si era trasformato da scarica di adrenalina in una carriera estremamente stressante, ma a trentacinque anni si chiedeva se forse il suo tempo nei SEAL fosse finito. Per la quarta volta da quando aveva lasciato la base, valutò la possibilità di accettare il posto di istruttore SEAL che gli era stato offerto. In passato aveva rifiutato due volte, perché era legato alla sua squadra e non voleva lasciarla, ma ora ci stava ripensando. Non alla squadra perché, a parte lo zio e due fratelli, gli uomini del SEAL Team Six erano una famiglia per lui. Tuttavia, le missioni che avevano svolto in quegli ultimi tempi stavano iniziando a pesargli, sia mentalmente che fisicamente. Allo stato attuale delle cose, era ancora indeciso su cosa fare, ma avrebbe avuto un sacco di tempo per pensarci durante il mese di licenza. Per il momento, però, voleva solo andare a letto. Nelle sue condizioni e nel suo stato mentale, probabilmente

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