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Il Veleno della Vendetta
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E-book319 pagine4 ore

Il Veleno della Vendetta

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Info su questo ebook

Una vecchia fiamma di Massimo, Claudia, lo richiama nella sua città natale, Verona.

La donna racconta di aver deciso di cambiare vita dopo anni di ricatti economici dovuti al giro di persone che ultimamente frequentava. Dopo un breve incontro tra i due, Massimo rischia di avere un incidente d’auto causato da uno sconosciuto, ma rimane fortuitamente illeso. L’episodio si rivelerà doloso.

Il giorno seguente scopre che Claudia è stata uccisa nella cucina di casa sua e memore delle parole della donna, decide di rimanere a Verona per indagare sull’omicidio.

In città riprende una vecchia relazione con Patrizia, incontra il fratello di Claudia e diversi personaggi legati a diverso titolo al vissuto della donna. In un andirivieni tra Verona e Bergamo, città dove Massimo vive, tra diverse figure che continuamente intrecciano le loro vicende, il poliedrico protagonista, donnaiolo amante del cibo e del vino, campione di golf, ex investigatore, manager d’azienda, appassionato d’arte e cultura, scoprirà l’assassino di Claudia, confuso fino all’ultimo da indizi fuorvianti.
LinguaItaliano
Data di uscita20 giu 2014
ISBN9786050306156
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    Anteprima del libro

    Il Veleno della Vendetta - Fabio Bergamaschi

    Ringraziamenti

    Capitolo 1

    Ottobre stava oramai lasciando il passo al mese di novembre. L’ora legale aveva ulteriormente diminuito la luce del giorno, confermando l’inizio dell’inverno. Seduto davanti alla televisione, guardavo un programma di quiz, ma la mia mente tornava a quel maledetto venerdì in cui fui convocato dall’amministratore delegato della mia azienda. Non pensavo di sicuro a cosa mi attendesse di lì a poco.

    La situazione economica e finanziaria aveva subito dei contraccolpi per la perdita di alcuni clienti importanti, anche se stavo cercando di recuperarli e con qualcuno ero già a buon punto. Quando entrai, mi trovai di fronte anche il direttore generale accompagnato dal responsabile finanziario, suo fedele lacchè, che mi salutarono con il classico sorriso di circostanza.

    Fui informato che era stata raggiunta un’intesa con un noto gruppo tedesco che operava nel nostro stesso settore di prodotti per la casa, in cui era leader. Aveva posto come condizione la cassa integrazione di tutto il personale e il rinnovamento dei dirigenti, con un’anzianità superiore ai cinque anni. Io rientravo in questa fascia, alla quale sarebbe stato riconosciuto un munifico bonus di uscita. In pochi minuti ero stato licenziato. Rivedevo gli occhi di chi mi stava di fronte, privi di una qualsiasi luce di sentimento umano: decisi a discriminare tutto ciò che si opponeva al loro obiettivo. La condanna mi era precipitata addosso come una frana: non riuscivo a capacitarmi e a rendermi ancora conto che la mia vita aveva subito un improvviso cambio di percorso e non sapevo dove mi avrebbe portato. Quel pensiero così triste richiamò alla mia mente Verona, la mia città dalla quale ero partito pieno di speranza per la nuova posizione che mi era stata offerta in quella stessa azienda che alla fine mi aveva trattato come una scarpa usata. Avevo anche perso l’amore di Claudia, la mia compagna con la quale avevo convissuto per quasi quattro anni. Non se l’era sentita di abbandonare la sua vita oramai radicata nella sua città e affrontare un futuro completamente nuovo a Bergamo. Mi ritornò alla mente la sua strana telefonata di qualche mese prima. Dopo i primi convenevoli mi aveva chiesto un’informazione banale su Bergamo che avrebbe potuto ottenere in cento altri modi. Fin dall’inizio avevo avuto difficoltà a riconoscere la sua voce, per il tono dimesso con cui parlava. Non sembrava più la Claudia che avevo conosciuto, ricca di verve anche nell’esprimersi. Quando le chiesi se non stesse bene o se fosse preoccupata, cambiò discorso e in fretta mi salutò, sostenendo di essere in ritardo per un appuntamento. Avevo avuto l’impressione che volesse confidarsi ma che, alla fine, avesse deciso in modo diverso. In quel momento avevo un sacco di problemi in azienda, con la crisi che avanzava, così mi convinsi che l’avrei chiamata di lì a qualche giorno. Preso dai miei impegni me ne dimenticai del tutto. Ripensandoci, provai un forte senso di rimorso. Chissà se avessi ancora potuto esserle d’aiuto. La chiamai al cellulare e mi resi conto della sua sorpresa per la mia telefonata. Non mi aspettavo la sua affettuosa accoglienza e fui felice per la sua disponibilità ad accettare la proposta di incontrarci il giorno stesso.

    Fissammo l’appuntamento in una trattoria, fuori città, poco frequentata dai veronesi e dove eravamo stati ottimi clienti. Voleva che il nostro incontro rimanesse riservato, a tutti i costi. Mi adeguai senza capire il motivo della sua richiesta. Non vedevo problemi al fatto che s’incontrassero due persone che avevano convissuto insieme per quasi quattro anni. Pretese che l’ora dell’appuntamento si aggirasse intorno alle 16,30, perché più tardi aveva un impegno.

    La fortuna ci aiutò perché l’unica persona presente nella trattoria era il proprietario che ci riconobbe, nonostante fossero passati parecchi anni. Mi trovai di fronte a una donna poco curata, senza trucco, priva di qualsiasi slancio. Non era più la mia Claudia: la sua bellezza era come se fosse stata avvolta da un filtro che la faceva solo intuire. Provai una pena profonda. Mi ero talmente emozionato che non sapevo come incominciare. Parlò lei per prima: Hai voluto vedermi, ma dimenticati della compagna che conoscevi e che era così felice di vivere con te. Che malinconia ho di quel periodo. Perché non sei rimasto? Forse la mia vita non sarebbe caduta così in basso. Non ti sto rinfacciando la tua partenza, tu dovevi lasciare Verona per forza di cose, sono io che non ti ho voluto seguire per accontentare il mio egocentrismo che, alla fine, mi è costato caro. Trovai la forza di chiederle: Cosa ti è successo, non ti riconosco più. Dove è finita la tua gioia di vivere? Dimmelo, ti prego, sono qui per aiutarti. Ti trovo così cambiata. Posso rientrare a Verona anche domani.

    Mi guardò senza vedermi. Il suo sguardo era come perso, spento. Nei suoi bellissimi occhi oramai era tramontata la luce che li illuminava. "È troppo tardi, non mi può più aiutare nessuno, neanche tu. Sono entrata da qualche tempo in un tunnel da dove non si può tornare indietro.

    Che fatica, vivere in questo modo. Mi hanno anche infangata, sputtanata, come se fossi una prostituta. A te lo posso dire: avevo trovato l’amore o meglio credevo di averlo trovato. Ero ritornata come ai bei tempi, con tanta voglia di vivere e addirittura di sposarmi. Erano solo illusioni, che stupide siamo noi donne: tutte menzogne, solo per avere il mio corpo, perché gli facessi dei pompini, fino a portarmi nei territori più bui della depravazione. Me ne sono resa conto troppo tardi di quanto ero scesa in basso. Sono anche ricattata per una serata dell’anno scorso in cui mi ero lasciata trasportare dalla novità erotica per un’amica. Ero molto brilla e non avevo avuto la forza di tirarmi indietro come altre volte. Erano presenti anche altre donne, con gli stessi orientamenti sessuali, impegnate anche loro a fare sesso saffico. Per me era finita lì. Una serata da dimenticare anche perché era stato un incidente di percorso. Tu mi conosci bene. La sorpresa è venuta dopo qualche giorno. Una persona che ritenevo un’amica mi ha avvisato che aveva le foto dell’episodio: le avrebbe fatte vedere al mondo intero se non gli avessi dato trenta mila euro in un’unica soluzione. Pensavo di chiudere tutto accettando la richiesta e invece il ricatto continua ancora con dei versamenti mensili. Il materiale fotografico che avevo richiesto era stato doppiato e da ingenua non me n’ero accorta".

    Perché non hai avvisato la polizia? Possono condurre delle indagini in tutta riservatezza. Claudia devi reagire, ma come hai fatto a trovare tutti i soldi del ricatto senza che qualcuno non se ne accorgesse? Cosa ti ha detto il tuo commercialista?.

    Lui non può dirmi nulla su come spendo i miei soldi, deve solo cercare di risolvermi i problemi. Ha fatto dei giri strani perché non apparisse questo prelievo, ma a quel punto ho capito che li usa anche a proprio vantaggio. Ho avuto una discussione violenta per questo motivo. Quando gli ho detto che l’avrei licenziato, mi ha fatto capire che mi era troppo utile e che non mi conveniva. Un’altra forma nascosta di ricatto.

    Ascoltami, sono disponibile ad aiutarti, te l’ho già detto. Devi uscire da questa situazione che ti sta rovinando la vita. Ti libero io da questi squallidi personaggi, se mi dici chi sono.

    Massimo non puoi capire quanto bene mi faccia sentire la tua vicinanza. Mi hai ridato, anche se per poco tempo, la serenità che mi mancava. Avrei dovuto chiamarti ancora al telefono, dopo la prima volta, quando non avevo avuto il coraggio di raccontarti in che situazione mi trovavo. Temevo di non essere creduta perché sono coinvolte persone amiche di entrambi che non potresti mai sospettare. Ora devo rientrare perché questa sera, alle diciotto ho invitato a casa proprio la persona che mi sta ricattando e voglio chiudere definitivamente questo problema. Più tardi a cena chiuderò invece la parentesi più squallida della mia vita. Ti racconterò tutto domani. Ti farò anche nomi che ti sorprenderanno. Mi sento più forte adesso che so di poter contare sul tuo aiuto. Vieni qui, che almeno ti abbraccio.

    Ci stringemmo l’uno all’altro come se non volessimo mai staccarci. Dopo averla accompagnata alla macchina, rientrai per saldare il conto. Sentivo ancora il suo corpo stretto al mio. Il proprietario mi avvisò di stare attento all’ultima curva a gomito della discesa per la sua pericolosità.

    Di giorno era visibile ma non alla sera con poca luce. Mi consigliò di affrontarla a non più di trenta chilometri all’ora. Un cliente, forse alticcio, era già uscito di strada, affrontando di conseguenza una scarpata di circa cinque metri, per fortuna senza aver subito gravi conseguenze. Lo ringraziai per il consiglio e uscii che era già buio. Non avevo mai fatto attenzione a come si erano ridotte le giornate in così poco tempo. Per la scarsa visibilità, stavo scendendo lentamente sulla strada tortuosa che collegava il ristorante alla provinciale. Ero talmente intento a scrutare quel poco che riuscivo a vedere davanti che, per caso, mi accorsi, dallo specchietto, che i fari di un’auto si stavano avvicinando. Preso dalla tensione della guida pensai che fosse qualcuno della trattoria, quando improvvisamente sentii un forte colpo nella parte posteriore della mia auto. Non ero ancora riuscito a capire cosa fosse successo che un nuovo scossone coinvolse ancora la Mercedes. La sorpresa si tramutò in paura. Ogni volta venivo spostato in avanti per il contraccolpo, dal quale ero salvato per le cinture di sicurezza. Non capivo il motivo di quel comportamento assurdo che tentava evidentemente di buttarmi fuori strada. Le cariche si ripeterono altre volte, facendo sbandare la macchina che cercavo di mantenere sulla strada, usando tutta la mia esperienza di guidatore. Non riuscivo a capire come salvarmi da quella situazione che metteva in pericolo la mia vita. Fu allora che prese corpo nella mia mente un’idea che sarebbe potuta costarmi cara per l’auto, ma avrei evitato un danno maggiore a me stesso: perdere la mia vita. Non ero ancora in vista della zona con quella curva pericolosa che mi era stata segnalata, ma non doveva essere molto lontana.

    Quando a stento la vidi, accelerai bruscamente, finchè a una decina metri di distanza, frenai all’improvviso, sterzando nello stesso momento tutto a sinistra. Il mio inseguitore, preso alla sprovvista, accelerò nel tentativo di tamponarmi ancora, senza riuscirci, e si trovò improvvisamente sulla curva che non riuscì ad affrontare. Sentii il rumore dell’inutile frenata e non vidi più la macchina.

    I battiti del mio cuore erano saliti talmente che mi sentivo le vene pulsare come dei cavalli in fuga al galoppo. Mi ero salvato grazie alle indicazioni del trattore. Che fine avrei fatto senza i suoi suggerimenti? Ero ancora stordito dalla tensione che avevo accumulato in quei pochi minuti ma anche dalle tante domande che aspettavano una risposta: perché qualcuno aveva attentato alla mia vita?

    Una volta ripresomi dallo shock, uscii dalla macchina per andare a vedere cosa era successo all’auto che era uscita dalla strada. Mi avvicinai ancora con apprensione, al bordo della curva, ma vidi solo la scarpata e il successivo tratto pianeggiante. Non c’era traccia del mio attentatore.

    Ripresi con fatica la guida e, ancora prigioniero della tensione per quei drammatici momenti, arrivai a Bergamo. Entrai in casa verso le otto. Non riuscivo a liberarmi della sensazione di pericolo che mi aveva coinvolto fisicamente e mentalmente.

    C’era una domanda che continuava a essere impressa nel mio cervello: chi era quell’emissario della morte?

    Capitolo 2

    Avevo appena aperto la porta, quando sentii il telefono squillare. Risposi, ancora frastornato da quanto mi era successo poco prima.

    Ciao, Massimo, sono zia Wanda. Oggi ti ho telefonato più volte senza trovarti.

    Ebbi un istante di esitazione. La mia mente era ancora scossa dal ricordo dell’oscuro episodio che mi aveva coinvolto.

    Che piacere sentirti, scusami ma sono appena rientrato dall’azienda.

    Non riuscivo a concentrarmi su quella telefonata, che in seguito avrebbe tanto influenzato la mia vita futura.

    Massimo hai una voce strana, come se tu fossi stanco. È successo qualcosa? È più di un anno che non ti fai sentire. Eravamo preoccupati anche perché l’ultima volta che ci siamo sentiti avevamo capito che la tua azienda era in forti difficoltà. Tuo zio Aldo ha cercato sempre di tranquillizzarmi e di convincermi a non telefonarti. Oggi sono stata presa da un’agitazione inspiegabile, pensando al tuo silenzio che durava da tanto tempo e non ho saputo resistere.

    Rimasi sconcertato da quelle parole e per quella premonizione di mia zia che non volevo però spaventare dati la sua, critica situazione cardiaca e i suoi ottantadue anni di età.

    Non devi agitarti così, io sto bene e non è successo nulla di drammatico, perché se è vero che l’azienda ha dei problemi, è altrettanto vero che la crisi sta coinvolgendo tutti i settori. Comunque mi sto guardando attorno per trovare eventualmente un’alternativa. Sono ancora un cinquantenne in piena forma con un’esperienza invidiabile. Posso ancora avere delle chance importanti con tutte le persone che conosco in questo settore.

    Cercai in tutti i modi di tranquillizzarla e speravo di esserci riuscito. Ero molto legato a lei che, con la morte di mia madre, sua sorella, mi aveva allevato come il figlio che lei non era riuscita ad avere, nonostante tutte le cure cui si era sottoposta.

    Va bene, Massimo, mi hai convinta: però mi devi promettere che da domani passerai con noi il prossimo week end a Verona. La tua camera ti aspetta.

    Non avevo altra scelta che prometterle la mia presenza dal giorno dopo, anche se era venerdì. Oramai non avevo più il problema della mia disponibilità durante la settimana.

    Come terminai la conversazione che aveva sviato in parte l’agitazione da cui ero stato preso, mi ritornò in mente l’episodio dell’attentato. Mi resi conto che, evidentemente qualcuno mi aveva aspettato fuori dalla trattoria per aver seguito Claudia non certo il sottoscritto. Questa riflessione mi portò a concludere che Claudia era sorvegliata.

    Chi poteva essere? Il giorno dopo l’avrei avvisata di stare molto attenta perché era pedinata.

    Il telefono suonò ancora.

    Alle prime parole di saluto compresi subito chi era.

    Ciao Riccardo, qual buon vento ti porta a Bergamo?.

    Ti ho telefonato in azienda e il centralinista mi ha avvisato che eri assente. Mi sono accorto del disagio che aveva a dirmi quando saresti rientrato. Non potevo di certo pretendere che conoscesse i tuoi movimenti e allora mi sono fatto passare la tua segretaria o meglio la tua ex segretaria che mi ha informato del tuo allontanamento. Così vengo a sapere da un’estranea e non dal mio miglior amico che ti hanno fatto fuori.

    Interruppi subito quella che stava diventando una filippica: non ero dell’umore giusto per ricevere dei rimproveri anche se da un caro amico.

    Riccardo ti rendi conto in che condizione psicologica sono? Improvvisamente la mia vita è cambiata e non so, dove mi condurrà. Chi pensi che possa volere un cinquantenne, per quanto introdotto ed esperto del mio settore? È vero che, almeno economicamente per due o tre anni, potrò vivere senza problemi con la fuori uscita dell’azienda e con quanto sono riuscito a risparmiare in questi anni, ma il mio futuro come sarà?.

    Il silenzio dall’altra parte del telefono mi fece capire che avevo tamponato il suo sfogo.

    Mi dispiace, Massimo, di averti aggredito in questo modo, ma credimi, ero preoccupato per te e per il tuo silenzio. Se è vero che ci conosciamo da quando eravamo piccoli, è altrettanto vero che non sapevo come avresti reagito di fronte a una situazione così drammatica e ingiusta nei tuoi confronti poichè rappresentavi un pilastro fondamentale nella tua azienda.

    Non succederà nulla di drammatico, gli risposi. Hanno deciso di vendere l’azienda a un gruppo leader del nostro settore che ha preteso il rinnovamento dei dirigenti. Il vero dramma avverrà tra qualche giorno quando chiederanno lo stato di crisi per ottenere in un primo momento la cassa integrazione e in seguito chiedere la riduzione del personale. In questo modo metteranno sul lastrico centinaia di famiglie.

    Allora ti ho telefonato nel momento giusto perché intendevo farti una proposta di lavoro che, in questo momento così difficile, rappresenta per te un’ancora di salvezza. Un nostro socio, il più vecchio è morto in un incidente d’auto e i famigliari vogliono vendere la sua quota. Ho subito pensato a te, ne ho già parlato a Vincenzo, l’altro socio, che è d’accordo per incontrarti e verificare la tua disponibilità. Un’opportunità che dovresti prendere al volo e che sembra sia giunta nel momento più opportuno.

    La notizia mi sollevò immediatamente da quello stato di depressione momentanea in cui ero caduto. Non avrei potuto sperare di più ma avevo bisogno di tempo e di una parentesi per riflettere con calma sul futuro che mi offriva questa improvvisa proposta. Non volevo lasciarmi coinvolgere dalla fretta e dall’entusiasmo. Alla mia età, non avrei potuto fallire un’altra volta.

    Ti ringrazio tanto, sei veramente un amico ma in questo momento non mi sento di prendere nessuna decisione. Devo ancora assorbire e superare quanto mi è successo. Ci penserò con molta attenzione, anche se in questo momento desidero solo dimenticare e riposarmi. Chiamami tra una settimana e incominceremo a valutare insieme quest’occasione così importante.

    Chiusi la telefonata. Avevo bisogno di bere qualcosa di forte, anche se non ero abituato a farlo. Mi recai verso il mobiletto che conteneva bicchieri di cristallo e dove dovevano esserci delle bottiglie di superalcolici. Ne trovai una di un cognac spagnolo che neanche più mi ricordavo di possedere. Mi sedetti sul mio comodo divano e me ne versai un goccio, tanto per provare. La reazione fu immediata, mi sembrava che la gola mi bruciasse e il respiro venisse meno. Posai subito il bicchiere sul vicino tavolino rotondo, pensando che la seconda volta avrei reagito in modo diverso. Infatti provai, dopo qualche minuto, una piacevole sensazione di ebbrezza. Continuai con un altro e poi un altro ancora, finchè le immagini della stanza non incominciarono a perdere la loro consistenza e a diventare quasi trasparenti.

    Mi trovavo su una barca, da solo, al largo di un mare in tempesta, mentre cercavo di remare per fuggire da una frontiera oscura che si avvicinava sempre di più. Simile a un’onda di maremoto stava per travolgermi. Oramai non potevo far più nulla. Mi misi a urlare terrorizzato. Mi svegliai di soprassalto, grondante di sudore, con un anello di fuoco che mi stringeva le tempie in una morsa dolorosa. Stava albeggiando: ma quanto avevo dormito? Lentamente mi avvicinai alla stanza da letto per poi coricarmi e abbandonarmi al sonno così com’ero vestito.

    Arrivai a Verona nella tarda mattinata dopo essere stato in banca dalla mia consulente per un aggiornamento del mio conto corrente per l’ingresso della liquidazione straordinaria che mi era stata accreditata.

    Fui accolto da mia zia con l’entusiasmo che si riserva a una persona che non si vede da anni, mentre mio zio era rimasto appositamente a casa per aspettarmi. Lo invidiavo ogni volta che lo incontravo con i suoi ottantaquattro anni, ma con il vigore di un sessantenne.

    Sapevo che continuava a lavorare come consulente commerciale in alcune aziende vicine a Vicenza nel settore delle pelli. Il suo aspetto, per quanto di statura media ma robusta, era imponente. Il viso rotondo caratterizzato da due sottili baffetti che sembravano disegnati da una matita nera e gli occhi di colore castano esprimevano una vivacità fuori dal comune. L’unica debolezza che aveva era quella di tingersi i capelli di nero per sembrare più giovane. Dopo quest’accoglienza così affettuosa, mia zia Wanda mi accompagnò nella camera degli ospiti, dove in realtà avevo dormito per molti anni. Mentre era davanti a me la osservai con il suo portamento ancora eretto, che non dava l’idea della sua età. Quando appoggiai la ventiquattro ore sul letto, mi abbracciò ancora una volta, commossa e felice della mia presenza. Cercai di asciugarle le lacrime che le scendevano lentamente sul viso, che aveva ancora l’impronta della sua passata bellezza. Ero stato da sempre innamorato di lei, fin da quando ero ancora bambino. L’avevo vista per la prima volta a casa dei miei genitori, con un vestito lungo di colore scuro, forse nero, con il viso nascosto in parte da un cappello chiaro con larghe tese. Quando se lo tolse e mi apparve il viso nella sua bellezza, pensai che fosse una fata, la fata buona delle favole. Ero come bloccato nei movimenti e nelle parole. Lei se ne accorse e si abbassò per darmi un bacio sulla fronte, dicendomi, Sei proprio un bel bambino, come spero di averne anch’io.

    Poi scomparve dalla mia vista e non la vidi più per alcuni anni. Il ricordo di quel momento rimase indelebile nella mia mente finchè lo zio non decise di chiudere il suo incarico a Parigi e tornare ad abitare a Verona.

    Era rimasto innamorato della città, dove era nato e in cui voleva finalmente godersi gli anni che gli rimanevano.

    Dopo aver svuotato la valigetta, adatta per un paio di giorni, aprii la finestra per vedere lo splendido panorama dell’Adige, il fiume che attraversa tutta la città, e scorgere in lontananza le toresele, le colline che sovrastano Verona. Mentre il mio sguardo indugiava ancora su quell’affascinante paesaggio, mi accorsi della presenza di qualcuno dietro di me. Era mio zio Aldo con un’espressione del viso completamente cambiata, tanto che mi sentii in dovere di chiedergli: Che cosa è successo? Qualche minuto fa sorridevi, adesso sembri un’altra persona.

    Come risposta chiuse la porta e mi disse a bassa voce, Hanno appena comunicato la notizia alla radio che è stata trovata Claudia, morta, uccisa da un corpo contundente, stando alle prime notizie. Questa mattina la sua domestica è entrata in casa, come sempre, senza notare nulla di strano. Quando ha aperto la porta della cucina per prendere il vestito da lavoro si è trovata di fronte il suo cadavere, per terra, con la testa fracassata in un lago di sangue. Stava per svenire, ma è riuscita a telefonare al pronto intervento.

    Rimasi senza parole, stordito da quella notizia che mi colpiva due volte: la prima per la morte così orrenda di Claudia, l’altra per la drammatica sorpresa che mi coglieva impreparato, poichè ero in attesa di una sua telefonata. Lo sbigottimento si trasformò in un dolore che invase ogni fibra del mio essere montando come una marea. Contemporaneamente subentrò la rabbia che si stava accentuando al punto tale che mi sarei messo a urlare. Se l’avessi avvisata che era controllata e seguita, avrei potuto salvarla? Questo dubbio era come un coltello che incideva ancora di più le ferite della mia angoscia. In quel momento giurai a me stesso che avrei trovato il colpevole a qualunque costo. Il senso di colpevolezza e lo sdegno che provavo sarebbero stati lo stimolo inestinguibile per scoprire l’identità dell’omicida. Quando mi ripresi da quello stato di sofferenza anche fisica, notai che mio zio era molto emozionato.

    Mi disse con voce tremante: Anche dopo la tua partenza, Claudia continuò a frequentare spesso casa nostra ed era un piacere stare con lei così piena di vita, con quel suo viso da eterna bambina, incorniciato in quei bellissimi capelli biondi. Aveva fatto amicizia con Wanda e si recavano spesso in qualche bar in piazza Bra al Liston, così potevano sparlare comodamente di tutti, con la lingua lunga e bene informata di Claudia. Era il loro divertimento, come capita nelle piccole città di provincia. Per oggi per favore non dire nulla, comportiamoci normalmente. Voglio avvisare Wanda della disgrazia a piccole dosi. Io intanto esco per essere più libero di parlare al telefono a un mio amico che lavora in questura. Avrà sicuramente più notizie di quelle che disponiamo in questo momento. Tu cosa pensi di fare?.

    Decisi immediatamente.

    Io telefono a Patrizia, anche se non ho più sue notizie da circa un anno, dall’ultima volta che l’ho incontrata di sfuggita in via Mazzini. Che tu sappia ci sono delle novità in campo sentimentale?.

    Non saprei dirti perché non fa parte del nostro ambiente di vecchi. Da quel che so, fa una vita piuttosto ritirata.

    Cercai nel cellulare per trovare il suo numero. La chiamai subito. Dovevo pur fare qualcosa per Claudia.

    Patrizia sono Massimo, come stai?.

    Mi rispose, dopo la sorpresa iniziale: Io sto bene, grazie. E tu? È da un’eternità che non ti fai più sentire. Da dove chiami, da Bergamo o sei arrivato in città?.

    "Mi trovo a casa dei miei parenti. Scusami se non ti ho avvisata della mia breve permanenza a Verona, ma capirai quando ti spiegherò tutto di persona. Ho assoluto bisogno di incontrarti possibilmente subito anche questa sera, massimo

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