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La tromba dell’ultimo giudizio contro Hegel ateo ed anticristo. Un ultimatum
La tromba dell’ultimo giudizio contro Hegel ateo ed anticristo. Un ultimatum
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E-book545 pagine3 ore

La tromba dell’ultimo giudizio contro Hegel ateo ed anticristo. Un ultimatum

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“(...) se la fedele osservanza del principio hegeliano vale come un titolo di merito, in base al quale viene garantita l'ammissione agli uffici pubblici, allora tutti i giovani he-geliani dovrebbero essere, di colpo, insigniti di cariche e onori, mentre i vecchi hegeliani dovrebbero immediatamente perdere i loro uffici ed essere cacciati dalle cattedre. Ma sono questi ultimi ad essersi piuttosto allontanati da Hegel, forse solo ufficialmente e in apparenza, per operare di nascosto con tanta maggior sicurezza, per il si-stema infernale – la macchina infernale che deve far sal-tare in aria lo Stato cristiano. I giovani hegeliani, al contrario, sono i veri, autentici hegeliani. In quale pericolo versano dunque i governi, se si dovesse sostenere ancora a lungo l'ipocrita equivoco, che i vecchi hegeliani hanno saputo così ben produrre! Allora fuori la verità! Fuori il nocciolo del sistema! Ma anche voi, vecchi hegeliani cacciate fuori la voce!”

LinguaItaliano
Data di uscita13 apr 2014
ISBN9788898926022
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    La tromba dell’ultimo giudizio contro Hegel ateo ed anticristo. Un ultimatum - Bruno Bauer

    Bauer ardente di rabbia salta di stella in stella,

    e la sua mano agita come clava la ‘Posaune’.[¹]

    La Posaune è certamente lo scritto più celebre di Bruno Bauer.[²] Il pamphlet, pubblicato anonimo con il titolo La tromba dell’ultimo giudizio contro Hegel ateo ed anticristo,[³] si presenta come l’opera di un pietista che imputa ad Hegel di nascondere, dietro l’apparente difficoltà del suo lessico filosofico, pericolose tesi atee e rivoluzionarie.

    Come sempre per cogliere il senso di un un’opera, bisogna chiedersi come e per chi essa è stata scritta. Per tre quarti la Posaune consta di citazioni tratte da testi hegeliani, montati in modo tale da far loro dire ciò che Hegel non avrebbe mai sostenuto. La tecnica del montaggio era particolarmente cara a Bauer, che la svilupperà nei suoi scritti storici della metà degli anni Quaranta. Il testo si presenta come una doppia falsificazione: da un lato Bauer si nasconde dietro le sembianze di un intransigente reazionario critico di Hegel, apparentemente per evitare la censura; dall’altro falsifica il pensiero hegeliano montandone i testi in modo tale da produrre tesi rivoluzionarie. La virulenza eversiva della filosofia hegeliana così prodotta viene inoltre accentuata dai toni reazionari del presunto autore dell’opera. A questo punto è lecito chiedersi a chi era finalizzata questa messa in scena e questo intenzionale fraintendimento di Hegel. Va detto che Bauer era considerato un fine conoscitore del pensiero hegeliano, tanto che Philipp Marheinicke affidò a lui la cura della seconda edizione delle Lezioni sulla filosofia della religione di Hegel.[⁴]

    Nel 1842, nella Rheinische Zeitung, apparve un breve articolo dal titolo Der Mythe von Hegel.[⁵] L’autore era Bruno Bauer. Lo scritto prende spunto da un luogo comune relativo all’eredità hegeliana: correva voce che prima di morire Hegel avesse affermato che nessuno dei suoi allievi lo avrebbe compreso, tranne uno che lo avrebbe però frainteso. Bauer non intende seguire la mitologia che vuole il pensiero hegeliano particolarmente oscuro e complesso, ma prende la direzione opposta: da un lato afferma che non è assolutamente vero che gli scritti di Hegel sarebbero incomprensibili, e che anzi migliaia di lettori lo avrebbero compreso molto bene; dall’altro lato afferma però che, come ogni mito popolare, anche questo contiene un nocciolo di verità. Secondo Bauer l’affermazione hegeliana che nessun allievo lo avrebbe compreso andrebbe presa alla lettera, ma nel senso che la vera comprensione della sua filosofia iniziò solo dopo la sua morte. Così, nello scritto pubblicato sulla Rheinische Zeitung, come pure nella Tromba dell'Ultimo Giudizio Contro Hegel, Ateo ed Anticristo, Bauer intende uscire dal cerchio magico dell’hegelismo e trasformare Hegel in una sorta di bandiera sotto la quale condurre nuove battaglie politiche con nuovi schieramenti. In un senso contrario alle intenzioni di chi l’ha proposta, la sprezzate formula "Café bei Hegel"[⁶] che intendeva rimarcare l’abissale distanza tra l’ideologia degli hegeliani di sinistra e la filosofia della religione di Hegel, coglie nel segno. I posthegeliani si trovavano a discutere sotto le insegne di un denominatore comune chiamato Hegel, ma che con Hegel aveva poco o nulla a che fare. Hegel era una figura del compimento, come lo era stato Aristotele per la filosofia greca. Qui la matrice del parallelo caro a Bauer e a Marx nella sua baueriana Dissertazione:[⁷] come le filosofie postaristoteliche presero forma quando l’organicità della cultura greca e della polis andarono in frantumi, analogamente le filosofie posthegeliane nascono con la crisi della mediazione cetuale e con la polarizzazione della tensione tra individuo e Stato.[⁸] Il parallelo era funzionale alla comprensione di un’epoca di crisi politica e sociale che si esprimeva nella crisi dei grandi sistemi filosofici. Questo affresco di filosofia della storia doveva fungere da orientamento nel mezzo della dissoluzione, individuando nell’autovalorizzazione soggettiva l’elemento comune sia alle filosofie postaristoteliche – epicurea, stoica e scettica – sia a quelle posthegeliane.

    La Posaune, scritta di getto in circa dieci giorni,[⁹] va compresa come tentativo formale di dare espressione a qualcosa di nuovo cercando, al tempo stesso, di intervenire negli schieramenti filosofico-politici che si stavano delineando attorno alla Rheinische Zeitung. Il lungo trattato filosofico e le grandi imprese enciclopediche erano finite per lasciare il posto al breve articolo di giornale e al pamphlet. Un nuovo stile filosofico di stampo giornalistico stava nascendo. Hegel era realmente morto, nel senso che tra la sua generazione e quella di Bauer e Marx sembravano passati non una decina d’anni, ma un’intera epoca. Nel 1831 gli operai tessili di Lione avevano issato la bandiera rossa e infranto, assieme al tricolore, il sogno di unità nazionale. Questa frattura aveva percorso l’intera Europa e una generazione di posthegeliani cercò di elaborare il senso di questa crisi in ogni sfera dello spirito: dalla teologia alla filosofia, al diritto alla politica. Si dimentica talvolta di sottolineare che si trattava realmente di giovani appassionati intenti a muoversi a tastoni attraverso la crisi. Bruno Bauer, uno dei più vecchi, nel 1840 aveva 31 anni, Max Stirner 34, Marx ne aveva solo 22, Engels 20 e Moses Hess 28. Alcuni di loro, come Bauer, avevano già avuto la possibilità di insegnare in prestigiose cattedre universitarie e di essere anche già stati allontanati o licenziati per ragioni ideologiche. Da allora il mondo accademico ha certamente fatto dei progressi nel campo della liberale libertà di espressione, libertà che si può permettere logorando ogni spinta innovativa delle giovani generazioni ed elevando a dogma incontestabile il rispetto dei diversi punti di vista in quanto reciprocamente indifferenti. Un posthegeliano, che Karl Löwith a torto annoverò nella sinistra hegeliana, affermò che è la la stampa, più precisamente i giornali e tutta la vita moderna che vi corrisponde, ciò che in fondo rende impossibile il Cristianesimo[¹⁰] Kiekegaard poneva uno spartiacque rispetto al quale il singolo filosofo era chiamato a prendere posizione. La frattura rivoluzionaria che aveva diviso il Vormärz in blocchi contrapposti e i cui crepacci si sarebbero diffusi fin oltre il diciannovesimo secolo richiedeva, per essere compresa, una innovazione anche formale della filosofia. La generazione dei posthegeliani, con le loro esagerazioni, cercava di portare nella filosofia l’esperienza di quelle frattura.

    L’importanza della Posaune, che per molti aspetti andrebbe certamente ridimensionata a vantaggio di altre opere di Bruno Bauer, non sta in ciò che egli scrive su Hegel, quanto piuttosto nella sua politicità,[¹¹] subito colta da Marx. Non a caso, sulla base di uno scambio di lettere tra Bauer e Ruge, fu avanzata l’ipotesi di un contributo di Marx alla seconda parte della Posaune pubblicata, per ragioni legate alla censura, con il diverso titolo di Hegel’s Lehre von der Religion und Kunst von dem Standpuncte des Glaubens aus beurtheilt.[¹²] L’ipotesi,[¹³] per quanto smentita, aveva comunque un fondamento di verità:[¹⁴] Marx stava effettivamente lavorando a una seconda parte della Posaune ma, per ragioni di tempo e di censura, lasciò alla più rapida penna di Bauer il compito di completare l’opera. Come si legge in una lettera a Ruge del 5 marzo 1842, Marx dovette considerare la realizzazione del progetto impossibile a causa della censura: "Nell’improvvisa recrudescenza della censura sassone sarà del tutto impossibile la stampa del mio contributo sull’arte cristiana, che doveva comparire come seconda parte della Posaune". Proprio la censura, non ancora sublimata in autocensura e conformismo, come invece accade ai nostri giorni, spingeva gli intellettuali tedeschi verso posizioni sempre più radicali.[¹⁵] Nella Posaune Bauer non insegna solo la strategia della simulazione per aggirare gli ostacoli della censura; in fondo, se questo era il fine, fingersi un pietista antihegeliano, servì a poco, perché l’opera fu comunque non solo vietata ma addirittura confiscata.[¹⁶] Attribuendo a Hegel i propri argomenti, Bauer non intende rimarcare la cesura tra le due ali dell’hegelismo, che non attendeva certo il pamphlet di Bauer per essere evidenziata; non vuole neppure, servendosi del travestimento, attaccare i Vecchi hegeliani per la loro inconseguenza nello sviluppare la filosofia hegeliana; Bauer vuole piuttosto spingere verso una maggiore consequenzialità e radicalità la masnada giovane hegeliana, com’era stata definita da Leo. Bauer parla di Hegel per arrivare ai Giovani hegeliani, vale a dire a quelli che egli definisce i veri, gli autentici hegeliani[¹⁷] Se la Posaune fosse una semplice messa in scena, una commedia storica, sarebbe ben misera cosa. Ma se si considera che i suoi reali interlocutori sono i Giovani hegeliani, allora risulta chiaro che ogni forzatura, ogni deformazione della filosofia hegeliana fa parte della strategia di Bauer, del suo modo di spingere l’intellettualità del Vormärz verso posizioni più radicali. Bauer si sentiva rappresentante di un nuovo inizio, fondatore ateo di qualcosa di simile a ciò che i primi cristiani erano riusciti a fare tra le macerie dell’Impero romano. È in questo spirito, nel quale riecheggiano testualmente le parole di Paolo nella lettera a Filemone,[¹⁸] che il professore di teologia cerca la collaborazione del più giovane allievo e compagno di cella Karl Marx. Là dove Bauer definisce i Giovani hegeliani come i veri e autentici hegeliani, presenta loro il sistema hegeliano come la macchina infernale che deve far saltare per aria lo Stato cristiano[¹⁹] Ecco la messa in scena baueriana: viene attribuito a Hegel un pensiero rivoluzionario affinché l’intellettualità radicale tedesca e sedicente hegeliana cogliesse lo spunto per radicalizzarsi ulteriormente, con o senza Hegel. La questione è interamente politica e i veri interlocutori sono i giovani intellettuali riuniti attorno alla Rheinische Zeitung.

    Il falso attacco ad Hegel e agli hegeliani compiuto sotto le vesti di un pietista non nasconde alcuna apologia di uno Hegel segreto e radicale, ma la volontà di impiegare la filosofia hegeliana per attaccare le posizioni liberali di quegli intellettuali che continuavano a richiamarsi ad Hegel.[²⁰] Per far questo Bauer utilizza i loro concetti e le loro parole d’ordine, ma declinandoli politicamente all’interno della propria filosofia dell’autocoscienza. Utilizzandone la terminologia, Bauer vuole portare i radicali oltre il liberalismo;[²¹] è ai liberali che l’antiliberale Bauer rivolge la Posaune. La filosofia hegeliana diventa così, sotto la penna di Bauer, uno strumento politico. Il modello operativo di questo approccio Bauer lo stava studiando nei Vangeli, che egli considerava opere letterarie atte a fondare la comunità cristiana. Non Gesù, la cui esistenza storica è a parere di Bauer sostanzialmente indifferente, ma gli Evangelisti sono da considerare i creatori della comunità cristiana attraverso l’invenzione letteraria di miti di fondazione. Non è azzardato sostenere che Bauer tendesse a rappresentasse se stesso come una sorta di nuovo evangelista ateo. C’era un lato inquietante della personalità di Bauer, spesso sottolineato dai contemporanei. Così ad esempio veniva descritto da Walesrode: Bruno Bauer è completamente sopraffatto da una follia fanatica, egli ha qualcosa di disperato in sé (…). La sua brillante genialità (…) ha certamente qualcosa di inquietante e spiacevole.[²²]

    Quando Bauer, alcuni anni più tardi, parlerà della fine della filosofia e della metafisica, daterà questa fine proprio agli inizi degli anni ’40: La catastrofe della metafisica è innegabile. Sono ormai dodici anni che la letteratura filosofica si può considerare definitivamente conclusa e finita.[²³] In quel periodo, inaugurato con Der Mythe von Hegel e la Posaune, Bauer cercò di emancipare la riflessione posthegeliana da Hegel, dando origine a un nuovo metodo storiografico che, applicato sia alla religione sia alla politica, fosse in grado di ricostruire il senso della nascita e della fine dell’Occidente. Riferendosi a Bauer, Nietzsche scriveva che nei suoi ultimi anni amava prendermi come punto di riferimento, per esempio rimandò a me il signor von Treitschke, lo storico prussiano, accennandogli da chi avrebbe potuto chiedere informazioni sul concetto di ‘civiltà’, che egli aveva del tutto perduto.[²⁴] Bauer è il primo teorico della morte di Dio. Prima di Nietzsche, che più tardi lo amava ricordare tra i suoi pochi autentici lettori.[²⁵] "Dio è morto (Gott ist tot)",[²⁶] come si legge nella Posaune, non è una semplice affermazione di ateismo. È una formula che non si limita a negare l’esistenza di Dio, ma lascia intendere che Dio è esistito ed ha cessato di esistere, perché la filosofia dell’autocoscienza ha tolto la religione come forma di autoestraneazione. Nel momento in cui Dio viene riconosciuto come un prodotto dell’attività creatrice dell’autocoscienza, cessa di essere Dio e con esso cessa l’infelicità dell’uomo: lo stesso nome di Dio, che basta solo sia menzionato per suscitare quanto meno il sentimento di una noia mortale, per il bene della gioia umana e della gaiezza, deve essere evitato.[²⁷] La politica di Bruno Bauer è, nella sostanza, l’estensione della morte di Dio annunciata nella Posaune alla sfera statuale, è cioè la fine della trascendenza del potere e del suo essere oggetto di culto. Qui nuovamente la vicinanza con quanto espresso da Nietzsche una trentina di anni più tardi: La credenza in un ordinamento divino delle cose politiche, in quanto mistero nell’esistenza dello Stato è di origine religiosa: se la religione sparirà, inevitabilmente lo Stato perderà il suo antico velo di Iside e non susciterà più alcuna venerazione.[²⁸] Bauer intende sviluppare la Kritik fino a non lasciare in piedi più nulla di tutto ciò che in passato era oggetto di culto. Il suo attacco è quindi rivolto verso ogni forma di trascendenza, cioè verso tutti quei rapporti che si pretendono eterni e immodificabili. Nel fare questo, la polemologia politica di Bauer guarda in faccia, sottoponendole al vaglio della critica, le richieste partecipative dei liberali, poiché il loro presupposto continua ad essere un rapporto di alterità tra l’individuo e lo Stato. Bauer intende indicare la lotta non solo come categoria del politico, ma come ambito concettuale della sua stessa pensabilità. In Bauer c’è il tentativo di pensare la politica in quei momenti di intensità e di conflitto in cui si produce una rottura. Come nella critica evangelica, così nella politica Bauer pensa il conflitto nell’evento dell’origine. La Posaune spinge all’opposizione pratica (praktische Opposition) verso ciò che non corrisponde all’autocoscienza,[²⁹] perché l’autoestraneazione va tolta sia nella politica sia nella religione. Fino a quando l’uomo considera Dio e il potere statuale in una dimensione di trascendenza, egli rimane vittima di un autoinganno. Questo è il sillogismo che Bauer presenta ai nuovi intellettuali tedeschi: senza critica della religione, niente repubblica, e senza critica della politica niente ateismo. Bauer intende pensare politicamente non solo la rivoluzione, ma anche quell’impensato della politica che è la rivolta (Empörung).[³⁰]

    La speranza liberale e radicale che pone in un al di là unità e armonia, è secondo Bauer una figura compiuta dell’autoinganno teologico, cioè di un’autocoscienza che non sa di essere essa stessa la realtà di tutte le cose.[³¹] L’armonia, la nuova sintesi tra individuo e Stato, non è per Bauer oggetto di speranza per il futuro, perché lo Stato non è qualcosa d’altro, ma è esso stesso un prodotto dell’autocoscienza; l’unità non è oggetto di speranza, perché l’autocoscienza è l’unità esistente. Politicamente ciò significa che l’autocoscienza è pensata come l’unità della forma politica e della forza creatrice di quella stessa forma. Il potere costituente del popolo è la forma politica in cui l’autocoscienza riconosce ogni prodotto come proprio e giudica la separazione dalle condizioni della sua realizzazione come una separazione indebita: così come la coscienza dello schiavo che non si riconosce più come proprietà di un terzo ma sa di essere una persona, giudicando con ciò stesso obsoleta l’istituzione della schiavitù, allo stesso modo l’autocoscienza considera obsoleta la separazione tra potere politico e popolo, diventando produzione incessante delle forme della propria convivenza: l’unica costituzione ad essa adeguata è una aperta. Bauer è qui alla ricerca della forma politica che non chiude la rivoluzione, ma ne fa un suo proprio momento. È, se si vuole, la rivoluzione permanente, ma come forma politica che fa della liberazione un proprio principio costitutivo e non la chiude invece in un nuova forma statuale. Nel linguaggio

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