Demoni Perversi
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Demoni perversi mostra un’altra faccia, tratti di romanzi che si mescolano a una sensualità attraente che ti faranno sognare e desiderare di essere una delle protagoniste.
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Anteprima del libro
Demoni Perversi - Maialen Alonso
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Demoni Perversi
Maialen Alonso
––––––––Traduzione di Riccardo Valentino Cassetta
Demoni Perversi
Autore Maialen Alonso
Copyright © 2014 Maialen Alonso
Tutti i diritti riservati
Distribuito da Babelcube, Inc.
www.babelcube.com
Traduzione di Riccardo Valentino Cassetta
Progetto di copertina © 2014 Maialen Alonso
Babelcube Books
e Babelcube
sono marchi registrati Babelcube Inc.
––––––––
Il giorno si presentò nuvoloso e annunciava tempesta.
Dalla finestra del secondo piano, una ragazza guardava verso l’esterno imbambolata mentre faceva colazione e osservava le montagne che circondavano il luogo con occhi sognatori, immaginava cose che non sarebbero mai state possibili per lei e il suo status.
—Per carità bambina —ascoltò quando si aprì la porta—, se tua madre entra e ti vede mangiare diventerà furiosa.
—Questo non succederà –—rispose senza guardare, quindi sapeva perfettamente chi era— , lei non entra mai qui e lo sai Helen.
Rise mentre la collaboratrice domestica iniziava a fare il letto. Non si preoccupava neanche se sua madre entrasse, le urlava sempre dietro per mangiare... ma che diamine? Dolce si gustava il pranzo. I suoi capelli corti diventarono castani mentre sbadigliava.
Abbracciò da dietro Helen, che rappresentava per lei ciò che più si avvicinasse a una famiglia. Essere una bambina ricca non era come la gente pensava, le relazioni erano limitate e lei aveva sempre avuto dei legami più forti con i dipendenti che con suo padre, la ragione principale era per il tempo che trascorreva con loro, praticamente l’avevano cresciuta.
Si fece una doccia e si vestì in modo informale e comodo, come le piaceva di più. Una felpa larga e dei jeans. Quando uscì dalla sua stanza si ritrovò con lo sguardo accusatore di sua madre, una donna completamente perfetta che ai suoi quarant’anni continuava a essere capace di convertirsi nell’anelito di qualunque uomo. Dolce si concentrò sul suo lieve tic del suo occhio destro, seppe che quel giorno era veramente di cattivo umore.
—Stavi ingoiando? —incrociò le braccia e alzò il mento— Diventerai una vacca —Sei la vergogna della famiglia ...
Lì iniziava la chiacchierata della domenica. Sarebbe proseguita con che nessuno avrebbe voluto sposarsi con lei, evidentemente questo nessuno deve essere ricco. E che la gente rideva sulla famiglia... Per il semplice dettaglio di non pesare cinquanta chili ma sessanta, quello che per Dolce era un peso perfetto. Avere una madre ex fotomodella non era di aiuto, era ossessionata da tutta la questione dell’apparenza, e vedere che a sua figlia ciò le importava ben poco la rendeva furiosa fino a farla diventare rossa per la rabbia.
Quel giorno era più tesa e nervosa del solito ... così con un movimento intelligente, riuscì a svignarsela e scendere al primo piano correndo per addentrarsi nella cucina e far spaventare Maria.
—Bambina, non fare questo —rise forte la donna dalla pelle scura— E hai fatto colazione ?
—Non del tutto.
Prese un paio di biscottini appena fatti e uscì dalla porta di servizio che dava al giardino. Girò e continuò avanzando verso la parte posteriore della dimora, dove si trovava un pantheon con i suoi antenati sotterrati. Era un posto splendido e lugubre; lì aveva trovato anni fa una statua che la lasciò a bocca aperta, perché era così realistica che sentiva che le avrebbe sempre restituito lo sguardo.
Raffigurava un ragazzo giovane, con qualche anno in più di lei. Aveva i capelli pettinati all’indietro e molte volte aveva immaginato che colore avrebbero avuto. Il suo sguardo di sasso era fiero e il suo sorriso era pieno di mistero e monelleria.
Trascorreva più ore lì che in qualsiasi altro posto e, quasi sempre, raccontava a quell’immagine così perfetta come quella di un angelo tutte le sue pene e sentimenti. Non aveva amici veri, semplicemente non si incastrava nei circoli a cui aveva accesso... le ragazze della sua età che conosceva, tutte figlie di gente importante, di solito ridevano di lei perché a lei non interessavano le firme, i soldi o il successo.
Dolce era convinta che l’alta società fosse completamente corrotta, ed era ancora più sicura di non volere appartenere a essa, ma in quanto figlia di imprenditori milionari e famosi aveva degli oneri... dei quali quasi sempre riusciva a liberarsi.
Si sedette ai piedi della statua, ciò che la faceva stare meglio. Si mangiò i due biscotti tranquillamente mentre raccontava la sgridata che quel giorno le aveva regalato sua madre. Dopo tre ore iniziò a piovigginare e per sua sfortuna, era ora di tornare a casa.
—Non c’è papà? —chiese entrando nel soggiorno, dove c’era già sua madre seduta al tavolo.
—Lo vedi? —lasciò la forchetta nel piatto e sospirò— Oggi è dovuto andare in azienda.
Non era sicura, ma Dolce notava che sua madre era di umore peggiore del solito, così decise di stare zitta mentre mangiava le verdure che sicuramente aveva ordinato per lei. Si alzò quando finì, salutò educatamente per non renderla più furiosa, e salì alla sua stanza; avrebbe dormito un po’.
—Bambina, svegliati.—
—Helen? —si strofinò gli occhi con stanchezza e sbadigliò mentre guardava la donna— Che ti succede ?
Helen sembrava nervosa e inquieta, ciò era qualcosa di nuovo ... dopo diciassette anni al suo fianco, Dolce non l’aveva mai vista così. Era la donna più tranquilla e pacifica del pianeta, anche standole a fianco la gente assimilava quelle cose, trasmetteva così tanta pace che era capace di placare qualunque inquietudine.
—Alzati subito —la sua voce tremava — , dobbiamo fare in fretta...
Si alzò e vide come quella donna che superava i sessant’anni iniziava a collocare alcuni indumenti che trovava per la stanza in una busta di colore scuro. Dolce le faceva domande, ma la donna sussurrava solo delle cose senza senso e la invitava a prepararsi.
—Aspetta –—chiese passandole la busta e uscendo dalla stanza.
Ormai si stava facendo buio, e la paura di Dolce aumentava a momenti. Vedere Helen così non era normale, le segnalava che qualcosa di brutto sarebbe successo. Prima di poter pensare a qualcos’altro, la donna tornò per prenderla come una bambola e prendere il cappotto dalla sua stanza.
—Non parlare, non dire una sola parola —sussurrò avvicinandosi all’orecchio—, è importante che presta attenzione, piccola.
Assentì con la testa iniziando ad accusare uno stato di shock e si lasciò trascinare giù per le scale. Si sorprese che la casa fosse quasi buia ...
Arrivarono al primo piano e sentì delle voci. Girò la testa e vide che le due porte del salone principale erano un po’ aperte lasciando uscire fuori i suoni che si producevano all’interno e la luce che illuminava la stanza. Sembrava che lì ci fossero abbastanza persone che mormoravano tutte allo stesso tempo in modo tale che non si riuscisse a comprendere niente.
Helen smise di correre e camminò lentamente, facendo attenzione al legno del pavimento. Dolce vide come allungava la mano verso il pomo della porta, stava tremando... Lo girò verso destra e suonò un piccolo click che zittì le soavi e incomprensibili voci che erano a quattro metri da loro.
—Mio Dio ... —mormorò l’anziana.
—Che cosa credi che stia facendo, vecchia decrepita? —la figura era coperta da un cappuccio, ma Dolce riconobbe la voce di sua madre.
Ora la porta era completamente aperta, si potevano vedere molte figure dall’altro lato.
—Che succede, Madre? —iniziava a essere nervosa,