Il pellegrinaggio
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Il racconto si pone come una riflessione che l'autore invita a fare su un tema di scottante attualità, per aprire gli occhi su un mondo dove si intrecciano storie di violenza ma anche numerose storie umane, dove si incontrano vite spezzate troppo presto, dove l'indifferenza e la desolazione hanno preso il posto dell'umanità.
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Anteprima del libro
Il pellegrinaggio - Antonio Piazza
finali
Si può affrontare qualsiasi cosa,
ma in presenza della giustizia
ci si sente preda dello sconcerto.
Perché? Perché la giustizia umana è crepuscolare
e il giudice si muove a tentoni.
(Victor Hugo, L’Uomo che ride
, pag. 447)
La legge ignora quasi il diritto.
(Victor Hugo, L’Uomo che ride
, pag. 453)
Il pellegrinaggio
Era un freddo sabato mattina di fine novembre nella piccola cittadina di F. La nebbia lambiva le vette più alte delle colline circostanti obliandole impietosamente, mentre grosse nubi solcavano ininterrottamente il cielo preannunciando l’arrivo imminente della pioggia. L’atmosfera era cupa, l’aria cinerea ed un innaturale silenzio permeava l’intero paesaggio. I tetti delle case, tutti uguali, di color argilla, si stagliavano immobili contro il cupo orizzonte. Una cornacchia solitaria, con il suo stridulo gracchiare, rompeva quell’aura quasi spettrale. Ogni cosa era avvolta da un sottile strato di umidità, migliaia di minuscole, microscopiche, goccioline che restavano aggrappate ovunque, quasi fossero incollate, sulla superficie delle tegole, delle macchine, sulle foglie degli arbusti. Soltanto un debolissimo raggio di sole, appena percettibile, si sforzava di penetrare quello strato di grigiore, tuttavia con scarso successo. Osservandolo F. dall’alto si potevano scorgere i comignoli fumanti, apparentemente l’unico segno di vita in quello che si sarebbe detto un paese fantasma. La campagna circostante pareva ancora addormentata: i campi desolati, le case dei contadini chiuse e nessun animale che scorrazzasse nei cortili rurali. Era giorno di mercato a F. ma non si poteva scorgere quasi nessuno per strada. All’angolo di una viuzza un venditore ambulante stava raccogliendo le sue poche merci per proteggerle dalla pioggia ormai prossima, mentre i negozianti si affrettavano a chiudere le tende delle loro vetrine. Un vento gelido spazzava le vie del paese costringendo le poche persone a ripararsi dietro grosse sciarpe di lana sollevate oltre la bocca per non sentirne le sferzate sul viso, quasi fosse una lama tagliente. Un bambino spronava il proprio cagnolino che teneva al guinzaglio affinché affrettasse il passo ma questi reagiva con stridenti guaiti. Anche quel flebile scorcio di sole scomparve, oscurato da una minacciosa nube violacea. Il sordo rumore del tuono si fece sempre più cupo ed improvvisamente un lampo di fuoco squarciò il cielo tagliando in due il paese annunciando l’inizio del temporale. Grossi e pesanti goccioloni iniziarono a percuotere i tetti delle case, come se volessero romperne la copertura. Il sottile strato di nebbiolina che ricopriva tutto come un velo protettivo era stato sostituito da un ininterrotto e dilavante scrosciare di acqua. Le strade si erano completamente svuotate. Solamente il gorgogliare delle fogne animava le vie del paese.
Il rumore della pioggia che si infrangeva pesante sui vetri della finestra lo svegliò di soprassalto. La stanza era ancora avvolta nella penombra, solamente qualche flebile raggio di luce proveniente dai lampioni cittadini non ancora spenti filtrava attraverso la tenda leggermente discostata lasciando intuire il colore plumbeo del cielo. Era come se anch’esso fosse triste, nostalgico ma anche rabbioso, quel sabato mattina, quasi a condividere lo stato d’animo di Robert. Sulla sinistra della finestra si poteva scorgere una piccola scrivania con una pila di libri appoggiata sopra e in un angolo di essa un computer portatile giaceva sotto un pesante strato di polvere. Le pareti della stanza erano tappezzate di quadri e foto, ricordi di una gioventù ormai trascorsa e lontana. A terra, subito ai piedi del letto, un paio di scarpe da ginnastica ed accanto una felpa blu. Le coperte erano parzialmente rimosse ma avvolgevano ancora un corpo nel loro caldo tepore.
Robert non aveva voglia di alzarsi, c’era qualche cosa dentro di lui che lo teneva incatenato al letto. Non si trattava di stanchezza fisica, in fondo la sera precedente si era coricato ad un’ora presta. Non era neppure il timore di dover abbandonare il confortevole calore che lo avvolgeva sotto le morbide coperte di lana per uscire ad affrontare quella scrosciante pioggia che gli impediva di alzarsi.
E non era neppure l’indolenza mattutina che lo spingeva a rifiutare l’abbandono del caldo giaciglio.
Niente di tutto ciò, si trattava di qualche cosa di diverso, di una sensazione più impalpabile ma contro la quale Robert non aveva la forza né la volontà di lottare.
Il problema non era affatto quello di doversi alzare. Ciò che offuscava la volontà di farlo era l’ufficio che avrebbe dovuto compiere quel sabato mattina. Qualsiasi altro appuntamento avesse avuto, probabilmente avrebbe risvegliato in Robert se non altro il senso del dovere verso il suo stesso adempimento, offrendogli le forze per farlo.
Ma ciò che lo aspettava era qualcosa di più grande di lui, qualcosa che metteva a dura prova il suo spirito, che ogni sabato mattina, da molte settimane a quella parte, ormai da mesi, lo costringeva a lottare contro uno stomaco che si contorceva crudelmente, un cuore che palpitava in maniera innaturale in un susseguirsi forsennato di sistoli e diastoli, delle membra che nervosamente si contraevano provocandogli una dolorosa sensazione fisica di spasmo muscolare.
E se fingessi di non sentirmi bene?
, pensò Robert fra sè. "Anzi, forse non è neppure necessario allestire una stupida finzione, effettivamente avverto una strana sensazione di freddo, anomala per chi si trova avvolto