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Incontro col destino
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E-book221 pagine3 ore

Incontro col destino

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Info su questo ebook

Inghilterra, inizio XIX secolo - Per salvare il gemello da un triste destino, Miss Lucinda Lacey è disposta a tutto, perfino a rischiare la vita travestendosi da uomo e assaltando una carrozza per derubare il proprietario. La sera stessa, come se niente fosse, la giovane impersona la perfetta padrona di casa a un ricevimento in onore del gentiluomo che dovrebbe sposare, e si rende conto inorridita che lui, il ricco e affascinante Conte di Frensham, è proprio la persona che ha appena tentato di rapinare. La situazione è quanto mai imbarazzante, anche se Lucinda è ragionevolmente sicura che Frensham non possa riconoscerla. Ma è davvero così?

LinguaItaliano
Data di uscita21 nov 2013
ISBN9788858917190
Incontro col destino

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    Anteprima del libro

    Incontro col destino - Isabelle Goddard

    Immagine di copertina:

    Gian Luigi Coppola

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Unmasking Miss Lacey

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2013 Isabelle Goddard

    Traduzione di Laura Iervicella

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5891-719-0

    www.eHarmony.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    Campagna del Sussex, Inghilterra

    «O la borsa o la vita!»

    L’ordine perentorio squarciò l’immobilità della serata autunnale ed echeggiò di albero in albero, fino ad affievolirsi.

    Mentre l’uomo si svegliava di soprassalto, la portiera della carrozza si spalancò.

    «O la borsa o la vita!»

    Lui si ritrovò a fissare la canna di una pistola da duello. Una strana scelta per un malfattore, registrò fugacemente, dal momento che l’arma era vicina e l’intimazione a scendere minacciosa. Si alzò con estrema lentezza dal sedile imbottito mentre le nebbie del sonno ancora offuscavano il suo sguardo.

    Si trovavano in una piccola radura nel folto della foresta e una figura in mantello e stivali neri in sella a un cavallo marrone bloccava la via d’uscita. La luna appena sorta rischiarava la scena e illuminava il cappello a tre punte dell’uomo.

    In quel chiarore spettrale lui notò che il suo aggressore era insolitamente minuto, tutto l’opposto di ciò che suggeriva la rauca voce camuffata dietro un fazzoletto di seta. Calcolò le probabilità di avere ragione di quella palese prevaricazione e decise che erano abbastanza buone, nonostante il rischio rappresentato dalla pistola puntata. Portava con sé una notevole somma di denaro e non aveva alcun desiderio di vederla cadere in mani sbagliate.

    La puledra dal manto marrone, che aveva una chiazza bianca in mezzo agli occhi, stava diventando impaziente e continuava a impennarsi. Con un poco di fortuna le bizze dell’animale avrebbero distratto il cavaliere, che con un’arma doveva tenere a bada due uomini, il passeggero e il cocchiere.

    Finse di scendere come gli era stato ordinato, ma all’ultimo momento allungò il braccio e afferrò il polso dell’assalitore stringendolo in una morsa. Come sospettava, le ossa esili si schiacciarono sotto la sua stretta decisa e risoluta; la pistola vacillò e cadde su una zolla erbosa con un tonfo sordo. Lui scrutò gli occhi dell’aggressore dietro la maschera e si accorse che erano cupi per il timore.

    In un attimo il ladruncolo ritirò il braccio con violenza, provocando uno strappo nel polsino della camicia bordato di merletto, e fece voltare la cavalcatura spronandola al galoppo via dalla radura, come se avesse alle calcagna tutti i demoni dell’inferno.

    E così sarebbe dovuto essere, pensò lui, cupo. Le strade d’Inghilterra erano ormai libere dal pericolo di imboscate, tranne quelle del profondo Sussex, a quanto pareva.

    Recuperò l’arma, che era rimasta a terra insieme a un lembo di pizzo caduto nelle vicinanze, poi la osservò con maggiore attenzione. L’esame confermò la sua prima impressione che fosse una strana scelta per una rapina. La pistola era ben bilanciata, aveva preziose decorazioni e con tutta evidenza costava molto. Non sembrava lo strumento più adatto per un brigante!

    La fece scivolare insieme al merletto nella capace tasca del suo cappotto da viaggio e poi chiamò il cocchiere.

    «È tutto a posto, Fielding. Non c’è più pericolo.»

    L’uomo scese da cassetta e arrivò subito al suo fianco con il respiro affannoso e lo sguardo basso. «Non ho avuto altra scelta che fermarmi, milord.» Gli tremava appena la voce. «Ha minacciato di sparare ai cavalli e poi a me.»

    «Era solo un miserabile» fu il commento ironico. «Sono pronto a scommettere che fosse un giovinastro del luogo abituato ai bagordi o deciso a vincere una scommessa.»

    «Non lo so, milord» borbottò Fielding dubbioso. «Per me aveva tutta l’aria di un vero malfattore.»

    «Non avrebbe di certo avuto possibilità di vincere se non fosse stato credibile.»

    «Chiunque fosse, ha tagliato le redini» affermò il cocchiere preoccupato.

    Il gentiluomo si diresse davanti ai cavalli e recuperò la striscia di cuoio penzolante. «Una mossa intelligente per un giovane inesperto.»

    «Proprio così, milord. Siamo bloccati qui.»

    «Tu sei bloccato, Fielding» lo corresse lui in tono gentile sganciando le briglie spezzate da uno degli animali. «Io raggiungerò a cavallo la locanda più vicina e lì noleggerò un mezzo di trasporto.»

    Il cocchiere si lasciò sfuggire un sospiro, che non fu notato, in apparenza. «Domani cercherai il sellaio più vicino e gli farai sostituire i finimenti. Nel frattempo dobbiamo trovare un posto dove tenere carrozza e cavalli. Appena possibile, darò istruzioni perché vengano a recuperarti» si affrettò ad aggiungere accorgendosi che il vetturino tornava a sospirare, questa volta più forte.

    Lucinda cavalcò a velocità folle aggrappata al collo della puledra. Perse tempo a tracciare un intricato itinerario attraverso gli alberi, ma doveva assicurarsi di essersi liberata di ogni probabile inseguitore. Appena fuori dalla foresta, si lanciò lungo il sentiero dissestato che solo un’ora prima aveva percorso con tante speranze. Doveva mettere quanta più distanza possibile tra sé e quella che poteva essere la sua dannazione.

    Niente aveva funzionato nel suo piano. L’uomo nella carrozza non avrebbe dovuto reagire, ma sottomettersi e obbedire. Era stata lei a rimanere soggiogata dal suo aspetto affascinante; si era ripresa solo quando le aveva afferrato il braccio con insospettabile forza, costringendola a lasciare cadere la pistola e a fuggire.

    Il polso sinistro le doleva ancora moltissimo e tenere le redini le procurava una fitta di dolore. Ringraziò il cielo che Blaze conoscesse da sola la strada verso casa e che fosse in grado di ricondurvela in tutta sicurezza.

    La puledra cominciò a rallentare appena in lontananza comparve una densa macchia di alberi inerpicata sul fianco della collina. Tra i fitti rami si nascondeva un segreto, vitale per i suoi piani in caso avesse portato a termine il compito che si era prefissa.

    Ci sarebbe riuscita? Quella serata si era già rivelata un disastro e lei non poteva permettersene un altro. Per fortuna aveva preso l’improvvisa decisione di abbandonare la pistola e fuggire al galoppo. Se non avesse adottato la precauzione di tagliare i finimenti prima di... Non voleva nemmeno pensarci.

    Era sicura che l’uomo avrebbe raccolto l’arma, ma non sarebbe riuscito a risalire a chi apparteneva. E anche se lo avesse fatto, avrebbe scoperto solo che il proprietario stava marcendo in una pidocchiosa prigione di Londra.

    Suo fratello! Le salivano le lacrime agli occhi ogni volta che ripensava alla delusione che stava per infliggergli. Adesso per lui non ci sarebbe stata alcuna possibilità di sfuggire a quel destino. Sarebbe rimasto chissà ancora per quanto tempo in quel posto lurido, ammalato e circondato da sporcizia, proprio dove lo aveva lasciato qualche giorno prima.

    Scivolò giù di sella e si avviò verso una parete di fronde e fogliame. Incoraggiando Blaze a proseguire, sollevò i rami intrecciati a uno a uno fino a rivelare una ruvida porticina di legno, che conduceva nelle viscere della collina e che si aprì dopo che lei ebbe tirato la maniglia di ferro.

    Era al sicuro ma, grazie ai suoi pasticci, Rupert era ancora in pericolo.

    Assumere le sembianze di un malfattore era stata una follia, ma dalla sua visita a Newgate non era stata capace di togliersi quell’idea dalla mente. Era stata colpita da uno dei compagni di prigionia di Rupert, una montagna d’uomo con un’irsuta barba nera e intensi occhi scuri. Le aveva sorriso con insolenza mentre un secondino la scortava alla miserabile cella del fratello, e lei si era sentita costretta a chiedergli come si chiamava.

    «Black Jack Collins» aveva risposto il carceriere. «È uno di quelli che chiamano gentiluomini di strada. Verrà impiccato prima della fine della settimana.»

    Nonostante quella cupa predizione, l’immagine di Black Jack Collins era rimasta nella sua mente. Gentiluomo di strada sembrava un termine meno brutale di bandito e, se lei fosse diventata un fuorilegge solo per una notte, avrebbe potuto salvare suo fratello.

    L’idea non l’aveva più abbandonata e così si era gettata in quell’avventura, sollevata di avere trovato un modo per aiutare Rupert. Doveva solo portare a termine una rapina con successo. Avrebbe scelto un facoltoso viaggiatore, qualcuno a cui non sarebbe importato molto perdere una parte delle sue ricchezze. Non sarebbe stata un’impresa semplice, tuttavia non impossibile.

    L’audacia del piano l’aveva fatta fremere di eccitazione. L’abito scuro era appartenuto a suo fratello e Molly lo aveva dovuto restringere per adattarlo alla sua esile figura. La madre di Molly, che lavorava come cameriera all’albergo Four Feathers, aveva trovato un tricorno in fondo a un armadio polveroso, dove doveva essere stato abbandonato dal suo proprietario. E lei non aveva avuto nessuna difficoltà a procurarsi un’arma. Le pistole da duello di Rupert erano in bella mostra sulla parete della camera da letto del fratello. Ne aveva presa una sperando di non doverla usare.

    Una organizzazione meticolosa che però non aveva portato a nulla!

    L’avventura era iniziata piuttosto bene. Il cocchiere era stato spaventato dalla vista della pistola e aveva fatto fermare i cavalli all’istante, ma l’uomo che lei aveva deciso di rapinare non era stato altrettanto obbediente e tutti i suoi meravigliosi piani si erano infranti.

    Poco più avanti, nel punto in cui l’angusto passaggio si diramava in direzioni opposte, la accolse il chiarore di una torcia. Blaze emise un debole nitrito alla vista della figura in attesa.

    «Miss Lucy, sia ringraziato il cielo! Siete tornata finalmente!» Una giovane ragazza le corse incontro. «Vi aspettavo molto prima.»

    «Ci sono stati dei problemi, Molly, perciò ho dovuto prendere la strada più lunga.»

    «Problemi, Miss Lucy?» L’espressione della cameriera si fece preoccupata. «Allora non avete...?»

    «No. Sono tornata a mani vuote.»

    «Avete trovato la carrozza, quella di cui ci ha parlato mia madre?»

    «Sì, l’ho trovata.» La voce di Lucinda era venata di stanchezza. «L’ho anche costretta a fermarsi. Ma il suo passeggero si è rivelato troppo forte per me e...» Esitò per qualche istante. «Ho rischiato di essere catturata.»

    La domestica trasalì.

    «Non preoccuparti.» Lucinda la confortò con un abbraccio veloce. «Blaze mi ha condotto via e, come vedi, sono sana e salva.»

    «Grazie al cielo siete a casa, Miss Lucy. Sono stata così in ansia. Ma...»

    «Ma?»

    «Prevedo problemi. Vostro zio è fuori di sé.»

    «Zio Francis? Che cosa gli è successo?» Non poteva avere avuto sentore della sua prodezza.

    «Non lo so con certezza, ma un’ora fa ha chiesto di voi. Io gli ho detto che eravate a letto con il mal di testa. Lui però è andato in collera al punto da farmi temere che sarebbe arrivato a bussare alla vostra porta esigendo di entrare.»

    «Allora devo assicurarmi di essere lì quando arriverà» replicò Lucinda con una vivacità che era ben lungi dal provare. E mentre la cameriera conduceva via il cavallo, si diresse dalla parte opposta e iniziò a salire le scale nascoste.

    Si era appena tolta gli abiti incriminati e aveva indossato una vestaglia quando sentì un vigoroso bussare e subito dopo suo zio fece il suo ingresso nella stanza.

    Lucy cercò di assumere un atteggiamento sofferente e sperò che le guance non fossero troppo rosee a causa della galoppata serale.

    Francis Devereux piantò la sua figura grassoccia davanti alla finestra e fissò la nipote. «Ho saputo dalla tua cameriera che soffri di mal di testa. Non hai pensato di informarmi? A cena ti ho aspettato per almeno mezz’ora.»

    Avrebbe dovuto pensarci. I pasti erano sacrosanti per suo zio, che non tollerava ritardi. «Mi dispiace, zio. Molly era intenta a occuparsi di me, altrimenti l’avrei mandata subito da voi con un messaggio.»

    Lui si schiarì rumorosamente la voce esprimendo tutta la sua disapprovazione. «Spero che il suo aiuto sia stato efficace. Ti sei ristabilita?»

    Lucinda pensò che fosse meglio assentire. Anche alla luce delle candele chiunque poteva vedere che stava bene. «Mi ha fatto bere un meraviglioso decotto preparato su ricetta di Mrs. Tindall, sua madre. Sono riuscita a riposare e adesso sto bene.»

    I piccoli occhi azzurri dello zio la scrutarono con attenzione. «Sono felice di sentirlo. Hai un ottimo aspetto e stasera questo è particolarmente importante.»

    Cominciò a passeggiare avanti e indietro nella stanza mentre il pavimento di legno scricchiolava sotto il suo considerevole peso. Dopo qualche minuto si fermò per guardare in faccia la nipote e notò la sua perplessità.

    «Vorrei che tu apparissi al meglio.»

    Come spiegazione era piuttosto enigmatica. Lei stava cominciando a pensare che forse lo zio aveva bevuto troppo a cena, ma subito dopo l’uomo riuscì a stupirla.

    «Date le circostanze, è una vera fortuna che non sia ancora arrivato, anche se non riesco a capire le ragioni di questo ritardo.» Il tono era irritato e l’espressione corrucciata. «Deduco che sarà con noi domani al più tardi.»

    «Chi?»

    «Non ascolti mai, Lucinda?»

    Lei fece del proprio meglio per apparire mortificata, ma le risultò difficile. Non aveva idea a chi lui si riferisse e non ricordava che le avesse parlato di un ospite in arrivo. Le visite a Verney Towers erano davvero rare. Inoltre lei non dava mai molta importanza alle piccole trame dello zio e quella sera ancora meno.

    La sua mente, infatti, era ossessionata dall’idea del patibolo. Se fosse stata scoperta avrebbe rischiato di fare quella fine. Per fortuna si era salvata, ma aveva fallito e il suo amato fratello gemello era ancora in prigione con la terribile prospettiva di soccombere alla malattia, o a qualcosa di peggiore.

    Tuttavia cercò di assumere un’espressione compiacente per non destare alcun sospetto.

    «Mi dispiace, zio Francis. Evidentemente me ne avete parlato qualche tempo fa e io l’ho dimenticato.»

    Doveva fare in modo che se ne andasse presto perché le vicende del pomeriggio le stavano procurando una enorme stanchezza, il polso le doleva e desiderava solo dormire.

    Il suo tutore si mosse con un gesto impaziente e, quando parlò, dal suo tono trasparì un misto di irritazione e indulgenza. «Non riuscirò mai a comprendere come le donne riescano a ricordare la sfumatura precisa di un nastro, mentre dimenticano con facilità le cose importanti.»

    Lucy provò un moto di indignazione. Suo zio era uno degli uomini più noiosi che avesse mai incontrato. Il suo carattere era una combinazione di sciocco orgoglio e di rettitudine morale, non certo una sintesi felice. Ma doveva liberarsi di lui, per cui si sforzò di mostrarsi amabile. «Vi prego, rammentatemi di cosa si tratta, zio.»

    «Il Conte di Frensham sta per farci visita!» annunciò Francis Devereux con l’aria di un direttore di circo sul punto di presentare il suo numero più famoso.

    «Capisco.» Sapeva che la reazione era inadeguata, ma lo zio era troppo impegnato a congratularsi con se stesso per accorgersene.

    Aveva ripreso a camminare e il cigolio degli stivali nuovi si sovrappose a quello del pavimento in una fastidiosa dissonanza. «Non ti ho informato prima che era arrivato un messaggio da parte del conte perché non volevo turbarti senza motivo.»

    Voi avete pensato che fosse meglio non mettermi in guardia,

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