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Calabria positiva
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E-book276 pagine3 ore

Calabria positiva

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Info su questo ebook

Riuscirà la Calabria a vincere le sfide che i processi di modernizzazione e di globaliz-zazione stanno imponendo a tutte le regioni della Terra? Oppure è destinata a rimanere la stessa regione con tutti quei problemi e contraddizioni che la distinguono? Questa è in sintesi la domanda che si pone Saverio Ciccarelli, giornalista e avvocato, che da anni studia le evoluzioni della sua terra.

LinguaItaliano
Data di uscita18 nov 2010
ISBN9788895031781
Calabria positiva
Autore

Saverio Ciccarelli

Saverio Ciccarelli è nato a Tropea nel 1962. Laureatosi in Giurisprudenza nel 1987 all’Università “La Sapienza” di Roma, dal 1992 svolge la professione di avvocato; giornalista-pubblicista (ex corrispondente dei quotidiani “Oggisud” e “La Gazzetta del Sud”), è direttore (nonché fondatore) del mensile “La Piazza”. Da sempre presente nel mondo del volontariato cittadino, è socio fondatore della Accademia degli Affaticati di Tropea; ha pubblicato: nel 2006 “Tropea - Storia, arte e gastronomia”; nel 2007 “Scatti a Tropea” (Meligrana); nel 2008 “Tropea – Storia, arte e attualità”.

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    Anteprima del libro

    Calabria positiva - Saverio Ciccarelli

    «D’ora innanzi neppure gli orologi staranno al sicuro nei taschini. Siamo in piena Calabria». Nel parlamento della Provincia di Buenos Aires si sta litigando sulla sottrazione di documenti elettorali e un tale deputato Lanusse, non trova di meglio che l’infelice espressione «in piena Calabria» per qualificare, in negativo, una situazione tutta interna a quell’assemblea. Siamo nel gennaio 1887. Lanusse, par di capire, non conosce neppure la Calabria, non sa dove sia. Eppure utilizza il suo nome con un «vilipendio gratuito» come evidenzia indignata «La Patria Italiana», il grande quotidiano coloniale che si pubblicava in Argentina, che difende invece «la laboriosa e virile provincia d’Italia» da «quella calunnia fantastica e scombiccherata che i confezionatori di romanzacci scaraventano periodicamente dalla Francia e che a tratti si ripete altrove con la medesima coscienza di un pappagallo ammaestrato». «In piena Calabria?», titola il quotidiano, che conclude così la sua difesa: «Prenderla, dunque, a termine di paragone per designare un paese di briganti, di ladri, di malviventi è cosa che oscilla fra l’ignoranza bestiale e la menzogna spudorata».

    Quanti Lanusse ha dovuto sopportare e subire e quanti difensori ha avuto come il quotidiano degli emigrati? Quel che dimostra questo episodio, uno dei tanti, è che sulla Calabria esiste un antico pregiudizio, dall’Ottocento in poi amplificato da una letteratura commerciale nata Oltralpe, e più recentemente da un giornalismo che sceglie la comodità degli stereotipi alla fatica di una analisi senza pregiudizi. Ancora oggi, così, la Calabria è vista con occhi «stranieri», e su di essa si imperversa anche quando produce fatti positivi.

    Collaudati clichés, in una società dell’informazione costretta a una produzione massiva che non trova il tempo per sopportare fatiche interpretative continuano così – come faceva notare anni fa lo storico Augusto Placanica, impegnato a contrastare l’idea solo negativa prevalente sulla regione – a «calunniare» un’intera terra, leggendola attraverso «specchi bruniti» o deformanti, senza separare il grano dal loglio, descrivendola come l’inferno in terra. Sappiamo bene, purtroppo, di quale considerazione mediatica, a volte a ragione e spesso a torto, «goda» questa complicata regione, raccontata sempre in nero, giudicata sommariamente e condannata.

    Se a tutto questo si aggiunge un giornalismo locale a volte pigro, strutturalmente debole e perciò incapace di una forte autodifesa, e l’antico vizio dell’autodenigrazione che non risparmia la gran parte della cosiddetta intellettualità calabrese, si ha una dimensione del perché quell’antico pregiudizio espresso dal deputato Lanusse, ancora perduri intatto.

    Questa lunga premessa, che potrebbe anche apparire soltanto un espediente retorico, mi è sembrata utile, in un momento in cui la percezione della Calabria è in una fase paurosamente decrescente e si registra un clima istituzionale ostile nei confronti di un Mezzogiorno che in tanti, Lega Nord in testa, considerano perduta, per spiegare quanto sia importante un libro come questo di Saverio Ciccarelli intitolato «Calabria positiva», che presentiamo: esso sa di sfida culturale e merita di essere letto e discusso a voce alta. L’autore propone, infatti, una lettura della Calabria con i suoi problemi e i suoi valori e lo fa senza complessi, convinto com’è, e come dimostra, che una «Calabria positiva» c’è e può vincere su quella Calabria che, diciamocelo pure, ha fatto molto per alimentare il pregiudizio antico di cui abbiamo detto. Operazione non semplice che però è tentata con successo.

    Quanto bene, però, conosciamo la nostra terra? Le sue origini, la sua storia, il presente e soprattutto le potenzialità? Questi gli interrogativi che hanno affollato la mente di ognuno di noi almeno una volta nella vita, ai quali Saverio Ciccarelli cerca di dare delle risposte in un libro che è un viaggio affascinante in una Calabria diversa. Nella quale l’autore affonda le sue radici e, pervaso da autentico amore, prova a ribaltare la prospettiva, a mostrare in sostanza il lato più vivibile e sorprendente di una regione che è stata sempre declinata in negativo.

    Il viaggio di Ciccarelli parte da lontano, dalla conformazione morfologica e oceanografica della Calabria per capirne le vere origini, per poi proseguire con l’analisi del patrimonio storico, artistico, religioso e civile della regione. Senza tacere sui suoi problemi più antichi e radicati, come l’invasività della criminalità organizzata, ma soffermandosi soprattutto su quello che c’è di buono e di positivo.

    Proprio a quella «Calabria Positiva» fa riferimento l’autore in questo libro, che si fa forte di tante esperienze umane e imprenditoriali di successo e di qualità per indicare le realtà da valorizzare e la strada da seguire.

    Enogastronomia, bellezze naturali, patrimonio artistico, storico e culturale sono, infatti, gli assi da giocare per un vero e proprio rinascimento calabrese e le proposte di Ciccarelli sono tante: si parla di turismo sostenibile, che potrebbe diventare il vero e proprio core business di un territorio dalle così ingenti risorse naturali, ma anche della valorizzazione dei prodotti tipici, da gustare e considerare un patrimonio inestimabile.

    Perché una Calabria piccante, nella quale si sente forte l’aroma della cipolla di Tropea e si distinguono netti e inconfondibili i profumi del cedro e del bergamotto, è una Calabria diversa e da scoprire, perché spesso sconosciuta soprattutto a chi viene da fuori regione. Come lo è quella dei vancali di Tiriolo, delle stupende sete di Longobucco, e delle ceramiche, con i Babbaluti di Seminara, le cuccume e i porroni.

    In questo «Calabria Positiva», davvero ben documentato, l’autore fa poi uno sforzo che alla luce di alcuni fatti di cronaca recenti potrebbe essere letto come qualcosa di davvero «eroico»: quello di dipingere una sanità che non è solo quella che troppo spesso viene additata come malasanità, ma è fatta anche di centri d’eccellenza, di professionisti di prim’ordine e di strutture che nulla hanno da invidiare a quelle dei migliori ospedali italiani.

    Senza dimenticare, infine (e Ciccarelli in questo libro per fortuna non lo fa) che la nostra regione è terra di accoglienza: da noi integrarsi non è difficile, e scardinare certi pregiudizi diventa agevole grazie anche a un senso forte di comunità che non è mai venuto meno e che è sempre più inclusivo. I calabresi non dimenticano certo di essere stati tra i primi a lasciare la terra natale in cerca di un futuro migliore, continuano a farlo ancora adesso, anche se gli ultimi fenomeni migratori hanno natura e scopi ben diversi: questo forse li rende più sensibili verso chi da un altro Paese viene a vivere nelle loro terre, addirittura desiderosi di mostrarne il lato migliore. La Calabria è quindi una regione in movimento, come spiega Ciccarelli in questo volume che è un’interessante sfida ai luoghi comuni. Ma tra chi va e chi viene c’è come un legame impercettibile, in cui la nostalgia è unita da un trattino di congiunzione alla solidarietà. È per questo, forse, che in Calabria non si rimane mai soli.

    Permettetemi, tra l’altro, un’annotazione che spero non sembri banale e che ha a che vedere proprio con il movimento: l’idea evocata dall’autore merita di essere supportata da un adeguato sviluppo dei collegamenti stradali, autostradali, ferroviari e aeroportuali. Un investimento da fare con intelligenza, e possibilmente senza sprechi, per permettere a tutti, dal resto d’Italia, dell’Europa e del mondo, di godere delle bellezze calabresi senza maledire le lunghe code in autostrada o gli estenuanti cambi di stazione in treno. Nel Por Calabria 2007-2013 ci sono le premesse di quel cambiamento che Ciccarelli nel suo saggio già intravede.

    Immergendosi, quindi, nella lettura di un libro fresco, insolito e originale, forse per un momento si potrà dimenticare la Calabria di cui ci hanno sempre raccontato. Di cui non si può negare l’esistenza. Ma non è la sola Calabria possibile.

    Pantaleone Sergi

    * * *

    NOTA CRITICA

    Raccontare la propria terra non è mai semplice. Ci si vive dentro e non la si conosce, oppure si scappa via senza volerla ricordare e raccontare per come essa è realmente. Lavandoci nell’ingratitudine la ripaghiamo a questi modi per ciò che non ha dato o che ha tolto, senza capire che essa ha bisogno di aiuto costante. Ha bisogno di noi, di sostegno continuo come una cosa viva.

    Non esiste la crudeltà della cronaca, la sfacciataggine dell’attualità, i modi a volte bruschi della comunicazione in questo racconto tratto in fondo da un’intensa attività giornalistica. La conoscenza del peggio – di dominio pubblico – è tenuta fuori da queste pagine che non compongono un romanzo, bensì mettono nero su bianco il significato e la bellezza di una terra che scaturisce un naturale senso di affezione.

    Calabria positiva è una piccola enciclopedia, strutturata come un vero e proprio vademecum dove sono contenute notizie pratiche di facile e pronta consultazione, senza tralasciare dovizia di particolari e aneddoti.

    Il primo elemento che colpisce nella lettura di questa lunga storia calabrese a spasso nei tempi è la forma, il trasporto con cui è stata scritta. Attingendo proprio da un lungo percorso giornalistico, storico mensile La Piazza incluso, Saverio Ciccarelli apre uno spazio ben diverso dagli altri innumerevoli libri dedicati al territorio, una sorta di zona franca dall’eco delle brutture per descrivere che cosa è la Calabria nonostante noi, isolando la contemporaneità. Indubbiamente il tempo è uno dei fattori plasmanti principali, colui che getta continuamente le basi per confonderci tra identità e attualità. Eppure desta sempre meraviglia leggere la propria terra attraverso le parole di chi non la ha abbandonata, riservando principalmente infinito amore per ogni cosa che la compone.

    Non conoscevo la mia terra così, non mi sono mai accostato a lei. Questa parole possono appartenere a troppi e, come un’equazione che non torna, in pochi appartengono alla Calabria, anche se da lì non si sono mai mossi. Ma leggo un messaggio subliminale all’interno di Calabria positiva, un incitamento ad abbandonare le frustrazioni che l’Oggi regala per chiedersi che cosa significa essere calabrese e quanto ci si senta d’esserlo. Essere calabrese non significa nascere qui, significa custodire al proprio interno una gloriosa storia e raccontarla, anche se si decide di andar via. Un po’ come quando conosciamo una persona che col tempo diviene per noi cara, un’amica; possiamo perderla di vista, litigare con lei, ma sapremo sempre che cosa essa è per noi. Come un riconoscimento che non va via. Non sapendo essere dei buoni calabresi in questo stenteremmo a diventare qualunque altra cosa credo, rinnegando la nostra naturale prima appartenenza, per un mancato senso di inclusione che spesso deriva da noi stessi.

    Ciò che siamo non viene portato via in blocco dai quotidiani fatti negativi, ma viene deturpato sempre più, offeso sempre più. E credo che ci si debba soffermare sul senso delle nostre azioni, per rispetto della Storia, della dignità e del senso di appartenenza ad una comunità. La Calabria non ha braccia per respingere ma porti per accogliere. Chi parte siamo noi, con le nostre convinzioni e le nostre piccole cecità.

    Annarita Castellani

    * * *

    INTRODUZIONE

    Calabresi di dentro e Calabresi di fuori

    Da sempre ho cercato l’essenza di questa meravigliosa terra, ma solo ora penso di aver trovato la chiave di volta per poter dire: Questa è la Calabria, così sarà in futuro la mia terra. Non è presunzione ma un prepotente bisogno di sapere da dove viene questa terra e che futuro avrà. Quell’ansia che ognuno di noi ha nel trovare le sue origini nell’ambito familiare l’ho riportata nel cercare le origini ed il rapporto con essa. Il bisogno di scoprire cos’è stata e cos’è la terra che mi ha fatto crescere e nella quale mi trovo. Se una domanda del genere, con grande umiltà e amore, se la fossero posta e se la ponessero oggi le migliaia di calabresi sparsi per il mondo, la storia della nostra regione e quella dei molti emigrati avrebbe avuto un altro senso.

    Sono convinto che i calabresi siano andati via per motivi diversi: alcuni per bisogno economico, altri per fare carriera, ma credo che molti, purtroppo, abbiano emigrato senza nemmeno provare a cambiare o ad adattarsi alla vita che qui si svolge. Quasi fossero già programmati sin dalla nascita ad andare via dalla Calabria. E lo hanno fatto senza pensarci su nemmeno un attimo, seguendo un input che ci viene inculcato sin da bambini.

    Quando si parla di Calabria è facile cadere nella retorica o nel fatalismo che questa regione ispira; è per questo che, parlandone, abbiamo l’obbligo di sgombrare il campo da ogni sacro fatalismo e da ogni sconforto. Sono immagini certamente romantiche quelle della Calabria creata da Dio, come una delle terre più belle e più aspre. Immagini sublimi di indubbio valore poetico che, però, non debbono distoglierci dal cogliere l’anima ed il vero senso della nostra terra che, per le sue bellezze ambientali, possiamo anche paragonare ad un Eden, ma non limitandoci o lasciandosi intrappolare da questa immagine idilliaca. L’impronta di questo lavoro è puramente giornalistica e quindi non vi è alcuna pretesa di invadere campi della storia, della sociologia o dell’economia, per approfondire i quali si rimanda alle numerose pubblicazioni già in commercio; la nostra pretesa è quella di fornire degli spunti di riflessione, partendo dal come la Calabria si è formata, dalle bellezze ambientali di cui oggi possiamo godere e, passando per le tracce che ha lasciato l’uomo antico e per quelle che lascia l’uomo contemporaneo, giungere all’idea di una Calabria normale, di una regione ricca di potenzialità, la cui valorizzazione richiede una tenacia, un coraggio ed un impegno particolari, pari a quelle che l’uomo ha sempre dimostrato vivendo in questa realtà. Verificando il dato naturalistico, ambientale e storico, comprenderemo che il futuro di questa regione è già presente e si svolge nell’ambito del suo passato.

    Di tutto ciò i calabresi - e forse anche l’uomo comune che si avvicina alla Calabria - non sono consapevoli. Ciascuno dovrebbe ricordare che noi oggi siamo un’infinitesima parte della storia di questa regione, siamo in un momento della sua storia, non siamo la sua storia. A volte - insieme a qualche cronista che viene da queste parti - abbiamo la presunzione di credere che siamo noi il tempo e lo spazio, noi il metro per misurare oggi la Calabria, dimenticando che questa è una terra che c’è stata prima di noi, c’è oggi e ci sopravviverà. Queste riflessioni, volutamente brevi e superficiali, servono a farci capire cosa sarà di questa regione e che futuro prepariamo per i nostri figli.

    Il nostro viaggio non può che iniziare dall’analisi del territorio e dell’ambiente, per poi elencare le tracce che l’uomo ha lasciato nel periodo del suo insediamento in Calabria e trarre delle conclusioni economiche e sociali che cercheranno di dare il senso all’intero viaggio.

    L’autore

    * * *

    CAPITOLO PRIMO

    Gli elementi

    La natura

    La forza della natura e la forza dell’uomo nei millenni hanno forgiato questi 15˙080 kmq di superficie e hanno dato loro una collocazione ed una conformazione unica, nel bene e nel male. Gli 800 km di costa (pari al 19% dell’intera estensione italiana), da sempre esposti alle forze della natura che ha portato distruzioni e anche capolavori di bellezza incomparabile (scogliere, insenature e formazioni rocciose), sono sempre stati anche sottoposti alla forza dell’uomo che, come la natura, ha portato distruzioni e saccheggi, ma anche opere d’arte ed architettoniche di straordinaria bellezza. Il territorio per quasi la metà della sua estensione è collinare, montuoso per il 41,8% e pianeggiante per il 9%. Ciò che di meraviglioso vi è in questa regione dal punto di vista ambientale e naturalistico fa un tutt’uno con i terremoti, le alluvioni, le frane, i maremoti e tutto ciò in cui la natura mette la sua forza. Dati statistici e studi scientifici ci hanno chiaramente ed inequivocabilmente collocati come una delle regioni più sismiche d’Italia, quindi come una terra ballerina. Un dato duro, terribile, ma vero e con cui bisogna fare i conti. Non esiste divinità o fatalismo che possa scongiurare od evitare ciò: siamo una regione ad altissimo rischio sismico, con conseguenti frane e maremoti.

    Ciò riguarda la consistenza della terraferma, ma anche le invasioni che avvengono dal mare: si pensi che su circa 800 km di coste, il 59,5% del totale (circa 415 km di costa) sono a rischio erosione.

    Oggi sappiamo che, nella formazione del territorio, le cause naturali si sommano a quelle umane: l’effetto delle infrastrutture realizzate sui fiumi, il prelievo di acqua dai torrenti, l’incremento urbanistico sulla fascia costiera o la presenza di alcuni porti, anche quelli più piccoli che a volte sono stati realizzati senza prevedere la loro influenza sulla circolazione delle acque marine.

    La Calabria, come le altre regioni, oggi è il frutto di notevoli e diverse trasformazioni avvenute nei secoli. La natura e l’uomo hanno portato modificazioni e non necessariamente, come siamo portati a credere, solo distruzione e negatività. Frane, terremoti, maremoti, alluvioni sono fenomeni del tutto naturali che, in questa terra, forse perché stridono maggiormente e ne feriscono la bellezza, vengono visti come eventi senza scampo e, certamente, vengono drammaticamente esaltati. È la natura che fa il suo lavoro, qui come altrove, ma forse in Calabria con una maggiore forza sprigiona i suoi elementi primari: fuoco, acqua, terra e aria. Rivoli di acqua, sotterranea e all’aperto, che scorrono dalle montagne verso il mare, e la forza del mare, che sbatte continuamente sulla costa e s’insinua dappertutto, ma anche sismi e microsismi, che fanno franare la terra e la fanno scorrere a valle, portano distruzioni alle opere realizzate dall’uomo e continue modifiche del territorio. Ma il movimento fa parte di questa terra, è connaturato ad essa. È la sua caratteristica, il movimento è imprescindibile dall’idea di Calabria. Quando si ragiona di un oggetto, di un evento, di un territorio, di un popolo, per comprenderlo, bisogna esaminare la sua variegata complessità. Una terra in movimento nella quale anche i suoi abitanti sono in continuo movimento.

    È questa, forse, l’essenza della Calabria: terra di movimento di uomini e di merci. È una terra in cui passano le merci per la Sicilia, per i grandi porti del pianeta e dove passano gli immigrati in cerca della fortuna; è una terra dove passano anche i suoi abitanti, in perenne movimento verso posti e luoghi che ritengono migliori. Ma è anche terra di antiche e nuove invasioni.

    Parlare della Calabria senza l’idea di movimento ed in perenne mutamento non ha senso. Come non ha senso sorprendersi o negare questi movimenti. Ai terremoti si aggiungono i movimenti franosi. Il Piano di assetto idrogeologico della Calabria indica 5˙581 aree a rischio di frana, di cui 1˙775 a rischio elevato, dove esiste la possibilità di danni a persone, ad edifici e ad infrastrutture che ne comportino l’inagibilità e 747 aree a rischio molto elevato, dove esiste la possibilità di perdita di vite umane o lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici ed alle infrastrutture e alle attività socio-economiche. I comuni interessati da aree in frana a rischio molto elevato sono 268 e vengono individuati 626 punti d’attenzione. Ecco il motivo delle continue frane di cui sono ricche le cronache quotidiane.

    Secondo i risultati della recente indagine Ecosistema Rischio 2009 curata da Operazione Fiumi (la campagna di sensibilizzazione e prevenzione organizzata da Legambiente e dal Dipartimento della Protezione Civile dedicata al rischio idrogeologico), il 100% dei comuni

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